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Una disamina della teoria delle emozioni nella Retorica di Aristotele

L'analisi delle emozioni tra Platone e Aristotele

Nel Filebo, com'è noto, Socrate, discutendo con Protarco, suo interlocutore, dei differenti tipi di piacere e dolore, afferma: "Ne convieni anche tu che la collera, la paura, il desiderio, la tristezza, l'amore, la gelosia, l'invidia e tutte le altre passioni sono dolori dell'anima?". Per comprendere pienamente la definizione delle emozioni formulata da Socrate, e contenuta implicitamente nell'interrogativo posto a Protarco, secondo cui le passioni si configurano quali condizioni di piacere e dolore peculiari della psiche, è necessario ricordare la distinzione formulata dal filosofo nel corso del dialogo tra gli stati edonici concernenti esclusivamente il corpo, quelli riguardanti l'anima e quelli che coinvolgono entrambi. Socrate, dunque, sostiene che il dolore e il piacere esperiti a livello somatico si manifestano tramite sensazioni come la percezione di caldo o freddo; se, invece, sia il corpo che l'anima sono interessati da stati edonici, il soggetto vivrà condizione di fame o sete, ovvero bisogni fisici che aspirano a ottenere un appagamento anche spirituale; infine, se è solo l'anima a trovarsi in condizioni piacevoli o dolorose si avrà l'insorgere delle emozioni.
A questo punto del dialogo Protarco solleva un ulteriore problema: egli dubita che le emozioni, intese quali stati edonici dell'anima, possano avere un valore aletico, sostenendo che solo le opinioni possono essere confermate o smentite. Socrate, tramite un articolato ragionamento, confuta la tesi del suo interlocutore e conclude che le passioni, invece, possono essere vere o false in quanto connesse alle opinioni che, come sostiene lo stesso Protarco, possono essere ritenute o meno veritiere.
Ne deriva che non solo i giudizi sono vagliabili tramite un criterio di veridicità ma, di riflesso, lo sono anche le emozioni. Socrate, tuttavia, non approfondisce l'origine cognitiva del fenomeno emozionale e si limita semplicemente ad affermare che questo (in concomitanza con le condizioni edoniche che lo caratterizzano) sorge «μετὰ δόξης» (metà dòxēs), cioè con le opinioni. Quanto detto permette a Fortenbaugh di affermare con certezza che il rapporto definito nel Filebo tra pensiero e stati edonici, caratterizzati i pathē, non è di tipo causale: il piacere e il dolore, infatti, si limitano ad accompagnare le credenze.
Inoltre, la preposizione metà non puntualizza ma obnubila il senso del verbo ἔπειμι (épeimi, «seguire») che mette in relazione l'opinione con dolore e piacere.
La scelta, da parte di Platone, di questa costruzione sintattica rende problematica una fondazione scientifica del problema emozionale. Non è chiaro, infatti, cosa significhi che le condizioni edoniche «seguano» l'attività intellettiva e, inoltre, l'utilizzo del verbo ἀναπίμπλημι (anapìmplēmi, letteralmente «riempire»), per specificare il modo in cui gli aspetti edonici sono collegati al pensiero, ha al più una funzione metaforica che non risolve il problema.
Tale questione troverebbe soluzione, secondo Fortenbaugh, nei Topici, ove Aristotele sostituisce la preposizione «insieme a» con διὰ (dia), cioè «a causa di», instaurando di conseguenza un nesso causale tra le sensazioni di piacere e dolore, emozioni e le opinioni. Dunque, poiché il pensiero quando formula un giudizio ragiona in termini di vantaggio e svantaggio, se la condizione esterna è considerata dannosa, il giudizio espresso farà sorgere una sensazione di dolore la quale non solo permette di capire che l'evento esterno è stato valutato in senso sfavorevole, ma che anche l'emozione provata sarà connotata negativamente. Piacere e dolore, dunque, sono considerati da Aristotele, come del resto era già stato sostenuto da Platone, caratteri intrinsechi delle emozioni al punto che solo sulla base degli stati edonici è possibile classificarle in positive o negative.
Andando maggiormente a fondo nell'analisi del principio di causalità, Fortenabugh si sofferma su quanto sostenuto negli Analitici Secondi circa l'identità che sussiste tra la causa e l'essenza di un fenomeno: nella prospettiva aristotelica al fine di indagare e conoscere la natura dei fenomeni non c'è bisogno di aggiungere ulteriori informazioni rispetto a quanto è espresso nella definizion comune della loro causa. Pertanto, se causa dei pathē, caratterizzati da specifiche intensità di dolore e piacere, sono le opinioni e i giudizi espressi cognitivamente, ne consegue che anche le emozioni devono essere considerate quali forme di valutazioni intelligenti. È esattamente sulla base di tali considerazioni che Fortenbaugh considera la riflessione aristotelica sulle passioni, la quale si configura come soluzione alla questione sollevata da Socrate nel Filebo, la prima formulazione completa della teoria valutativo-cognitiva delle emozioni. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Una disamina della teoria delle emozioni nella Retorica di Aristotele

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Informazioni tesi

  Autore: Ludovica Micalizzi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Roberto Brigati
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 38

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Parole chiave

psicologia
aristotele
emozioni
anima
retorica
filosofia antica
emotions
stati emotivi
greek philosophy
aristotle

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