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Introduzione
“La retina e lo schermo finiranno per fondersi”
Lev Manovich
Entrati prepotentemente, e a gamba tesa, nella vita quotidiana di ognuno di noi, gli
strumenti tecnologici connessi alla rete hanno operato e continuano ad operare una vera e propria
rivoluzione dell’individuo e della sua dimensione umana dal punto di vista psicologico, culturale
e sociale, ripercuotendosi inevitabilmente anche sulle questioni etiche relative all'esistenza. Per
questa ragione si è ormai affermata la concezione del post-modernismo, imperante nell'epoca
attuale e caratterizzata dall'attuale condizione dell'uomo alle prese con informazioni rese sempre
più liquide, e quindi più facilmente e rapidamente assimilabili, dal Web. È questo il contesto in
cui nascono, crescono e si formano i nativi digitali, ossia gli appartenenti alla cosiddetta
generazione del tutto e subito, i quali nutrono sempre di più il bisogno di divorare i contenuti
multimediali diffusi via Internet, senza più avere il tempo di masticare ed assaporare la qualità
del prodotto ingerito. I rischi di una simile bulimia virtuale possono essere catastrofici, ma
spesso passano inosservati ed esplodono quando ormai le conseguenze risultano inevitabili. Ad
alimentare l'esigenza dell'immediatezza nella soddisfazione dei nuovi bisogni è stata l'inedita
visione relativa allo spazio e al tempo a cui la rete ci ha abituato, facendoci saltellare da un link
all'altro in un istante ed illudendoci di avere tutto il mondo a portata di click oppure mettendoci
in contatto con persone residenti dalla parte opposta del mondo.
Dal post-modernismo è poi derivato il concetto di post-umanesimo, corrispondente
all'ibridazione consumatasi tra l'elemento naturale del corpo umano e quello artificiale del
medium, che il lungimirante McLuhan aveva definito, in tempi non sospetti, “protesi” o
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“estensioni” del corpo, dal momento che i dispositivi di ultima generazione sono parte integrante
di noi e senza di essi risulta impossibile vivere.
Il senso di questo elaborato, volendo riassumere semplicisticamente il tutto, è
racchiuso nella massima “non tutti i mali vengono per nuocere” e nella duplice accezione del
lemma rete: se da un lato Internet ha rappresentato una svolta non indifferente per lo stile di vita
della popolazione mondiale, dispensando una miriade di potenzialità e collegando individui
fisicamente molto distanti tra loro, dall’altro non ha mancato di riservare amare sorprese e
drammatiche conseguenze per quanti vi si sono approcciati con estrema leggerezza o bonaria
ingenuità. La rete che lega, unisce e “tesse” nuove relazioni non ha perso tempo a sdoppiarsi e a
mostrarci il volto e la spietatezza del proprio alter ego, in casi estremi comparabile ad un
pericoloso criminale, inducendoci a non poter fare a meno di vederla come una trappola, le cui
maglie tendono a stringersi sempre più inesorabilmente attorno alla vita degli internauti,
soffocandone creatività, oggettività, autonomia di giudizio, relazioni interpersonali e sane
abitudini. Si pensi, ad esempio, alla psicosi generatasi in Italia nel 2017 a seguito del Blue Whale
Challenge, la sfida della morte avviata nel 2016 in Russia da uno studente universitario iscritto
alla facoltà di Psicologia e che ha coinvolto centinaia di adolescenti, diffondendosi sino ad
approdare nel nostro Paese. Questo fenomeno sarà analizzato più dettagliatamente nel secondo
capitolo, dedicato alla rivoluzione operata dei social network sulla psiche e sulle dinamiche
relazionali degli individui. Ma che si tratti di una fake news - come da alcuni sostenuto a
posteriori - o meno, in quel periodo era a dir poco palpabile lo stato di allerta vigente all'interno
delle istituzioni sociali come le famiglie e le scuole. A lanciare l'allarme fu Telefono Azzurro,
divulgando attraverso gli organi d'informazione una sorta di decalogo per sfuggire al serial killer
virtuale, composto da una decina di punti: i dieci comandamenti della sopravvivenza in rete
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.
Già nel 1964 il semiologo Umberto Eco, nel suo celeberrimo saggio Apocalittici e
integrati, cercava di evidenziare i principali pro e contro degli allora mezzi di comunicazione di
massa, evitando di fornirne una visione totalmente pessimista, tipica degli apocalittici, o una
ingenuamente ottimista, propria invece degli integrati. Superato il dibattito su radio, televisione e
carta stampata ed avviato quello relativo ad Internet, analogamente al semiologo alessandrino,
oggi ognuno di noi sembra chiamato a ritrovare il giusto equilibrio tra i benefici e i danni
prodotti dal Web, sempre animati dalla consapevolezza che “in medio virtus stat”, ovvero “la
virtù sta nel mezzo” e mai da una sola parte. Parrebbe estremamente semplicistico ed immaturo,
da parte nostra, tentare di scrollarci di dosso le responsabilità inerenti gli effetti collaterali
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Blue Whale Challenge, i consigli di Telefono Azzurro per arginare autolesionismo e suicidi tra adolescenti, 2017,
(consultato il 26.10.2018) https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/blue-whale-challenge-i-consigli-di-telefono-
azzurro-per-arginare-autolesionismo-e-suicidi-tra-adolescenti_3072502-201702a.shtml.
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provocati dalla rete, attribuendole unicamente ad essa. Che si tratti di ricadute positive o
negative, gli effetti prodotti da Internet sono indissolubilmente legati alle sue modalità di utilizzo
da parte degli individui e al modo in cui ognuno di noi sceglie di concepire i nuovi media legati
al cosiddetto Web 2.0.
Strumenti quali il computer, il tablet, lo smartphone, il nuovissimo Apple watch e
tutte le apparecchiature che sorgeranno in futuro, più che come semplici ed innocui dispositivi,
andrebbero considerati come vere e proprie finestre costantemente spalancate sul mondo, da cui
affacciarsi con estrema cautela, senza sporgersi oltremisura, onde evitare il rischio di precipitare
tanto in basso da non essere più in grado di risalire. Sarebbe allora opportuno, in simili
circostanze, evitare di manifestare gli aspetti più intimi della propria esistenza, valutando
attentamente la capillarità e la rapidità con cui gli innumerevoli dati e materiali multimediali che
carichiamo sul Web possono circolare. Un ritmo incalzante, incontrollabile ed inarrestabile.
Basti immaginarsi, per un solo istante, dinnanzi ad una vera finestra o appoggiati alla ringhiera
del proprio balcone, esposti allo sguardo di vicini e passanti: a chi verrebbe mai in mente di
mettere in atto anche solo una parte dell’immensa mole di manifestazioni a cui si è soliti dare
incontrollato sfogo nella piazza virtuale, specie a seguito dell’avvento dei social network? Giunti
a questo punto, non sarebbe meglio iniziare a pensare di preservare l’integrità del nostro volto
reale, spesso messa in discussione dall’esuberanza e dalla virtualità della nostra immagine del
profilo? Non sarebbe opportuno interrogarsi anche sulle modalità con cui mettersi alla ricerca di
una giusta dimensione etica, che tuteli e salvaguardi la dignità dell’essere umano?
La straordinaria e fulminea capacità di Internet di penetrare nelle nostre vite, nel
nostro quotidiano e nelle nostre menti, influendo sugli atteggiamenti adottati nel momento in cui
ci sentiamo protetti o appagati dallo schermo, ha spronato anche la Chiesa ad esporsi
sull'argomento. E se anche quest'ultima, ancorata nell'immaginario collettivo a una serie di
pratiche e ideologie conservatrici, ha avvertito la necessità di intervenire e provare a penetrare
nei meccanismi innovativi sorti agli albori del XXI Secolo, possiamo dunque comprendere
l'enorme impatto sociale che i supporti della tecnologia digitale hanno avuto ed avranno ancora
sull'intera popolazione terrestre.
Dall’ultimo rapporto annuale Global Digital Report, realizzato da We Are Social e
da Hootsuite, emerge chiaramente come su 7,5 miliardi di persone che costituiscono la
popolazione mondiale più della metà - ovvero 4 milioni - risultano connesse in Rete, mentre 3,2
milioni sono quelle iscritte ai social network; restringendo il campo al contesto italiano, si è poi
osservato che il 75% della popolazione risulta online e che il 57% di essa è presente sui social
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AA.VV., 2018, Rapporto annuale Global Digital Report, We Are Social e Hootsuite, in P. Contini, R. Massaro, a
cura, Smartlife. Identità e relazioni al tempo della rete, Campobasso, Diogene Edizioni, pp. 26-27.
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Dati significativi che ci fanno comprendere appieno la genesi del fenomeno denominato digital
divide, reo di aver allontanato e di continuare ad allontanare sempre più le nuove generazioni,
quelle dei nativi digitali, dai più anziani, che poca dimestichezza risultano avere con le nuove
tecnologie, o dagli immigrati digitali, nati nell’epoca della radio o della tv ed adattatisi alle
nuove forme di comunicazione, onde evitare di pagare il caro prezzo dell’emarginazione sociale.
Un prezzo troppo elevato nell’era della perenne connessione e della continua tele-presenza. Più
che un conto salato, praticamente una condanna.
Ai fini di una migliore comprensione della questione, appare opportuno operare una
fondamentale distinzione tra i due aggettivi che domineranno all'interno di questo testo e che, per
certi aspetti, costituiscono il perno attorno al quale ruota l'interminabile dibattito tra potenzialità
e pericoli della rete: questi sono “reale” e “virtuale”. Come fa notare il giornalista Michele
Partipilo, spesso ci si riferisce al secondo termine considerandolo, con accezione negativa, in
antitesi con il primo; in verità, la parola “virtuale” sta ad indicare non un qualcosa di irreale,
fittizio, parallelo o alternativo alla realtà, ma una differente declinazione della concezione
comune del lemma “reale”, in quanto la virtualità si configura come realtà creata nell'ambito
dello spazio digitale
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. Anzi, se si pensa all'etimologia della parola in esame, si noterà la sua
origine dal latino “virtualis”, aggettivo derivante a sua volta da “virtus” e cioè “virtù”, termine
logicamente contrapposto a qualsiasi accezione negativa e che metterebbe in risalto anche le
potenzialità di questa nuova realtà.
Per comprendere i principali cambiamenti legati all'esposizione alla finestra virtuale,
nel primo capitolo saranno analizzati gli effetti che hanno trasformato l'uomo in un fruitore
passivo della rete, da cui ci si lascia guidare sempre più lungo strade impervie e disseminate di
non poche insidie. Da qui, l'esigenza di puntare su una nuova etica della comunicazione, già
avviata dalla netiquette di Virginia Shea e dal decalogo di prescrizioni elaborato da Arlene
Rinaldi, al fine di puntare ad una rifioritura della concezione personalista tipica di pensatori del
calibro di Mounier, Maritain e Wojtyla, oggi minacciata dal dilagante individualismo promosso
dal Web e che si pone alla base del concetto di etica.
Nel secondo capitolo, incentrato sui rapporti interpersonali e sulle dinamiche
principali che investono il mondo dei social network, saranno analizzati alcuni esempi concreti
che testimoniano, meglio di qualsiasi teoria, gli inediti e, per certi versi, incomprensibili
atteggiamenti che gli individui decidono di adoperare all'interno delle piazze virtuali, forse
rassicurati dalla protezione dello schermo e dall'anonimato garantito dagli avatar. Al tempo
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Cfr. M. Partipilo, Sempre online. Le regole dell’informazione tra vecchi e nuovi media, Centro di Documentazione
Giornalistica, Roma, 2015, pp. 12-13.
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stesso, non mancheranno alcuni esempi che, al contrario, testimoniano i vantaggi di queste nuove
interfacce, se però utilizzate con criterio.
L'anonimato garantito dall'illusorio senso di protezione conferito dallo schermo si
pone alla base delle attività eticamente scorrette, spesso al limite della legalità, se non ben oltre;
e sarà proprio l'innovativo settore dei cosiddetti computer crimes (i crimini informatici) al centro
del terzo capitolo, all'interno del quale saranno presentate le principali e più comuni condotte
criminose legate ad un disfunzionale e distruttivo utilizzo dei media digitali e della rete. Atti in
grado di incidere tanto pesantemente sulla vita della gente da aver portato, in casi estremi, anche
al suicidio o allo sviluppo di patologie psicologiche da parte delle vittime.
Nel quarto ed ultimo capitolo, in cui è racchiusa la parte sperimentale di questo testo,
saranno presentati i dati inerenti una ricerca empirica sviluppata sulla base dei concetti espressi
sino a quel punto. Risultati che potranno confermare o smentire il nocciolo della presente tesi: un
drastico mutamento nello stile di vita dell'uomo, a seguito dell'avvento di Internet, e l'esigenza di
un'educazione ai nuovi media, considerata la loro rilevanza sul piano sociale.
Per iniziare, sarà descritto il concetto di personalismo, sorto a seguito degli
antiumanistici totalitarismi di destra e di sinistra che hanno caratterizzato la storia del
Novecento, cercando di rispondere alle domande della corrente filosofica inaugurata in Francia
da Mounier: chi è l'uomo? Per quale motivo è stato creato? Qual è lo scopo della vita umana
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?
E infine: come mutano le rispettive risposte nell’epoca post-moderna in cui social
network, nuove interfacce e media digitali la fanno da padrone?
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Cfr. M. Indellicato, La centralità della persona nel pensiero di Jacques Maritain, Pensa Multimedia, Lecce, 2009,
p. 54.
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Capitolo 1
Il concetto di Persona nell'era di Internet
“Banalmente pensavamo che tutto potesse risolversi
nell’indossare un orologio con i numeri luminosi invece di uno
con le lancette. In realtà era solo l’inizio di un percorso
straordinario e dalle conseguenze imprevedibili e per molti
versi ancora da immaginare”
Michele Partipilo
1.1 La centralità dell'uomo nella prospettiva personalista
La realtà virtuale ha profondamente mutato la tradizionale concezione dell’individuo,
la sua essenza, le sue abitudini, il suo modus operandi, il suo bagaglio cognitivo, il suo senso
etico e la sua modalità di relazione con l’altro. L’uomo è inteso, soprattutto nell’epoca post-
moderna, non più come complessa integralità ma come semplice avatar, una mera immagine
soggetta a ritocchi e falsificazioni, che ben si presta all’inganno e ad una serie di pratiche
immorali. Al fine di recuperare quella concezione di persona che ha ispirato intellettuali
contemporanei del calibro di Emmanuel Mounier e Jacques Maritain, è opportuno evidenziare le
caratteristiche peculiari della corrente filosofica, laica e religiosa, a cui entrambi i pensatori
francesi erano legati: il personalismo.
Tale concezione inizia ad affermarsi nella Francia degli anni Trenta, precisamente
con la fondazione della rivista Esprit ad opera di Mounier nel 1932
5
, ponendosi in forte
contrapposizione con i nascenti fenomeni dell’individualismo e dei totalitarismi. A spiegare il
senso del personalismo fu proprio Mounier, asserendo che esso “non è una filosofia tra le altre,
5 Cfr. M. Indellicato, Etica della persona e dei diritti umani. La prospettiva del personalismo polacco, Pensa
Multimedia, Lecce, 2013, p. 28.
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è il nome stesso dell’umanesimo che comprende ogni attività filosofica”6, teso a considerare
l’essere umano come intreccio inscindibile tra fisicità, materialità, corpo e una dimensione più
nobile che si protrae al di là del concreto, per l’appunto spirituale, sorretta dai valori morali che
consentono all’uomo di ripristinare l’ordine nel proprio cuore oltre a distinguere ciò che è bene
da ciò che è male, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, guidandolo così nelle scelte che, di
volta in volta, è chiamato a compiere7. A tal proposito scrive infatti Maritain8:
“L’uomo è una persona che si possiede per mezzo dell’intelligenza e della
volontà. Egli non esiste soltanto come essere fisico: c’è in lui una esistenza
più nobile e più ricca: la sovraesistenza spirituale propria della conoscenza
e dell’amore. Egli è così, in un certo senso, un tutto, e non soltanto una
parte; è un universo a se stesso, un microcosmo, in cui il grande universo
intero può essere racchiuso mediante la conoscenza. E mediante l’amore
egli può donarsi liberamente ad esseri che sono per lui come degli altri da
se stesso. Di questa specie di relazioni non esiste alcun equivalente nel
mondo fisico”.
All’interno della proposizione di Maritain balzano agli occhi i concetti fondamentali di volontà
ed intelligenza, sui quali incombono i rischi dettati dal progresso della tecnologia, in particolar
modo di quella legata ai new media, poiché, come vedremo più dettagliatamente nei prossimi
paragrafi, lo sviluppo dell’ipertestualità e le fulminee dinamiche della rete sono riuscite a mutare
le azioni umane e la concezione spazio-temporale da cui le prime dipendono. Il personalismo,
inoltre, tende a condannare quel sentimento individualista che, oggi più che mai, spadroneggia
nel panorama sociale o, per meglio dire, dei social network, a seguito del quale si registra una
chiusura sempre più frequente nei confronti degli altri, soprattutto verso chi si fa portatore di
punti di vista differenti dai propri. Nella concezione personalista, infatti, la tendenza
all’individualismo e all’egoismo evidenziano la pochezza umana di chi si accontenta di gioie
liquide e momentanee (come un mi piace o una condivisione ad un contenuto pubblicato su
Facebook), al contrario dell’auspicata tendenza all’incremento della personalità, segnato
dall’elevazione dell’anima ad uno stato superiore rispetto alla vita sensibile e dalla conseguente
adesione alla vita spirituale, proprio grazie a strumenti quali l’intelligenza e la volontà9. Proprio
per questo Maritain non lesina critiche a quelle dottrine filosofiche e sociali troppo impegnate a
6 E. Mounier, Les taches actuelles d’un pensée d’inspiration personaliste, in M. Indellicato, Mounier e l’ansia per
l’uomo, Cacucci editore, Bari, 2006, p. 31.
7 Cfr. Ivi, pp. 108-109.
8 J. Maritain, Principes d’une politique humaniste, in M. Indellicato, La centralità della persona nel pensiero di
Jacques Maritain, Pensa Multimedia, Lecce, 2009, p. 29.
9 Cfr. Id, Trois réformateurs: Luther, Descartes, Rousseau, in Ivi, p. 39.