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Aristotele, libro Lambda della Metafisica: natura e causalità del primo motore immobile

Il motore come oggetto di desiderio: David Ross

Con il capitolo 7 e il capitolo 10 del libro Lambda entriamo nel vivo della questione, frutto di numerose, complesse e controverse interpretazioni.
Su questo punto del testo si aprirà il dibattito tra la classica e tradizionale interpretazione del motore come funzione causale con scopo finale, iniziata da Alessandro di Afrodisia, e l’interpretazione più recente del motore come causa efficiente.
Nel settimo capitolo, dunque, Aristotele prosegue il suo discorso affermando che il primo cielo, che muove di moto continuo ed eterno, non può muovere se stesso, perché ciò che è in moto è mosso da altro; è necessario dunque un principio primo che muova restando immobile; ma come può muovere questo principio senza essere mosso? Aristotele prosegue affermando che muove come oggetto di desiderio ed amore; esso inoltre non può essere in nessun modo diverso da come è, dunque è necessario, eccellente , «quel modo di vivere che a noi è concesso solo per breve tempo», e “pensiero di pensiero ”. Ciò significa che ha come oggetto se stesso ( «l’intelligenza pensa sé stessa» ) cogliendosi come intelligibile.
Passo decisamente controverso e di difficile interpretazione, in cui Aristotele ci spiega come l’intelligenza, il pensiero, coincida con l’oggetto del pensiero stesso e che il motore esercita la propria funzione in maniera analoga a quella con cui muovono l’oggetto del desiderio e l’oggetto dell’intelligenza.
Nel capitolo 9 verrà approfondita la spiegazione del perché sia “pensiero di pensiero”: se pensasse qualcosa di superiore infatti, non sarebbe il primo motore, perderebbe il suo massimo grado di eccellenza. Se pensasse qualcosa di mutevole rivolgerebbe il suo pensiero a un qualcosa che non rimane costante e che muterebbe verso il peggio, ma viste le sue caratteristiche questo è impossibile.
Se pensasse invece qualcosa di molteplice non sarebbe più atto puro, dunque perderebbe le sue caratteristiche e la sua incorruttibilità, essendo costretto a passare, potenzialmente, da una cosa all’altra: dunque è pensiero di pensiero e non può che pensare se stesso.
Tornando al capitolo 7, e al modo di muovere del primo motore come “oggetto di desiderio e di amore”, troviamo l’interpretazione classica del primo motore come causa finale, sostenuta da David Ross e poi difesa, anche se con diverse sfumature, da Carlo Natali e David Sedley.
David Ross parte proprio da questo concetto: come può qualcosa causare il movimento senza essere mosso? La causa fisica del movimento implica il mutuo contatto del motore con il mosso, e perciò una reazione del mosso sul motore. Il motore deve perciò causare il movimento in un modo non fisico, con l’essere appunto oggetto di desiderio. L’autentico punto di vista di Aristotele è che il motore non è nello spazio, esso muove in quanto causa finale, o meglio, è causa efficiente unicamente perché è causa finale. Tuttavia egli è causa finale non nel senso, sostiene Ross, che non è mai, ma nel senso di essere qualcosa che «sempre ha da essere» .
Egli è un essere dalla vita eterna la cui influenza si diffonde attraverso l’universo in modo tale che tutto ciò che accade dipende da lui. Egli muove direttamente il primo cielo, cioè causa direttamente la rotazione quotidiana delle stelle intorno alla terra. Muove in quanto ispira amore e desiderio; sembra così implicito che il primo cielo abbia un’anima. Tale affermazione per Ross sembra confermata da asserzioni fatte altrove secondo cui i corpi celesti sono esseri viventi.
Questo movimento, successivamente trasferito alle parti più interne dell’universo, e quindi a quello del sole, della luna e degli altri pianeti, è dovuto alle “intelligenze”. Anche queste per Ross muovono come fini cioè muovono grazie al loro essere desiderate e amate.
La loro relazione con il primo motore non è specificata, ma dal momento che il primo motore è l’unico governante dell’universo, quello da cui dipendono il cielo e tutta la natura, dobbiamo supporre che esso muova le intelligenze in quanto oggetto di desiderio e di amore.
I dettagli del sistema rimangono oscuri, ma si deve pensare ad ogni sfera celeste come a un’unità di anima e corpo che desidera e ama la sua corrispondente “intelligenza”.
Come possono l’amore e il desiderio produrre movimenti fisici?
La teoria è che ciascuna di queste sfere desideri una vita almeno simile a quella del suo principio motore. La vita del principio che le muove è continua, non soggetta a cambiamento, sempre in atto, spirituale. Le sfere non posso aspirare a raggiungere tale perfezione, ma fanno del loro meglio eseguendo il movimento fisico perfettamente continuo, ovvero quello circolare. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Aristotele, libro Lambda della Metafisica: natura e causalità del primo motore immobile

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Informazioni tesi

  Autore: Serena Trivelloni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Francesco Fronterotta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 50

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