Introduzione.
Molto probabilmente oggi, in qualche posto in Italia, un piccolo imprenditore
si è recato in una banca per chiedere un prestito. Con quei soldi potrebbe
espandere la sua attività, investire in ricerca e sviluppo, essere più
competitivo, forse assumere qualche giovane o semplicemente tirare avanti
un altro po’ sperando che la crisi passi. Molto probabilmente anche oggi,
nonostante le garanzie offerte ed i buoni propositi, il finanziamento non gli
verrà concesso.
Sempre oggi, probabilmente, in un villaggio remoto del Bangladesh una
donna analfabeta e nullatenente ha chiesto ed ottenuto un prestito
dell’equivalente di pochi euro per acquistare una mucca con la quale lavorare
i campi e sfamare la sua famiglia. Salvo casi rarissimi e come ha fatto quasi
il 99% di clienti prima di lei, malgrado una situazione economica molto
difficile rimborserà puntualmente il prestito all’istituto che glielo ha
concesso: una banca che ha vinto il Premio Nobel per la Pace nel 2006.
La pesante stretta creditizia che sta interessando le piccole e medie imprese
italiane può essere imputata principalmente a due fattori: da un lato la crisi di
liquidità di molti istituti bancari, che non hanno la disponibilità economica
per finanziare i clienti; dall’altro il rischio percepito sulle operazioni che,
nello scenario recessivo attuale, rende le banche diffidenti e sempre meno
inclini a concedere affidamenti. In questo contesto così difficile è però
possibile che il piccolo imprenditore di cui sopra trovi l’appoggio di un
istituto pronto a finanziare i suoi progetti attribuendo, come dimostrano le
ricerche della Banca d’Italia che esamineremo in seguito, maggiore
importanza ad aspetti qualitativi anziché statistico-quantitativi. In pratica
l’istituto erogante potrebbe essere più propenso a concedere credito in virtù
della conoscenza diretta che ha del cliente, del patrimonio informativo
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accumulato nel tempo e della capacità di trasmettere questi dati dalla propria
base operativa (plausibilmente la filiale) all’organo deliberante designato
(ovvero colui che deciderà se concedere o meno il finanziamento). Se il
piccolo imprenditore è fortunato dunque potrà, come la donna per il piccolo
prestito, ottenere le risorse che gli servono per i suoi progetti; in tal caso ad
accomunare i due casi felici sarebbe un fattore dal potenziale enorme ma
scarsamente utilizzato: la possibilità di instaurare relazioni strette e durature
tra banche e territorio, utilizzando il patrimonio informativo accumulato nel
tempo per migliorare la quantità e la qualità del credito.
L’obbiettivo di questo lavoro è quello di analizzare in modo approfondito i
meccanismi della concessione del credito ed i fattori che li influenzano.
L’analisi si concentrerà sulla misura in cui questi processi possano essere
orientati dalle cosiddette soft informations, ovvero l’insieme delle
informazioni qualitative su un affidato, non di pubblico dominio e
difficilmente codificabili.
Il contesto economico attuale è caratterizzato dall’imperioso avanzamento
della globalizzazione, dal sovvertimento delle gerarchie politiche mondiali,
dalla crisi economica che soffoca in particolare l’Europa ma soprattutto dal
crollo inaspettato e repentino di giganti finanziari (Es. Lehman Brothers,
RBS), industriali (Es. General Motors) o addirittura di interi Stati (es. Grecia).
Questi eventi sottolineano innanzitutto la necessità di una regolamentazione
sovranazionale dei mercati finanziari e dei complessi strumenti che ne fanno
parte; in secondo luogo però, considerato il ruolo preminente assunto dai
crediti deteriorati e le sofferenze bancarie nella crisi iniziata nel 2006, si pone
l’attenzione sulle metodologie quantitative applicate nella concessione di
finanziamenti, evidentemente poco efficienti così come adottate finora.
Riguardo il credito bancario, per evitare il ripetersi di scenari simili oltre ad
una macchinosa ma incisiva riforma organica della normativa di riferimento
sono molto utili alcuni strumenti già in possesso delle banche. In particolare
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per quanto riguarda la concessione di finanziamenti, sarebbe opportuno
adottare insieme approcci di relationship e transaction lending, integrando la
dimensione nazionale (o talvolta europea) di un istituto con la radicata
presenza sul territorio, cercando di cogliere le opportunità e limitare i rischi a
cui un assetto del genere potrebbe condurre.
Il lavoro inizierà con un breve excursus sui fattori che hanno determinato
l’esplosione della bolla dei subprime, concentrandosi poi sulla normativa in
tema di vigilanza bancaria ed in particolare sulla nascita del Comitato di
Basilea e gli accordi redatti dagli anni ’80 ad oggi. Questi, una volta recepiti
in ognuno dei 27 paesi membri, incidono pesantemente sulle politiche
creditizie delle banche.
Nel secondo capitolo verrà illustrato, alla luce dei più recenti dati forniti
dall’ISTAT e dalla Banca d’Italia, l’attuale scenario economico nazionale. La
profonda recessione, la crescita della disoccupazione ed il crollo del PIL
generano un aumento consistente delle sofferenze bancarie che a loro volta
incidono negativamente sulla concessione di finanziamenti.
Nel terzo capitolo si esaminerà nel dettaglio il tema principale di questo
lavoro. Innanzitutto verranno illustrati i dati sulla strutturazione del sistema
bancario italiano e di come esso è fortemente concentrato verso i grandi
istituti. Successivamente verranno esaminati brevemente i principali assetti
organizzativi che una banca può assumere in relazione al territorio dove è
attiva. Specialmente nei piccoli centri la conoscenza diretta della clientela, i
forti legami con le istituzioni locali, l’osmosi quotidiana di informazioni con
la popolazione o anche le semplici sensazioni di chi vive di persona un
contesto socio-economico sono strumenti validi e dinamici nei processi di
concessione del credito. Dopo aver attentamente esaminato gli aspetti positivi
e negativi di un approccio improntato al relationship lending verranno
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brevemente illustrati alcuni strumenti di sostegno al credito per le PMI come
il Consorzio Confidi e il fondo di Garanzia ex Legge 662/96.
Nel quarto e ultimo capitolo infine verranno illustrati due modelli di banca,
ed in particolare di concessione del credito, totalmente diversi da quello
occidentale. La finanza islamica opera, molto proficuamente, nel rispetto dei
precetti del Corano ed in particolare nella logica del profit and loss sharing.
Essa è in continua espansione e grazie alla sua struttura ha risentito
limitatamente della recente crisi finanziaria attirando l’interesse di investitori
musulmani e non. Infine, il progetto Grameen Bank è quello che, come
accennato, non solo permette ad esempio ad una donna nullatenente di
ottenere un piccolo prestito ma, soprattutto, vanta un portafoglio crediti anche
migliore delle banche occidentali. A dimostrazione che una struttura
complessa non è sempre una struttura efficace.
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Capitolo I
L’equilibrio degli istituti di credito: genesi della crisi
e quadro normativo.
1.1. Fattori che hanno generato la crisi nel 2007.
L’attuale crisi economica e finanziaria è il risultato di una serie di fattori, tra
i quali il crollo del mercato immobiliare in molti paesi, l’aumento delle
insolvenze sui finanziamenti concessi dalle banche, l’aumento del costo di
petrolio ed altre materie prime. Essa ha avuto come epicentro gli Stati Uniti
d’ America per poi espandersi ad altre nazioni, soprattutto in Europa.
1.1.1. La rischiosa concessione di finanziamenti ipotecari
negli Stati Uniti.
Il mercato immobiliare statunitense ha evidenziato, dal 2000 in poi, un forte
aumento del valore dei cespiti in tutta la nazione, quantificabile in un
incremento del 100% nel decennio 1996/2006 come riferisce l’indice del
prezzo degli immobili abitativi elaborato da S&P (Figura 1)
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Figura 1
Fonte: www.spindices.com
Il grafico evidenzia un valore di 81,11 punti a giugno 1996 e 189,93 punti 10
anni dopo. Ciò era dovuto, tra l’altro, all’ elevata domanda di alloggi e alla
crescente offerta di credito da parte delle banche, sempre meno prudenti nel
concedere finanziamenti anche a soggetti tendenzialmente poco affidabili
come ad esempio coloro che già in passato erano stati insolventi, ai quali
venivano destinati i mutui c.d. subprime. Questo genere di finanziamenti
permetteva a soggetti altrimenti impossibilitati di accedere a linee di credito
offrendo a garanzia un immobile. Nel 1999 poi l’amministrazione Clinton
promosse l’intervento di Fannie Mae (o Federal National Mortgage
Association) a sostanziale garanzia dei subprime. Fannie Mae era un’azienda
in quel periodo specializzata nell’acquistare mutui dalle banche in modo da
facilitare l’erogazione di nuovi finanziamenti assumendosi il rischio di quelli
già esistenti. Nel momento di massimo splendore Fannie Mae ed il suo
principale concorrente, Freddie Mac, possedevano o garantivano 11 trilioni
di dollari in mutui, pari al 55 % del mercato. Nel 2006, come era lecito
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Mar-1987
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Mar-2013
S&P/Case-Shiller U.S. National Home Price Index
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aspettarsi visti gli enormi rischi presi, il sistema ha iniziato a dare segni di
cedimento. L’ indice dei prezzi degli immobili ha cominciato a rallentare e
contestualmente sono aumentate le insolvenze. Questo, insieme alla
congiuntura economica sfavorevole di quegli anni, ha causato il progressivo
collasso del sistema americano: nel momento in cui un soggetto non
rimborsava un finanziamento le banche mettevano sul mercato l’immobile
acquisito in garanzia, ricavandone però una somma inferiore a quella attesa
in quanto avevano contabilizzato il cespite ad un valore superiore a quello
reale. Rivendendo quindi ad un prezzo inferiore, non sempre era possibile
rientrare del debito rimanente. Tutto ciò, insieme all’ aumento della
disoccupazione ed una forte recessione, portò prima ad una enorme crescita
delle insolvenze, poi all’ esplosione della bolla immobiliare ed infine nel 2008
al bailout (salvataggio) da parte del Tesoro americano di vari istituti di credito
per mezzo del Troubled Asset Relief Program, un piano di intervento da 700
miliardi di Dollari. I già citati Fannie Mae e Freddie Mac vennero messi sotto
il controllo della neonata Federal Housing Finance Agency con l’acquisto di
crediti deteriorati per 600.000.000 di Dollari, in buona parte costituiti da
Asset Backed Securities
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sui mutui. Ciò rende ancora più evidente come la
crisi del 2007 sia stata per certi versi prevedibile, vista la dissennata politica
creditizia e la forte concentrazione del rischio sul mercato immobiliare.
1.1.2. Il contagio all’ Europa.
Successivamente la crisi si espanse ovviamente anche all’ Europa, con vari
istituti legati direttamente o indirettamente alle vicende statunitensi. Se da un
lato infatti vi era lo stesso humus (aumento disoccupazione, recessione, bolla
immobiliare come in Spagna), dall’altro alcune nazioni non avevano la stessa
1
Strumenti finanziari consistenti in obbligazioni emesse a fronte di operazioni di
cartolarizzazione, garantite da attivi sottostanti, come possono essere appunto i mutui.
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