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Introduzione
Questo lavoro si prefigge di esporre ed analizzare succintamente i principali elementi
della biologia filosofica di Hans Jonas contenuti nell‟opera Organismo e Libertà.
Il testo in oggetto viene giustamente ritenuto centrale nel pensiero dell‟autore non
tanto perché collocato cronologicamente nella seconda delle tre fasi in cui viene
normalmente suddivisa la sua speculazione quanto, soprattutto, perché esplicita i
fondamenti del suo sistema che si propone di integrare filosofia dell‟organismo e
filosofia dello spirito; fondamenti a sostegno di una costruzione teoretica non
completamente definita. La cosa per altro è riconosciuta nell‟introduzione ove si
afferma esplicitamente che i saggi ivi raccolti “rappresentano diverse sfaccettature di
una filosofia dell‟organismo e della vita tuttora incompleta”(OEL 13).
Dopo la biografia dell‟autore presenterò gli argomenti contenuti nel testo senza
rispettare l‟ordine dei capitoli e la logica espositiva; inizierò anzi dalle tematiche del
capitolo finale.
Il criterio che adotto è però ugualmente ispirato, in linea generale, ad alcuni assunti
metodologici dell‟autore nel senso che verrà chiarito nelle righe seguenti.
Nel saggio intitolato Dell’uso pratico della teoria, contenuto anch‟esso in OEL,
Jonas rileva la differenza fra l‟uso della teoria al fine di illuminare la prassi grazie
alla conoscenza e contemplazione delle cose immutabili ed eterne e l‟uso della teoria
al fine di mutare e migliorare le condizioni oggettive dell‟esistenza umana. La prima
modalità corrisponde alla concezione classica di teoria mentre la seconda definisce la
concezione moderna.
Fra di esse, parallelamente alla dicotomia relativa alla prassi, si è storicamente
sviluppata un‟altra differenza a livello gnoseologico.
L‟epistemologia moderna postula che la conoscenza del reale debba avvenire a
partire dagli elementi più semplici mentre l‟ipotesi classica pone nell‟indagine che
parte dal livello del complesso la chiave per decifrare la natura dell‟elementare.
Vedremo come l‟autore muova le sue critiche alla visione riduzionistica propria della
teoria moderna e tenti di recuperare aspetti del paradigma gnoseologico antico. Di
questo avremo riscontro nel constatare come, per la costruzione di un‟ontologia
generale che miri a comprendere inanimato e vivente, Jonas avvii la sua indagine
fenomenologia partendo dall‟ambito più evoluto e complesso, cioè dalla vita; così
come per sostenere la tesi del finalismo del mondo biologico (che egli rintraccia già
nel metabolismo), ritenga legittimo recepire anche la testimonianza della teleologia
da cui è improntato l‟agire umano.
E‟ in ossequio a questa impostazione che la presente trattazione si avvia considerando
i presupposti generali del sistema filosofico jonasiano traendoli dal mito
cosmogonico contenuto nell‟ultimo capitolo di OEL.
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Tale racconto delinea la cornice ontologica e teologica all‟interno della quale può
venire articolata gran parte della speculazione filosofica complessiva dell‟autore.
In realtà detta speculazione si fonda sui risultati dell‟analisi fenomenologia di Jonas e
da un suo costante confronto con le scienze naturali; la filosofia della vita che egli
propone non è quindi l‟articolazione di una visione metafisica predefinita ma
un‟indagine che trova uno sbocco consequenziale a livello metafisico. Lo stesso
Jonas premette al racconto l‟affermazione circa la natura azzardata delle tesi
espressevi.
Tuttavia, fatte queste debite precisazioni, sostengo che cominciare uno studio di
Organismo e libertà partendo dal mito cosmogonico e dalle sue implicazioni in
termini di teodicea e libertà ci consente di gettare uno sguardo di insieme alquanto
utile sulla filosofia jonasiana cogliendo l‟importante elemento dell‟interrelazione dei
vari aspetti di cui essa si compone.
Questo punto va considerato importante perché chi prende in considerazione per la
prima volta la produzione complessiva del filosofo ha facilmente l‟impressione di una
certa disomogeneità trovandosi dinnanzi ad opere che trattano argomenti a prima
vista non immediatamente collegabili oppure a saggi che, pur unificati in varie
pubblicazioni, sono stati spesso composti per eventi occasionali di natura eterogenea
(l‟invito a tenere una lezione magistrale, la partecipazione ad una conferenza, ecc).
Di primo acchito parrebbe quindi sufficiente scandire la ricerca jonasiana nei tre
ambiti in cui viene normalmente scandita: analisi del pensiero gnostico, biologia
filosofica e teorizzazione morale; suddivisione certamente utile per un primo
orientamento. Ma da un approfondimento successivo emerge la presenza di alcuni
motivi di fondo che permangono nell‟arco della riflessione jonasiana, all‟interno della
quale essi vengono approfonditi e interrelati così da formare alla fine un quadro più
coerente di quanto subito non appaia. Si può così ben concordare con Jonas stesso
che, nel riferire le sue memorie autobiografiche, riconosce la costanza del nucleo
tematico del proprio pensiero
1
.
Dallo sguardo sugli assunti onto-teologici passerò all‟esame dell‟ontologia biologica.
Per la comprensione di essa si seguirà il discorso dell‟autore sulla storia della vita che
si dipana a partire dall‟emersione della forma organica dalla materia inanimata per
giungere allo spirito, a sua volta emergente dalla forma organica.
Si potrà allora constatare come la biologia ed l‟antropologia filosofica dell‟autore
adottino il corpo vivente come strumento di conoscenza con il risultato di indicare la
libertà, nella sua evoluzione graduale di auto-affermazione, quale principio
costitutivo dell‟essere.
1
Cito a proposito un episodio divertente. In occasione del conferimento del Premio per la Pace
delle Librerie Tedesche ricevuto l‟11 ottobre 1987 Jonas ha modo di visitare il suo vecchio liceo di
Mönchengladbach. Rilegge un vecchio componimento, conservato negli archivi, da lui scritto per la
maturità del 1921 dove svolge alcune riflessioni circa le paure evocate dai rischi dello sviluppo
tecnologico, e considera ironicamente: “Rimasi spaventato vedendo che 66 anni dopo ero ritornato
alle stesse quisquilie [il riferimento è all’opera Il principio responsabilità] e dissi a Lore: Mio Dio
ma sono rimasto fermo? In tutti questi decenni non ho fatto progressi? […]“ (MEM 269).
6
Nelle conclusioni finali tenterò infine di individuare gli aspetti salienti e quelli critici
della costruzione teoretica a cui OEL è improntato.
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Biografia
Hans Jonas nacque nel 1903 in una famiglia ebraica a Mönchengladbach, vicino a
Düsseldorf, da un industriale tessile Gustav Jonas, e da Rosa Horowitz. Come ci
racconta nelle memorie, raccolte da Rachel Salamander e pubblicate postume
2
trascorse una infanzia abbastanza felice, in condizioni di agiatezza; il problema
familiare più grave costituito dalla grave malattia che porterà alla morte in giovane
età il fratello maggiore Ludwig. La famiglia apparteneva all‟alta borghesia ebraica di
orientamento liberale, con una osservanza religiosa dei riti aliena da rigidità. Il clima
intellettuale della famiglia e della comunità in cui il piccolo Jonas viene a crescere è
incline all‟assimilazione degli ebrei nel tessuto socio-culturale della nazione tedesca
ma un cambiamento radicale di indirizzo si avrà con le conseguenze della prima
guerra mondiale
3
.
Allo scoppio della guerra la comunità ebraica fu in massima parte intrisa di
patriottismo ma l‟entusiasmo andò affievolendosi durante il conflitto. Così accadde
anche a Jonas e le sue prime perplessità, maturate nel corso della lunga guerra,
andranno a sfociare in un serio ripensamento critico e alla riscoperta della propria
identità ebraica soprattutto quando, dopo la sconfitta, comincerà a dilagare, dapprima
in modo strisciante e poi sempre più manifesto, un clima antisemita.
Non più considerati parte integrante della nazione ora gli ebrei sono diventati il
capro espiatorio della disfatta e dei tumulti ad essa conseguenti, i colpevoli della
“pugnalata alla schiena”.
Il giovane trova nel sionismo le risposte alle evidenti carenze di un liberalismo che
propone un‟assimilazione non più praticabile. In verità molti appartenenti alla sua
generazione rivolgono la propria passione politica al socialismo, che con la riuscita
della rivoluzione bolscevica pare indicare una promettente via di rinnovamento
sociale, ma l‟orgoglio di resistere ai soprusi e alle prepotenze, la lettura della
tradizione ebraica, in particolare dei Profeti, e l‟incontro coinvolgente con le opere di
Martin Buber lo spingono ad una adesione sempre più convinta all‟ideale sionista di
uno stato ebraico autonomo.
La sua formazione, sin dall‟infanzia, si era intanto nutrita di molte importanti letture
fra cui Goethe, Schiller, Heinrich Heine, Thomas Mann, Edward Moricke, Edward
Gibbon, Moses Mendelssohn. In campo filosofico venne attratto da Platone e Kant.
Terminati gli studi liceali scelse come luogo di elezione di quelli universitari la città
di Friburgo perché vi insegnava il già famoso Edmund Husserl, ideatore di un
innovativo metodo di indagine filosofica: la fenomenologia. Seguì il corso
2
H. Jonas, Erinnerungen, Frankfurt am Main,2003 Trad. it. Memorie, il melangolo, Genova, 2008.
3
“Nella mia giovinezza lo scoppio della Prima Guerra mondiale fu uno degli eventi determinanti”
Così l‟esordio del primo capitolo delle Memorie, p. 23.
8
introduttivo di Husserl su Descartes, gli empiristi inglesi, Wolf e Leibniz e
successivamente un seminario propedeutico condotto dal suo assistente Martin
Heidegger.
Sebbene Jonas abbia sempre riconosciuto l‟ascendenza heideggeriana della propria
iniziale impostazione filosofica mai dimenticò il debito con Husserl e, in occasione
della morte di questi, nell‟anno 1938, lo definì come l‟uomo che meglio rappresentò
la coscienza intellettuale della filosofia occidentale, nel corso della lezione
commemorativa intitolata “Husserl e il problema ontologico” tenuta all‟Hebrew
University of Jerusalem.
La fenomenologia lasciò in lui profonde tracce e gli stessi aspetti critici che ravvisò
nel metodo husserliano furono importanti per lo sviluppo del suo pensiero
gnoseologico.
Il corso tenuto da Heidegger riguardava le Confessioni di Agostino e fra gli altri
studenti conobbe Karl Löwith. Il semestre invernale dello stesso anno, 1921, lo vide
trasferirsi a Berlino, dove rimarrà fino al marzo del 1923, per studiare filosofia
all‟Università Friedrich-Wilhelm. Qui avrà come maestri, fra gli altri, Eduard
Spranger e Ernst Troeltsch, mentre seguirà alla Scuola di Scienze Ebraiche Julius
Guttmann, Harry Torczyner e Eduard Baneth. Sempre a Berlino conobbe Leo Strass,
di cui divenne amico, anch‟egli sionista convinto, e nel movimento giovanile ebraico
incontrò Gershom Scholem di cui approfondirà però la conoscenza solo alcuni anni
dopo, nel corso di un viaggio a Londra.
Dopo la parentesi lavorativa di apprendista agricolo finalizzata alla preparazione alla
futura emigrazione in Palestina, nel periodo marzo-ottobre 1923, Jonas si trasferisce
all‟Università di Marburgo dove seguirà i corsi di filosofia di Martin Heidegger e di
studi neotestamentari di Rudolf Bultmann.
Qui ha la possibilità di ritrovare Karl Löwith e di incontrare fra gli allievi di
Heidegger Hans-Georg Gadamer ,Gerhard Nebel e Hannah Arendt. Con gli ultimi
due avrà un rapporto di autentica amicizia, in particolare nelle Memorie ricorderà
come l‟incontro più significativo avvenuto a Marburgo sia stato quello con la Arendt.
Lui e Hannah erano gli unici ebrei a frequentare il seminario di Bultmann e la
personalità eccezionale della giovane filosofa lo colpì subito dando avvio ad un
sodalizio che resisterà per tutta la vita malgrado i momenti critici dovuti alla profonda
dissonanza intellettuale sul caso Eichmann.
Di Bultmann, la stima verso il quale non verrà mai meno e si trasformerà dopo la
guerra in vera amicizia, Jonas ricorda nelle memorie il metodo di insegnamento.
Nel saggio Wissenschaft als persönliches Erlebnis del 1987 sono esposte invece le
caratteristiche della docenza di Martin Heidegger i rapporti col quale furono però
praticamente inesistenti
4
.
Fu Bultmann ad assegnare al promettente allievo il compito di tenere una relazione
sul concetto della conoscibilità di Dio, nel corso di un seminario sulla gnosis theou
del vangelo di Giovanni, sì da stimolarlo all‟approfondimento delle problematiche
storico-interpretative connesse alla religiosità gnostica. Soddisfatto da quel lavoro
4
Cfr. H. Jonas, Memorie, op cit., p. 101.
9
Bultmann lo spingerà a proseguire sulla strada intrapresa così che il “concetto della
gnosi” sarà il tema della tesi di laurea (sostenuta nel febbraio del 1928 con
Heidegger) per la quale ottenne la valutazione summa cum laude.
Negli anni fra il 1925 e il 1933 Jonas compone la prima opera scientifica di rilievo:
Gnosis und spätantiker Geist, tratta dalla tesi di laurea. In essa egli utilizza
l‟ermeneutica dell‟analitica esistenziale heideggeriana per interpretare il fenomeno
gnostico riuscendo ad estrapolare un nuovo senso unitario da quell‟intricato universo
di dottrine.
Leggiamo nelle Memorie: “Proprio nella Gnosi, peraltro, io vedevo allora un antico
corrispettivo con Heidegger, ma non il contrario. Solo molto più tardi, una volta che
mi fui affrancato dalla venerazione per lui, mi resi conto che determinate sue idee
sull‟esistenza erano già prefigurate negli Gnostici, ma anzi, con il suo pensiero
Heidegger rappresentava una sorta di fenomeno gnostico del presente.”
5
Fra mondo gnostico e mondo contemporaneo Jonas trova così una significativa
corrispondenza, più tardi comprenderà che le due epoche forniscono la chiave
interpretativa l‟una dell‟altra sotto il segno del nichilismo.
Nel 1930 Bultmann fa pubblicare nella sua collana di studi il saggio Augustin und das
paulinische Freiheitsproblem
6
, sulla questione del libero arbitrio in Agostino,
composto per un seminario con Heidegger.
Si profila per il nostro autore la possibilità di intraprendere la carriera universitaria
ma mentre si prepara all‟attività di docente gli eventi politici precipitano con l‟ascesa
al potere di Hitler. Vedendo crescere un‟intolleranza sempre più violenta verso gli
ebrei decide di abbandonare nell‟agosto del 1933 un Paese ormai diventato ostile per
raggiungere la Palestina. Procuratosi il certificato d‟immigrazione si reca dapprima in
Inghilterra e dopo alcuni viaggi in Olanda, Francia e Svizzera raggiunge Giaffa nella
primavera del 1935, il giorno della pasqua ebraica.
A Gerusalemme l‟aveva preceduto una certa fama e molto velocemente, anche per il
carattere franco e cordiale, si trovò inserito in una vasta cerchia di amici; alcuni
contatti erano inoltre favoriti dalla sua datata appartenenza alle organizzazioni
sioniste. Con alcuni intellettuali: Gershom Scholem, Hans Lewy, Hans Jakob
Polotsky, George Lichteim, Hans Sambursky costituì un cenacolo culturale denso di
stimoli e divertimento.
Il periodo del soggiorno palestinese viene ulteriormente allietato dall‟incontro, due
anni dopo, con Lore Weiner che diventerà sua futura sposa. Purtroppo però nell‟anno
successivo, 1938, riceve la notizia della morte del padre.
La madre, rimasta sola, andò incontro ad un destino terribile. In possesso del visto per
l‟emigrazione in Palestina lo cederà al figlio Georg che era stato recluso a Dachau
dopo la Notte dei Cristalli. Questi si salverà ma la donna, costretta a rimanere in
Germania, troverà la morte nelle camere a gas di Auschwitz nel 1942.
5
ibid. p. 100.
6
H. Jonas, Augustin und das paulinische Freiheitsproblem. Ein philosophischer Beitrag zur
Genesis der christlich-abendlandischen Freiheitsidee, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1930;
trad. it. Agostino e il problema paolino della libertà. Studio filosofico sulla disputa pelagiana,
Morcelliana, Brescia, 2007.