Il rito. Una lettura tra antropologia e psicologia del profondo.
Morte e pianto rituale nel mondo antico
Il sottotitolo indica il tragitto ideale del discorso: dal lamento funebre antico al pianto di Maria. Si tratta tuttavia di una linea storica che il testo disegna attraverso fasi diverse, le quali conducono infine in maniera dialettica ad un circolo in cui tutti momenti si illuminano a vicenda. Si parte dai relitti folklorici del lamento funebre, per poi risalire al lamento funebre antico e al suo nesso con il pianto stagionale, per ridiscendere attraverso la storia al momento in cui il lamento funebre entrò col Cristianesimo in una crisi decisiva. Così facendo si torna agilmente al punto di partenza, ovvero alla disgregazione nel folklore del pianto rituale.
Il circolo del discorso storiografico è stato in tal modo chiuso: dal presente al presente, mediante il passato e per illuminare il presente.
L’introduzione a Morte e pianto rituale nel mondo antico inserisce l’opera all’interno del più vasto quadro della produzione demartiniana, animata dal progetto di continuare a pensare lo storicismo crociano sottoponendolo alla prova di diversi mondi storici. Se Naturalismo e storicismo nell’etnologia è una dichiarazione di intenti, Mondo magico si volge ad interpretare storicisticamente la magia delle cosiddette società primitive, con il risultato di configurare il concetto di crisi della presenza come rischio di non esserci nel mondo.
L’opera qui considerata procede sulla linea già tracciata ma modifica in maniera significativa alcune tesi teoriche del Mondo magico e abbandona il terreno delle civiltà primitive. Dice de Martino:
Il presente lavoro si dispiega come un assiduo commentario storico-religioso ad un pensiero sui trapassati occasionalmente espresso dal Croce nei Frammenti di etica: un assiduo commentario che ovviamente è da intendersi nel senso più attivo possibile e che di molto oltrepassa il testo commentato.
Il testo in questione si apre con la domanda “cosa dobbiamo fare degli estinti?”. È una questione filosofica di ordine generale e come tale verrà trattata nel primo capitolo dedicato alla crisi della presenza e crisi del cordoglio. Il senso comune, che è anche saggezza, impone di dimenticare, e questo avviene non ad opera del tempo, ma ad opera dell’uomo che vuole dimenticare. Al principio il dolore è quasi follia, si concretizza in atti disperati, tentativi di rimozione del lutto, rimorso di vivere. Nell’amore come in questo dolore straziante tutti gli uomini sono uguali e: (…) tutti piangono ad un modo. Ma con l’esprimere il dolore nelle varie forme di celebrazione e culto dei morti, si supera lo strazio, rendendolo oggettivo. Così cercando che i morti non siano morti, cominciamo a farli effettivamente morire in noi.
Croce mette in luce alcune verità che meritano di essere sviluppate: nel lutto si impone il compito di evitare la perdita più irreparabile e decisiva , quella di noi stessi, esposi come siamo al rischio di non poter oltrepassare la situazione luttuosa e restare fissati in essa; questa è la seconda morte che il lutto può trascinare con sé. La morte di una persona cara ci pone di fronte al conflitto fra ciò che passa irrevocabilmente senza di noi, ovvero la morte come fatto di natura, e ciò che dobbiamo far passare nel valore, ovvero la morte come condizione della cultura. Far passare la persona cara con il nostro sforzo culturale costituisce il lavoro del cordoglio. Questo pensiero espresso da Croce e mai approfondito merita di essere svolto nella concretezza di una ricerca storico-religiosa. La questione filosofica rintraccerà con un lavoro etnografico i modi con cui determinati soggetti (in questo caso le contadine lucane) procedono concretamente nel lavoro del lutto. Lo sgomento dell’uomo di fronte alla morte di una persona cara è uno dei tanti motivi che possono attivare una crisi della presenza e un conseguente lavoro rituale volto a far passare nel valore, nella cultura, quel che è passato naturalmente, senza l’intervento dell’uomo e, anzi, senza che l’uomo potesse fare alcunché.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il rito. Una lettura tra antropologia e psicologia del profondo.
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Informazioni tesi
Autore: | Camilla Martini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia |
Facoltà: | Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Umberto Galimberti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 81 |
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