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Introduzione:
L’elaborato si articola in tre capitoli: al suo interno propone un analisi del settore della
cosmetica e a seguire il modo in cui ha reagito e ha superato la crisi economica
iniziata nel 2008. L’ultimo capitolo, ovvero parte conclusiva, attraverso dottrine
tipiche del marketing, propone un confronto tra due prodotti, nello specifico due
profumi alcolici: Pink Sugar e Twin Stars.
La prima analisi, ovvero quella del settore della cosmetica, ne analizza la
complessità, le categorie di prodotto che vi operano e la distribuzione delle aziende.
Parte integrante di questa prima parte è rappresentata dall’analisi del fatturato, diviso
per canale distributivo e zone di espansione, di tale settore all’interno del territorio
italiano con qualche riferimento alla realtà estera.
A seguire viene proposta una analisi del settore rapportata alla crisi: verranno presi
in considerazione scenari precedenti alla manifestazione di tale crollo seguiti dalle
modalità di risposta e strategie attuate dalle imprese operanti in questo frangente.
Saranno inoltre proposte analisi, in seguito alla presa visione dei dati di fatturato
all’interno del settore, per capirne la gravità dell’impatto.
La competizione nella profumeria italiana risulta essere molto elevata a causa della
frammentarietà del settore e dell’ingente concentrazione delle aziende che vi
operano; ne consegue quindi la necessità di differenziare del proprio prodotto e la
giusta comunicazione dei propri valori per riuscire ad aumentare i volumi di vendita e,
di conseguenza, permanere sul mercato. A tale scopo, l’elaborato propone un
confronto fra due profumi alcolici, Pink Sugar e Twin Stars; i due prodotti sono
apparentemente abbastanza simili ma i due fatturati dimostrano l’enorme differenza
che intercorre tra le vendite di uno e dell’altro prodotto. Quali dinamiche hanno
portato al successo un prodotto e non l’altro? Quale errori di progettazione trovano
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fondamento nello studio dei due prodotti? Cosa porta il consumatore alla scelta di
Pink Sugar rispetto al followers Twin Stars? L’ultima parte di tale trattazione si
propone di rispondere a questi quesiti.
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CAPITOLO 1: IL SETTORE DELLA COSMETICA
1.1 Cos’è un mercato?
In economia, con il termine mercato si intende il luogo figurato in cui acquirenti e
venditori si incontrano per scambiare beni o servizi, ed è caratterizzato da una
domanda (DD) ed un’offerta (SS)
1
. Acquirenti e venditori sono i soggetti che
agiscono in un mercato ed è solito distinguerli a seconda della loro funzione.
Vengono definiti acquirenti i consumatori (che acquistano beni e servizi per uso
personale), e le imprese, che strumentalmente acquistano lavoro, capitale e materie
prime per produrre beni e servizi. I venditori includono le imprese, che vendono i beni
ed i servizi da loro prodotti e i lavoratori che vendono i propri servizi. La maggior
parte degli individui e delle imprese sono allo stesso tempo acquirenti e venditori, ma
è più semplice a volte considerarli separatamente, come acquirenti nel momento in
cui acquistano e come venditori nel momento in cui vendono. La loro interazione da
vita ad una domanda (DD) e un’offerta (SS), generando così delle opportunità di
scambio e formando quindi un mercato. DD e SS sono regolamentate
reciprocamente dalla “legge della domanda” la quale afferma che QD, ovvero la
quantità domandata, è sempre decrescente ed inversamente proporzionale al
prezzo, e “la legge dell’offerta” che riguarda QS, ovvero la quantità offerta, ed è
invece direttamente proporzionale al prezzo; a dimostrazione di quanto detto, con un
aumento di prezzo nella maggioranza di casi si registrerà una diminuzione di QD. Il
mercato viene rappresentato graficamente su due assi cartesiane: l’asse verticale
determina il prezzo, detto P, mentre l’asse orizzontale la quantità, detta Q.
L’intersezione fra DD e l’asse P viene chiamata PRA ovvero prezzo di riserva degli
1
Begg D., Vernasca G., Fisher S., Dornbusch R., Economics, McGraw Hill, Edition 2011
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acquirenti, cioè il prezzo massimo che un acquirente è disposto a spendere per il
bene o servizio in questione. Al di sotto del PRA si trova il prezzo di riserva del
venditore posto nell’intersezione tra SS e l’asse P, denominata PRV ovvero il prezzo
minimo a cui il venditore è disposto a vendere un prodotto o servizio. Se
l’intersezione fosse posta nel punto 0, ovvero l’origine, cioè il punto in cui si
incontrano asse P e asse Q, la situazione è possibile seppure un po’ irreale. Un
mercato può esistere solo nel caso in cui PRA è maggiore di PRV: in caso contrario
un mercato non può esistere perché non figurerebbe un punto di incontro tra
acquirente e venditore (E) ovvero un presupposto per poter scambiare il bene o
servizio. L’equilibrio, detto E, proiettato sull’asse Q determina QE, ovvero la quantità
di equilibrio; proiettato invece sull’asse P definisce il PE detto prezzo di equilibrio. La
cosiddetta E garantisce un surplus, ovvero un vantaggio sia al consumatore che al
venditore che può essere più o meno ampio a seconda della posizione di PRV, PRA
e E. Il surplus del consumatore, SC, è la differenza tra il prezzo massimo che
l’acquirente che è disposto a spendere (PRA) e quello che effettivamente spende, ed
è espresso graficamente dall’area compresa tra PRA-PE-E. Il surplus del venditore,
SV, è invece la differenza tra il prezzo minimo a cui il venditore è disposto a vendere
(PRV) e il prezzo a cui effettivamente vende ed è espresso dall’area compresa tra
PRV-PE-E.
Figura 1: Rappresentazione grafica di un
mercato
Fonte: Propria elaborazione
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1.2 Le forme di mercato: la cosmesi entro i confini teorici della concorrenza
monopolistica
I mercati si differenziano in base alla peculiarità delle caratteristiche strutturali che
presentano. Si possono evidenziare quattro grandi tipologie: la concorrenza perfetta,
il monopolio, l’oligopolio e la concorrenza monopolistica.
La concorrenza perfetta è una forma di mercato sostanzialmente utopica:
presuppone che nello stesso mercato e nello stesso momento ci sia assoluta
omogeneità del prodotto quindi sostituibili l’uno con l’altro, ne consegue una perfetta
informazione e una leadership di prezzo nulla. Le imprese operanti in questa forma di
mercato vengono dette “price taker” perché non hanno nessun potere decisionale
riguardo il prezzo, bensì subiscono quello che si forma nel mercato. Infatti, offrendo
tutte le imprese lo stesso prodotto, se una sola decidesse di aumentare il prezzo di
un determinato bene, nessun compratore sarebbe disposto ad acquistarlo. In
concorrenza perfetta la concentrazione sia della domanda che dell’offerta è nulla,
ossia vi è un elevato numero di imprese di piccole dimensioni che offre un bene e un
altrettanto elevato numero di acquirenti che lo richiede. Altra caratteristica propria di
tale forma di mercato è la nullità di barriere sia all’entrata che all’uscita del mercato.
Secondo la teoria microeconomica, la concorrenza perfetta è il meccanismo ottimale
per l'allocazione efficiente delle risorse. In particolare essa garantirebbe che
ciascuna impresa produca al costo minimo possibile e che il prezzo sia tale da
soddisfare i consumatori.
Situazione molto lontana è quella del monopolio, dove la concentrazione della
domanda è nulla, mentre quella dell’offerta è assoluta perchè concentrata nelle mani
di un solo offerente. L’ imprenditore monopolista ha una leadership di prezzo
assoluta, non teme quindi la concorrenza di altri produttori e domina il mercato.
L’impresa prende il nome di “price maker”, stabilirà quindi il prezzo o la quantità del
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bene da offrire in maniera da poter ottenere il massimo profitto. Le barriere all’entrata
sono assolute, possono essere di tipo legale (esempio ostacolata da brevetti),
tecnologiche (possesso esclusivo di una risorsa), o economiche (producendo con
grandi economie di scala). Il monopolio a sua volta può dividersi in monopolio
perfetto, naturale, o discriminante.
L’oligopolio è invece una forma di concorrenza imperfetta. Presuppone una
concentrazione di domanda nulla e una concentrazione dell’offerta alta soddisfatta
da poche imprese; è questo il caso per esempio del settore della telefonia. Il mercato
risulta essere poco trasparente e si ha un’interdipendenza strategica, ovvero ogni
impresa viene influenzata dalla strategia delle altre imprese concorrenti. Come nel
caso del monopolio le barriere all’entrata sono alte. L’oligopolio può essere
competitivo o collusivo: nel primo caso un impresa non ha accordi strategici con altre
imprese operanti nello stesso frangente, nel secondo caso la situazione è opposta e
viene regolamentata da barriere legali. Rapportando il settore della cosmesi ad un
oligopolio si notano due caratteristiche di quest’ultimo in parte riconducibili alla realtà
cosmetica: tale forma di mercato presuppone che ogni azione di un’azienda abbia
effetti sulle strategie dei concorrenti. Questa condizione è propria dell’oligopolio
perché essendoci poche aziende operanti, non risulta impegnativo adattare le proprie
strategie in riferimento a quelle della concorrenza: per quanto riguarda il settore
cosmetico, le aziende operanti sono molte e il settore risulta frastagliato e non si può
dunque parlare di oligopolio, ma spesso molte aziende in base al prodotto che
lanciano spesso fanno riferimento ad altri prodotti concorrenti, e già operanti,
soprattutto per quanto riguarda la determinazione del prezzo. Altra condizione del
settore che può essere ricondotta ad un oligopolio, riguarda le barriere di ingresso:
l’essenza del prodotto finito, intesa come la lavorazione e preparazione, risulta
impegnativa e producibile solo con attrezzature ed impianti specifici. Queste due
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caratteristiche in parte riconducibili ad un oligopolio non sono sufficienti per
determinarne la natura: osservando il settore nella sua complessità ed integrità la
forma di mercato a cui è riconducibile risulta essere la situazione di una concorrenza
monopolistica ovvero la condizione più diffusa nel mondo, con alcune caratteristiche
tipiche del monopolio mentre altre della concorrenza perfetta. La concentrazione
della domanda e dell’offerta sono nulle: il settore è molto vasto e tante imprese
lanciano un prodotto sul mercato. I prodotti soddisfano al consumatore lo stesso
bisogno ma si differenziano per alcune caratteristiche peculiari giudicate essenziali
per il cliente: si ha quindi una forte differenziazione del prodotto perché non
esisteranno mai in commercio due prodotti identici ma ognuno sarà più specifico per
il bisogno in questione, o per il gusto del singolo acquirente oppure per quello che il
prodotto è in grado di comunicare. L’informazione è strettamente connessa agli
elevati costi di differenziazione che riguardano sponsorizzazioni e pubblicità ovvero i
“costi per comunicare”. Dal punto di vista teorico, questa caratteristica non è
presente né in monopolio né in concorrenza perfetta: in monopolio non esiste
concorrenza per dover promuovere il proprio prodotto, mentre in concorrenza i
prodotti offerti sono omogenei di conseguenza non sono necessari costi di
differenziazione. La concorrenza monopolistica è graficamente identica al monopolio,
la differenza sta nella maggiore elasticità della domanda. L’elasticità aumenta
all’aumentare del numero delle imprese ed essendoci in concorrenza monopolistica
più imprese del monopolio si ha una DD più elastica. Nel lungo periodo l’ingresso di
nuove imprese nel mercato rende la DD sempre più elastica tanto che essa
graficamente va a tangere il costo medio determinando un pareggio come in
concorrenza perfetta, la sola differenza sta nella tangenza che non avviene però nel
punto minimo del costo medio di lungo periodo.