2
INTRODUZIONE
Il rapporto tra il cinema e la pubblicità è radicato nella ultracentenaria storia di
queste due diverse modalità comunicative. L’invenzione stessa della tecnica del
Cinematografo, avvenuta verso la fine del 1800, ha infatti offerto fin dagli inizi agli
inserzionisti pubblicitari una nuova e potenziale piattaforma, rispetto alla stampa o alla
cartellonistica classica, dove poter “piazzare” i loro prodotti e le loro marche. Allo stesso
tempo questa pratica ha dato la possibilità all’intero comparto cinematografico (case di
produzione, attori e registi), di poter contare su aiuti economici, sia finanziari che di altro
tipo, per portare a termine i singoli progetti lavorativi. Il “Mondo del Cinema” in senso
ampio, ha dato quindi la possibilità, attraverso le numerose pellicole prodotte dalla sua
nascita ad oggi, di dare vita, e di consolidare soprattutto in termini quantitativi, quella che
oggi è conosciuta come pratica del product placement.
Il product placement si è evoluto notevolmente nelle modalità di realizzazione e
questo ha sollecitato gli studi in ambito accademico sul tema: attualmente il termine indica
l’inserimento di un prodotto o di una marca (in questo caso si parla di brand placement)
all’interno di molteplici tipologie di media come fonte di finanziamento
1
.
Gli Stati Uniti d’America sono la nazione dove si è maggiormente sviluppata la
pratica e lo studio del product placement, tanto da diventare, ufficialmente o in maniera
celata agli occhi degli spettatori, una delle principali fonti di introiti finanziari del cinema,
fin dai suoi albori. Questo aspetto è il risultato di una tradizione culturale differente,
soprattutto rispetto a quella europea, e che negli Stati Uniti ha portato a considerare i
prodotti reclamizzati, primi fra tutti quelli autoctoni, come il simbolo stesso della cultura
statunitense, quasi un collante sociale, un inno al patriottismo che passa attraverso ciò che
la nazione produce
2
.
1
NELLI Roberto Paolo – BENSI Paola, Il product placement nelle strategie di convergenza della marca nel
settore dell’intrattenimento, Milano, Vita e Pensiero, 2007, 29.
2
Cf. BOGART Leo, Strategia in pubblicità, Milano, Franco Angeli, 1990, 23.
3
Non solo, se si pensa che solo agli inizi degli anni '80 la spesa complessiva degli
Stati Uniti in pubblicità era di 75 miliardi di dollari all’anno
3
, non deve sorprendere che in
questo Paese la pubblicità sia considerata come un utile mezzo per fornire ai mezzi di
comunicazione di massa (cinema, stampa, radio, televisione, teatro, Internet) una valida
risorsa finanziaria
4
.
In Italia il rapporto con la pubblicità (e con il product placement) è legato ad una
situazione legislativa che solo ultimamente sembra essersi consolidata. Fin dall’inizio i casi
di product placement nel cinema italiano, cosi come negli altri principali media, sono stati
numerosi. Ma l’uso spropositato, negli anni '80 e '90, di marche e prodotti nei film, nella
carta stampata e in televisione, ha spinto lo Stato Italiano a varare nel 1992 il Decreto
Legislativo n°74, così da regolare il dilagante fenomeno della cosiddetta pubblicità
“occulta” o “ingannevole”, cioè quella forma di comunicazione promozionale che non si
presenta riconoscibile come tale agli occhi del cittadino e può anche indurre in errore le
sue future scelte di acquisto.
Tale legge ha equiparato il product placement, se non applicato a certe condizioni
indicate dal testo normativo, ad una forma di pubblicità occulta, un’operazione a danno
quindi del cittadino perché in violazione del principio specifico che impone alla pubblicità
di essere trasparente e chiaramente riconoscibile dallo spettatore.
Il Decreto Legislativo 74/92 indica ancora oggi quali siano le corrette modalità con
cui deve essere realizzato il product placement nei film da un punto di vista sia tecnico che
contrattuale ma, nonostante la promulgazione di questa legge, il piazzamento di prodotti e
marchi nelle pellicole italiane ha continuato ad essere durante gli anni a seguire una pratica
dilagante realizzata senza rispetto delle norme. Una situazione con risvolti dannosi per lo
spettatore italiano, bombardato dalla presenza di prodotti e marche nelle pellicole senza
alcuna comunicazione in merito da parte delle case di produzione e delle aziende
inserzioniste.
Data la modalità con cui si continuava ad utilizzare il product placement in ambito
cinematografico, lo Stato Italiano ha deciso di regolarne ulteriormente l’utilizzo attraverso
un altro Decreto Legislativo, il n°28 del 9 febbraio 2004. Questo Decreto ha riconosciuto
3
Cf. BOGART Leo, Strategia in pubblicità, 19.
4
l’utilizzo del product placement come fonte ufficiale di finanziamento per le produzioni
cinematografiche, mantenendo però i limiti di applicazione, realizzazione e di trasparenza
degli accordi tra aziende e case di produzione indicati nel Decreto Legislativo 74/92. Il
rinnovo della legge, volto alla lotta contro la pubblicità occulta nei film e con l’intenzione
di rendere pubblici gli accordi di product placement, si è concretizzato quindi su due piani
differenti e complementari. Da una parte si è deciso che il product placement può essere
utilizzato in maniera ufficiale come strumento per reperire i fondi utili alla realizzazione di
un prodotto cinematografico, dando quindi la possibilità alle aziende e alle case di
produzione di stipulare i contratti alla luce del sole e di poter comunicare in maniera
trasparente allo spettatore quante e quali marche commerciali siano presenti all’interno del
film. Dall’altra, per quanto riguarda le modalità concrete di realizzazione del product
placement volte a tutelare la corretta comunicazione tra spettatore, aziende e case di
produzione, sono stati giustamente mantenuti i limiti già presenti nel Decreto Legislativo
74/92.
L’obiettivo finale è stato quello di integrare le precedenti indicazioni su come si
presenta e si combatte la pubblicità occulta, con la pratica del product placement, ora
riconosciuta, se realizzata e comunicata allo spettatore secondo le indicazioni della legge,
come un utile “alleato” nel reperimento dei fondi necessari alla realizzazione di un film.
Alla luce di queste considerazioni, la mia attenzione è stata attirata da un caso
piuttosto eclatante di product placement cinematografico. L’8 febbraio del 2008 ha segnato
l’esordio nelle sale cinematografiche di tutta Italia del film Caos calmo, tratto
dall’omonimo romanzo dello scrittore Sandro Veronesi, e diretto dal regista Antonello
Grimaldi con protagonista il noto attore - regista Nanni Moretti.
Nei giorni seguenti la proiezione del film mi sono infatti imbattuto in un articolo
del quotidiano La Repubblica dove nella sezione “Lettere al Direttore” la giornalista
Roberta Gisotti, docente di Economia dei Media presso la nostra Università, criticava la
presenza ingombrante del marchio BMW nel film, si interrogava sull’aspetto del product
placement in Caos calmo e ricordava che il film era stato inoltre finanziato grazie al
contributo dello Stato e dei suoi cittadini.
4
Cf. CODELUPPI Vanni (Ed.), La sfida della pubblicità, Milano, Franco Angeli, 2003, 69-70.
5
Dopo pochi giorni anche il noto programma televisivo satirico Striscia la Notizia
attaccava il film e la casa di produzione, parlando di “pubblicità occulta” a danno dei
cittadini e iniziando una campagna di denuncia sul product placement presente nel film,
durata svariati mesi. Ne è scaturita quindi una guerra mediatica, in televisione e nella carta
stampata, fatta di dichiarazioni e di prese di posizione, sia positive che negative, sul tema
del product placement da parte produttori, aziende, giornalisti, registi e attori.
L’attenzione giornalistica scaturita dalle modalità con cui è stato utilizzato il
product placement nel film Caos calmo mi hanno spinto quindi a riflettere su alcune
questioni, di carattere storico, commerciale e etico, inerenti questa pratica.
Mi sono quindi posto le seguenti domande:
Dove nasce il concetto e la pratica del product placement, perché è considerata una
risorsa di finanziamento per il cinema e quali sono oggi le forme con cui si realizza
concretamente questa pratica?
Dato che il product placement è presente all’interno del cinema italiano, come è
stata affrontata la questione da un punto di vista legislativo?
L’uso del product placement nel cinema in Italia è una forma di comunicazione
aziendale che rispetta lo spettatore-cittadino attuando operazioni trasparenti?
È possibile che le critiche al film Caos calmo possano derivare da un uso scorretto
del product placement a danno del cittadino-spettatore?
Per rispondere a queste domande ho sviluppato un elaborato composto da tre
capitoli.
Nel primo capitolo utilizzerò un approccio di tipo storico presentando il concetto
del product placement, cosi come è stato teorizzato e sviluppato in area statunitense,
attraverso l’ausilio di fonti storiche sul cinema e sulle leggi in materia di pubblicità negli
Stati Uniti. Saranno inoltre illustrate le diverse modalità con cui oggi, in ambito
accademico, viene definita la pratica del product placement e come essa si presenti nelle
principali piattaforme mediali.
Nel secondo capitolo, dopo un primo approccio di tipo storico sulla presenza del
product placement nel cinema italiano, sarà esaminato l’iter legislativo che, a partire
dall’Europa, è poi approdato nel nostro Paese e ha stimolato il legislatore italiano a definire
6
il concetto di pubblicità, della sua trasparenza nei confronti dei destinatari, degli strumenti
utili alla repressione delle sue forme più occulte e soprattutto a plasmare l’identità attuale
del product placement cinematografico. Verranno inoltre valutate le ultime riflessioni sul
tema sviluppate in ambito europeo concretizzatesi nella recente direttiva sull’audiovisivo
intitolata Audiovisual Media Services e sulla cui adozione, come linea guida per il product
placement, sta discutendo oggi il nostro stesso Paese.
Il terzo capitolo, alla luce delle riflessioni sviluppate precedentemente, presenterà il
case history di questo elaborato, il film Caos calmo, attraverso una ricostruzione storico –
giornalistica dell’intera vicenda, dalla sua nascita come opera letteraria alla successiva
trasposizione cinematografica. Di seguito svilupperò una personale griglia di analisi
semiotica del film che, grazie alla suddivisione in sequenze, scene e inquadrature, fornirà i
dati essenziali per comprendere come e quanto sia presente il product placement del
marchio BMW all’interno di questa pellicola. I dati raccolti verranno confrontati con il
coefficiente Dy’s, un apposito strumento elaborato in Italia dall’Associazione per il
Product placement, che permette di analizzare qualitativamente una operazione di product
placement cinematografico, per svelare così anche i risvolti più prettamente commerciali
del film e capire chi, tra azienda inserzionista e casa di produzione, abbia tratto maggior
vantaggio da tale operazione. Compito di questa analisi sarà poi comprendere in che
maniera sia stato utilizzato il product placement in Caos Calmo e se tale operazione sia
stata trasparente da un punto di vista pubblicitario agli occhi dei cittadini.
7
Capitolo primo
LA DEFINIZIONE DEL PRODUCT PLACEMENT NEL CINEMA: STORIA E
EVOLUZIONE
In questo capitolo pongo al centro della riflessione la storia, lo sviluppo nel tempo e
le varie definizioni con cui è conosciuto il product placement cinematografico, ovvero il
piazzamento delle marche e dei prodotti commerciali all’interno dei film, cosi come viene
affrontato dai principali studi in materia.
Per comprendere la materia in oggetto, nella prima parte del capitolo presento la
storia dello sviluppo del product placement all’interno della filiera cinematografica. Come
terreno di analisi sarà presentata l’esperienza proveniente dal cinema statunitense, dove è
nata e si è maggiormente consolidata la pratica del product placement. Saranno descritti
dunque numerosi esempi di product placement provenienti da epoche diverse del cinema
statunitense, dal 1930 ai giorni nostri. Il capitolo si concluderà con una breve descrizione
del regime giuridico che oggi sovraintende il product placement negli Stati Uniti.
Nella seconda parte del capitolo, di carattere più generale e descrittivo, saranno
presentati i principi e i vantaggi che sottendono a questa speciale pratica di comunicazione
pubblicitaria. Allo stesso tempo analizzo i diversi metodi di posizionamento con cui è
possibile identificarlo in una narrazione filmica. Per una comprensione più ampia del
product placement saranno presentate le modalità e i casi più comuni riscontrabili anche
nella televisione e nella carta stampata.
8
1. La definizione del product placement cinematografico
Il punto di vista delle Scienze della Comunicazione nei riguardi del product
placement si intreccia fortemente con i già consolidati studi su pubblicità, marketing e
cinema. Ne La comunicazione. Il dizionario di scienze e tecniche, il product placement è
definito come “una forma di pubblicità clandestina, utilizzata nel cinema[...]consistente nel
far comparire in scena[...]un determinato prodotto[...]senza che le esigenze narrative del
film lo richiedano”
5
.
Per Roberto Paolo Nelli e Paola Bensi, studiosi del mondo del marketing, esso è
“l’inserimento di un prodotto di marca[...]che presenta un livello più o meno elevato di
integrazione nel contesto del mezzo di intrattenimento”
6
.
La definizione di Giacomo Gistri presente nel volume intitolato Il product
placement cinematografico. Una forma di comunicazione tra impresa e cultura è la
seguente: “Tale tecnica consiste nell’individuare, all’interno di una sceneggiatura, le scene
che si prestano all’inserimento, contrattualmente definito, di determinati prodotti e/o
marchi preventivamente determinati”
7
.
In questo modo si esprime Daniele Dalli, docente presso l’Università Cà Foscari di
Venezia: “In linea generale, si parla di product placement tutte le volte che un prodotto o
un brand, cioè una marca, appare all’interno di una qualche forma di spettacolo ed è legato
allo sviluppo della sua trama o della sceneggiatura”
8
.
Altra importante definizione arriva da Pablo Fernandez Carballo – Calero che, nel
suo libro Pubblicità Occulta e product placement, dichiara come “solo le collocazioni di
cui venga accertata la natura pubblicitaria potranno considerarsi un caso di product
5
LEVER Franco, RIVOLTELLA Pier Cesare, ZANACCHI Adriano, Product placement, in LEVER Franco,
RIVOLTELLA Pier Cesare, ZANACCHI Adriano (Eds), La comunicazione. Il dizionario di scienze e
tecniche, Roma, Elle DiCi, Rai-Eri, LAS, 2002, 902.
6
NELLI Roberto Paolo – BENSI Paola, Il product placement nelle strategie di convergenza della marca nel
settore dell’intrattenimento, 29.
7
GISTRI Giacomo, Il product placement cinematografico. Una forma di comunicazione tra impresa e
cultura, Milano, Egea, 2008, 102.
8
DALLI Daniele, Il product placement cinematografico: oltre la pubblicità?, Congresso internazionale “Le
tendenze del Marketing “. Atti del convegno di Venezia 28-29 novembre 2003, in <http://www.escp-
eap.net/conferences/marketing/pdf_2003/it/dalli.pdf>, 3.
9
placement[...] Provare la natura pubblicitaria[...] esige dimostrare che tale collocazione
abbia come obbiettivo[...] la promozione della vendita di beni e servizi”
9
.
Anche in ambito anglosassone la definizioni differiscono tra loro. L’Oxford English
Dictionary parla generalmente di product placement “quando un’azienda fa pubblicità ad
un prodotto inserendolo in pellicole cinematografiche o in programmi televisivi“
10
, mentre
il Cambridge Advanced Learner’s Dictionary preferisce sottolineare che “è una forma di
pubblicità in cui un’azienda piazza il suo prodotto, in un programma televisivo o un film,
dove può essere chiaramente riconosciuto”
11
.
Le definizioni proposte presentano dei punti di vista differenti. Possiamo affermare
che la pratica del product placement rappresenta l’inserimento di una marca o di un
prodotto, senza alcun legame con la sceneggiatura e il contesto narrativo oppure, al
contrario, che il suo posizionamento ha un ruolo importante ai fini di una rappresentazione
cinematografica. Per alcuni poi si tratta di una tecnica pubblicitaria clandestina, mentre per
altri è una forma di comunicazione contrattualmente definita.
In generale si possono comunque individuare tre modalità distinte di tale pratica.
Nel primo caso il produttore cinematografico paga l’azienda inserzionista per l’utilizzo dei
suoi prodotti, ritenuti indispensabili alla realizzazione della pellicola.
Nel secondo caso, al contrario, è l’azienda inserzionista a pagare un certo prezzo
alla casa di produzione cinematografica per piazzare il suo prodotto all’interno del film (in
base alla tipologia del piazzamento, più o meno presente nella pellicola, varierà anche il
prezzo).
La terza modalità, in realtà la più diffusa e di fatto “intermedia” fra le due
precedenti, avviene senza un reale esborso monetario. Capita infatti che in molte
sceneggiature siano presenti aerei, automobili, bevande, cibi o altri prodotti commerciali.
La produzione decide quindi di contattare l’azienda inserzionista per contrattare un
9
FERNANDEZ CARBALLO – CALERO Pablo, Pubblicità occulta e product placement, Padova, Cedam,
2004, 162.
10
SOANES Catherine – HAWKER Sara, Product placement, in SOANES Catherine – HAWKER Sara,
Compact Oxford English Dictionary, Oxford, Oxford University Press, 2005, in
<http://www.askoxford.com/concise_oed/productplacement?view=uk>, 1. WALTER Elisabeth, Product
placement, in WALTER Elisabeth, Cambridge Advanced Learner’s Dictionary, Cambridge, Cambridge
University Press, 2005 in <http://dictionary.cambridge.org/define.asp?key=102169&dict=CALD>, 1.
10
accordo di scambio, in pratica il prestito gratuito del prodotto, impegnandosi a utilizzarlo
nel set (e quindi mostrandolo nella pellicola)
12
.
Qualunque sia l’accordo raggiunto tra casa di produzione e azienda inserzionista il
product placement è in pratica “uno strumento promozionale a sé stante, con caratteristiche
proprie ben definite e che lo differenziano dalla pubblicità”
13
.
Per poter comprendere appieno l’argomento e però necessario percorrere una strada
diversa, partendo dalla considerazione che il product placement cinematografico è una
pratica che fondamentalmente è sempre esistita, solo che è nata e si è evoluta diversamente
all’interno di ogni singola nazione.
Allo stesso tempo possiamo affermare che gli studi sul marketing e la pubblicità
concordano nel dire che alcune persone provano irritazione nel vedere marche ovunque,
soprattutto se si è scelto di vedere un film come momento di intrattenimento. Per altri
invece la marca (e il prodotto) fa parte del proprio stile di vita e spesso molte persone
traggono ispirazione da essa.
Che lo si odi o lo si ami, che sia considerata una pratica commerciale legale per
alcuni o poco trasparente e finanche illegittima nei confronti dello spettatore per altri, il
product placement come modalità di comunicazione (pubblicitaria) tra lo spettatore e la
marca attraverso i media, è comunque entrato a far parte della nostra quotidianità
14
.
Definire il product placement vuol dire perciò definire il concetto stesso di
comunicazione e pubblicità. Non è certamente un compito facile ma di sicuro è possibile
constatare che oggi viviamo in un mondo dove una marca commerciale può connettersi
con il suo potenziale target, i consumatori, attraverso una serie di canali molto diversificati
rispetto al passato. Film, programmi televisivi, canzoni, videogame, libri, giornali,
cartellonistica, spettacoli teatrali, siti Internet, telefonia mobile. Un’invasione di messaggi
che si alimenta 24 ore su 24, senza sosta e senza riposo.
11
AA.VV., Product placement, in AA.VV., Collins English Dictionary, Bologna, Zanichelli, 2007, in
<http://dictionary.reverso.net/english-cobuild/placement>, 1.
12
Cf. GISTRI Giacomo, Il product placement cinematografico. Una forma di comunicazione tra impresa e
cultura, 102-103.
13
GISTRI Giacomo, Il product placement cinematografico. Una forma di comunicazione tra impresa e
cultura, 104.
14
Cf. LEHU Jean – Marc, Branded Entertainment. Product placement & Brand Strategy in the
Entertainment Business, London, Kogan Page, 2007, 1.