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I modelli occupazionali europei: la convergenza verso la flexicurity

Nel presente studio sono analizzati i cambiamenti avvenuti nel mercato del lavoro europeo in seguito alla stipulazione del Trattato di Amsterdam e al lancio della Strategia Europea dell’Occupazione. Lo scopo dell'analisi è stato quello di verificare l’esistenza di un processo di convergenza dei tassi di occupazione e dei modelli occupazionali europei verso la flexicurity (flessiblità e sicurezza sociale). Sono state quindi analizzate le caratteristiche dei mercati del lavoro dei Paesi dell’UE-15 nell'intervallo temporale 1997-2008, con riferimento agli indicatori riguardanti le quattro componenti politiche sulle quali la flexicurity si fonda (accordi contrattuali flessibili, moderni sistemi di protezione sociale, politiche attive del lavoro e lifelong learning).
Per valutare la convergenza dei tassi di occupazione sono state utilizzate la beta e la sigma convergenza, dalle quali è emerso che il processo di convergenza è lento e discontinuo nell'intervallo temporale considerato. Per comprendere le ragioni di tale fenomeno sono stati analizzati i cambiamenti nei modelli occupazionali europei, con riferimento a tutti gli indicatori della flexicurity precedentemente osservati. Tale analisi è stata effettuata attraverso l’Analisi in Componenti Principali (ACP) e la Cluster Analysis, che hanno permesso di comprendere le caratteristiche peculiari di ogni cluster e di capire quali sono gli elementi che hanno accelerato (o ritardato) il processo di convergenza di ogni Paese.

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I INTRODUZIONE Nel presente lavoro è stato analizzato il mercato del lavoro europeo con riferimento alle performance occupazionali e agli indicatori della flexicurity nei vari paesi. L’analisi è stata effettuata con l’obiettivo di verificare l’esistenza di un processo di convergenza nei tassi di occupazione e nei modelli occupazionali europei, in seguito alle riforme che hanno interessato i mercati del lavoro negli anni novanta e all’enfasi posta sull’armonizzazione delle politiche occupazionali a livello comunitario. Nel 1997, infatti, è stato stipulato il Trattato di Amsterdam, con il quale è stata conferita alla politica occupazionale una dimensione comunitaria, attraverso l’introduzione di un intero capitolo sull’occupazione (titolo VIII) nel Trattato dell’Unione Europea (art. 125 TUE). Con il Trattato di Amsterdam, la Comunità Europea è risultata formalmente legittimata ad influenzare ed intervenire sulle politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro, che, fino ad allora, erano di competenza esclusiva degli Stati Membri. Il raggiungimento di un elevato livello occupazionale è diventato quindi un obiettivo comune e ha assunto un’importanza pari agli obiettivi macroeconomici di crescita e stabilità. Con il Consiglio di Lisbona del 2000 è stata inoltre avviata la Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) e sono stati individuati gli obiettivi strategici che ogni Paese dovrebbe raggiungere attraverso riforme istituzionali e strutturali del proprio mercato del lavoro (Gruppo Kok, 2004). L’esigenza di armonizzazione dei mercati del lavoro è stata sentita in seguito alle deludenti performance economiche europee degli anni ottanta e novanta, durante i quali l’Europa ha visto aumentare stabilmente i propri tassi di disoccupazione rispetto agli USA e rispetto al passato. In questi anni è andata inoltre aumentando la disoccupazione strutturale non influenzata dal ciclo economico e tale fenomeno, che ha preso il nome di eurosclerosi, ha portato al raggiungimento di equilibri di livelli di disoccupazione di carattere permanente più elevati che in passato (Caroleo, 2000). Le cause dell’eurosclerosi sono state individuate nelle rigidità istituzionali e salariali dei mercati del lavoro e nella grande variabilità, all’interno

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Parole chiave

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