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Per Bandura esiste la possibilità di sviluppare delle competenze anche in un ruolo
occupazionale, come quello di un negoziatore, attraverso un modello di gestione
che dipende dalle esperienze personali e dall’osservazione delle altrui.
L’agenzia di lavoro, cui si fa riferimento nella tesi, è la In Job di Verona. Si tratta
di una società che conta diversi ruoli operativi e ci si soffermerà ad analizzare
soprattutto quello di responsabile commerciale, il quale ha una funzione
strategicamente molto importante nelle economie aziendali. Tale ruolo è
precursore d’attività per il proprio gruppo d’appartenenza, grazie allo sviluppo di
relazioni costruttive con le aziende sensibili alla ricerca di personale e alla loro
formazione.
Nel primo capitolo saranno esposte la teoria sul senso dell’autoefficacia di
Bandura, assieme ad altre ritenute utili per l’interpretazione delle dinamiche psico-
sociali presenti nelle trattative negoziali; il paragrafo conclusivo consentirà di
applicare il criterio di valutazione che emerge da tali affermazioni nell’ottica delle
percezioni di efficacia, propedeutiche alle trattative di un’impresa di servizi.
Nel secondo capitolo si evidenzieranno le pratiche operative della negoziazione,
attraverso le prospettive pragmatiche dell’esperienza americana e le indicazioni
comportamentali di stampo europeo.
Il terzo capitolo chiuderà la tesi con una breve introduzione al mondo delle agenzie
del lavoro; le attività operative che caratterizzano la In Job, soprattutto quelle di un
responsabile commerciale, daranno modo di integrare quanto si è esposto in
precedenza.
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1. IL SENSO D’AUTOEFFICACIA
1.1. LA SELF-EFFICACY NEGLI SCRITTI DI A. BANDURA:
TEORIA ED ESPERIENZA
Albert Bandura, importante psicologo contemporaneo di approccio socio-
cognitivo, definisce l’autoefficacia come un costrutto psicologico con conseguenze
motivazionali e oggettivamente misurabili. Lo studioso afferma che “il senso di
autoefficacia corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare
ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati”
(Bandura, 2000, p. 23).
In altri termini, esiste un sistema interdipendente con cui l’individuo ha la
possibilità di attivare dei comportamenti nella costruzione di progetti funzionali a
sé e alla relazione sociale, attraverso delle componenti personali che sono
determinate dalla propria forma cognitiva, affettiva e biologica (Bandura, 1986).
Infatti, nella teoria dello studioso, il senso di autoefficacia orienta le scelte e la
tenacia del soggetto nell’affrontare e superare gli ostacoli durante le attività
quotidiane, in rapporto a un processo di rielaborazione continuo che si determina
nella valutazione di successi o di fallimenti emersi dalla esperienza personale,
migliorando, così, la qualità dei meccanismi di autoregolazione (Bandura, 1992).
E’ da tempo che l’essere umano cerca di beneficiare degli strumenti necessari per
avere il controllo sull’accadimento degli eventi: quando esisteva una conoscenza
limitata del mondo, l’approccio decisionale dipendeva da riti e superstizioni
necessari per generare una conseguenza. C’è stato, tuttavia, un cambiamento
radicale nelle convinzioni dell’individuo, che è diventato più concreto e
consapevole a livello cognitivo; le previsioni e le cause degli eventi sono
analizzate con indicatori scelti, anche inconsciamente, attraverso la propria
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conoscenza e la propria capacità di agire. Il dubbio e l’inattendibilità tipici delle
regole soprannaturali sono ancora oggi una pratica nell’orientare gli equilibri
emotivi che la ragione e la logica non possono dare, consentendo a cartomanti e
imbonitori di avere una loro clientela.
Bandura introduce il termine agentività (agency) per identificare l’azione compiuta
con la volontà di contribuire a ciò che accade, pur non potendo determinarne
completamente le conseguenze (Bandura, 1996). La suddetta riflessione, tipica
delle teorie sociocognitive da cui lo studioso trae spunto, indica che la causazione
di una serie di eventi dipende da una relazione triadica interdipendente (Bandura,
1986), determinata da:
- Comportamento;
- Fattori personali interni (cognitivi, affettivi e biologici);
- L’ambiente esterno.
L’individuo può essere consapevole di esercitare una determinata influenza per
procurare degli effetti. Bandura descrive il determinismo come un’interazione
bidirezionale che passa attraverso gli elementi della relazione triadica. La sua
visione contrasta con le teorie di Skinner (1971) e di altri ricercatori che, nei
diversi anni di studio e di analisi, hanno esposto le proprie convinzioni su relazioni
di tipo unidirezionale (“La persona non agisce sul mondo, è il mondo che agisce su
di lei…”).
Il determinismo di Bandura indica, invece, gli effetti che si riescono a ottenere
attraverso azioni dipendenti anche dall’individuo, il quale, sviluppando la propria
agentività, genera delle scelte comportamentali adeguate a perseguire un risultato
consono alle proprie aspettative e ne evita altre che possano ostacolarlo.
L’esercizio continuo, predeterminato da un confronto con l’ambiente sociale,
comporta una regolazione che permette agli individui di diventare sempre più
7
competenti nell’esercizio delle scelte quotidiane usate per provocare i risultati
preventivati (Bandura, 2000).
Un esempio, tratto dall’esperienza presso la In Job, di ciò che accade attraverso
l’autoefficacia è il seguente: i giovani responsabili commerciali sono esortati dalla
direzione a conoscere la zona di competenza. Per prendere contatto con i clienti
potenziali o gli attivi, in altre parole quelli con cui già esiste un rapporto di lavoro,
essi si procurano delle visite quotidiane durante cui consegnare una brochure e
presentare i servizi erogati dalla società. Quando, però, non c’è un appuntamento
prefissato, emerge in loro uno stato di imbarazzo nel presentarsi presso le imprese;
perciò, i giovani inesperti cedono all’ansia, soprattutto nei primi giorni, giacché
non conoscono l’esito di una migliore pratica operativa. La conseguenza di un tale
approccio comporta rassegnazione (Seligman, 1975) ed evitamento.
Matura un cambiamento motivazionale e operativo, così come si evince dalle
narrazioni condivise nei vari briefing direzionali, solo dopo essere riusciti ad
ottenere degli appuntamenti per esperienza diretta o attraverso la vicaria svolta con
un collega più esperto. In entrambi i casi, gli esiti sono quantificabili attraverso un
appuntamento o il rilascio di dati utili per contattare successivamente il
responsabile della società.
L’esempio testé illustrato invita ad applicare la teoria di Bandura nel modo
seguente:
- Comportamento Æ consegnare la brochure e presentare i servizi aziendali
- Ambiente esterno Æ ricezione e conferma/rifiuto
- Fattori personali interni Æ progresso cognitivo su come e dove consegnare la
brochure, una maggiore empatia con ambienti eterogenei, capacità nel gestire le
proprie energie psicofisiche.
Il percorso di analisi dello studioso evidenzia come il costrutto di self-efficacy
abbia dei contenuti teorici che completano o superano le ricerche scientifiche
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condotte nel tempo. Si riportano, sotto, alcune constatazioni presenti nella
monografia di Bandura, Autoefficacia: Teoria e applicazioni (2000).
Nell’analizzare le teorie del sé, emergono aspetti che possono essere correlati con
alcune variabili psicologiche, ma nulla dicono su come predire le variazioni del
comportamento che si osservano in diverse attività e condizioni. Sapere che il
concetto di sé derivi da ciò che ci dà l’esperienza diretta, e dalle valutazioni di
individui ritenuti importanti (Rogers, 1959; Wylie, 1974), consente di avere
un’idea sulla visione della vita e di sé, ma poco o niente rileva delle convinzioni di
efficacia relative all’esercizio di attività comportamentali, associabili a contesti
ambientali spesso differenti.
Bandura (2000) chiarisce la diversità tra autostima e autoefficacia: il primo
concetto equivale a un giudizio del proprio valore, interpretato attraverso l’attività
quotidiana, e non della capacità, quale può essere il senso di autoefficacia. Il
dualismo può essere distinto in piacere/capacità o dispiacere/incapacità:
nell’esempio precedente può convivere una buona efficacia lavorativa, come
consegnare le brochure o presentare la società, ma non perciò si può provare
piacere nel farlo; così come è vero il contrario, cioè si può essere estremamente
contenti di condurre un’attività door to door, ma con dei risultati scarsi.
La teoria sulla motivazione alla competenza di White (1959) prevede che si
accumulino conoscenze e abilità adatte alla gestione dell’ambiente, spinti da un
comportamento esplorativo. Ma, i giovani responsabili commerciali della In Job
non pare abbiano le stesse pulsioni che li invitano a procedere, in una situazione
ambientale eterogenea, apparentemente piena di stimoli; non palesano, insomma,
un comportamento esplorativo. Il limite, per Bandura, è che non sono disponibili
spiegazioni esaustive di come agiscano i successi e gli insuccessi sulla motivazione
alla competenza.
Inoltre, lo studioso ricorda che una delle principali aspettative dell’individuo è
l’esercizio sul controllo personale, confutando le varie teorie che non chiariscono
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se ciò dipenda da una conseguenza derivante da pulsioni innate o una propensione
acquisita (Deci e Ryan, 1985; White, 1959; Adler, 1956; DeCharms, 1978; Harter,
1981; Skinner, 1995). Le teorie socio-cognitive, da cui lo studioso trae spesso
riferimento, prevedono il comportamento esplorativo come una ricerca soddisfatta
dai vantaggi che ciò comporta. La motivazione è basata sugli incentivi e ciò
giustifica chi cerca di fuggire dall’autocontrollo, sfatando le teorie sulla pulsione
innata.
Un altro aspetto che ha delle implicazioni nell’autoefficacia, è il controllo delegato
ad altri, pratica spesso presente nelle negoziazioni; si individuano dei mediatori,
che si stima abbiano gli strumenti per ottenere dei risultati adeguati alle proprie
aspettative, e a loro si affidano conoscenze, elementi stressanti e quant’altro sia
ritenuto indispensabile a ricercare il benessere e la sicurezza personale. E’ un
processo che riduce l’opportunità di acquisire conoscenze utili ad aumentare
l’efficacia, come si è più volte segnalato, ma ha un effetto in termini di beneficio
ottenuto, quale: sfuggire gli elementi stressogeni e i costi psico-fisici (Bandura,
2000). La differenza di una delega corretta, secondo gli studi di Miller e colleghi
(1980), sta nel valutare quando sia necessario passare le consegne operative a un
altro individuo, da quando, invece, si abbiano i mezzi e la responsabilità per
procedere da soli.
Sulla scia di questa analisi, emerge un altro aspetto che inibisce l’efficacia
dell’individuo; si tratta dell’abbandono involontario del controllo personale.
Langer (1979) espone varie condizioni in cui ciò potrebbe avvenire e su tutte
emerge l’ombra dell’incompetenza illusoria che provoca una riduzione delle
proprie aspettative di efficacia. Se si rafforzano con mezzi illusori le convinzioni di
efficacia, la prestazione competitiva e la resilienza migliorano, così come è vero il
contrario: si peggiora se si è stati stimolati in senso opposto (Weinberg, Gould,
Jackson, 1979).
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Bandura confronta le convinzioni di efficacia con le teorie delle aspettative di
risultato. Il quadro comportamentale ed affettivo che emerge dalla loro
integrazione è riassunto nella figura 1.1 (Bandura, 1996).
Aspettative di risultato
+ -
+
Impegno produttivo
Aspirazioni
Soddisfazione
personale
Proteste
Risentimento
Attivismo sociale
Modificazione
dell’ambiente
Co
nvi
nzi
oni
di
effi
-
Autosvalutazione
Depressione
Rassegnazione
Apatia
Fig. 1.1 I segni + e – indicano le qualità positive e negative delle convinzioni di efficacia e di
risultato. L’insieme orienta gli effetti che hanno sul comportamento e sugli stati affettivi.
Si osservi come cambia l’approccio comportamentale quando entrambe le
valutazioni di prestazione dipendono da una convinzione di efficacia negativa: c’è
un effetto motivazionale che limita l’impegno, dimostrato da vari studi (Bandura,
1973; Short e Wolfang, 1972; Bloom, Yates e Brosvic, 1984; Davis e Yates, 1982).
Le aspettative di risultato hanno effetti fisici, creano reazioni sociali e
autovalutative sul comportamento (Bandura, 1996), sia in senso negativo sia
positivo.
Due considerazioni sono opportune:
- Il risultato è la conseguenza di una prestazione;
- Il risultato è misurabile da uno o più indicatori e deriva da una prestazione.
Bandura evidenzia che il comportamento è influenzato e modificato dal risultato.
Quest’ultimo può essere diverso secondo l’individuo: fisico, sociale o
autovalutativo.
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Un ultimo aspetto interessante, ai fini della ricerca, è la percezione di controllo.
Esso consiste in aspettative di risultato; a loro volta le aspettative contribuiscono a
migliorare la predizione della prestazione (fig. 1.2).
percezione di controllo
pi
convinzioni di efficacia
pi
aspettative di risultato
pi
miglioramento predittivo della
prestazione
Figura 1.2 Contributi sequenziali che prevedono l’influenza della percezione di controllo
personale verso il modellamento delle aspettative di risultato attraverso le convinzioni di
efficacia. Le aspettative di risultato contribuiscono a migliorare la predizione di una prestazione.
Si prenda ancora l’esempio di In Job: un responsabile commerciale si impegna a
intraprendere una determinata azione; raccoglie un numero definito di
appuntamenti per presentare la propria azienda, medita su quando valga la pena
farlo secondo le proprie convinzioni di efficacia e le aspettative di risultato. Ciò
consente all’individuo di attivare un comportamento “agentivo” perché egli tiene
in considerazione gli indicatori che definiscono il valore della prestazione e ciò lo
aiuta a prevedere un accadimento costruttivo ai fini di un risultato. Quest’ultimo
dipende tuttavia, dalle aspettative personali (riconoscimento sociale, fisico o
autovalutativo) e non dagli indicatori premessi. Se così non fosse si potrebbe
affermare che gli appuntamenti siano la conseguenza di tre ore di telefonate, che a
loro volta dipendono dalla misura della propria pazienza utilizzata, pazienza che è
migliorata attraverso il tempo dedicato allo yoga e così via. Detto in altro modo,
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l’individuo non riesce ad avere delle condizioni definite, poiché tutte possono
essere ininterrottamente successive ad altre cause; è la propria percezione di
efficacia che ne determina i presupposti costruttivi e circoscritti.
Un evento controllato consta di quattro elementi: «un agente (1) che utilizza certi
mezzi (2) per produrre prestazioni (3) che danno luogo a vari risultati (4)»
(Bandura, 2000, p. 53).
La teoria socio-cognitiva dà una versione completa circa le condizioni di controllo,
confutando il limite imposto da chi vede nei soli mezzi-esiti l’elemento chiave;
l’agentività offre un quadro di riferimento più ampio, attraverso cui l’individuo
può trarre i contributi causali e le effettive condizioni di controllo, con i limiti e le
consapevolezze segnalati in precedenza.
Il controllo può essere primario e secondario (Rothbaum, Weisz e Snyder, 1982):
nel primo caso, lo sforzo è diretto a modificare le realtà esistenti; nel secondo, ci si
adatta alla realtà esistente e alle sofferenze che essa provoca. L’interazione
dinamica di tale visione dicotomica consente all’individuo di sviluppare le
convinzioni e le abilità necessarie per il buon esito della propria opera e per la
gestione degli elementi negativi generati dalle differenti forze oppositive.
Le condizioni per acquisire le convinzioni sulle proprie capacità non sono
ostacolate da culture individualiste o collettiviste (Bandura, 2000), per quanto ci
possano essere valori e pratiche diverse. Il contributo è sempre determinato da un
individuo che vive in maniera diversa i modi con cui si possono sviluppare le
condizioni di efficacia, gli scopi cui esse sono indirizzate e come poterle esercitare
in un particolare ambiente di appartenenza. Egli mira al benessere sociale, alla
serenità fisica e mentale e da quanto testé affermato, si evince che il focus su cui si
fonda la produzione di strategie efficaci per ottenere un risultato effettivo è su se
stessi, su quanto le proprie convinzioni possano essere influenti.
Nel secondo capitolo saranno esposti in maniera esaustiva gli strumenti negoziali
in linea con le teorie appena descritte, considerando quanto siano imprescindibili e
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determinanti la conoscenza e la comprensione specifica in termini di ruolo, di
ambiente e di comportamenti.
A completare il quadro teorico avanzato da Bandura, si presentano sotto i quattro
indicatori che consentono di costruire le premesse all’autoefficacia: esperienza di
gestione efficace, esperienza vicaria, persuasione, stati emotivi e fisiologici.
a) Esperienza di gestione efficace.
Bandura considera l’esperienza di gestione efficace come “l’acquisizione di
strumenti cognitivi, comportamentali e di autoregolazione idonei a progettare ed
eseguire la sequenza di azioni appropriata per la gestione di circostanze di vita
continuamente mutevoli” (Bandura, 1996, pag. 16).
Pertanto, l’appuntamento professionale cha ha avuto un esito positivo è un
indicatore solido e ben definito, da cui si rileva un senso di fiducia nella propria
efficacia: la somma di più successi è in sé una banca di informazioni tale da
maturare nell’operatore una migliore determinazione per affrontare le situazioni
professionali nuove e variabili.
L’insuccesso, invece, tende a un contenuto negativo del senso d’autoefficacia,
soprattutto per chi è giovane d’esperienza o ha sempre avuto facili risultati.
Quando si verificasse, invece, di ricevere la delusione per il fallimento di
un’azione, Bandura consiglia di compiere una ricerca degli indicatori che diano la
possibilità di conseguire un risultato soddisfacente.
b) Esperienza vicaria.
L’autore definisce l’esperienza vicaria in qualità di “osservazione di modelli”
(Bandura, 1996, p. 16). Partecipare a degli incontri negoziali con alcuni
collaboratori esperti che sappiano portare a termine una trattativa che contenga
elementi positivi e rilevabili, consente di aggiungere ulteriori indicazioni
cognitivamente determinanti nel presagire le convinzioni di autoefficacia.
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Se un proprio collaboratore manifestasse un comportamento professionale
esemplare, di responsabilità e autorità efficaci, gradevole nelle relazioni e in tutto
questo si riflettesse una stima personale, potrebbe diventare un modello da seguire
e da personalizzare attraverso l’esperienza ed il carattere che gli appartengono.
E’ funzionale: osservare azioni facili da memorizzare, individuare le strategie
utilizzate, nonché acquisire il linguaggio verbale e corporeo opportuno, associato
a comportamenti pratici. Ciononostante, emerge una debole relazione percettiva,
quando alcuni esempi, scelti o imposti che siano, abbiano dei canoni troppo lontani
dal proprio stile di vita.
c) Persuasione.
Bandura condivide l’idea che la persuasione sia il ragionamento finalizzato ad
ottenere approvazione e fiducia attraverso un’opera metodica e personale di
convinzione. Ciò accade quando l’enunciatore coglie nell’enunciatario, gli
elementi di successo, lo rassicura e ne evidenzia gli aspetti pratici che lo hanno
reso capace mediante verifica.
Le abilità riconosciute devono essere veritiere e manifeste e gli obiettivi
raggiungibili, altrimenti si rischia un effetto di indebolimento che possono avere
una reazione opposta, diminuendo la convinzione di efficacia.
Questo aspetto ha un importanza strategica per molti studiosi della negoziazione e
sarà affrontata più dettagliatamente attraverso le osservazioni di Cialdini (1989).
d) Stati emotivi e fisiologici.
Bandura pone un accento particolare sull’importanza degli stati emotivi e
fisiologici, che contraddistinguono il referente nelle strategie dell’autoefficacia.
Nell’esempio iniziale, non si è a conoscenza se il responsabile commerciale stia
vivendo uno stato d’animo consono alla situazione lavorativa: potrebbe avere
problemi personali o non aver riposato la notte e, di conseguenza, palesare un
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atteggiamento pessimo nell’approccio relazionale e non esser fisicamente nelle
condizioni di gestire gli impegni preventivati.
L’individuo, in quei casi, vive la sensazione di sconforto emotivo attraverso la
debilitazione fisica e l’umore negativo, depotenziando o annullando l’esercizio
della propria efficacia.
Tuttavia si possono controllare certi precursori comportamentali attraverso il buon
senso (preparare un incontro negoziale con alle spalle una serata tranquilla, o
quantomeno un riposo notturno corretto, per esempio).
Il senso di autoefficacia attiva quattro processi funzionali: quello cognitivo, quello
motivazionale, l’affettivo e la scelta.
L’individuo tende ad integrare questi processi nell’esercizio quotidiano.
a) Il processo cognitivo.
Il percorso evidenzia diversi comportamenti stimolati dal senso di autoefficacia: la
scelta degli obiettivi, la consapevolezza dei risultati attraverso un’immagine
preventiva, la ricerca di strategie adatte al conseguimento di esiti positivi.
Quanto sono forti le convinzioni di ambire a un certo risultato, tanto gli obiettivi
tendono ad essere elevati ed i risultati ravvisabili nella psiche dell’individuo. Il
percorso negoziale porta necessariamente a situazioni di confronto e, spesso, di
conflitto, talvolta nuove e difficili: solo un interlocutore esperto, preparato e
stimolato dal proprio senso di efficacia, riesce a superare gli ostacoli attraverso la
ricerca di comportamenti e decisioni strategicamente corrette.
Saper essere efficaci è strumento di motivazione.
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b) Il processo motivazionale.
Il processo cognitivo dà origine a quello motivazionale. Infatti, la previsione delle
opportunità, l’attribuzione a sé di capacità e obiettivi misurabili soggettivamente,
le forze fisiche e mentali sono elementi che stimolano la propria motivazione.
Si tratta di una conoscenza attendibile secondo tre variabili teoriche: l’attribuzione
causale, le aspettative del risultato e gli obiettivi rappresentati cognitivamente
(Bandura, 1996).
La causa può essere verificata quando un individuo, convinto delle propria
capacità, valuta il risultato di una cattiva negoziazione attraverso indicazioni, quali:
scarsa preparazione, impegno insufficiente o ambiente avverso; al contrario, il
fallimento per chi si sente inefficace sembra, invece, dipendere da una incapacità
propria e assoluta nel gestire una situazione.
Le conseguenze di tale processo influenzano il proprio stato emotivo e
determinano il proprio senso di efficacia.
Quando un individuo è preparato a gestire una relazione di scambio, dichiarandosi
capace di arrivare a ottenere i risultati auspicati attraverso l’attivazione di una serie
di conoscenze e comportamenti più consoni, è davanti a un approccio teorico
basato sulle aspettative di risultato.
Questo atteggiamento limita l’infinita serie di azioni alternative cui si potrebbe fare
riferimento se solo non fossero ritenute lontane dalla propria capacità di gestione,
ma motiva l’individuo attraverso il raggiungimento preventivato di obiettivi, con la
spinta data dalla convinzione di efficacia.
L’obiettivo funge da riferimento fra ciò che si pensa di poter fare e ciò che si fa
effettivamente e genera un impegno e l’uso di strumenti atti a raggiungere il
risultato.
Così in una trattativa si tende a intensificare o a trascurare l’impegno fisico ed
emotivo, secondo quanto ci si prefigge di raggiungere.
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Sono tre i meccanismi di autoregolazione: la soddisfazione o l’insoddisfazione
della gestione situazionale, il senso di efficacia percepito nel perseguire gli
obiettivi e il riorientamento degli obiettivi visti i successi ottenuti.
c) Il processo affettivo.
Questo processo incide molto nello sviluppo degli stati ansiogeni. Se ci si prepara a
una visita negoziale importante, prevedendo un esito negativo, ipotizzando scenari
non controllabili, di fatto, si genera l’insorgenza di un atteggiamento da perdente.
Se ci si predispone, nella medesima occasione, di entrare in contatto con un mondo
nuovo da esplorare e da conoscere, eliminando i pensieri minacciosi, ci si
costruisce uno spazio di relazione plausibilmente ottimale. Si matura una serenità
che consente di essere effettivamente preparati all’insorgere di dinamiche
contrastanti o di difficile soluzione. Il livello di controllo è condizionato dal
proprio senso d’efficacia, tanto da generare dei veri e propri indotti psicofisici, sia
in senso costruttivo, sia distruttivo.
Oltre ad affrontare con determinazione l’ambiente di riferimento, è necessario
controllare i propri pensieri disturbanti. Nello stesso tempo, sono degne di nota le
modalità di comportamento: succede spesso che trattative lunghe e dispendiose si
ancorino per ragioni di cattiva disciplina, le quali, una volta risolte, rendono
l’ambiente più sereno e gestibile per le parti in causa, ricostruendo un rapporto ed
un ascolto che andava, poco prima, scemando.
Suggerire una “pausa caffè” talvolta, smorza la tensione alimentata dalla mancanza
di una corretta gestione dei tempi operativi. Oppure, quante volte è successo di
arrivare puntuali ad un appuntamento ed essere ricevuti ben oltre l’orario stabilito,
generando uno stato emotivo incongruo all’evento che si sta per condividere?
La depressione fa parte di un altro processo affettivo il cui sintomo deriva da un
senso di efficacia negativo. Aspirazioni frustrate, relazioni sociali e incapacità di
controllare la psiche sono i tre elementi principali che inducono all’avvilimento.