italiano e analizzando in particolar modo quella legata
all’espansione globale della cultura HipHop.
Nella prima parte della tesi affronteremo quindi il
concetto “giovani” in quanto tale, cercando di darne
un’appropriata classificazione e di descrivere l’evoluzione
storica che questo ha avuto nel nostro paese dagli anni
Cinquanta ad oggi. Per far fronte a tale compito ho utilizzato
l’ausilio di testi che hanno attraversato il tema in tutte le sue
sfaccettature, partendo dalla considerazione che comunque,
anche nel momento di massimo splendore del “giovanilismo”
quando si poteva scegliere se essere giovani oppure fuori
moda, i connotati fondamentali di quell’oggetto discorsivo
chiamato in causa ad ogni proposito erano tutt’altro che ben
delineati e lasciavano spazio a diverse interpretazioni e
conclusioni a riguardo. Uno dei dubbi e delle divisioni di
pensiero che hanno contraddistinto maggiormente gli studi
sul tema è rappresentato dalla ricerca di veridicità del
fenomeno, e della sua corretta interpretazione: una minaccia
da cui guardarsi con sospetto e timore oppure una
generazione nuova, innovatrice, destinata a rimettere a posto
tutti gli errori provocati da genitori e nonni, dalla guerra, dal
razzismo, dall’ingiustizia, dal conformismo ipocrita? Una
fascia di consumatori suggestionata ad arte da astuti
7
mercanti di cultura o un gruppo sociale nuovo, dotato di una
autonomia derivata per la prima volta dall’età? E, soprattutto,
un soggetto capace di imporre la sua presenza e le sue
nuove tematiche o l’oggetto di una accorta strategia
discorsiva e culturale che dei giovani intendeva fare un uso
specifico prettamente legato al loro potere di consumo in un
momento in cui l’America prima e i maggiori paesi
dell’Europa poi stavano vivendo un momento di forte
sviluppo industriale ed economico?
Introdotto in questo modo l’argomento saranno poi
presi in esame alcuni degli aspetti fondamentali che lo
riguardano come i concetti di cultura e sottocultura,
spiegando il contrasto che c’è stato tra la cultura di massa e
le prime culture giovanili degli anni Cinquanta. Estenderemo
questo confronto fino all’arrivare ai giorni nostri, constatando
nel terzo paragrafo del primo capitolo i meccanismi di
introduzioni delle sottoculture all’interno della società e le
modalità con cui tali meccanismi si attuano.
Il secondo capitolo della tesi si soffermerà in maggior
dettaglio su quelle che sono le più importanti sottoculture
avvicendatesi nella scena culturale mondiale dalla metà del
secolo scorso, dalla nascita cioè dei giovani in quanto tali e
dalla loro presa di coscienza di se. Affronteremo in questo
8
modo le prime manifestazioni culturali “contro”, opposte alla
cultura dei padri: i Teddy Boys, espressione fisica del
Rock’n’Roll e della cultura giovanile della classe operaia di
quegli anni, caratterizzati dal loro look fatto di capelli scolpiti
nel gel, pantaloni a tubo e scarpe con una spessa suola di
gomma.
Successivamente vedremo invece “quello che
succede” ai giovani intorno agli anni Sessanta, e sarà il turno
di uno stile completamente differente da quello dei duri Ted,
conosceremo infatti quello cool dei Modernisti, o Mod, dello
scooter come icona d’appartenenza, della ricerca
dell’eleganza e del fare bella figura, accentuata dal veloce
sviluppo dei media e del loro crescente ruolo nella società.
Già nel ’66 però la sottocultura Mod era talmente piena di
contraddizioni interne che lasciò presto il passo a differenti
altri tendenze che ci permetteranno di conoscere i loro diretti
successori, anche se in chiave molto più estrema: gli
Skinheads. Quello degli Skins, come si vedrà anche nei
giovani del periodo delle rivolte studentesche del ’68, è un
fenomeno che si lega non solo alla musica, ma anche ai
valori sociali e politici che hanno caratterizzato fortemente gli
anni a cavallo tra il Sessanta e il Settanta. Prima di terminare
con la descrizione delle varie culture giovanili di questo
9
secondo capitolo e soffermarci nel terzo su quella
dell’HipHop, studieremo la presa di coscienza dello stile
Rasta e della musica Reggae e soprattutto di quella che è
stata l’espressione giovanile che più ha interessato,
affascinato e preoccupato gli studi sociologici sul tema: lo
stile Punk, il motto del No Future, il tutto o subito, o anche
niente, ma subito comunque.
Nel terzo capitolo, ultimo della prima parte teorica,
verrà affrontata in maniera più specifica una di queste realtà
giovanili, finora non ancora presa in considerazione, che è
poi l’oggetto principale della mia tesi: quella dei B-Boys e
delle B-Girls, legati alla cultura HipHop e alle sue quattro arti:
Rap, Breakdance, Djing e Writing. Verrà visto l’HipHop nel
momento della sua nascita, nel 1970 a New York, e della sua
susseguente diramazione ed espansione anche nelle
maggiori città europee, in particolar modo Roma, da subito
una delle più attive in Italia per quel che riguarda lo sviluppo
di questa nuova forma d’espressione. Vedremo quindi la
capacità d’immediatezza di questa cultura, in grado di
arrivare in maniera diretta agli occhi e alle orecchie dei suoi
fruitori. Proprio questa immediatezza del messaggio porterà
alla nascita delle Posse, movimento di ribellione e di protesta
10
sociale tramite l’uso della musica Rap; sarà questo
l’argomento di chiusura della prima parte.
Nel seconda parte della tesi, dopo una premessa
antropologica su quelli che sono stati gli aspetti che più
hanno interessato la mia ricerca sul campo, le ipotesi dalle
quali sono partito per portare a termine lo studio effettuato e i
criteri in base ai quali sono stati scelti determinati oggetti
d’indagine, scopriremo, nel capito quarto, come il Rap ha
preso piede nella capitale nei primi anni Novanta, grazie
anche al contributo diretto di alcuni dei suoi maggiori
esponenti quali Piotta, CorVeleno, Colle Der Fomento e altri.
Questo periodo capitolino è stato fondamentale per lo
sviluppo della cultura HipHop in Italia ed è legato in maniera
indissolubile alla famosa Babilonia, storico negozio
d’abbigliamento di tendenza di Via del Corso grazie al quale
questo genere di musica importato dall’America è arrivato
alle orecchie di alcuni dei giovani di allora che, circa quindici
anni dopo, stanno scrivendo l’attuale storia musicale del Rap
italiano. Su quello che è oggi l’HipHop a Roma ci
soffermeremo per capire se ci sono (ed eventualmente quali)
differenze nei valori trasmessi dal Rap nei suoi primi anni di
diffusione rispetto ad ora, e se queste differenze
11
condizionano anche la scelta del luogo di fruizione di tale
musica. Confronteremo perciò messaggi veicolati dai locali
più marcatamente commerciali, e quindi più influenzati
dall’odierna cultura di massa, dalla Generazione Mtv, rispetto
ai valori, alle esteticità e ai temi che vengono professati in
ambienti più dichiaratamente Underground, critici verso un
HipHop aperto “a tutti”. Per fare questo saranno studiati due
particolari locali, simbolo a Roma dell’uno e dell’altro modo di
vivere questa cultura, lo Shangò e il Circolo Degli Artisti,
analizzandoli sotto il punto di vista della comunicazione
visuale, dell’arredamento, della location dei quartiere in cui si
trovano, della musica che selezionano e dei giovani che la
frequentano.
L’analisi si chiuderà con l’ultimo capitolo, il quinto, nel
quale saranno tirate le conclusioni rispetto ai dati raccolti.
12
PARTE PRIMA
CAPITOLO 1 “ANTROPOLOGIA E GIOVANI”
1.1 Origine ed evoluzione del concetto “Giovani”
Il mondo dei giovani rappresenta sin dalla sua origine
un territorio tutto da esplorare, nel quale si sono sviluppate
molteplici manifestazioni sottoculturali a partire dagli anni
Cinquanta fino ad oggi. Questo acceso oggetto di studio per
l’establishment culturale mondiale si caratterizza per una serie
di fattori fondamentali:
- l’importanza del modello-metropoli;
- la progressiva ascesa del concetto di cultura nella
società postmoderna che unifica e rimescola le
distinzioni tra cultura popolare, cultura di massa e
cultura d’elite;
- la centralità della comunicazione musicale, visuale
ed urbana;
13
- la frammentazione delle sottoculture giovanili non
più in grado di rappresentarsi utilizzando le categorie
del passato;
- la liberazione dal passato politico-generazionale;
- l’affermazione di un nomadismo critico che vede nel
nesso tra la teoria e la politica degli anni passati un
ostacolo per un nuovo antagonismo;
- la nascita delle culture giovanili dopo la fine
dell’egemonia politica degli anni Settanta, che alcuni
intendono come fine della politica e di ogni possibile
cultura giovanile futura e altri come la nascita stessa
delle culture giovanili
1
.
La gioventù irrompe prepotentemente nella realtà a
partire dagli anni Cinquanta quando si affermano
comportamenti, culture e mode radicalmente differenti. Nasce
così un soggetto sociale che fa della sua specifica
collocazione biologica la propria discriminate e il proprio punto
di aggregazione. Essere giovani diventa un valore che entra
subito in contrasto con la società vigente e che solo in seguito
viene assunto come modello.
1
AA. VV., Ragazzi senza tempo. Immagini, musica, conflitti delle culture giovanili,
Genova, 1993, p. 11
14
In Italia la questione giovanile esplode già nel 1959 con
il diffondersi del fenomeno dei teppisti, poi nel 1960 con le
manifestazioni degli antifascisti, nel 1962 con gli operai
meridionali e nel 1966-67 con la Beat Generation e i capelloni.
Queste prime esternazioni occupano le pagine dei giornali e
diventano un problema ed un elemento di discussione molto
sentito. Gli studi più interessanti a riguardo si ritrovano nella
sociologia anglosassone, dove negli anni Cinquanta, in seguito
all’esplosione delle sottoculture che vedremo più avanti,
l’attenzione è centrata sul problema della devianza
2
. Queste
manifestazioni vengono studiate e interpretate sia come il
frutto di un sistema economico che sviluppa sempre più
consumatori, sia come il segnale della “resistenza attraverso i
rituali” da parte della cultura proletaria nei confronti di quella
egemone
3
.
Ciò che accomuna i giovani con le loro mode e con i
loro comportamenti è la diffusione del benessere che
contraddistingue tutti i paesi capitalisti dopo la seconda guerra
mondiale e la loro caratteristica di movimenti proletari
metropolitani come espressione concreta di nuove forme di
2
Cohen A., Delinquent Boys. The Culture of the Gang, Chicago, 1955
3
AA. VV., Ragazzi senza tempo. Immagini, musica, conflitti delle culture giovanili,
Genova, 1993, p. 18
15
antagonismo sociale e culturale. In Italia però il manifestarsi
del fenomeno giovanile non riguarda solo tali comportamenti
sociali e culturali, esclusivamente generazionali, ma si
interseca anche con la dimensione politica, nella quale trova la
sua espressione più duratura. Ciò ha portato ad affermare che
non si sia sviluppata una vera sottocultura giovanile in Italia se
non a partire dal 1977 quando, con il movimento studentesco,
si è sperimentato il dissolvimento dell’agire politico. Questo
non è del tutto vero in quanto la situazione italiana si
presentava diversa dalle altre realtà europee e d’oltreoceano,
con le culture giovanili che privilegiavano la sperimentazione
nel politico – almeno fino alla metà degli anni Settanta –
nonostante nel nostro paese la produzione industriale di
massa attraversasse la fase di massima espansione. Il
radicamento del patrimonio del marxismo e del cattolicesimo
era infatti molto forte ed è proprio nel 1977 che questo ciclo
politico, sociale e culturale si consuma vedendo la dimensione
dell’agire politico all’interno dei comportamenti giovanili
studenteschi.
Alla fine degli anni Cinquanta e negli anni successivi i
giovani acquistarono così forte visibilità ed interesse
nell’opinione pubblica distinguendosi per i propri
comportamenti ribelli e per le proprie attività sociali particolari.
16
Teppisti, sfaccendati, patiti delle mode americane, antifascisti
ed insoddisfatti operai meridionali emigrati al nord prendono
improvvisamente piede nella realtà sociale e vengono
accomunati per alcune caratteristiche basilari:
- l’appartenenza alla stessa generazione;
- la disponibilità alla ribellione;
- il rifiuto di accettare il modello comportamentale
delle generazioni precedenti.
Il fenomeno giovanile si comprende ancor meglio se si
considera la realtà sociale del momento storico che
attraversava l’Italia in quegli anni, con il boom economico che
provocava cambiamenti sostanziali e la devianza, determinata
dalla diffusione della ricchezza, dall’urbanizzazione, dalla
rottura dei valori e dei vincoli tradizionali, che era connessa
anche alla ripresa del fenomeno migratorio. È in questo
periodo che emergono i primi Teddy Boys e Blousons Noirs
italiani, ritenuti dagli studiosi del fenomeno come il risultato di
una società non solo non in grado di attutire i conflitti classici
dell’economia capitalista, ma anche causa di nuove situazioni
di scontro e di tensione non riconducibili alla dialettica politica
e sindacale, perciò più difficilmente controllabili. La diffusione
del consumismo è assunta come stimolo per quelle forme di
17
devianza che mirano all’acquisizione dei beni propagandati,
determinando un nuovo terreno di confronto e di scontro sul
modello dello stile di vita per il quale la scelta
dell’abbigliamento, il modo di muoversi e i luoghi della città in
cui stabilirsi non sono più delle scelte individuali ma diventano
modalità di comportamento collettivo elaborate in
contrapposizione ai valori dominanti.
Gli studiosi ritengono inoltre che dai comportamenti dei
giovani italiani, in confronto con quelli di altri paesi europei,
emerga una palese carica di antiamericanismo che dal punto
di vista culturale unifica destra e sinistra nazionali e che si
rivela dal modo in cui venivano scimmiottate le mode e le
tendenze d’oltreoceano.
La cultura americana sbarca sul continente europeo
dopo la seconda guerra mondiale e diffonde denaro, mode,
usanze e comportamenti affascinando le giovani generazioni
tramite il cinema e la musica e veicolando tramite queste i miti
che andranno a formare l’immaginario collettivo di migliaia di
ragazzi del tempo. Contemporaneamente a questo si sviluppò
però anche un forte sentimento antiamericano e conservatore
che emerge nei dibattiti sul problema giovanile e che punta il
dito contro la società di massa, considerata banale ed
omologante, difendendo l’identità italiana minacciata dalla
18
luccicante finzione della cultura USA. Causa maggiore di tale
vulnerabilità viene imputata alla famiglia in quanto incapace di
adeguare i propri valori alle nuove esigenze dei giovani per
colpa della crisi in cui versa l’autorità paterna e per la diminuita
presenza amorevole della figura della madre, costretta in quasi
tutte le famiglie a lavorare a tempo pieno
4
. Anche i mass
media non sono esenti dalle critiche: la stampa e il cinema
vengono posti sotto accusa, colpevoli di enfatizzare le
violenze, di mitizzare gli eroi negativi e di diffondere immagini
erotiche e volgari.
Alcuni studiosi leggono nei comportamenti devianti dei
giovani alla fine degli anni Cinquanta la nascita delle prime
sottoculture giovanili ma come sottolineano gli studi di S.
Piccone Stella:
<<La letteratura sociologica sulle sottoculture e sulle
aggregazioni informali dei giovani ha convenuto che i requisiti
caratterizzanti queste ultime sono la auto-consapevolezza dei
soggetti, l’articolazione di questa consapevolezza in un
linguaggio e in altre forme espressive, l’intenzione esplicita di
separarsi come giovani in alcune sfere e attività dalla comunità
adulta, la scelta di luoghi propri, la continuità nella tendenza a
4
Pomilio M. (a cura di), Adolescenza traviata, atti del Convegno, Firenze, Quaderni
di San Giorgio, 1961, pp. 21-22
19
fare corpo a sé. Quindi il quadro dei modi di vita giovanili che il
teppismo degli anni ’58-’62 permette di ricostruire, non
consente di ravvisarvi nuclei veri e propri di sottoculture. Nel
periodo ’58-’62 non vi era la possibilità di pensarsi come
generazione che sviluppa un’esperienza diversa dalla
precedente>>
5
.
Proprio sull’importanza rappresentata dal pensarsi
come una generazione a se stante troviamo anche il pensiero
di un altro studioso del tema, l’austriaco M. Mitterauer, che
spiega come il concetto “giovani” non sia un’invenzione
recente: gruppi e rituali specificatamente giovanili, sia rurali
che urbani, si fanno pervenire fin dal Medioevo
6
. È soltanto
nella seconda metà del Novecento però che acquista un
valore specifico il concetto di “generazione”, in quanto
precedentemente non esistevano generazioni intese come
unità complessive di giovani. Questa successiva
trasformazione è addebitata da Mitterauer ai processi di de-
regionalizzazione verificatosi dopo la fine della seconda guerra
mondiale, il cui esito sarebbe la sostituzione dell’etnia con l’età
come elemento portante dei processi di identificazione. Perché
il concetto di “generazione” prenda forma quindi non è
5
Piccone Stella S., Rebel without a Cause. Teppisti e giovani negli anni del boom,
in “Rassegna Italiana di Sociologia”, XXXI, 3, Luglio-Settembre 1990, p. 359
6
Mitteraur M., I Giovani in Europa dal Medioevo ad oggi, 1991
20