3
tappe, proprio per dare la possibilità al lettore di comprendere come ed in che modo la
comparazione si è affermata.
Naturalmente, viste anche le tante ostilità verso questa forma di pubblicità, non
potevano non essere presenti delle regole, dei limiti all’utilizzo della comparazione.
L’analisi verterà proprio sulla descrizione di quelle che sono le condizioni imposte al
messaggio pubblicitario, in modo che questi non risulti ingannevole e soprattutto ad
evitare che attivi una comparazione illecita.
La descrizione di questi limiti sarà naturalmente prevista con una particolare attenzione
all’Italia, andando per altro, ad evidenziare la loro allocazione codicistica. Il riferimento
è al nuovo Codice del Consumo che, dal 2005, si pone come ulteriore strumento a tutela
dei consumatori, accorpandone le disposizioni attinenti. Il nuovo strumento sarà
dettagliatamente esaminato, con particolare riferimento al titolo III della seconda parte,
relativo proprio alla pubblicità.
Ma, se ci sono delle condizioni da rispettare, ci saranno anche degli organismi di
controllo?
La risposta è inserita nella stessa domanda, è normale, infatti, che la presenza di certe
norme presupponga qualcuno che ne controlli il rispetto.
Il nostro paese, prevede tre differenti organismi atti a tutelare dagli illeciti nella
pubblicità, ed in particolare gli illeciti di quella comparativa.
Questi tre organismi, sono di natura differente perché derivano da fonti legislative,
dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, nonché dall’iniziativa dei privati.
A tal proposito verranno descritte le principali funzioni e attività di ciascuno dei tre
organi: Giudice Ordinario, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Giurì di
Autodisciplina Pubblicitaria.
La comprensione del fenomeno comparativo per essere completata, necessita, oltre che
di analisi teorica, anche di una pratica. A tal proposito, verranno presentati due casi di
illiceità comparativa, che trovano allocazione nel mondo della telefonia, nel quale
l’utilizzo dell’elemento “comparazione” è notevolmente diffuso. Entrambi gli esempi
presentati, sono stati giudicati dall’ Autorità. Nei casi trattati, sono stati messi in risalto
proprio le caratteristiche che compongono i messaggi oggetto di illeciti, o presunti tali.
E’ in questo modo, che si può meglio valutare e carpire gli elementi decettivi che li
costituiscono.
4
Leggendo la descrizione dei due esempi, sarà possibile notare, come i principi
teoricamente esposti, vengano messi in pratica, completando la comprensione del
fenomeno della pubblicità comparativa.
5
1. LA PUBBLICITÀ COMPARATIVA
1. 1. Definizione
Il fenomeno della pubblicità compartiva nasce e si diffonde a partire dagli anni ’60
1
negli Stati Uniti, con lo scopo di fornire ai consumatori, attraverso il confronto fra beni
e servizi delle imprese, uno strumento che possa dare maggiore trasparenza dei mercati,
attraverso l’acquisizione di dati sempre più obiettivi per permettere una
razionalizzazione delle loro scelte
2
.
Per questo la pubblicità comparativa ha un ruolo fondamentale nel processo economico,
con riguardo proprio alla sua influenza sul consumatore o utente.
3
E’, pertanto, possibile definire la pubblicità comparativa come, quella modalità di
comunicazione pubblicitaria con la quale un’impresa promuove i propri beni e servizi
mettendoli a confronto con quelli delle altre imprese presenti sul mercato.
In particolare il confronto può essere riferito, in modo implicito o esplicito, ad un
concorrente determinato oppure ai beni o servizi offerti da un concorrente.
4
E’ necessario da subito rilevare, l’ampiezza della definizione, che include tutte le forme
di comparazione, dall’ identificazione indiretta dell’azienda “rivale” a quella diretta.
5
Rientrano inoltre i concetti di pubblicità denigratoria, che sfrutta il confronto fra beni e
servizi dell’impresa avversaria per sottolineare la maggiore qualità dei propri; nonché di
pubblicità comparativa per agganciamento, la quale ha lo scopo di creare un vincolo
astratto fra i propri prodotti o servizi e quelli del concorrente dotati di maggiori pregi e
soprattutto di maggiore rinomanza.
1
E’ importante precisare che, si fa risalire agli anni ’60 la nascita delle pubblicità comparativa, perché è
in questa periodo che questa pratica pubblicitaria ha un utilizzo sistematico, anche se, il primo annuncio
comparativo risale a ben 30 anni prima, quando una casa automobilistica americana, la Plymouth, invitò il
pubblico dei potenziali acquirenti ad un confronto fra le proprie vetture e quelle dei tre concorrenti
presenti sul mercato: Ford, Chrysler e General Motors) – Baietti, La pubblicità comparativa, Milano,
1999, pag. 27.
2
Rossotto, La pubblicità comparativa. Un altro modo di comunicare, in AssAP Cultura, Milano, 1998-
Pag.41.
3
In Gambardella – Articolo tratto dal sito internet www.ildenaro.it, in Soldi & Impresa, dal titolo “La
Pubblicità Comparativa anche in Italia”.
4
La definizione è in parte tratta dall’articolo 20 del Codice del Consumo.
5
Vedi punto 1.3 per tipologie di comparazione.
6
Sono infine incluse anche le nozioni di pubblicità istituzionale, diretta ad accreditare
l’immagine dell’impresa o dell’imprenditore, e quella di pubblicità oggettuale, in cui il
confronto verte su beni e servizi concorrenti.
6
1. 2. Uno sguardo al nuovo Codice del Consumo
Il Nuovo Codice del Consumo, approvato con il decreto legislativo n. 206 del 6
settembre 2005, ha riordinato e semplificato la normativa sulla tutela dei consumatori,
comportando una piccola rivoluzione nel tessuto del Codice Civile
7
. Erano infatti
contenute in quest’ultimo, prima dell’introduzione del nuovo Codice del Consumo, le
norme sul consumatore.
8
Alla luce di queste considerazioni è facile intuire l’obiettivo del nuovo Codice, ovvero,
quello di favorire l’informazione e la tutela dei consumatori, assicurando la correttezza
dei processi negoziali alla base delle decisioni di acquisto.
Il testo è costituito da 146 articoli suddivisi in sei parti:
- Disposizioni Generali;
- Educazione, Informazione, Pubblicità;
- Il rapporto di Consumo;
- Sicurezza e Qualità;
- Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia;
- Disposizioni Finali.
9
Al giorno d’oggi, gli utenti sono quotidianamente tempestati da messaggi pubblicitari,
che molto spesso assumono forme pericolose, in quanto ingannevoli e mendaci, per
questo si è reso necessario, nel prevedere una normativa sui consumatori, stabilire delle
regole allo scopo di tutelarli.
6
Coco, Pubblicità Comparativa in Europa: Ammessa se veritiera, leale, corretta, in Pol.Dir. 1996,
pag..625.
7
In Della Valle F. – Della Valle S., Codice del Consumo, Giuffrè, Milano, 2005.
8
Nel Codice Civile segnatamente agli articoli 1469-bis e segg. e 1519-bis e segg.
9
In Alpa-Rossi-Carleo, Il Codice del Consumo Commentario, ESI, 2006.
7
Ed è per questo che nell’impianto del codice del consumo è dedicato, all’interno della
seconda parte “Educazione, Informazione, Pubblicità” un intero titolo, il terzo per la
precisione, alla pubblicità, nominato “Pubblicità e altre comunicazioni commerciali”.
Preme rilevare, innanzitutto che tale disciplina si applica ad ogni forma di
comunicazione commerciale in qualsiasi modo effettuata e che la tutela riconosciuta è
più ampia, visto che per “consumatore o utente” si intende, oltre che la persona fisica,
anche quella giuridica cui sono dirette le comunicazioni commerciali o che ne subisce le
conseguenze (art. 18 cod. consumo).
L’articolo 19 è poi dedicato alle finalità che la disciplina intende perseguire ed in
particolare al secondo comma vengono citati i requisiti minimi della pubblicità, la quale
deve essere, appunto, «palese, veritiera e corretta». In ogni modo l’intento di maggiore
interesse è quello di tutelare dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali
i soggetti che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale,
i consumatori e, in generale, gli interessi del pubblico, nonché fissare le condizioni di
liceità della pubblicità comparativa.
Inoltre, qualsiasi forma di messaggio che, in qualsiasi modo sia diffuso, nell’ambito di
un’attività commerciale, industriale o professionale, al fine di promuovere la vendita, la
costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su beni mobili o immobili è
sottoposto alla disciplina del Codice del Consumo.
L’articolo 20, è invece dedicato alle varie definizioni di, Pubblicità in generale
10
,
Pubblicità Ingannevole, Pubblicità Comparativa
11
ed infine è definito l’Operatore
pubblicitario.
10
Nell’articolo 20 del Codice del Consumo vengono definiti oltre alla nozione di pubblicità comparativa
anche quelle di Pubblicità in generale, Pubblicità Ingannevole e di operatore pubblicitario, ma è sembrato
giusto omettere le relative definizioni, per meglio concentrare l’attenzione sull’oggetto di questa tesi.
In ogni modo, visto che tali concetti sono in qualche modo collegati alla pubblicità comparativa, di
seguito si chiarisco velocemente:
-Pubblicità: Qualsiasi messaggio diffuso, in ogni modo, nell’esercizio di un’attività commerciale,
industriale, artigianale, professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni o costruzione e
trasferimento di diritti ed obblighi su di essi e la prestazione di opere e servizi;
-P. Ingannevole: Qualsiasi pubblicità idonea ad indurre in errore la persona fisica o giuridica alla quale è
rivolta e che in ogni modo sia idonea a ledere un concorrente;
-Operatore Pubblicitario: Il committente del messaggio ed il suo autore, e nel caso in cui non sia
consentita l’identificazione di questi, il proprietario del mezzo con cui il messaggio è diffuso.
11
La definizione di Pubblicità Comparativa è segnalata nel primo paragrafo dello stesso Capitolo.
Inoltre, mi preme segnalare che nonostante il TITOLO III, contenesse anche altri articoli, sono stati in
questa sede nominati quelli più attinenti e vicini alla comparazione pubblicitaria.
8
Nel particolare, tra gli articoli maggiormente attinenti alla comparazione pubblicitaria,
dobbiamo menzionare il 22, dove vengono chiarite le condizioni di liceità della
pubblicità comparativa.
12
A conclusione di queste considerazioni è importante segnalare come il nuovo Codice
possa meglio tutelare i consumatori, attraverso una disciplina unitaria e ben definita.
Precedentemente all’attuazione del Codice del consumo, la disciplina pubblicitaria, era
contenuta nel decreto legislativo 74 del 1992, che dava attuazione, in Italia, alla direttiva
comunitaria 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative degli
Stati membri, in termini di pubblicità ingannevole.
13
1. 3. Tipologie di Comparazione: Diretta, Indiretta e Suggestiva
Proprio l’evoluzione della pubblicità da vita all’elemento “Comparativo”, che si pone
come un ulteriore mezzo della lotta concorrenziale, in cui si fondono componente
suggestiva con quella informativa rischiando di compromettere lo stesso equilibrio di
concorrenza.
14
Come detto, quindi, attraverso questa nuova modalità di comunicazione pubblicitaria,
un’impresa promuove i propri beni e servizi mettendoli a confronto con quelli dei
concorrenti. Tali concorrenti possono essere individuati genericamente o invece
specificamente.
Nel primo caso si parla di pubblicità comparativa Indiretta (ad esempio l’attribuzione,
da parte di un impresa, al proprio prodotto, di pregi unici, non posseduti da nessun altro
prodotto); mentre nel secondo caso si parla di pubblicità comparativa Diretta (ad
esempio quando i concorrenti vengono resi riconoscibili).
15
12
Le condizioni di liceità sono elencate nell’articolo 22 del Codice del Consumo, nella presente tesina
presentate nel Capitolo 2, al punto 2.4.
13
Vedi paragrafo 2.1 dove viene descritto l’intero iter legislativo, dalla proposta di direttiva del 1975 alla
direttiva comunitaria 84/450 e successivamente nel paragrafo 2.2 le evoluzioni con la nuova direttiva
comunitaria 97/55.
14
In tal senso si è espresso Paciullo, La pubblicità comparativa nell’ordinamento italiano, in Diritto
dell’Informazione e dell’Informatica, pag.115.
15
Qual è la definizione di Pubblicità nella legge in www.agcm.it.