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INTRODUZIONE
Il petrolio corre quasi impazzito la sua inarrestabile ascesa innescando
una grave crisi energetica su scala mondiale. Forse, in realtà, è la crisi
energetica a fare impennare così il valore petrolifero. L’economia,
comunque, ne risente e vacilla. Nel frattempo la biosfera comincia a
scricchiolare e a mostrarsi debole all’impatto del complesso impianto
dell’attività umana, forse perché la soluzione più facile non è quasi mai la
migliore. Le pagine dei giornali non mostrano ottimismo neanche a stralci,
mentre la politica attuale, imbavagliata dall’economia, fa quel che può,
ovvero peggiora le cose. La situazione, per quanto taciuta dai media o,
quantomeno, sottovalutata, è grave.
È da tutto quanto sta accadendo proprio in questi ultimi anni che nasce
l’ambizione di questo lavoro di provare l’esistenza di un sistema di
trasformazione industriale, per il settore alimentare, in grado di integrarsi
con maggiore efficienza con la realtà della biosfera rispetto a quanto
riesca a fare l’attuale modello in uso.
Lo studio in oggetto si compone di tre parti; dopo una prima attenta
analisi della situazione energetica ed ecologica contemporanea, si
cercherà di individuare i punti di debolezza del sistema produttivo attuale
per convertirli, successivamente, in punti di forza nel rispetto, per quel che
è possibile, tanto delle esigenze aziendali quanto di quelle ambientali. Il
fine ultimo è dimostrare che il passaggio dal modello di produzione
convenzionale a uno che sarà chiamato eco-compatibile sia non solo
portatore di vantaggi in termini ambientali, ma anche aziendali. La
denominazione “eco-compatibile” è stata scelta, tra le tante possibili, per
indicare la natura del concetto che ne è sotteso, ovvero la ricerca del
giusto compromesso tra esigenze umane e dall’ambiente in cui l’uomo
vive traendo le proprie fonti di sussistenza e consumo.
La realtà produttiva analizzata vuole essere rappresentativa del sistema
produttivo nazionale, pertanto lo studio si riferisce a un’impresa esistente,
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più specificamente un biscottificio di medie dimensioni. Successivamente
all’analisi della struttura attuale si applicheranno, in via teorica, taluni
cambiamenti di cui si renderà conto in termini economici al fine di
misurare l’eventuale beneficio procurato.
La sezione conclusiva, sulla base dei dati rilevati nel corso dello studio,
analizzerà se l’ipotesi iniziale sia verificata o meno; in questa medesima
parte si intenderà, altresì, proporre ulteriori possibili interventi per un
rafforzamento delle potenzialità del progetto, anche suggerendo alcune
iniziative di politiche economiche al fine di raggiungere gli obiettivi di
riduzione dell’impatto dell’attività umana sulla ecosfera.
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CAPITOLO 1 - VISIONE D’INSIEME
Mentre nel corso degli ultimi centocinquant’anni la popolazione mondiale
è passata da 1,6 a 6,5 miliardi di persone, i consumi di materie prime
destinate alla produzione energetica sono aumentati in maniera per nulla
proporzionale, bensì esponenziale, passando da 0,9 Gtep (miliardi di
tonnellate equivalenti di petrolio) a 10 Gtep all’anno
1
. Le popolazioni dei
paesi industrializzati, pari al 20% dell’intera specie umana, consumano
oltre la metà dell’energia prodotta. Sono i paesi aderenti all’Ocse
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), ovvero
Unione Europea, America centro-settentrionale, Giappone, Corea del
Sud, Australia e Nuova Zelanda. Il consumo pro-capite annuale degli
abitanti di queste aree toccano in media le 4,6 tep contro le 0,9 dei paesi
non Ocse, poco più di 5 miliardi di persone. Di strada se n’è fatta tanta
dal 1900 a oggi e la nostra qualità della vita è sicuramente diversa da
allora, ma siamo davvero sicuri che sia migliore? Quali fenomeni ci hanno
condotto ad un così alto consumo energetico? E a quale costo? Abbiamo
ormai incominciato a intravedere le conseguenze del nostro forsennato
ritmo di consumo, sia dal punto di vista economico che ambientale e
finanche sociologico. Siamo ormai consapevoli di come il modello
consumistico a propulsione capitalistica dell’occidente ci stia velocemente
portando al capolinea evolutivo; il serbatoio petrolifero mondiale è entrato
in riserva, sebbene politica e mezzi di comunicazione, troppo spesso
finanziati dalle lobby industriali, anziché ammettere coraggiosamente tale
realtà continuino religiosamente l’amara litania di una crescita economica
illimitata, continua e costante; i meccanismi biologici di assorbimento di
cui il nostro ambiente è naturalmente dotato faticano a stare al passo con
la quantità di rifiuti che ogni giorno produciamo.
1
(2007) Rapporto ISSI 2007 – Lo sviluppo sostenibile in Italia e la crisi climatica. A cura
di E. Ronchi. Milano, Edizioni Ambiente.
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Non si intende trattare di decrescita né criticare la struttura capitalistica, lo
scopo di questo lavoro è dimostrare che, sebbene l’attuale modello
produzione-consumo sia apparentemente il più facile, esistono possibilità
a esso alternative. Esiste un modo, più o meno nuovo, di organizzare il
pensiero, meno impattante sull’ambiente e, al contempo, economico,
anzi, maggiormente economico del modello oggi in uso. Non ci si priverà
del forte contributo che il liberismo mercantile ha permesso di raggiungere
grazie alla concorrenza degli uomini, si proverà altresì a servirsi di alcune
di queste leve per rendere il piano presentato veramente attuabile senza
confinarlo a ramo marginale delle teorie utopiche. La criticità della
situazione energetica e climatica alla quale stiamo andando incontro e
che, presumibilmente, si farà sempre più forte negli anni a venire non è
questione ideologica o politica, è trasversale a ogni partito o fazione,
pertanto è necessario affrontarla lasciando da parte pregiudizi e rivalità
politiche. Per il momento purtroppo non sembra possibile fare
affidamento sulla nostra classe politica; sinistra e destra, che si sono
continuamente alternate negli ultimi vent’anni, non sono state in grado di
fare fronte all’emergenza, anzi, sono state gli artefici del crescente
peggioramento della situazione ambientale ed energetica, oltre che
economica in Italia. Sembra, però, che il momento attuale possa essere
propizio per un cambiamento dal basso: dopo l’inverno mancato tra gli
anni 2006 e 2007, durante il quale gli alpeggi erano in fiore, il terrorismo
psicologico dei media ha contribuito positivamente, per una volta, a
sollevare l’interesse della doxa sulla crisi energetica e climatica. Un altro
fenomeno negli ultimi mesi sta dando forti segnali di quanto il periodo
dell’opulenza energetica stia velocemente volgendo al termine, il prezzo
del petrolio che continua la sua inarrestabile ascesa: è il momento ideale
per dare vita a un nuovo modo di pensare la produzione e il consumo, un
modo che tenga conto di processi e industria, esternalità, ambiente,
società, consumi e ricchezza, così come dei meccanismi di interazione tra
loro esistenti.
Nonostante le critiche mosse da più parti allo sviluppo sostenibile, definito
15
addirittura da Latouche (2006) come parallelismo ossimorico
2
in un’opera
dai contenuti comunque interessanti, e da altri ancora come paravento
dietro al quale far girare sempre più velocemente la macchina
capitalistica, questo progetto rientra proprio in tale ambito. Del termine
sostenibilità sono state elaborate diverse definizioni ma quella che meglio
rappresenta il concetto in tutta la sua semplicità è quella ad opera della
Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU (1987)
3
,
secondo cui «Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa le
esigenze del presente senza compromettere la possibilità per le
generazioni future di soddisfare i propri bisogni». Successivamente la
discussione sull’argomento ha portato ad individuare i reali campi di
azione per progredire verso uno sviluppo che porti con sé tali
caratteristiche, ovvero l’ambiente, l’economia e l’equità sociale. In queste
pagine si cercherà quindi di costruire un progetto che ponga questi temi
ai vertici dei propri obiettivi, non prima di aver disegnato, però, una chiara
e realistica situazione della realtà in cui siamo inseriti.
2
Latouche, S. (2006) Le pari de la décroissance, Paris, Libraire Arthème Fayard.
3
Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU (1987) Rapporto
Bruntland.
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CAPITOLO 2 - I LIMITI E LE LEGGI NATURALI
2.1 La scarsità delle risorse
Si dimostrerà come una società che fondi il proprio progetto di sviluppo
soltanto sulla quantità dei beni consumati senza curarsi della capacità di
carico degli ecosistemi, come la nostra società occidentale
contemporanea, sia velocemente destinata al declino. La possibilità di una
crescita economica infinita, a prescindere che ci si voglia curare o meno
delle eventuali conseguenze globali da essa prodotte, sebbene la nostra
classe politica non voglia ancora prenderne atto, e con lei molti
economisti, è negata con fermezza dalla definizione stessa della parola
economia che Paul Samuelson, premio Nobel per l’economia nel 1970,
fornisce nelle prime pagine del suo manuale noto, ormai, a milioni di
studenti: «L’economia è lo studio del modo in cui le società utilizzano
risorse scarse per produrre beni utili, e di come tali beni vengono distribuiti
tra i diversi soggetti»
4
. Se si riuscisse a produrre quantità infinite di beni,
soddisfacendo così tutti i bisogni di tutti gli uomini, tali beni sarebbero
liberi, non ci sarebbe concorrenza per l’acquisto, i prezzi sarebbero pari a
zero e i mercati perderebbero la necessità di esistere così come
l’economia stessa. È dunque la scarsità il requisito indispensabile alla vita
dell’economia, ma, d’altra parte, essa si traduce come limite all’attuale
modello di sviluppo. La scarsità delle risorse, ovvero la loro limitatezza, la
finitezza della quantità di risorse disponibili in un sistema chiuso come
quello terrestre, preclude qualsiasi idea di infinito relativo alla crescita
economica. Pertanto è bene affiancare a questo primo concetto, un
secondo importante criterio di valutazione dell’uso delle risorse,
l’efficienza, ovvero il loro uso al fine di soddisfare i bisogni e i desideri degli
individui. Produrre in maniera efficiente significa individuare il miglior uso
4
Samuelson, P. A. & Nordhaus W. D. Economia, 17
a
ed., Milano, McGraw-Hill.
18
possibile delle risorse, in modo da non lasciare i consumatori in condizioni
peggiori rispetto al momento precedente la produzione. Sebbene tra molti
sociologi sia diffusa l’opinione che le tecnologie per un rapporto uomo-
natura completamente ecologico siano già pronte e che si stia attendendo
soltanto il via libera da parte dell’interesse economico
5
, il sistema
produttivo attuale, non tenendo conto del valore ambientale poiché non
remunera quei fattori non mercificabili, o meglio, non ancora mercificati
quali aria, acqua e gli altri beni collettivi, non è in grado di garantire
l’efficienza necessaria alla salvaguardia dell’ambiente. Questa
problematica non è priva di ripercussioni economiche e sociali come si
dettaglierà nelle pagine successive.
2.2 Le leggi della termodinamica
6
Sebbene possa apparire un’evidenza, l’energia è una delle risorse di cui
abbiamo possesso, è la prima e indispensabile risorsa di cui dobbiamo
disporre per poter attuare qualsiasi forma di produzione, ma, prima
ancora, per la nostra stessa esistenza; in quanto tale anch’essa è
soggetta a scarsità, come si dimostrerà tra breve.
Nel corso del XIX secolo, grazie agli studi di Carnot, Kelvin, Joule e
Clausius siamo riusciti a capire definitivamente i meccanismi che
governano l’energia esplicitandoli nelle ormai note leggi della
termodinamica. La termodinamica è un ramo della fisica che studia le
trasformazioni che avvengono all’interno di un sistema durante i processi
di trasformazione di calore in lavoro o viceversa. I suoi principi sono
quattro e sono tutti progressivamente conseguenti l’uno all’altro; di questi
si tratterà in maniera non approfondita al fine di perseguire lo scopo di
capirne il funzionamento senza scendere troppo in dettagli la cui
competenza spetta a tutt’altro ambito di studi.
5
Brown, L. R. (2006) Plan B 2.0 Rescuing a planet under stress and a civilization in
trouble, New York, Norton & Co; Sachs, W. (2003) Ambiente e giustizia sociale. I limiti
della globalizzazione, Roma, Editori Riuniti.
6
Fermi, E. (1972), Termodinamica, Torino, Bollati Boringhieri.
19
Semplicizzando davvero molto, è possibile riassumere i contenuti derivanti
da queste leggi affermando che in un sistema chiuso, a partire da una
condizione di equilibrio termico (principio zero) , l’energia totale è costante
(primo principio), le trasformazioni avvengono in una sola direzione
(secondo principio) mentre l’entropia totale è in continuo aumento. È
possibile considerare il nostro pianeta come un sistema chiuso dato che,
per definizione, un sistema si dice chiuso quando vi sia uno scambio di
energia ma non di materia con l’esterno. Il sole è la prima e più importante
fonte di energia per la Terra e sebbene anch’esso un domani esaurirà la
sua capacità irraggiante questo non accadrà prima di qualche miliardo di
anni
7
; è pertanto lecito pensare al sole come a una fonte di energia
costante e perenne se commisurato alla breve storia umana. L’errore sta
nel pensiero comune che l’energia concentrata nelle fonti primarie sul
pianeta possa essere sufficiente e perenne come quella solare. Proprio
l’assenza di scambio di materia con l’esterno ci deve far realizzare che,
per quanto cerchiamo nuovi giacimenti minerari o petroliferi, le eventuali
nuove scoperte non potranno fare altro che rimandare l’annosa questione
delle fragili fondamenta su cui si basa la nostra economia e, quindi, la
nostra società, senza tenere conto, tra l’altro, dei risvolti climatici e
ambientali che si abbatteranno successivamente sia sull’economia che
sulla società stessa.
Pertanto, data la dotazione fissa di materia terrestre, si giustifica il
principio di conservazione (primo principio della termodinamica) secondo
cui in natura nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
L’energia, dunque, già presente sotto forma di fonti primarie (legno,
carbone, petrolio), non può essere creata, ma solo trasformata; il modo in
cui si trasforma l’energia è spiegato dal secondo principio che si potrebbe
definire come principio di irreversibilità della disponibilità energetica.
Durante un processo di trasformazione l’energia si trasforma sempre in
una sola direzione: dal caldo al freddo, dal concentrato al disperso,
7
Rifkin, J. & Howard, T. (1989), Entropy. Into the greenhouse world, 2nd edition, New
York, Viking Penguin.