6
La Rete, come Giano bifronte, mostra due facce della stessa medaglia. Se da un lato la
sua natura globale, acentrica e multidirezionale le ha conferito l’immagine di paradiso
utopico di altruismo, cooperazione e libertà d’espressione; dall’altro il frequente ricorso al
computer-matching e alla dataveillance, soprattutto da parte del commercio elettronico, ha
messo in evidenza la scarsa capacità della Rete nella protezione della sfera privata
(privacy). Lo scambio d’informazioni attraverso Internet finisce spesso per aiutare il
sistema di sorveglianza a conoscere le mosse degli attivisti e a prevenire la protesta.
Il primo capitolo, “Elementi di teoria sociale”, è stato inserito per collocare la ricerca entro
determinate coordinate dell’analisi sociologica. In particolare si fa riferimento alle teorie di
A.Giddens sulle conseguenze della modernità intesa come “radicalizzazione” della
modernità stessa. La collocazione delle tesi di A.Giddens e altri sociologi, come Z.
Bauman, U. Beck. J. B. Thompson, all’inizio della ricerca fornisce la giusta chiave di lettura
dell’intero percorso di analisi. I “fattori di dinamismo della modernità” tracciati da A.
Giddens definiscono il nuovo “ritmo” e “portata” del cambiamento sociale. In particolare, la
“compressione spazio-temporale” ha accelerato il processo di globalizzazione della
comunicazione e dato origine allo “spazio e tempo dei flussi” così come sono stati descritti
da Castells nel “modello a rete”. La globalizzazione delle comunicazioni ha accelerato la
formazione di quella che J. B. Thompson ha definito “comunanza despazializzata” che sta
alla base del nuovo senso di responsabilità che si traduce molto spesso nelle campagne di
sensibilizzazione dell’opinione pubblica avviate dai movimenti sociali. Il paragrafo dedicato
ai mass media è stato inserito per seguire un lineare percorso cronologico e segnare le
principali differenze con le nuove tecnologie dell’informazione. Inoltre, i media mainstream,
rappresentano ancora un importante punto di riferimento per i movimenti sociali sia in
termini di estensione dell’audience raggiungibile a sostegno delle proprie cause sia per il
conferimento di autorevolezza alle fonti dei media alternativi.
Il secondo capitolo restringe il punto di vista ai nuovi media e all’avvento della rivoluzione
tecnologica informazionale. L’opera di riferimento in questo caso è la trilogia di M.
Castells, Information Age, il cui approccio multidisciplinare e internazionale al fenomeno,
ha consentito di analizzare la transizione al nuovo paradigma tecnologico utilizzando una
panoramica globale nonché di approfondire alcune questioni relative all’assunzione del
“sistema a rete” come modello organizzativo in ogni dimensione dell’agire umano. Il
paragrafo dedicato al Digital Divide è stato inserito per evidenziare come la differenza fra
7
coloro che hanno accesso alla Rete rispetto a coloro che non l’hanno ha aggiunto un’altra
spaccatura cruciale alle fonti di disuguaglianza ed esclusione sociale (divides). Il Digital
Divide ha condotto a riflettere sul fatto che forse è ancora prematuro parlare di “società
globale dell’informazione” quando solo il 16 per cento della popolazione mondiale ha
accesso alla Rete.
Il terzo capitolo analizza il nuovo tipo di comunicazione scaturito dalla condivisione di una
piattaforma virtuale di interazione. La computer-mediated communication (CMC)
rappresenta la sintesi del passaggio obbligato delle nuove tecnologie dalle reti di calcolo a
quelle di persone. La CMC ha favorito la creazione di reticoli di relazioni sociali personali
nel cyberspazio che si sono concretizzate nelle cosiddette “comunità virtuali”, le
aggregazioni sociali della Rete. Canali di comunicazione quali chats, newsgroup, mailing
list, website rappresentano il kit essenziale dei NetAttivisti nell’organizzazione delle loro
campagne di contestazione o sensibilizzazione attraverso la Rete.
Nel quarto capitolo si cerca di sfatare il falso mito del determinismo tecnologico. La Rete
viene presentata non solo come spazio democratico, decentralizzato e aperto capace di
stimolare forme di altruismo, cooperazione e libertà d’espressione ma anche come
infrastruttura materiale particolarmente adatta a strategie di sorveglianza e monitoraggio
della nostra data-image. Le tecniche di computer-matching e di raccolta dei nostri dati
personali hanno evocato la spontanea metafora di Internet come “panopticon elettronico”.
L’ultimo capitolo infine è ampiamente dedicato al tema centrale di questa ricerca: l’uso
della Rete da parte degli attivisti come supporto per rinnovare e potenziare la loro azione.
L’indagine prende in esame un insieme rappresentativo (ma non esaustivo) dei nuovi
movimenti sociali, definendoli in base alla causa per la quale si mobilitano e alle forme di
NetAttivismo utilizzate per sostenerla. Si va dalla formazione di media alternativi di
controinformazione indipendente (Indymedia, McSpotlight, radio B92) alla creazione di
vere e proprie guerriglie elettroniche (netwar) condotte interamente sulla Rete da collettivi
attivisti radicali e dalle cellule terroristiche islamiche.
Nelle conclusioni ci si interrogherà sui risultati tangibili delle azioni condotte in Rete, quali i
rischi e pericoli del NetAttivismo. Internet ha cambiato radicalmente il modo di fare
protesta? La nuova tecnologia dell’informazione sarà il futuro campo di battaglia per i
8
nuovi movimenti sociali alla conquista di un ruolo politico decisivo nella costruzione di una
governance globale? Le risposte che si cercherà di dare a questi interrogativi saranno il
frutto del percorso di ricerca intrapreso ma allo stesso tempo apriranno nuovi orizzonti per
interessanti approfondimenti.
9
ELEMENTI DI TEORIA SOCIALE
In queste pagine iniziali verranno presentati alcuni concetti di teoria sociale al fine di
collocare il percorso di ricerca entro determinate coordinate dell’analisi sociologica. La
presentazione si apre con l’importante contributo di A. Giddens che, forse meglio di
chiunque altro, è riuscito a definire le “conseguenze della modernità”, intesa quest’ultima
come radicalizzazione della modernità stessa. I “fattori del dinamismo moderno”
definiscono il nuovo “ritmo” e “portata” del cambiamento sociale. In modo particolare, la
“compressione spazio-temporale”, che caratterizza l’intero sistema, ha accelerato il
processo di globalizzazione della comunicazione e dato origine allo “spazio e al tempo dei
flussi” così come sono stati descritti da M. Castells nel “modello a rete”. Grazie allo
sganciamento di spazio e tempo prodotto dai mezzi di comunicazione elettronici è stato
possibile ricevere messaggi prodotti da fonti spazialmente remote senza alcuna
dilatazione temporale.
“Le conseguenze della modernità”
3
In uno dei suoi più importanti lavori, A.Giddens, si sforza di definire le principali
conseguenze della modernità, intesa come forma di organizzazione sociale che affiorò in
Europa intorno al XVII secolo e che successivamente estese la sua influenza a quasi tutto
il mondo, in rapporto con il postmoderno che, in linea con l’autore al quale spetta il merito
principale della diffusione del concetto [Lyotard,1990], egli definisce con il dissolversi della
“grande narrazione” ovvero la “trama” generale attraverso la quale noi individui troviamo
una collocazione nella storia come esseri forniti di un passato ben definito e di un futuro
prevedibile.
A dispetto dei molti che definiscono la nostra situazione sociale caratterizzata da
condizione postmoderna, A.Giddens sostiene invece che non siamo ancora usciti dalla
modernità, al contrario ne stiamo vivendo una profonda radicalizzazione.
3
Il titolo di questo paragrafo è una citazione dell’importante opera di Giddens A. [1994], Le conseguenze della
modernità, Il Mulino, Bologna (ed.or. The Consequences of Modernity, Polity Press, Cambridge, 1990)
10
La storia umana è segnata da determinate “discontinuità”, non presenta un carattere
lineare. I modi di vita introdotti dalla modernità ci hanno indiscutibilmente allontanati da
tutti i tipi tradizionali di ordinamento sociale. La storia non può avere la forma di
“sommatoria” come viene definita dalle teorie evoluzioniste. Diversi sono gli aspetti che,
secondo Giddens identificano le discontinuità che differenzino le istituzioni sociali moderne
dagli ordinamenti sociali tradizionali.
– Ritmo del cambiamento che l’era della modernità ha avviato, ovvero la rapidità con
la quale si succedono i cambiamenti nelle condizioni della modernità.
– Portata del cambiamento. I legami e le interconnessioni sempre più strette fra le
diverse parti del pianeta portano ad ondate di trasformazione sociale che
coinvolgono l’intera superficie della terra.
– La natura delle istituzioni moderne. Alcune forme sociali moderne non trovano
semplicemente riscontro nelle precedenti epoche storiche (il sistema politico dello
stato-nazione), altre invece presentano una continuità fittizia con i preesistenti
ordinamenti sociali (gli insediamenti urbani moderni che inglobano nuclei di città
tradizionali, dai quali sembrano essersi espansi).
Per spiegare il rapporto di discontinuità delle istituzioni moderne rispetto alle culture
tradizionali dobbiamo quindi tener conto dell’estremo dinamismo e della portata globale
che le caratterizza. Nel corso della sua opera, Giddens, sintetizza efficacemente i fattori
che definiscono il “dinamismo della modernità”:
– La separazione del tempo e dello spazio e la loro ricombinazione in forme che
permettono una precisa delimitazione di “zone” spazio-temporali della vita sociale,
– La disaggregazione dei sistemi sociali (un fenomeno direttamente legato ai fattori
che entrano in gioco nella separazione spazio-temporale)
– L’ordinamento e il riordinamento riflessivo dei rapporti sociali alla luce dei continui
input di sapere che interessano le azioni degli individui e dei gruppi
4
.
4
Giddens A. [1994, p. 28]
11
Modernità, tempo e spazio
Spazio e tempo sono le dimensioni fondamentali della vita umana. Tutte le civiltà
premoderne disponevano di tecniche di misurazione del tempo e dello spazio. Per buona
parte della storia gli uomini le hanno sempre considerate come due realtà interconnesse.
Nessuno era in grado di dire l’ora del giorno senza far riferimento ad altre connotazioni
socio-spaziali: il “quando” era sempre connesso a un “dove” o identificato da ricorrenze
naturali regolari. Prima dell’avvento dei mezzi di comunicazione gli uomini hanno stabilito
esclusivamente relazioni faccia a faccia. Le persone interagivano scambiandosi forme
simboliche all’interno di un luogo condiviso, il luogo in cui si incontravano. Ma poiché la
loro trasmissione dipendeva dall’interazione faccia a faccia, e quindi dalla compresenza
dei due interlocutori in un determinato luogo, la loro forza di penetrazione era assai
limitata. Con l’imporsi dei mezzi di comunicazione abbiamo assistito non solo alla
creazione di nuove reti di trasmissione ma anche di nuove forme di interazione. John B.
Thompson, nel suo libro The Media and Modernity. A Social Theory of the Media distingue
tre differenti forme di interazione sociale:
– Interazione faccia a faccia, ha luogo in un contesto di compresenza; coloro che vi
prendono parte sono immediatamente presenti l’uno all’altro e condividono un
comune sistema di riferimento spazio-temporale (partecipazione e forma dialogica)
– Interazione mediata, una forma di relazione che comprende per esempio, la
comunicazione attraverso lettere e le conversazioni telefoniche. Richiede l’utilizzo di
un mezzo tecnico che consente la trasmissione di informazioni e contenuti simbolici
tra persone lontane nello spazio, nel tempo o in entrambe le dimensioni.
– Quasi-interazione mediata, i tipi di relazione sociale stabiliti dai mezzi di
comunicazione di massa (libri, giornali, radio, televisione…). Come quella mediata,
anche questa forma d’interazione consente di scambiare informazioni e contenuti
simbolici tra luoghi e/o tempi lontani, si estende anche al di là dello spazio e del
tempo.
Con lo sviluppo della tecnologia dei mezzi di comunicazione assistiamo sempre più a una
dilatazione della loro scala di diffusione che coinvolge quasi l’intero pianeta. Grazie allo
sganciamento di spazio e tempo prodotto dai mezzi di comunicazione elettronici, è
possibile ricevere messaggi prodotti da fonti spazialmente remote senza alcuna
dilatazione temporale. David Harvey in The Condition of Postmodernity definisce questo
12
annullamento dello spazio attraverso il tempo come quel processo che è sempre stato al
centro della dinamica del capitalismo. Nella sua opera viene pubblicata anche un’efficace
immagine pubblicitaria di Alcatel che riproduce il globo terrestre che diventa sempre più
piccolo man mano che ci si avvicina al logo del prodotto (una azienda di
telecomunicazioni) e allo spot:”This is the year the world got smaller” (trad. “Questo è
l’anno in cui il mondo diverrà più piccolo”).
Una prima conseguenza di questa “compressione spazio temporale” è rappresentata da
un’accentuata fuggevolezza,dalla caducità delle mode, da una maggior importanza
attribuita alle virtù e ai valori dell’istantaneità (fast food) e della eliminabilità (prodotti usa e
getta). La volatilità da una parte rende estremamente difficile una pianificazione a lungo
termine dall’altra comporta la manipolazione del gusto e delle opinioni (creare nuove mode
e nuovi bisogni). La società è dominata dall’immagine, vero “simulacro” della realtà
[Baudrillard, 1996]. “L’intera vita delle società, in cui dominano le moderne condizioni di
produzione, si annuncia come un immenso accumulo di spettacoli. Tutto ciò che era
direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione” [Debord, 2002].
Così Marshall McLuhan descrisse come pensava che il “villaggio globale” fosse ormai
diventato una realtà delle comunicazioni alla metà degli anni sessanta: “Dopo essere
esploso per tremila anni con mezzi tecnologici frammentari e puramente meccanici, il
mondo occidentale è ormai entrato in una fase di implosione. Nelle ere della meccanica,
avevamo operato un’estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo oltre un
secolo d’impiego tecnologico dell’elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema
nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro
pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio
5
”.
Più di due secoli fa, Immanuel Kant, nel suo Idee per una storia universale dal punto di
vista cosmopolitico [1784], ci consegnò una profetica visione del mondo futuro: “Die
vollkommene bürgerliche Vereinigung in der Menschengattung”, una “perfetta unificazione
civile del genere umano”. Quello sarebbe stato possibile, osservò Kant, con il
raggiungimento del “was die Natur zur höchsten Absicht hat”, il supremo scopo della
Natura. Uno scopo che doveva sempre essere esistito: poiché il globo che abitiamo è una
sfera, non si può aumentare una certa distanza senza finire in ultima analisi con
l’azzerarla; la superficie del globo su cui viviamo impedisce una “dispersione infinita” e alla
5
McLuhan M. [1987], Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano (10ª edizione – ed.or. Understanding
Media: the extensions of men, Paperback, Toronto, 1990) Introduzione
13
fine saremo tutti necessariamente confinanti gli uni con gli altri semplicemente perché non
c’è altro posto in cui andare.
– In ultima, in questa sintetica analisi del primo fattore del “dinamismo della
modernità”, è interessante citare la ricerca di Manuel Castells che può costituire un
filo conduttore con l’opera di Giddens. In Information Age Castells delinea le
conseguenze della modernità articolando il nuovo paradigma della società
informazionale. Lo spazio è indefinibile in fisica senza ricorrere alla dinamica della
materia e nella teoria sociale senza fare riferimento alle pratiche sociali. Da una
prospettiva materialista, possiamo sostenere che l’obiettività del tempo e dello
spazio è data in ciascun caso dalle pratiche materiali di riproduzione sociale. In
sintesi, ciascun modo distintivo di produzione o di formazione sociale farà propria
una precisa serie di comportamenti e concetti relativi allo spazio e al tempo. Lo
spazio è il supporto materiale delle pratiche sociali di condivisione del tempo. In
Information Age Castells sostiene che la nostra società è costruita intorno a flussi:
flussi di capitale, flussi di informazione, flussi di tecnologia, flussi di immagini, suoni
e simboli… I flussi non sono solo un elemento dell’organizzazione sociale: sono
l’espressione dei processi che dominano la nostra vita economica, politica e
simbolica. Il supporto materiale di queste pratiche dominanti sarà quindi una nuova
forma spaziale che dominano e plasmano la società in rete: lo spazio dei flussi. “Lo
spazio dei flussi è l’organizzazione materiale delle pratiche sociali di condivisione
del tempo che operano mediante flussi”
6
(ovvero sequenze di scambio e
interazione tra posizioni fisicamente disgiunte occupate dagli attori sociali).
Così come per lo spazio Castells articola una nuova concezione del tempo riconducibile
alla società dei flussi informazionali, “il tempo senza tempo”. La comunicazione mediata
da computer rende possibile un comunicazione in tempo reale (simultaneità e interattività
mediante tools di comunicazione sincrona: chat, istant messaging…) o una comunicazione
asincrona (atemporale, mediante tools di comunicazione quali forum, newsgroup, mailing-
list). “Tutto l’ordinamento di eventi densi di significato perde il proprio ritmo cronologico
interno per organizzarsi secondo sequenze temporali che dipendono dal contesto sociale
della loro utilizzazione Per tanto siamo di fronte a una cultura che è allo stesso tempo
6
Castells M. [2003, vol. I, p. 473]
14
dell’eterno e dell’effimero”
7
. Il tempo senza tempo appartiene allo spazio dei flussi ed è
garantito dalle nuove tecnologie dell’informazione, mentre il tempo biologico, così come
l’abbiamo sempre conosciuto, caratterizza i luoghi in tutto il mondo, gli spazi materiali e
fisici.
La disaggregazione dei sistemi sociali
Nel definire questo altro fattore che caratterizza il “dinamismo della modernità” A.Giddens
introduce due tipi di meccanismi di disaggregazione intrinsecamente coinvolti nello
sviluppo delle istituzioni sociali moderne.
– Gli emblemi simbolici, ovvero i mezzi di interscambio che possono passare di mano
senza dover tener conto delle caratteristiche specifiche degli individui o dei gruppi
che li utilizzano in qualsiasi particolare frangente (la moneta).
– I sistemi esperti, ovvero i sistemi di realizzazione tecnica o di competenza
professionale che organizzano ampie aree negli ambienti materiali e sociali nei
quali viviamo oggi
8
.
Giddens sostiene che tutti i meccanismi di disaggregazione, siano essi emblemi simbolici
o sistemi aperti, riposano sulla fiducia. Quando effettuiamo un acquisto si presuppone che
gli altri riconoscano il valore del denaro che utilizzo. Così come sia conoscendo ben poco
del sapere codificato e specialistico dell’architetto e dell’ingegnere nella progettazione di
una casa, abbiamo “fede” nel loro lavoro o meglio nella validità del sapere esperto che
essi applicano. “I sistemi esperti” secondo Giddens dunque sono meccanismi di
disaggregazione perché, - in comune con gli emblemi simbolici – enucleano le relazioni
sociali dalle immediatezze del contesto favorendo la separazione del tempo dallo spazio
come condizione della distanziazione spazio-temporale che essi promuovono.
Modernizzazione riflessiva
Giddens definisce la riflessività come “una caratteristica distintiva di tutte le azioni umane,
nel senso che tutti, normalmente, “mantengono un contatto” con le motivazioni di ciò che
fanno come parte integrante del loro agire”
9
. Le culture tradizionali rispettano il passato e
attribuiscono un grande valore ai simboli perché racchiudono l’esperienza di intere
7
Ibidem, p. 526
8
Giddens A. [1994, pp. 32-37]
9
Ibidem, p. 45
15
generazioni. Nella modernità la riflessività assume un diverso carattere: pervade le basi
stesse della riproduzione del sistema, facendo in modo che il pensiero e l’azione si
rinfrangano costantemente l’uno sull’altro. In tutte le culture, le pratiche sociali vengono
modificate alla luce delle relative scoperte o evidenze empiriche che le riguardano. Le
pretese della ragione nell’età moderna sostituiscono quelle della tradizione e sembrano
dare un maggior senso di certezza di quello offerto dai dogmi. Le pratiche sociali vengono
costantemente esaminate e riformate alla luce dei nuovi dati acquisiti allontanando la vita
sociale dall’immobilità della tradizione (in questo consiste la forma di dinamismo). Nessun
sapere però è certo, sia nelle scienze naturali che in quelle sociali. La diffusione del
sapere scientifico ha condotto inevitabilmente ad una critica dei fondamenti scientifici e a
una lenta demifisticazione e de-monopolizzazione delle pretese di conoscenza scientifica:
la scienza diventa sempre più necessaria, ma nello stesso tempo sempre meno sufficiente
per la definizione socialmente accettata della verità (questa perdita di fiducia nel processo
scientifico non è un evento casuale ma è un prodotto della riflessività moderna). A
detronizzare le scienze non è stato il loro fallimento, ma il loro successo: come ben
sappiamo all’esterno viene dogmatizzato ciò che all’interno è oggetto di questioni e dubbi
scottanti. La dogmatizzazione e l’arte del dubitare si completano e si contraddicono a
vicenda nel processo della scientifizzazione coronata da successo. La pretesa della verità
della scienza ha dovuto piegarsi all’esigenza di mettersi in discussione ritirandosi sul piano
delle semplici ipotesi. (“calcolabilità nel senso di stimabilità”, U. Beck.
“La società individualizzata”
10
In occidente, in tutte le società industriali del benessere, la modernizzazione riflessiva
dissolve i parametri tradizionali della società industriale: la cultura e la coscienza di classe,
i ruoli di genere e quelli familiari. Questi processi di de-tradizionalizzazione hanno luogo
all’interno di una spinta sociale all’individualizzazione. Nonostante questo i rapporti di
disuguaglianza permangono. Per gli uomini, l’ingresso nel mondo del lavoro è sempre
legato a due forme di affrancamento (Freisetzung) in un doppio senso: rispetto ai legami
tradizionali e ai vincoli del mercato del lavoro. Queste spinte all’individualizzazione
contrastano però inevitabilmente con l’esperienza di un destino collettivo (disoccupazione
di massa, dequalificazione…).
10
Il titolo di questo paragrafo è una citazione dell’importante opera di Bauman Z. [2002], La società individualizzata.
Come cambia la nostra esperienza, Il Mulino, Bologna (ed.or. The Individualized Society, Polity Press, Cambridge,
2001)
16
L’individualizzazione va di pari passo con tendenze all’istituzionalizzazione e alla
standardizzazione delle condizioni di vita (la cosiddetta “gabbia d’acciaio” di Weber). Gli
individui nella modernità riflessiva diventano dipendenti dal mercato del lavoro, e in tal
modo anche dall’istruzione, dal consumo, dalle regole (dipendenza dalle istituzioni).
L’individualizzazione può essere compresa come un contraddittorio processo storico di
sociazione (Vergesellschaftung) [Beck, 2003]. La presa di coscienza di questa
contraddittorietà, ci dice Beck, potrebbe condurre alla nascita di nuove forme di
comunanza socioculturale. Negli ultimi venticinque anni abbiamo osservato il diffuso
insorgere di potenti espressioni di identità collettive che si oppongono alla globalizzazione
e al cosmopolitismo in difesa delle specificità culturali e del diritto di esercitare il controllo
sulla propria vita e sul proprio ambiente. Si tratta di tentativi di formazione sociale
dell’identità in mondi della vita post-tradizionali e individualizzanti.
Sempre più spesso ciascuno di noi è chiamato a scegliere una propria identità in base al
gruppo o la subcultura di appartenenza. L’identità non è infatti una dimensione privata del
nostro io, è un prodotto sociale. La coscienza di classe si è dissolta, la modernità
sostituisce alla determinazione della collocazione sociale un’obbligatoria e irrefrenabile
autodeterminazione. Alla domanda “Che cos’è lei?” rispondiamo sempre con la nostra
professione. Quando conosciamo il lavoro del nostro interlocutore crediamo di conoscerlo.
La professione rappresenta una parte della sua identità: possiamo stabilire i bisogni
personali, le capacità, la posizione sociale ed economica. Nella società contemporanea
anche l’occupazione ha perso le sue certezze e le sue funzioni protettive: andiamo sempre
più incontro a contratti a tempo determinato e alla richiesta di maggior flessibilità nel
tempo e nello spazio da parte della forza lavoro. Nella nostra modernità “liquida” sono i
sistemi sociali ai quali gli individui possono aspirare di accedere e in cui possono
desiderare di stabilirsi che si liquefanno rapidamente rendendo impossibile pianificare il
proprio futuro e definire la propria identità. Erik H. Erikson verificò che possedere
un’identità riconosciuta crea nell’individuo un senso soggettivo di una rinfrancante
coerenza e continuità.
La spirale dell’individualizzazione si fa sentire anche dentro la famiglia. Assistiamo “alla
fine del patriarcato”, una generale “fuga dall’impegno” con un rapido incremento di famiglie
uni-genitoriali, soprattutto in Sud America [Castells, 2003]. Si crea il tipo di “famiglia
17
negoziata a termine” [Beck, 2003], nella quale gli individui che formano la coppia sono
sempre più autonomi e gestiscono la relazione controllando le emozioni revocabili in
qualsiasi momento. Il figlio può addirittura esser visto come un impedimento nel processo
di autorealizzazione. Alla crisi del patriarcato, come conseguenza del processo di
individualizzazione, è associata inoltre l’affermazione di un rinnovato potere dell’identità
collettiva femminista e dei movimenti di liberazione sessuale.
“La società del rischio”
11
Un’altra efficace analisi del modello sociale, politico ed economico dei nostri giorni viene
presentata da Ulrich Beck nel suo libro La società del rischio. L’autore pone l’attenzione su
quelli che sono i rischi globali contemporanei che affliggono il nostro globo e che
emergono sempre più rapidamente in seguito allo sviluppo tecnologico e alla
compressione spazio-temporale. “Nella modernità avanzata la produzione sociale di
ricchezza va sistematicamente di pari passo con la produzione sociale dei rischi
12
”.
Questo ha luogo solo in contesti in cui si è raggiunto un certo grado di produttività
umana,tecnologica e di sicurezza e regolazione giuridica e sociale, dove le situazioni di
bisogno sono veramente limitate; nel processo di modernizzazione con lo sviluppo della
tecnologia e l’apertura delle conseguenze a livello globale si liberano rischi e potenziali
autodistruttivi di dimensioni planetarie. La pervasività dei rischi globali nella nostra società
ha registrato come inevitabile conseguenza l’emergere di reti trasnazionali di attivisti che
organizzano campagne in difesa dell’ambiente e per la salvaguardia del pianeta.
I rischi di oggi si differenziano sostanzialmente da quelli delle società premoderne peri il
loro carattere globale, la modernità delle loro cause e per il fatto che le conseguenze che
producono non rimangono più ancorate al luogo di produzione (per esempio la fabbrica).
Ulrich Beck a questo punto definisce una serie di caratteristiche dei rischi della tarda
modernità:
– Producono danni irreversibili rimanendo generalmente invisibili (radioattività
sostanze tossiche ed inquinamento dell’aria…). Sono soggetti ad aperti processi
sociali di definizione.
11
Il titolo di questo paragrafo è una citazione dell’importante opera di Beck U. [2003]
12
Beck U. [2003, p. 25]
18
– Con la distribuzione e la crescita dei rischi si creano situazioni sociali di esposizione
al rischio. I rischi della modernizzazione contengono un effetto boomerang ovvero
colpiscono anche chi li produce o trae profitto da essi (Effetto livellatore dei rischi:
“la povertà è gerarchica, lo smog è democratico”) [Beck, 2003]
– I rischi della modernizzazione sono big business. Sono l’insaziabile domanda a
lungo cercata dagli economisti. La fame può essere saziata, i bisogni possono
essere soddisfatti.
– Nelle situazioni di classe e di ceto l’essere determina la coscienza, mentre in quelle
del rischio la coscienza determina l’essere. Assistiamo alla diffusione del sapere dei
rischi.
– I rischi socialmente riconosciuti contengono una peculiare esplosività politica: ciò
che finora non era considerato politico (come l’eliminazione delle “cause” nel
processo stesso di industrializzazione) diventa politico.
La società del rischio di Beck ha il merito di proporre una poliedrica analisi del nostro
contesto sociale affrontando i rischi globali che la modernità porta con sé. Si tratta di
un’opera importante, anche alla luce dell’analisi dei nuovi movimenti ambientalisti. “Nella
società del rischio il progetto normativo alternativo che sta alla base è la sicurezza.[…] la
spinta di fondo della società classista può essere riassunta in una frase: ho fame! La
dinamica messa in movimento con la società del rischio si esprime con la frase: ho
paura!”
13
. Questa, secondo U. Beck rappresenta la forza trainante dei movimenti
ambientalisti contemporanei in quanto alla “comunanza indotta dalla penuria” subentra la
“comunanza indotta dalla paura”. La solidarietà della paura diventa una forza politica. Ma
a questo punto Beck introduce un nuovo interrogativo. La paura non è una base troppo
incerta per una forza politica? Le comunanze per paura non si prestano ad essere
facilmente spazzate dal “venticello della controinformazione”? Proveremo a rispondere a
questo quesito nel corso della ricerca, nell’analisi dell’azione internazionale dei movimenti
ambientalisti.
13
Ibidem, p. 65