7
voluto attribuirle, si allontana da una discussione che
considera solo contrasti di tipo politico-geografici, affrontando
lo studio da un punto di vista sociolinguistico, che mi auguro
risulti interessante.
I mezzi di informazione hanno spesso condannato la difesa
dell'identità basca ad un limitante discorso politico, trascurando
che dietro le azioni terroristiche di ETA che oggi sembrerebbe
chiudere i conti con il passato nella speranza di una risoluzione
e mediazione politica, c'è un popolo che si discosta da
ideologie estremiste e che invece è alla ricerca
dell’affermazione e del riconoscimento di una propria identità.
Il popolo basco, storicamente presente su tre territori divisi tra
Spagna e Francia, si designa nella propria lingua, l’euskera,
con le parole Euskal Herria che etimologicamente significano:
“popolo della lingua basca” e che indicano sia il Paese Basco
che il popolo basco.
Ciò che i baschi temono è che in vista di un'omologazione
culturale e linguistica, come diretta conseguenza della
postmodernità, si arrivi ad offuscare un' identità collettiva,
ricca di storia e tradizione presumibilmente millenaria e che
possa aumentare il rischio di scomparsa del loro idioma che
per anni è stato definito come lingua in via di estinzione,
difendendola, invece, come “una lingua viva con capacità per
adeguarsi alle necessità della società odierna” (Azurmendi
1998).
In considerazione di ciò questo studio vuole tentare di
rispondere alla domanda ¿Quiénes son los vascos?,
focalizzando l’attenzione sull’euskera ed i sui suoi parlanti
nella consapevolezza che sia questa lingua a definire ed a
rafforzare l’identità di questo popolo. E’ infatti in base al loro
idioma che los vascos si identificano e si riconoscono come
popolo.
8
Nel primo capitolo si introdurrà la questione basca analizzando
il ruolo occupato dall’euskera all’interno del più ampio
rapporto tra lingua e comunità. Si evidenzieranno, nel contesto
del nuovo panorama linguistico, i significati sociali ed
identitari che il popolo basco assegna alla sua lingua, per poi
accennare alle ipotesi sulle origini millenarie dei baschi e del
loro idioma.
Si tenterà poi di definire la comunità basca nel suo rapporto
con i parlanti e con il territorio evidenziando un ritorno ad un
rapporto tra lingua e comunità che riscopre la sua definizione
all’interno di una idea di comunità linguistica che si rifà ai quei
modelli di stato-nazione di stampo ottocentesco. E’ la nuova
comunità linguistica che viene a coincidere con il vecchio
modello di stato-nazione.
Si valuterà poi lo status attuale della lingua basca evidenziando
le scelte ed i progetti portati avanti dalla politica e dalla
pianificazione linguistica nella Comunidad Autónoma Vasca
(C.A.V.), considerando che nell’anno 1979 viene approvato el
Estatuto Vasco de Autonomía con il quale si riconosce
all’euskera lo status di lingua ufficiale.
Nella seconda parte (cap. II) si centrerà l’attenzione sugli usi
linguistici nella C.A.V., analizzando l’uso e la diffusione
dell’euskera, il suo rapporto con la lingua nazionale, il
castigliano e l’evoluzione della competenza linguistica dei
parlanti baschi negli ultimi venti anni. Verrà inoltre evidenziata
l’analisi della competenza linguistica, inizialmente a livello
generazionale (attraverso l’analisi diastratica), successivamente
a livello geografico (analisi diatopica) ed infine in ambito
familiare (analisi diafasica). La presenza di numerosi grafici
renderà più agevole la lettura dei dati presentati.
9
La terza ed ultima parte (cap. III) affronterà il tema dalla
sociolinguistica dei parlanti attraverso un’indagine
sperimentale di studio pragmatico del code-switching. Si
procederà ad un lavoro di investigazione centrato sull’analisi
del fenomeno dell’alternanza di codice nella comunità basca
mediante la somministrazione di un questionario agli studenti
dell’Universidad del País Vasco di Vitoria. Questa indagine
avrà come obiettivo l’analisi del fenomeno della
commutazione nella sua relazione con le scelte e le preferenze
linguistiche dei soggetti in contesti di tipo informale/formale.
Si indagherà la manifestazione dell’alternanza di codice in un
contesto conversazionale, sia in determinate “circostanze
pragmatiche”, sia in un quadro più ampio che metta in
evidenza aspetti quali la consapevolezza dell’utilizzo della
commutazione, la possibile relazione esistente tra il suddetto
fenomeno e la competenza linguistica ed infine l’assegnazione
di significati di carattere identitario e sociale nella pratica del
code-switching.
10
CAPITOLO I: LINGUA E COMUNITA’
NEI PAESI BASCHI
1. TRA GLOBALIZZAZIONE E LOCALISMO: IL CASO
DEI PAESI BASCHI
La prospettiva che una lingua franca possa servire al mondo
intero è emersa con forza soltanto nel Novecento, in particolare
dagli anni '50, come conseguenza del processo di
globalizzazione che viene inteso come “quel dominio
economico-culturale su scala mondiale, che sembra sempre più
inarrestabile e, naturalmente, non può prescindere dalle sue
implicazioni linguistiche” (Arcangeli 2005:9). La conseguenza
della mondializzazione dei mercati che avrebbe prodotto ormai
anche “l'omogeneizzazione dei bisogni” (Levitt)
1
non può non
includere considerazioni di carattere linguistico perché richiede
l'omologazione di saperi e conoscenze decifrabili e
decodificabili da parte del nuovo soggetto globalizzato. Infatti,
in quella che è stata definita la nuova era dell'economia
materiale la knowledge diviene la principale forza produttiva e
“la posta in gioco è il diritto all'accesso universale ed illimitato
al sapere ed alla cultura” (Gorz 2003). Nella produzione di sé
si riflette la nuova immagine del lavoro immateriale che
richiama l'esigenza ad una uniformità linguistica. Questo ha
portato alla ribalta una idea certamente non nuova, quella
“della monetabilizzazione dell'oggetto linguistico” (Arcangeli
2005:II) secondo la quale le lingue non sarebbero poi così
1
Ivi, 9-10.
11
differenti dalle merci e renderebbero visibile la necessità,
nell'attuale panorama degli scambi internazionali, di servirsi di
un’unica lingua. Appare evidente che con l'aumento delle
organizzazioni sovranazionali si fa più pressante l'esigenza
della comprensibilità reciproca che favorisce la
standardizzazione nel dominio esplicito di un linguaggio unico.
L' avvento di una lingua globale che si integra perfettamente
nella nuova ottica mondialista e globalizzatrice, ha alterato gli
equilibri linguistici in modo nuovo, generando un intero
complesso di nuovi atteggiamenti nei confronti del linguaggio
e delle lingue.
La lingua inglese oggi sta divenendo lo strumento sovrano
della comunicazione e dell'espressione mondialista. La sua
diffusione si giustifica attraverso un modello ottimale di
comunicazione planetaria oscurando le implicazioni di
carattere ideologico che minacciano seriamente il concetto di
diversità linguistica e non solo.
L’incapacità moderna di sostenere e rispettare la diversità si
traduce in un duplice attacco alla ricchezza e alla fecondità
delle identità culturali che accompagnata dalla diffusione
crescente della lingua globale manifesta la tendenza alla
pianificazione e alla neutralizzazione del linguaggio e della
cultura. In generale il postmodernismo che si basa su un
progetto di cittadinanza universale risulta fondato sulla
edificazione di reti omogenee e relazioni comunicative che
tenderebbero ad annullare le diversità, tanto che Khaled Fouad
Allam (2002) sostiene che “l'era globale ha operato un
mutamento sociologico su scala planetaria...(anche) attraverso
la comunicazione, non solo nel senso di trasferimento dati, ma
anche come negoziazione d'identità e di differenze”
2
. E poiché
le lingue subiscono sul piano internazionale il condizionamento
2
Cfr. Giannini e Scaglione (2003).
12
delle “logiche di mercato” una delle tendenze più visibili si
traduce nella paura dell’omogeneizzazione che “rischia di
risucchiare le individualità etnolinguistiche più deboli”
(Giannini e Scaglione 2003:20).
Come reazione a questa tendenza nota Arcangeli “la forte
spinta esercitata dalla civiltà globale in direzione di
un'omologazione che vede trionfare l'inglese a livello mondiale
è di fatto controbilanciata da tante più o meno forti spinte che
muovono invece nella diversa direzione di una soggettività
alimentata da forze centrifughe di varia natura”.
Il nuovo imperialismo infatti porta con sé una moltitudine di
contraddizioni in grado di generare opposizione e resistenza il
cui risultato vive nei conflitti alimentati da varie forze che si
oppongono al fenomeno. Nella globalizzazione si incontrano i
paradossi e le antinomie tipiche della postmodernità nella
contrapposizione tra omogeneizzazione/differenziazione,
centralismo/decentramento, integrazione/frammentazione e
universalismo/particolarismo.
Il particolarismo locale o regionale è ciò che risulta minacciato
dall'assalto della cultura globale che ridimensionerebbe i
tradizionali valori d'appartenenza, mettendo così a rischio il
mantenimento dell’identità che non preclude solo riferimenti
storico-ideologici, ma richiama in primo piano la
rivendicazione alla componente linguistica. Troppe volte si
assiste ad una incosciente o passiva arrendevolezza di fronte
al fenomeno della mondializzazione, in cui l'uguaglianza
identitaria implicherebbe tanto l'annullamento delle coordinate
geopolitiche esistenti, quanto conseguenze sociopsicologiche
più allarmanti che non possono non chiamare in causa l'ambito
13
linguistico, quale massimo definitore del concetto stesso di
essere umani
3
.
Troppe sono infatti le prove del fortissimo valore ideologico
delle diversità linguistiche come elemento di identificazione
delle comunità così come tante sono le testimonianze di
differenti realtà che non accettano le conseguenze di un’
omologazione dettata dalla postmodernità.
E’ proprio il processo di globalizzazione, fenomeno di
uniformazione sociale e dei modelli economici del pianeta che
ha trascinato con sé la rinascita di sentimenti di appartenenza
regionale o locale, provocando la nascita del localismo.
Per localismo può così intendersi sia il tentativo di isolarsi
rispetto ai processi di globalizzazione sottolineando il fattore
identitario sia la necessità di inserirsi nel processo di
planetarizzazione a partire da una precisa identità, ma senza
con ciò escludere la possibilità di essere “attraversati” dalla
globalizzazione. In quest'ultimo caso si parla di “glocale”, il
nuovo spazio sociale che sta formandosi tra locale e globale.
Nel quadro attuale però ciò che più appare evidente è
l’emergere dell’orgoglio di tante situazioni di tipo local che in
controtendenza al nuovo imperialismo e alla concezione di
mondo globalizzato si oppongono al futuro inteso come
globalizzante. In effetti all'interno del processo di
localizzazione (Zygmut Barman 1980)
4
che si contrappone a
quello di globalizzazione, fanno certamente pensare le
dinamiche degli ultimi cinquant'anni che hanno condotto alla
presa di coscienza del bisogno d' indipendenza degli stati-
nazione, evidenziando l’importanza del compito svolto dalla
lingua quale componente essenziale del paradigma identitario
3
Cfr. Hagège (2000). Definisce la lingua come nient'altro che ciò che gli
uomini hanno di più umano.
4
Cfr. Arcangeli (2005:17).
14
“uno stato-una nazione-una lingua” (Dell'Aquila e Iannàccaro
2004:27). Questa equazione mantiene la sua validità anche in
contesti di tipo regionale che esaltano il ruolo della lingua
come fattore di coesione sociale e componente essenziale
dell’identità nell’ambito di una nazione da promuovere o
difendere. Nel contesto moderno di forze centrifughe versus
centripete, di concezioni global versus local, emerge la
necessità di alcune piccole realtà di riconoscersi e di essere
riconosciute dentro precisi confini geografico-politici
all’interno delle quali sia legittimata la lingua come lingua
nazionale.
Il caso del popolo basco rappresenta un chiaro esempio di
questa tendenza.
I Paesi Baschi, infatti, farebbero parte di quell’insieme di
diverse entità regionali e substatali che negli ultimi anni ha
combattuto per l’acquisizione di una sempre maggior
considerazione ed autonomia nei confronti delle
amministrazioni centrali, riproponendo il modello dello stato
nazionale che tende ad un monolinguismo regionale e
all’allontanamento delle devianze interne sulle tracce del
modello ereditato dagli stati nazionali ottocenteschi
5
. Ma una
definizione del genere attribuita alla totalità del popolo basco
farebbe cadere nel tranello della generalizzazione e della
banalizzazione di una situazione che risulta diversamente
complessa.
Infatti la visibilità concessa dai media agli attentati che portano
la firma di ETA (“Patria basca e libertà”)
6
, ha fatto sì che il
pubblico europeo ed internazionale conoscesse solo le
5
Cfr. Dell’Aquila e Iannàccaro ( 2004:29-31).
6
ETA -Euskadi ta Askatasuna- (in castigliano "País Vasco y Libertad") è
una organizzazione terroristica creata all'inizio degli anni '60 per sostenere
il separatismo basco.
15
conseguenze di un disagio politico esistente nella comunità
basca, ma non i presupposti storico-ideologici ad esso collegati.
Attualmente l’esigenza di uno stato-nazione indipendente ha
provocato la generalizzazione di cause ed effetti che hanno
prodotto il riconoscimento dell'identità basca in termini di un
deficit di democrazia condannandola spesso e volentieri e ad
un limitante "discorso politico”
7
(Azurmendi 1998). Se è vero
che l’odierno processo di globalizzazione ha evidenziato il
riaccendersi dell'orgoglio di piccole minoranze proprio come
nel caso dei Paesi Baschi è pur vero che la questione basca,
come viene intesa oggi, si allontana però da una riduttiva
discussione che considera solo contrasti di tipo politico-
geografici. Spesso si ignora che dietro le esuberanti pretese di
un movimento terroristico come quello portato avanti da ETA,
c'è un popolo che si discosta da ideologie estremiste e che
invece è alla ricerca dell’affermazione e del riconoscimento di
una propria identità e non ha nulla a che vedere con idee
xenofobe e discriminatorie.
Questo non vuol dire che i presupposti teorico-ideologici di cui
si avvale la frangia nazionalista basca non debbano essere
riconosciuti come esistenti o privi di importanza, ma
considerazioni riguardo alla struttura propria della politica
interna, così come le sue conseguenze esulano dall’oggetto
principale della presente analisi. Ciò che risulta più interessante
e significativo è invece soffermarsi sull’analisi dell’identità di
questo popolo che negli ultimi anni è stata più volte dibattuta,
studiata, investigata (Roslyn e Susperregi 2001:116)
8
.
7
Dall’originale: “asunto politico”. Cfr. Azurmendi (1998). Salvo diversa
indicazione, tutte le citazioni testuali che compaiono in lingua italiana sono
traduzione dell’autore dal castigliano.
8
In Dirven, Frank, Ilie (2004).
16
A questo punto sembra doveroso chiarire cosa s’intenda per
popolo basco. In effetti considerare il popolo basco come una
totalità di individui presenti su uno stesso territorio dalle
delimitazioni politiche e geografiche unitarie è insoddisfacente
o meglio è una concezione erronea. Il popolo basco così inteso
di per sé non esiste. Infatti i baschi attualmente sono presenti su
tre territori differenti, divisione che è divenuta oggetto
principale di rivendicazione da parte dell’ideologia nazionalista
che ha molto spesso presentato la propria lotta come quella di
un popolo colonizzato e oppresso nel corso dei secoli. Popolo e
patria basca soffrirebbero di una storica divisione: quella che
separa i paesi Baschi del Nord che si trovano in Francia detti
anche "continentali" dai paesi baschi del Sud che si trovano in
Spagna chiamati anche "peninsulari", quest’ultimi a loro volta
suddivisi tra due diverse Comunità Autonome: la Comunidad
Autónoma Vasca (C.A.V.)
9
e quella Foral de Navarra.
Più precisamente nell'attuale configurazione dello Stato
spagnolo, la Comunità Autonoma dei Paesi Baschi è costituita
dalle tre province di Álava
10
(Araba) con capoluogo Vitoria
(Gasteiz), Guipúzcoa (Gipuzkoa) con capoluogo San Sebastián
(Donostia) e Vizcaya (Bizkaia) con capoluogo Bilbao (Bilbo).
In generale il nazionalismo basco considera parte integrante
della patria basca (prima denominata Euskalerria, poi Euzkadi,
indi Euskadi e da qualche anno di nuovo Euskal Herria
11
) sette
9
C.A.V.(Comunidad Autónoma Vasca). La sua costituzione e la sua
struttura verranno affrontate più avanti.
10
Si è preferito utilizzare nella maggior parte dei casi per i nomi propri e i
toponimi l’ortografia castigliana, che è rimasta invariata nel tempo e la cui
radice è più prossima all’italiano.
11
Il neologismo Euskadi ( "tierra de los vascos") fu un'invenzione di Sabino
Arana che ritenne che il termine Euskal Herria (euskál érri-á; "tierra del
euskara"), utilizzato fin dall'epoca visigota per definire i "vascohablantes",
indipendentemente dal territorio al quale appartenevano. La particolarità del
17
territori definiti "storici" includendo oltre ai tre già segnalati, la
regione di Navarra (Nafarroa) che nell'odierno ordinamento
spagnolo costituisce la Comunidad Foral de Navarra e, in
territorio francese, la Basse Navarre, la Labourd (Lapurdi) e la
Soule (Zuberoa) che sono denominati “Iparralde” e che
risultano inseriti nel Dipartimento dei Pirenei atlantici
(Regione Aquitana) della Repubblica francese.
Quindi per tentare di capire cosa s’intenda per popolo basco
non è possibile affidarsi a categorie che si reggono su parametri
di unitarietà geografico-politica. Allora “Chi sono i baschi”
12
?
Il popolo basco si designa nella propria lingua con le parole
Euskal Herria che etimologicamente significano: “popolo della
lingua basca” e che indicano sia il Paese Basco che il popolo
basco. E’ infatti la lingua basca a definire il popolo basco. E’
in base al loro idioma che los vascos si identificano e si
riconoscono come popolo. E’ il loro idioma a costituire il
fulcro principale su cui si regge la loro identità. Il compito
simbolico svolto dalla lingua basca, l'euskera
13
, appare
fatto di scriverlo con -zeta proviene dal fatto che Sabino Arana considerava
che la radice eusk-(vasco) si dovesse scrivere con zeta (euzk-) perchè era
una contrazione de la parola e(g)uzk(iko) [egúskikó; del sol] e basava
questa etimologia sul fatto che gli antichi baschi adoravano la dea Mari,
conosciuta anche come Maia o Ama-Lur (madre terra) il cui simbolo
cosmico era il sole;e dato che eguzki (egúski; sol) si pronuncia con zeta,
anche Euzkadi, secondo il fondatore del PNV-Partito Nacionalista Vasco-
deve essere scritta con zeta. Però, attualmente, in tutti i dialetti la radice
eusk- (che si trova anche in parole come euskara, Euskal Herria, euskaldun)
si pronuncia con "s" ed è considerata la forma corretta anche da
Euskaltzaindia, la Real Academia de la Lengua Vasca. Cfr. anche
Azurmendi (1998: 49,115-116).
12
“¿Quíenes son los vascos?” in Charpentier (2005).
13
Basque in francese ed in inglese. In castigliano viene detta vascongado o
lengua vascongada o vascuence. In basco si può trovare anche nella forma
eukara.
18
evidente anche nel gioco di semantica linguistica secondo cui
per dire che una persona è basca si dice che è “euskaldun
14
”, il
che significa precisamente che è bascofono ossia “che parla il
basco”. La relazione simbiotico-identitaria che sussiste tra
l’individuo basco e la sua lingua emerge con forza anche nei
principi della cultura nazionalista e può essere meglio
compresa attraverso l’esempio di un assioma linguistico che
recita “nessuno è degno di essere basco se non parla euskera”
e di conseguenza “euskararik gabe Euskal Herririk ez” ovvero
“senza l'euskera non esisterebbe il popolo basco”
15
(Azurmendi
1998:114).
Bisogna considerare che all’interno del più generale processo
di localismo il richiamo al concetto di stato-nazione ampliato
nelle sue rivendicazioni storico-politiche risulta accompagnato
dalla preoccupazione per la perdita dell'identità linguistica e
culturale. Ed è proprio il timore per questa perdita che risulta
centrale quando si analizza il popolo basco. In effetti il nuovo
paesaggio moderno, sull'onda dell'imperialismo implacabile
delle lingue universali, avrebbe accentuato il naufragio morale
di questa comunità di quasi tre mila abitanti che autodefinisce
la sua esistenza soprattutto in base al parametro linguistico. Ciò
che i baschi temono è che in vista di un'omologazione culturale
e linguistica come diretta conseguenza della postmodernità si
arrivi ad offuscare un' identità collettiva ricca di storia e
tradizione presumibilmente millenaria
16
e con esso venga
aggravato il rischio di scomparsa del loro idioma che per anni
è stata definito come lingua in via di estinzione, difendendola
14
Euskal (relativo all’euskera) e dun (che lo possiede).
15
Questo assioma linguistico è stato adottato dalla A.E.K. come slogan per
l’anno scolare 1997-1998: “hay que recoger la misión de siempre, dejar
claro que sin euskera no existe Euskal Herria”.
16
Le ipotesi a riguardo verranno affrontate più avanti.
19
invece come “una lingua viva con capacità per adeguarsi alle
necessità della società odierna”
17
(Azurmendi 1998). Il rischio
concreto di scomparsa della propria lingua ha alimentato
sicuramente la radicalità della lotta dei baschi e questo perché
viene percepito che con la lingua scomparirebbe anche
l’identità di questo popolo.
Effettivamente se si analizza la portata ed il tasso della perdita
in corso della diversità linguistica a livello mondiale, la paura
sembra giustificata. Se si considera la probabilità che delle
6000 lingue oggi presenti nel mondo circa la metà sparirà nel
corso di questo secolo, calcolando una media approssimativa
della morte di una lingua
18
più o meno ogni due settimane,
allora non dovrebbe stupire che la rapidità del declino sia uno
dei principali campi di lavoro di ricerca in ambito linguistico.
Ma la maggioranza degli studi sull’euskera non riguardano
tanto il suo processo di scomparsa, paura che oggi è in parte
rientrata
19
, quanto piuttosto le sue origini. Infatti questa lingua,
definita un caso affascinante di lingua-isola, sembra non essere
neolatina e neppure indoeuropea, le sue origini e parentele
restano controverse e tutt'oggi oggetto di studio. Qui di seguito
si è scelto di riportare un saggio riassuntivo delle ipotesi più
discusse sull’origine dell’euskera.
Il lavoro di schematizzazione che si è svolto ha una doppia
funzionalità. In primo luogo nasce dall’esigenza di presentare
un quadro completo delle posizioni assunte dagli studiosi
evidenziando così il lungo lavoro di critica ed investigazione
che per secoli ha caratterizzato questo ambito di ricerca. In
17
“haya llegado hasta el presente siendo una lengua viva y con capacidad
para adecuarse a la necesidad de la sociedad actual”.
18
Su questo argomento cfr. anche Hagège (2000) e Crystal (2004).
19
Lo stato attuale della lingua il suo status legale e la sua “vitalità” verranno
affrontate più avanti.
20
secondo luogo si è voluto presentare il dibattito sulla presunta
origine millenaria di questa lingua (e quindi di questo popolo)
20
perché queste diverse ipotesi sono state utilizzate più volte sia
per il processo di difensivismo di un’identità basca originaria
21
portato avanti dal nazionalismo più radicale sia per
l’assunzione di posizioni totalmente opposte.
20
Cfr. qui, par. 1.1 Ipotesi sull’origine dei baschi.
21
Le tesi a riguardo verranno affrontate più avanti nell’ambito dell’analisi
della ideologia nazionalista di Sabino Arana Goiri. (Cfr. qui, par. 6.1 La
politica linguistica a difesa del nazionalismo).