Introduzione - per evitare anacronismi, una presentazione.
V oglio collegare qui due autori, che seppure non esattamente vicini nel tempo, mi sono
sembrati nel mio breve percorso di studio, incontrare non solo problemi, ma addirittura
soluzioni simili. Eppure l’uno, Giambattista Vico, il cui pensiero si sviluppa all’inizio
del diciottesimo secolo, non ha evidentemente mai potuto conoscere l’altro, Friedrich
Nietzsche, che a sua volta sembra aver ignorato il filosofo napoletano.
Se, per ispirazione nietzschiana, Thomas Mann dirà gli uomini deboli essere destinati
allo spirito, Enzo Paci, all’inizio di Ingens Sylva , attribuirà con fortuna questo carattere
1
a Vico. La vita di Vico fu subito segnata da quel trauma infantile contratto da una
caduta, per cui a sette anni gli venne diagnosticata “una perpetua idiozia”. A Nietzsche
qualcosa come una perpetua idiozia venne diagnosticata dopo la sua morte, da diversi
studiosi che vollero dimostrare essere nella follia l’elemento motrice del suo pensiero.
La loro vita fu la trasmutazione dell’esistenza nell’opera , un convinto morire della loro
2
individualità e crudele esistenza per il proprio pensiero . Condivisero perciò lo stato di
3
chi soffre una sofferenza inguaribile o senza efficaci rimedi, quello che si potrebbe dire
un “basso” costante della sofferenza.
In una tale condizione si dovrebbero cercare appigli e “ancore” quantomeno facili,
eppure questi due autori, produssero una filosofia originale, proprio perché mai sazia e
accondiscendente di se stessa.
Se un’apparizione o l’emergere di qualcosa si produce sempre all’interno di un certo
stato di forze , questo vale anche per il pensiero di un filosofo. La vita fattuale è un
4
aspetto di questo stato di forze, ma per quanto riguarda il pensiero, lo sono soprattutto i
“termini” che muovono la riflessione di un pensatore.
Enzo Paci, Ingens Sylva, Milano, Bompiani - opere di Enzo Paci, Gennaio 1994
1
“Nietzsche è un esempio raro di concentrazione mentale, di esercizio crudele e continuo dell’intelletto, di
2
interiorizzazione e sublimazione di esperienze personali, dalle più vistose alle più insignificanti, di
riduzione di ciò che si chiama “vita” a “spirito”…”spirito è la vita che taglia nella propria carne; nel suo
patire essa accresce il suo sapere”. Mazzino Montinari, Cosa ha veramente detto Nietzsche, Milano,
Adelphi, Novembre 1999, cit., pag. 17
Enzo Paci, Ingens Sylva, pag. 8
3
Michel Foucault, Nietzsche, genealogie, histoire, dans Hommage à Jean Hyppolite, Paris 1971, Tr. It.
4
Nietzsche, la genealogia, la storia, in Microfisica del potere, a cura di Giovanna Procacci e Giovanni
Pasquino, Torino, Einaudi, 1997, pag. 38
2
Il primo grande possibile ostacolo che si presenta nel momento in cui si vuole in
qualche modo, legare amichevolmente questi due filosofi, è la cristianità di Vico, la sua
ferma credenza in un Dio trascendente le cose, di contro all’avversione centrale nel
pensiero di Nietzsche per il cristianesimo. È interessante vedere subito come, al di là
della critica posteriore nietzschiana, della quale vedremo in seguito se Vico possa essere
oggetto, sia stato il filosofo napoletano, il primo ad insidiare la sua stessa credenza :
5
non si è mai concesso di “possedere” una soluzione; questa la grande fecondità del suo
pensiero.
In lui convissero un grande pessimismo, per la vita immediata, spuria di riflessione, che
sentì forse come passione inguaribile del suo pensiero e che si potrebbe situare come
una delle sue due radici riflessive, insieme alla ferma credenza nella ragione divina e
nella verità razionale.
Per quanto riguarda Nietzsche, lo stato di forze che lo ospita e condiziona è più
complesso. Innanzitutto tra lui e Vico ci sono stati degli sviluppi enormi nel pensiero
filosofico e non solo. Ma allo stesso tempo, in lui non si ritroverà l’eredità piena e colta
di tutto il pensiero precedente, piuttosto un pensiero che dimostra un’indipendenza
radicale, perfino dallo studio approfondito dei classici della filosofia . La sua
6
formazione filologica (materia che svolge un ruolo di primaria importanza anche in
Vico), seguì una repentina ascesa in ambito accademico, che lo vide diventare
prestissimo professore e altrettanto presto lasciare la cattedra vivendo della pensione
universitaria. Disse di aver abbandonato la filologia (insieme a Wagner e
Schopenhauer), perché era all’ultima occasione di “riprendere il possesso di se stesso” .
7
Innumerevoli sono i passaggi in cui rimanda al o individua la fonte delle sue intuizioni
nel rapporto con “se stesso”, e in cui stimola persino i lettori a “pensare veramente con
se stessi”. Non si tratta però, dell’”introspezione” socratica, il famoso impulso a
conoscere se stessi: le stesse parole nascondono probabilmente intenti opposti. Non si
“forse non c’è critica rivolta a Vico, che Vico non si sia già mossa” Vincenzo Vitiello, in ‘Scrivere la storia’,
5
prefazione di Francesco Valagussa, Vico gesto e poesia, Roma, Studi vichiani - edizioni di storia e
letteratura, 2013 , pag.VII
“per anni non lessi più niente. Il più grande beneficio che io abbia mai reso a me stesso” Friedrich
6
Nietzsche, Ecce Homo, 1888, Tr. it. Ecce Homo, a cura di Roberto Calasso, Milano, Adelphi, 1965 e 1981,
cit., pag. 84
“uno spirito diventato libero, che ha ripreso possesso di se stesso” Ivi, cit., pag. 80
7
3
tratta di risalire alla nostra posizione logica e metafisica rispetto al mondo, alle strutture
del nostro logos, ma piuttosto di scardinare la posizione che vorremo assumere, di
destituire il soggetto conoscente dotato di logos e dimostrare la sua fondamentale
posizione illogica rispetto a tutte le cose .
8
C’è un problema (o presunto problema) d’unità del suo pensiero (come anche in Vico),
che è stato e viene suddiviso spesso in periodi e che non si può neanche banalmente
vedere, come una sorta di progresso verso una “teoria finale”. Contro l’immobilismo del
sistema Nietzsche privilegia un movimento di continuo superamento di se stesso e la
tensione verso l’unità dello stile di pensiero. Se lo si interpreta attraverso la nozione di
sistema coerente, probabilmente la conclusione parlerà di un sistema contraddittorio .
9
Bisogna forse piuttosto, cercando di non presupporre nessuna forma al suo pensiero,
tentare di rintracciare ciò a cui esso ha dato vita.
Nietzsche in Umano troppo umano dirà qualcosa che mi sembra ulteriormente
avvicinarlo a Vico, seppure con tutte le dovute differenze che si cercherà di delineare:
“riguardo alla metafisica filosofica, sempre più numerosi sono quelli che vedo giungere
alla meta negativa (che ogni metafisica positiva è un errore), ma ancora pochi che
scendano le scale all’indietro; bisogna cioè sì guardare al di sopra dell’ultimo piuolo
della scala, ma non voler stare su di esso” .
10
Questa sorta di collegamento si configura in modo estremamente arbitrario, poiché il
“modo sistematico” avrebbe richiesto un tempo diverso di preparazione. Si prende in
esame principalmente, quella direttrice del pensiero di Vico presente nella Scienza
Nuova che tenta di ripercorre il nascere, il farsi e il “disfarsi” dell’uomo, nella
convinzione, che questo punto prospettico (che non era il solo punto prospettico di
Vico), possa essere relazionato con chi, come Nietzsche, seppure in una valenza nuova
l’ha assunto con piena forza.
“anche l’uomo più ragionevole ha bisogno, di tempo in tempo, di ritornare alla natura, cioè alla sua
8
fondamentale posizione illogica rispetto a tutte le cose” Friedrich Nietzsche, Menschliches,
Allzumenschliches, 1878, Tr. it. Umano troppo umano volume I, a cura di Sossio Giametta, Milano,
Adelphi, 1965 e 1979, cit., pag. 39,
“diffido di tutti i sistematici e li evito. La volontà di sistema è una mancanza d’onesta”, Id., Götzen-
9
Dämmerung, 1887, Tr. it. Crepuscolo degli idoli, a cura di Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1970 e
1983, cit., pag.28
Id., Menschliches, Allzumenschliches, 1878, Tr. it. Umano troppo umano volume I, a cura di Sossio
10
Giametta, Milano, Adelphi, 1965 e 1979, cit., pag. 31
4
Primo capitolo - Genealogia e philosophia exercita.
Genealogia, un’introduzione.
Per quanto riguarda l’individuazione dei caratteri generali della genealogia di Nietzsche,
si attingerà soprattutto dal saggio di Foucault, “Nietzsche, la genealogia, la storia” e
11
dal libro di Deleuze, “Nietzsche a la filosofia” . Il tentativo è tanto quello di restituire
12
un’immagine della genealogia di Nietzsche, quanto, simultaneamente, di instaurare un
confronto tra essa e alcune linee di ricerca presenti nella Scienza Nuova di Vico.
Nietzsche, nella prefazione alla Genealogia della morale , dirà di aver intrapreso una
13
ricerca nuova, che nessuno aveva neanche mai desiderato. Noi uomini della conoscenza
dice, “non abbiamo mai cercato noi stessi, come potrebbe un giorno accadere che ci si
possa trovare?” . “Il nostro tesoro è laddove ci sono gli alveari della nostra
14
conoscenza”, per il momento, restiamo per noi, soltanto “uomini della conoscenza” .
15
Questa nuova ricerca di noi stessi passa secondo Nietzsche attraverso una genealogia
della morale, indagine che si volge alla ricerca di un’origine dei valori morali. Non ci
interessa immediatamente l’oggetto specifico della “Genealogia della morale”, ossia la
morale, poiché, altrove furono altri i sottoposti ad una genealogia, come la verità, il
prete e tanti altri.
Ma di che origine si tratta in questa ricerca? M. Foucault discute i diversi termini
tedeschi che esprimono l’origine nell’opera di Nietzsche: Ursprung, Herkunft,
Enstebung sono i più ricorrenti e rilevanti. Attraverso le differenze d’uso di questi
16
termini da parte di Nietzsche, si può meglio comprendere in cosa consista la specifica
origine genealogica. Il luogo decisivo in cui Nietzsche suggerisce una differenza tra
Ursprung e Herkunft è proprio la prefazione presa in esame poc'anzi, in cui, l’origine
Michel Foucault, Nietzsche, la genealogia, la storia, in Microfisica del potere
11
Gilles Deleuze, Nietzsche et la philosophie, Paris 1962, Tr. it. Nietzsche e la filosofia, a cura di Fabio
12
Polidori, Milano, Einaudi, 1992
Friedrich Nietzsche, Zur Genealogie der Moral, 1887, Tr. it. Genealogia della morale, a cura di Ferruccio
13
Masini, Milano, Adelphi, 1968 e 1984
Ivi, p.3. “siamo sempre in cammino e soltanto un’unica cosa ci sta veramente a cuore - “portare a casa”
14
qualcosa” Ivi, cit. p. 3
Ivi, cit., p. 3
15
Michel Foucault, Microfisica del potere, pp.146-147
16
5