3
Introduzione
L’agricoltura europea ha vissuto, negli ultimi anni, profonde
trasformazioni. Si è passati da una politica che, per decenni, ha caratterizzato il
settore agricolo con un sistema di prezzi garantiti, ad un nuovo modello di
sviluppo agricolo, che fa della qualità delle produzioni agroalimentari e della
tutela dell’ambiente, i propri punti di forza.
L’Unione Europea, ha definito nuove strategie al fine di garantire la
permanenza degli agricoltori sul territorio, indispensabile per la salvaguardia dello
stesso. Contemporaneamente, si assiste alla progressiva trasformazione
dell’azienda agricola in impresa rurale, gestita in maniera tale da offrire, oltre ai
classici prodotti della terra, anche una vasta gamma di servizi.
Importanti risultati sono stati ottenuti attraverso la valorizzazione dei
prodotti tipici, ma appare inevitabile che il tassello fondamentale per completare
l’opera, sia quello di potenziare le attività di ricezione e ospitalità in ambiente
rurale, con lo scopo di consentire all’agricoltore di integrare il proprio reddito.
Il turista si avvicina alla campagna per cercare prodotti genuini, ma anche
per recuperare il benessere fisico; infatti vede l’agriturismo come un mondo
dominato dalla quiete, da suoni e profumi che sono un vero e proprio toccasana
per la tensione accumulata a causa dei ritmi frenetici della vita quotidiana.
Alla luce di queste considerazioni diventa facilmente comprensibile perchè
il fenomeno agrituristico abbia conosciuto un’esplosione negli ultimi anni,
4
specialmente nel nostro Paese, e ancor di più nella nostra Regione, così ricca di
tradizioni e di bellezze paesaggistiche.
Un fenomeno questo dell’agriturismo, relativamente recente, ma che, col
passare del tempo, ha assunto connotazioni sempre nuove.
Per tali motivi, ho deciso di intraprendere questo lavoro sulla realtà
agrituristica italiana, soffermandomi in particolare sul quadro normativo che in
Italia regola l’agriturismo.
Il presente elaborato si strutturerà in tre capitoli. Nel primo verrà
presentato un breve excursus sulla legislazione relativa all’agriturismo dalla
nascita del fenomeno fino al 2001, con un piccolo accenno alla normativa
europea.
Il secondo capitolo, prendendo le mosse dalla recentissima legge nazionale
che disciplina il settore agrituristico (legge n. 96 del 20 febbraio 2006), offrirà una
panoramica dell’agriturismo nei suoi aspetti più rilevanti, cogliendo eventuali
lacune di natura legislativa, come il mancato riferimento a leggi speciali che sono
intervenute in materia.
Infine il terzo capitolo sarà dedicato all’analisi del criterio della
“connessione”, con particolare riferimento alle attività connesse e al parametro
della prevalenza riferito, sia alla connessione stessa, sia all’aspetto relativo alla
somministrazione di pasti e bevande.
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CAPITOLO 1
La legislazione sull’agriturismo dalle origini ai “Decreti
di orientamento e modernizzazione del settore agricolo”
1.1: La disciplina dell’agriturismo antecedente la legge nazionale
del 1985: il ruolo delle Regioni nell’evoluzione della normativa in
materia
Le prime manifestazioni di ospitalità nelle campagne si sono avute in Italia
negli anni sessanta; inizialmente sono state maggiormente interessate dal
fenomeno quelle Regioni settentrionali, come il Trentino Alto Adige, a forte
prevalenza agricola. In queste, l’agriturismo, si è affermato come alternativa agli
itinerari consueti dei viaggi e delle vacanze ed è stato recepito, dalle Regioni
stesse, come fenomeno da incentivare in quanto economicamente e socialmente
interessante.
Per le altre Regioni, anch’esse interessate dal fenomeno per le ricchezze
paesaggistiche e culturali possedute, tra queste a buona ragione la Toscana,
l’agriturismo ha assunto invece un significato diverso. Infatti, ad esso, sono state
riconosciute delle potenzialità nel processo di rivitalizzazione delle aree rurali,
caratterizzate, diversamente dalle precedenti, da un declino dell’attività agricola e
da un forte esodo dalle campagne.
In questo panorama non omogeneo, l’agriturismo, si sviluppa
spontaneamente senza una normativa che lo disciplini. I primi passi verso la
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regolamentazione, sono stati compiuti, inizialmente, dalle province autonome di
Trento e Bolzano e dalla Regione a statuto speciale Val d’Aosta, probabilmente
sia per la migliore operatività e il possesso di maggiori poteri rispetto alle Regioni
a statuto ordinario, sia per la vicinanza con i Paesi d’oltralpe che vantavano già
una certa esperienza nel settore.
Per quanto concerne le province del Trentino e dell’Alto Adige1, questa
prima normativa, pensata per quella particolare fisionomia di agriturismo,
prevedeva dei finanziamenti regionali per l’incentivazione del fenomeno, mentre
nel caso della Val d’Aosta, proposte di agevolazioni per il recupero di villaggi
rurali con finalità ricettive2.
La legge trentina, definiva i limiti riferiti al numero di posti letto o di
stanze, entro i quali era possibile usufruire dei finanziamenti e, istituiva inoltre, un
Albo degli operatori agrituristici, l’iscrizione al quale consentiva, ai conduttori di
aziende agricole a titolo principale che praticavano o si dimostravano interessate a
esercitare l’attività agrituristica, singolarmente o in associazione, la possibilità di
ottenere incentivi pubblici per la sistemazione di alloggi da destinare all’uso
turistico e di locali da adibire alla vendita al dettaglio o per il consumo di prodotti
agricoli prevalentemente lavorati in proprio. Nessuna direttiva era espressa invece
riguardo ai criteri di identificazione e di delimitazione del fenomeno e di fattibilità
dello stesso.
La legge regionale citata attuava, quindi, un “intervento a favore dei
redditi agricoli, isolando l’attività agricola e quella dell’ospitalità rurale dal
1
Legge provinciale Trento n. 11/1973 e legge provinciale Bolzano n. 42/1973.
2
Legge regionale Valle d’Aosta n. 37/1973.
9
contesto dello sviluppo regionale3” e territoriale. Per questo era ritenuta riduttiva,
in quanto non stabiliva un programma di sviluppo regionale, ma considerava
l’agriturismo come un fenomeno in grado di autoregolarsi.
Una prima reale disciplina dell’agriturismo fu avviata dalla provincia di
Trento, con la legge provinciale 9/77, recante disposizioni relative alla
regolazione amministrativa del fenomeno agrituristico. In questa legge, a
differenza dei precedenti provvedimenti legislativi, “l’operatore agrituristico per il
fatto stesso di svolgere la sua attività in un regime di autorizzazione (il più
semplice possibile a fronte di norme e principi non eludibili) diviene destinatario
di una pianificazione in termini di prezzi massimi, e quindi di possibili utenti di
servizi, a prescindere dalla circostanza che quel certo operatore abbia o meno
fruito di contributi economici4”.
Una legge questa ultima che, non solo fornisce una definizione di
agriturismo5, ma individua nell’iscrizione all’elenco degli operatori agrituristici,
una condizione irrinunciabile per l’esercizio dell’attività agrituristica così che “dal
mero incoraggiamento di un fenomeno economico che affondava le sue radici
nelle consuetudini locali, si passa ad una vera e propria disciplina amministrativa
che subordina l’esercizio dell’attività al positivo esito di un procedimento
autorizzatorio6”.
3
Paolo Urbani, Commento all’art. 1 l. 730/85, in Le nuove leggi civili commentate, 1986, pag.
741.
4
Ferdinando Albisinni, Regioni e agriturismo, in Nuovo diritto agrario, 1982, pag. 173.
5
L’art 1 delle legge 9/77 considera tale l’attività di: “a) dare alloggio per soggiorno turistico, b)
vendere al dettaglio i prodotti della propria azienda agricola ed i prodotti prevalentemente lavorati
in proprio ivi compresi quelli a contenuto alcolico e superalcolico, c) somministrare pasti alle
persone ospitate ed ai frequentatori dei locali tipici realizzati in base all’articolo 4 della legge
provinciale 20 marzo 1973 n. 11.”
6
Lucio Francario – Lorenza Paoloni, L’impresa agrituristica, Napoli, 1989, pag. 5.
10
Altre Regioni, pur avendo presupposti socio-economici diversi, nel
legiferare in materia, hanno seguito lo schema proposto dalla legge trentina
introducendo, solo in alcuni casi, elementi nuovi tendenti in parte ad individuare
le finalità dell’agriturismo (ad esempio “favorire il miglioramento delle
condizioni economiche e sociali nelle zone montane7”, oppure “salvaguardare le
tradizioni di cultura e folklore8”). Questo ha fatto si che l’agriturismo fosse un
fenomeno le cui finalità non erano definite in maniera omogenea; pertanto, a
causa delle diverse forme in cui si è espresso a livello regionale, non è stato
opportunamente incentivato.
Nell’esporre il quadro normativo che regolava il fenomeno agrituristico
prima dell’emanazione della legge nazionale, non può essere trascurato un
riferimento alla “Legge Quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e
la qualificazione dell'offerta turistica" (legge n. 217 del 17 maggio 1983).
In questa legge, la prima norma nazionale che si occupa di agriturismo,
l’attività agrituristica è collocata “nell’ambito dell’impresa commerciale di servizi
turistico-alberghieri”. Non le è riconosciuta la peculiarità del servizio di ricezione,
che viene effettuato nelle aziende agricole con l’utilizzazione, per il ristoro, di
prodotti propri dell’azienda; inoltre è richiesta, all’imprenditore agricolo,
l’iscrizione in una “sezione speciale del registro degli esercenti il commercio”.
A seguito delle proteste da parte di entrambe le categorie, operatori
turistici da un lato e agrituristici dall’altro, è stata riconosciuta la “specificità del
fenomeno” e la necessità di predisporre un’adeguata normativa statale in materia,
7
Legge regionale Liguria n. 26/79.
8
Legge regionale Marche n. 15/80.
11
concretizzatasi poi nella legge del 5 dicembre 1985 n. 730 “Disciplina
dell’agriturismo”.
1.2: La Legge Quadro sull’agriturismo del 1985
La legge n. 730/85 “Disciplina dell’agriturismo”, detta anche Legge
Quadro, si propone, nel variegato panorama normativo regionale, come
definizione unitaria della funzione e degli obiettivi dell’agriturismo. È la prima
legge italiana organica in materia che considera il fenomeno, ne definisce i confini
e detta disposizioni di vario tipo (igienico-sanitario, fiscale, amministrativo).
Le leggi regionali degli anni ’70 e dei primi anni ’80, ispirate soprattutto
da finalità di incentivazione, attraverso l’erogazione di contributi economici,
avevano consentito l’esercizio di attività agrituristiche soltanto ad alcune figure
ritenute meritevoli di disposizione di particolare favore, come gli imprenditori
agricoli a titolo principale, i coltivatori diretti, gli affittuari, i mezzadri, i coloni.
Risultavano esclusi dallo svolgimento di tale attività altri soggetti, e fra questi,
quegli imprenditori agricoli part-time che avevano svolto un ruolo fondamentale
nell’anticipare le prime iniziative agrituristiche, ai quali pure veniva riconosciuta,
seppure con notevoli perplessità, la qualifica di imprenditore agricolo.
Altre leggi regionali, poi, riferendosi in maniera esplicita a disposizioni
aventi per oggetto finalità ben diverse (ad esempio in tema di contributi per il
restauro della propria abitazione), avevano previsto che, attività tipicamente di
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impresa, come quelle agrituristiche, potessero essere intraprese anche da non
imprenditori, quali braccianti o salariati agricoli9, peraltro senza chiarire la natura
di queste attività.
Come ormai risultava dalla legislazione regionale, l’agriturismo, era
considerato un fenomeno di sintesi tra due distinte attività: quella agricola e quella
turistica. Anche se si andavano affermando definizioni diverse di agriturismo, era
prevalente l’idea che esso consistesse “nella pluralità di servizi turistici che
l’imprenditore agricolo è in grado di offrire all’ospite senza determinare la
cessazione dell’attività agricola, ma anzi mettendone a frutto le potenzialità
plurifunzionali10”.
Essendo in quel periodo in vigore il “vecchio” titolo V della
Costituzione11, l’agriturismo, inteso come fenomeno a cavallo tra due materie
indicate tra quelle di competenza concorrente, l’agricoltura e il turismo,
consentiva un intervento legislativo come quello della Legge Quadro, volto ad
9
Legge regionale Liguria 30 luglio 1979, n. 26 art. 2 e legge regionale Marche 18 marzo 1980, n.
15, art. 2.
10
Lucio Francario – Lorenza Paoloni, L’impresa agrituristica, Napoli, 1989, pag. 3.
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Il testo dell’articolo 117 della Costituzione prevedeva che le Regioni potessero legiferare, nei
limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e sempre che non vi fosse contrasto
con l’interesse nazionale e con quello delle altre Regioni, su un elenco di materie, comprendente
l’agricoltura e il turismo. Tale articolo quindi, si limitava ad indicare le sole materie in cui le
Regioni potevano legiferare in regime concorrente, riservando in via residuale allo Stato tutte
quelle materie non espressamente indicate. La potestà legislativa in argomento, è così definita
perché nelle materie attribuite alla competenza delle Regioni, ai sensi dell’art. 117 della
Costituzione, sono legittimati a legiferare, sia pure con diversa graduazione, lo Stato e le Regioni.
Allo Stato era attribuito il compito di dettare i principi fondamentali della materia (attraverso
l’emanazione di leggi c.d. quadro o cornice), mentre alle Regioni spettava il compito di emanare la
c.d. legislazione di dettaglio. In effetti, con la legge 16 maggio 1970 n. 281, alle Regioni a statuto
ordinario (potere che in precedenza era stato attribuito alle sole Regioni a statuto speciale), era
consentito di legiferare, nelle materie attribuite o delegate, anche in assenza di una legge quadro.
Quest’ultima norma stabiliva, infatti, che i principi generali, cui le Regioni dovevano attenersi, in
assenza di una Legge Quadro nazionale, dovevano desumersi dall’insieme delle leggi vigenti, indi
dall’insieme dell’ordinamento giuridico. E’ questa la norma che, negli anni settanta, ha consentito
alle Regioni di legiferare in materia agrituristica anche in assenza della norma nazionale di
riferimento.