9
La ragione risiede nel fatto che, come hanno individuato
anche diverse leggi di riforma, tale attività costituisce uno dei
terreni su cui si gioca la sfida del cambiamento.
E’ attraverso le attività di informazioni e comunicazione che,
le amministrazioni possono da un parte rispondere ai doveri di
trasparenza, imparzialità e parità di accesso che le leggi
assicurano a tutti i cittadini, dall’altra diventare organizzazioni
capaci di agire il proprio mandato istituzionale con un maggiore
livello di coerenza rispetto ai bisogni dei cittadini e delle imprese.
Anche la Guardia di Finanza, la cui attività è caratterizzata
dalla esigenza di un accorto riserbo, non può sfuggire a tale
logica, strumentale, in una moderna democrazia, ad un controllo
diffuso, assicurato dagli appartenenti alla collettività, che si
affianca a quello istituzionale previsto dall’ordinamento giuridico.
Scrivere la tesi sull’amministrazione da cui dipendo da più
di sedici anni , cioè la Guardia di Finanza, per me è stato motivo
di orgoglio e di apprezzamento, dandomi la possibilità di scoprire
aspetti sia positivi che negativi, di cui non ero a conoscenza .
10
CAPITOLO 1
Evoluzione della comunicazione pubblica in Italia
Farò dei cenni sull'evoluzione e sulle attuali
prospettive della comunicazione pubblica nel nostro Paese,
procedendo grosso modo per decenni.
Del periodo costituente e della fase della prima
attuazione della Carta costituzionale, è opportuno mettere in luce,
accanto alla già citata volontà di non accentrare nelle mani del
governo competenze che in qualunque modo potessero evocare
la paura di veder manipolato o condizionato il consenso sulle
nuove istituzioni democratiche, l'attesa che le principali
organizzazioni stabili e di massa – partiti e sindacati – avrebbero
svolto il loro ruolo di garanzia del pluralismo politico e sociale,
attraverso il dialogo e il coinvolgimento popolare.
Tuttavia, la consapevolezza che "parlare" dello Stato
repubblicano e delle sue istituzioni democratiche fosse una
necessità era certamente ben presente già durante la presidenza
De Gasperi, come testimonia un breve passo della presentazione
del primo numero di "Documenti di Vita Italiana", che ancora oggi
è la rivista ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri. De
Gasperi
1
scriveva: "Lo Stato" (in un precedente passo si fa
riferimento direttamente al Governo) "prima ancora del diritto ha il
1
Rivista “Documenti di Vita Italiana” N.3 del 1951
11
dovere d'informare i suoi cittadini sugli orientamenti della sua
attività e sui dati delle sue realizzazioni...è inconcepibile che lo
Stato non sia fornito di strumenti di comunicazione con la pubblica
opinione". In un passo successivo è poi evidente il riferimento alla
necessità di adeguare le strutture istituzionali a tale esigenza;
nell'auspicare "obiettività e precisione" dell'informazione viene
infatti richiamato implicitamente il tema della valorizzazione del
profilo professionale e, ad un tempo, la promessa di garanzia
delle nuove regole democratiche.
Ma "governare", nella pienezza delle garanzie
democratiche, il trasferimento delle informazioni e dei dati in mano
pubblica costituiva evidentemente una sfida troppo impegnativa
per le istituzioni del dopoguerra.
Solo durante gli anni '70, con la piena attuazione di
parti rilevantissime della Carta costituzionale (si pensi alla
attivazione degli organi regionali, al primo trasferimento delle
funzioni amministrative, agli istituti di partecipazione popolare) –
nei fatti – viene a modificarsi il rapporto tra cittadini e istituzioni, in
una società già profondamente mutata.
Per modernizzare l'apparato burocratico italiano
l'informazione deve essere vista come uno strumento
indispensabile per aprire l'amministrazione al cittadino, testimonia
che anche la cultura giuridica si preparava ad essere più sensibile
a queste trasformazioni
2
. Così anche, i primi "scampoli" di
normativa si scrivono proprio durante questo decennio, in
particolare negli statuti regionali, testi in cui era affermata
2
“Rapporto Giannini” del 1979
12
l'esistenza del diritto ad essere informati sull'attività degli organi
territoriali.
Una nuova fase della lenta affermazione dell'attività di
informazione e comunicazione pubblica inizia alla metà degli anni
80, quando parlano al cittadino non solo più la politica e le sue
organizzazioni, ma direttamente le istituzioni. C'è, infatti, chi
colloca in questo periodo "la fuoriuscita dalla sindrome del
Minculpop"
3
, quando cioè le istituzioni si sono riappropriate della
capacità di esternare soprattutto riguardo al bisogno di sviluppo
ed affermazione dell'identità nazionale.
A stimolare, in una sorta di competizione in qualche
modo virtuosa, soprattutto Ministeri ed enti locali
nell'intraprendere campagne di comunicazione sui mezzi di
massa trattando i grandi temi sociali e civili, sono altri attori della
comunicazione pubblica (in particolare, appunto denominata
sociale): le associazioni no profit.
Ma è solo a partire dal 1988, con la legge n. 400 di
riforma della Presidenza del Consiglio dei Ministri che si avvia
formalmente il dibattito istituzionale e politico sul tema della
comunicazione pubblica e si impostano le condizioni per la
riorganizzazione e la rilegittimazione del sistema di informazione e
documentazione delle strutture di governo.
Anche la legge sull'editoria, più tardi quella sulla
radiotelevisione e le loro successive modifiche contribuiscono a
definire il nuovo quadro normativo. Si pensi agli obblighi di
destinare appositi capitoli di bilancio all'acquisto di spazi sui mezzi
3
S. Rolando, op. cit., (1992), p. 12
13
di comunicazione, finalizzati alla pubblicità sui programmi, le
decisioni e le attività delle pubbliche amministrazioni.
Una tappa fondamentale perché si affermasse, anche
da un punto di vista strettamente giuridico, il dovere delle
istituzioni di conformare il proprio comportamento ad un principio
generale di pubblicità, concretamente prevalente su quello di
segretezza è segnata senz'altro dall'anno 1990, data in cui sono
state approvate la legge di riordino delle autonomie locali e la
legge di disciplina del procedimento amministrativo.
Da allora ad oggi si può dire che la disciplina del "bene
informazione pubblica" e delle relative modalità di acquisizione,
conservazione, trattamento, diffusione e controllo sono uno dei
nodi centrali delle principali leggi di riforma dell'apparato pubblico.
I giuristi, gli amministrativisti in particolare, parlano di svolta
normativa ed auspicano la costruzione ed il potenziamento di
precise garanzie dei cittadini nei confronti della amministrazione
"colloquiale" o "condivisa".
L'introduzione del principio di pubblicità
4
, accanto a
quello del giusto procedimento rende giuridicamente necessari
una serie di comportamenti che producano la circolazione di dati e
di conoscenze verso l'esterno dell'apparato, non meno che al suo
interno. Nel consentire e prevedere lo scambio di informazioni,
opinioni e dati, il legislatore ha imposto alle amministrazioni un
obbligo non solo a ricevere tali fonti di conoscenza, ma a tenerne
conto ai fini delle proprie determinazioni e, dunque, a svolgere
un'attività tesa alla "comunicazione" con i privati.
4
Una delle maggiori innovazioni introdotte dalla legge n. 241 del 1990
14
Il procedimento amministrativo può essere considerato
come momento della trasformazione in atto non solo del potere
pubblico, ma dell'attività conoscitiva e volitiva dei partecipanti la
procedura. In seno ad esso, la circolazione dei dati e delle
conoscenze si realizza attraverso: l'acquisizione delle
informazioni; la loro distribuzione o rilascio; la valutazione ed
utilizzazione delle conoscenze acquisite.
Tali attività sono, dunque, dirette all'assunzione della
decisione finale nell'ambito del procedimento ed ad ogni altra
decisione che incida sull'organizzazione amministrativa e sul suo
funzionamento.
Il principio di pubblicità impone, insomma alle pubblica
amministrazione di rendere disponibili tutte le informazioni non
legittimamente coperte da segreto sia consentendone l'accesso ai
privati su richiesta motivata (si tratta di destinatari individuati che
esercitano il diritto all'informazione amministrativa, la
partecipazione, il diritto di accesso all'interno del procedimento,
per conoscere atti o fatti potenzialmente lesivi della propria sfera
giuridica, al fine di esercitare efficacemente il diritto alla difesa),
sia predisponendo idonee forme di pubblicazione e divulgazione
(si tratta di destinatari non individuabili che non hanno bisogno di
ottenere previamente un atto abilitativo per accedere - in senso
generale - ad elementi di conoscenza, valutazione e controllo del
comportamento amministrativo.
Gli anni '90 sono anche gli anni in cui più forte è
l'attenzione al processo di integrazione comunitaria. La connessa
necessità di risanamento finanziario e la crescita della pressione
fiscale determinano tagli alle spese pubbliche (come è noto a
15
quelle destinate allo stato sociale, in particolare), con sensibili
ripercussioni sul sistema economico e produttivo.
Dalla pretesa ad avere pubbliche amministrazioni più
efficienti e orientate all'efficace soddisfazione dei cittadini-utenti
delle prestazioni pubbliche, anche tramite un rapporto diretto e
non più mediato dai mezzi di informazione, nasce la necessità di
riformare l'amministrazione a partire dall'organizzazione interna
dei suoi uffici (si pensi all'istituzione degli Uffici per le Relazioni
con il pubblico – le cui competenze accanto a quelle degli uffici
stampa sono state da ultimo riscritte nella legge n. 150 del 2000,
ma anche ai nuclei di valutazione e di controllo ed in generale al
monitoraggio dell'attività amministrativa).
Nella fase attuale uno dei dati di maggior evidenza è
l'acuirsi della crisi (o il declino) degli Stati nazionali. Più forte si fa
la consapevolezza che sui temi della comunicazione istituzionale
è necessario ragionare in un ottica comunitaria ed internazionale,
più è la stessa identità pubblica ad apparire con contorni indefiniti,
proprio quando urgente si fa il bisogno di costruire su questa base
un opinione pubblica europea, necessaria ad avvicinare il livello di
efficienza delle burocrazie nazionali.
In ambito europeo, sono stati innanzitutto gli Stati
nazionali a dimostrarsi interessati al dibattito sui temi
dell'informazione e della comunicazione pubblica.
Oggi, per molti versi, esso procede parallelamente e si
alimenta scambievolmente nei singoli Paesi e nell'Unione
europea. Occorre, tuttavia, sottolineare che l'attività di
comunicazione istituzionale, in Italia come in Europa, non si
esaurisce certo con le pur importanti politiche a sostegno dell'uso
16
delle nuove tecnologie nei rapporti tra cittadini ed istituzioni (si
pensi ai progetti di e-government).
Lo spazio pubblico europeo e l'opinione pubblica
europea si andrebbero, così, definendo attraverso il dibattito sulle
odierne questioni di fondo dell'Unione: la sua Costituzione e
l'allargamento ai nuovi Stati membri.
Le istituzioni comunitarie avrebbero l'"onere" di
comunicare con le parti sociali ed i cittadini in genere tenendo
però, in qualche modo, conto degli esiti della discussione
pubblica.
L'attualità, del resto, dimostra che quella che vorremmo
fosse considerabile come opinione pubblica europea si stia
formando attorno ai temi più sentiti delle politiche sociali (nei
settori della salute, dell'ambiente, dell'occupazione) e attorno alla
rivendicazione di sostanziali garanzie nell'esercizio e nella tutela
dei connessi diritti di prestazione. L'esigenza di una comune
"cittadinanza" sociale sembra, nei fatti, prevalere su quella
politica.
Altro tema dominante è, infine, quello dell'utilizzazione
diffusa delle nuove e nuovissime tecnologie, che più di altri fattori
spinge alla riorganizzazione degli uffici e alla riqualificazione del
personale pubblico (si pensi all'utilizzo dei portali e siti web).
17
CAPITOLO 2
La comunicazione pubblica nei processi di riforma
2.1 Informazione e partecipazione: dalla supremazia alla
condivisione
Il ruolo della comunicazione pubblica nelle società
contemporanee va correlato all’evoluzione dei compiti esercitati
dalle amministrazioni pubbliche. Si possono distinguere, al
riguardo, quattro fasi principali.
Fino agli inizi del Novecento, allorché lo Stato aveva
funzioni essenzialmente d’ordine, i pubblici poteri non dialogavano
con gli amministrati (i sudditi), ma esercitavano semplicemente il
loro potere di imperium.
La sostanziale assenza di attività di comunicazione nei
riguardi dei cittadini – se si eccettuano le forme obbligatorie di
informazione (Gazzetta ufficiale, foglio degli annunzi legali, ecc.) –
era coerente con il modello di amministrazione e, in particolare,
con le funzioni svolte dai poteri pubblici.
La comunicazione era, di fatto, unidirezionale e si
esprimeva in ordini e divieti con relative sanzioni.
Il binomio logico (e normativo) ordinare/vietare aveva, infatti,
come unico risvolto l’obbligo di garantire l’informazione legale
delle norme.
18
Il messaggio implicito era che lo Stato sorvegliava perché
nulla turbasse il buon andamento del vivere civile.
Agli inizi del XX secolo lo Stato iniziò ad intervenire
direttamente nella gestione dei servizi e, nel contempo, gli enti
locali svilupparono forti iniziative nel settore dei servizi urbani in
favore della collettività (fenomeno noto come municipalizzazione).
Con l’espansione dei servizi pubblici la comunicazione diventa
latente: non c’è mentre dovrebbe esserci.
Nel periodo fascista la comunicazione delle istituzioni è,
insieme, distorta e negata nella sua valenza di servizio. Prevale
largamente, infatti, l’aspetto propagandistico nel quale l’intento di
creare o rafforzare l’adesione al regime oscura gli aspetti di
servizio alla collettività.
Nel cinquantennio repubblicano la vicenda del rapporto tra
cittadini e istituzioni è stata segnata da una contraddizione:
mentre i principi democratici dell’ordinamento spingono verso la
scomparsa dello squilibrio tra poteri pubblici e cittadini, l’azione
effettiva delle amministrazioni pubbliche tende a perpetuare il
tradizionale modello della supremazia dei poteri pubblici nei
riguardi dei cittadini.
Il primo momento di svolta si colloca nel decennio della
realizzazione dell’ordinamento regionale. Nei circa vent’anni che
intercorrono tra la nascita delle regioni a statuto ordinario e le
riforme degli anni Novanta sono avvenute nel sistema
amministrativo modifiche tali da imporre il problema della
comunicazione tra poteri pubblici e cittadini come uno degli
elementi cruciali della modernizzazione. Il passaggio dallo Stato
alle regioni di funzioni importanti (servizi sociali, istruzione,
19
sviluppo economico, trasporti) ha avvicinato ai cittadini i poteri
titolari di tali servizi, costringendo regioni ed enti locali a
fronteggiare il problema della comunicazione ai cittadini in termini
radicalmente nuovi
5
.
Si è venuta consolidando la consapevolezza della necessità
di modificare – attraverso riforme che intervenissero in maniera
radicale sulle funzioni, sulle strutture, sui procedimenti – il nesso
tra Stato e cittadini.
Il nuovo volto dei poteri pubblici, insomma, avrebbe dovuto
essere il risultato di una complessiva, profonda riforma del
sistema amministrativo in grado di cominciare a colmare la
distanza tra apparati pubblici e collettività.
5
Faccioli, La comunicazione pubblica, luci e ombre di un’innovazione pp.16-32
20
2.2 Politiche di riforme e problema della comunicazione
Nelle dinamiche del sistema democratico i poteri pubblici si
sono trovati sempre più a dover spiegare tanto se stessi quanto i
propri comportamenti.
Da un lato, quindi, chi erano e cosa facevano, dall’altro
perché adottavano determinate decisioni. Hanno contribuito a
determinare tale trasformazione sia la pressione sociale, sia la
necessità delle amministrazioni di recuperare credibilità ed
affidabilità.
Il primo dei due elementi in gioco fa direttamente riferimento
al principio democratico che deve presiedere all’azione dei poteri
pubblici. Il secondo rinvia, invece, ad un principio di mercato,
poiché riguarda più direttamente la percezione della collettività sul
livello qualitativo dei servizi erogati dalle pubbliche
amministrazioni.
I processi di riforma del sistema amministrativo hanno
perseguito, nell’ultimo decennio, l’obiettivo di far arretrare le
amministrazioni pubbliche dalla gestione dei servizi, per
valorizzarne, in cambio, il ruolo di regolatori di attività svolte da
soggetti terzi (in prevalenza privati anche se con presenza
pubblica più o meno marcata). Ad un’attività regolatrice di tipo
tradizionale – contrassegnata dalla sintesi imporre/vietare – si è
andata affiancando, in misura sempre più larga, un’azione
regolatrice che presuppone la partecipazione dei privati e dei
singoli cittadini.
21
Se il maggiore o minore livello di partecipazione determina
modi qualitativamente differenti di interazione tra cittadini e
amministrazioni pubbliche, un fenomeno analogo si verifica in
presenza di un diverso grado di informazione.
Ciò è vero in due sensi. Un’informazione più chiara ed
esauriente determina, di per sé, una maggiore democraticità
dell’azione dei pubblici poteri. Nel contempo, la stessa pressione
sociale induce comportamenti più trasparenti dei poteri pubblici. Il
fenomeno può avere esiti svariati: o una diretta azione di
comunicazione ai cittadini, o la fissazione di regole più incisive
riguardo ai criteri di informazione.
Migliorare il rapporto con i cittadini attraverso adeguate
azioni di comunicazione è un’esigenza specifica dell’attuale
evoluzione del sistema pubblico. La comunicazione è funzionale
ai processi di riforma delle amministrazioni pubbliche: senza di
essa, infatti, non si promuove effettivo accesso alle istituzioni e
non si assicura l’efficacia dei provvedimenti di modernizzazione.
L’esigenza della comunicazione tra istituzioni e cittadini
emerge sia in relazione alle informazioni possedute e/o utilizzate
dai poteri pubblici, sia in rapporto all’obbligo di favorire la
partecipazione dei cittadini (consentendo un reale accesso ai
documenti amministrativi e fornendo loro informazioni sui servizi
di pubblica utilità).
Le trasformazioni nei rapporti tra Stato e cittadini hanno
inciso in modo significativo sulle caratteristiche della
comunicazione pubblica.
Da un modello basato sulla informazione unidirezionale (di
tipo obbligatorio) si è passati ad un processo bidirezionale.
22
La comunicazione da parte delle istituzioni pubbliche si
qualifica, di conseguenza, in comunicazione di servizio (come
parte del servizio stesso) o di cittadinanza (se diretta al
coinvolgimento dei cittadini nella soluzione di un problema di
interesse generale).
La comunicazione si presenta come un potente strumento
di cambiamento dell’amministrazione e, nel contempo, come un
fattore centrale per rendere operanti i diritti di cittadinanza.
Strumento, in sintesi, per un nuovo patto tra Stato e cittadini.