Il Funzionalismo di Hilary Putnam
“Mente” e “corpo” rappresentano uno storico problema dall’antichità ad oggi. Si tratta di un argomento affrontato da pensatori come Platone, Democrito, Aristotele, gli Stoici, Cartesio e così via. Oggi esiste una filosofia della mente in cui il termine mente diventa un concetto sottoponibile ad uno studio empirico.
In questo elaborato affronto il problema del mentale attraverso gli studi e l’esperienza di uno dei maggiori filosofi contemporanei, Hilary Putnam, le cui affascinanti esposizioni teoriche e le numerose evoluzioni del suo pensiero portano, a mio avviso, ad una continua e personale “rivoluzione conoscitiva”. Il tema centrale della riflessione putnamiana è certamente il Realismo, che si presenta come un particolare atteggiamento nei confronti delle entità comprese nel campo d’indagine di una certa disciplina, in particolare nel ritenere che le entità in questione siano dotate di una loro esistenza. Il suo Realismo assume delle posizioni contrastanti, passando da una prospettiva esternalista ad una internalista; partendo dalla confutazione dell’idea metafisica del linguaggio, arriva alla considerazione della mente come un complesso di capacità conoscitive.
Il concetto di funzione permette a Putnam di dirigere la propria meditazione dal concetto di significato al problema dei rapporti mente-corpo.
In questo elaborato affronto perciò il Funzionalismo, il cui primo approccio è caratterizzato dall’idea secondo cui “la mente sta al cervello come il software sta all’hardware”. Putnam cercò di immaginare la mente come un software e il cervello come un supporto di implementazione, quindi di minore importanza.
Così, secondo il primo approccio funzionalista, uno stato psicologico (“credere che”, “desiderare che” , ecc. ) era identificabile con uno stato della Macchina di Turing, ossia una macchina astratta, ideata da Alan Turing, che manipola dei dati contenuti su un nastro di lunghezza infinita, secondo un insieme di regole ben definite. Lo stato psicologico causerebbe allora altri stati in accordo con gli stati della macchina, dando così una forma compiuta ad un’idea che attraversa la storia del pensiero da Hobbes, secondo cui ogni evento mentale ha il suo fondamento fisico, a Turing, secondo cui “pensare è calcolare”.
La teoria del Funzionalismo nasce dalle critiche che Putnam muove nei confronti delle due teorie che dominarono la discussione filosofica fino alla metà dello scorso secolo, Riduzionismo e Dualismo. Il Riduzionismo proponeva di studiare la mente riducendolo a oggetto della fisica, mentre il Dualismo, che fonda le sue origini in Cartesio, considera mente e corpo come due sostanze ontologicamente separate, res cogitans e res extensa, ma caratterizzate da una stretta interazione (dualismo interazionista).
Questo primo approccio funzionalista computazionale verrà, poi, abbandonato dallo stesso Putnam che inizierà a riconsiderarlo, valutandolo una forma di riduzionismo, seppur di diverso genere. Eppure, molta della ricerca contemporanea, in scienza cognitiva, presuppone proprio il Funzionalismo nella prima formulazione di Putnam che, anzi, ha avuto un ruolo determinante nella nascita di questa scienza.
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Informazioni tesi
Autore: | Monica Napolitano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Roberto Cordeschi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 45 |
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