Trouble Every Day: "Tous Cannibales", la voracità da tabù ad arte, dall'arte alla società

Jana Sterbak (1955, Praga) è nota per le sue opere realizzate con la carne cruda: Vanitas: Flesh Dress for an Albino anorexic del 1987 e Apollinaire Chair del 1996, entrambe emblema di still-life tra Eros & Thanatos. Fagocitando la lingua francese si gioca molto sull’ambiguità del termine carne reso in senso letterale dalla traduzione viande e in senso figurato come chair. E anche se, sia la curatrice Jeanette Zwingenberger (forse per stemperare il “crudo” che sottende al tema) sia l’artista protagonista della sezione Chair espace, Jana Sterbak, usano il termine chair, in questa parte espositiva c’è molto poco di figurato: la carne c’è, si vede, si tocca. A La Maison Rouge Jana Sterbak viene proposta con Vanitas, un abito di carne che dà corpo a una visione interna della struttura umana, rovesciandola all’esterno: il contenuto celato dall’epidermide viene ora proposto in superficie, nel suo essere carne viva, reale, concreta, cruda, rude. Come definita da Jacques Lacan la carne è qualcosa suscettibile di separarsi dal corpo, e Jana Sterbak non fa altro che staccare della carne, cucirla e vestirne un altro corpo: così ci si impossessa fisicamente della carne altrui, indossandola. Indossando la carne degli altri si arriva a vestirne il ruolo, ad incarnarne l’identità. Se ne potrebbe cogliere un parallelo a posteriori con l’ultimo film di Pedro Almodovar, La pelle che abito, una storia di vendetta che passa per il bisturi. Flesh Dress nella lettura cannibalistica della mostra si impernia sulla dialettica concettuale che si attiva attraverso “lo sguardo dell’altro”, poiché si crea interazione e dialogo con lo spettatore e tra gli spettatori. Il titolo Vanitas è un preambolo alla metonimia che passa per la carne, traslando l’ardore di essere consumato dal desiderio altrui o dal nostro anelare che ciò accada.