Prefazione
L’idea di basare questo lavoro sulla figura di Santo Mazzarino nasce dalla lettura
del primo capitolo di un libro di G. Marramao, Potere e Secolarizzazione, nel quale è
descritta la polemica tra Karl Löwith e Mazzarino sull’interpretazione del tempo.
Dalla successiva lettura dell’opera Fra Oriente e Occidente di Mazzarino, ho carpito
la straordinaria abilità di uno studioso di storia antica - che attraverso le sue opere ha
saputo fornire un diverso approccio alla storia e ai suoi accadimenti - nel saper
leggere con raro e lucido acume interpretativo i sottili legami instauratesi tra
l’Oriente e l’Occidente. Ho capito, in altre parole, che il problema del difficile
rapporto tra i due contrapposti universi culturali e geografici, poteva essere affrontato
si da un punto di vista storicistico - come per altro fa già Mazzarino - ma anche da
una prospettiva più vicina a quel sottile dialogo che nel bene e nel male l’Oriente ha
saputo instaurare con l’Occidente e viceversa. Prospettiva, questa, che a me è parso
chiaro di leggere sin dalle prime battute del testo di Mazzarino e che quest’ultimo,
evidentemente, non ha mai trascurato.
Man mano che la mia lettura del testo proseguiva, entrando nel vivo della
trattazione, mi rendevo sempre più conto che affianco alla ricostruzione storica dei
fatti - passibile senz’altro di obiezioni, soprattutto dalla storiografia più recente -
comparivano, poi, mirati commenti dello stesso Mazzarino che miravano a
sottolineare questo o quell’altro aspetto ma da una visuale tutt’altro che storica, bensì
quasi psicologica e antropologica. Erano constatazioni riferibili, in qualche modo,
non semplicemente ai costumi e alle usanze in voga tra i Greci o le popolazioni
asianiche dell’epoca arcaica. Tali tratti culturali e comportamentali - riconosciuti da
Mazzarino nell’antichità - infatti, si rivelano essere, oggi più di ieri, delle costanti
nell’identificazione di questa o quella etnia; sono cioè caratterizzazioni che
distinguono inequivocabilmente l’essere occidentale dall’essere orientale. Questo, è
senz’altro il punto che più mi ha impressionato e che è stato alla base della mia scelta
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di fondare questo lavoro sul rapporto fra Oriente e Occidente, seguendo la stessa
falsa riga tracciata da Mazzarino.
Penso, dunque, che la lettura da me fornita dell’opera sia utile non solo in una
prima fase di approccio al medesimo libro, ma anche per proiettare quelle
problematiche, affrontate per lo più storicisticamente, in direzione del nostro
presente.
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Il rapporto fra Oriente e Occidente
in Santo Mazzarino
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Premessa
Santo Mazzarino, uno dei maggiori studiosi dell’antichità di tutti i tempi,
analizza capillarmente, in una delle sue principali opere, le relazioni intercorrenti
in epoca arcaica tra l’est e l’ovest allora conosciuti. Suo grande merito, è quello di
aver trattato, se pur in chiave storicistica, un problema - quello tra Oriente e
Occidente - ancora oggi molto attuale.
In questo elaborato, si tratteranno in modo specifico gli eventi, le circostanze, le
pure coincidenze, traducibili in fin dei conti nel fatto storico, che hanno interessato
quella regione del mondo nell’epoca arcaica e immediatamente anteriore e che
oggi è possibile identificare con il quadrato che si estende dall’area Mediterranea a
quella Egea e che, giocoforza, lambisce alcune coste dell’attuale Sicilia,
dell’Egitto, della Grecia, della Turchia; per poi addentrarsi nell’entroterra siriano
giungendo sino ai grandi fiumi dell’area Mesopotamica. Volendo tracciare una
linea immaginaria tra la Grecia, altresì la penisola Ellenica, e l’Asia Minore, ci si
accorgerebbe che tale linea altro non è che lo spartiacque, il confine - come
vedremo, solo sulla carta - tra ciò che andava costituendosi, da una parte, come
Occidente e dall’altra, come Oriente.
Fra Oriente e Occidente (1947), l’opera principale di Mazzarino, inizia proprio
da qui, da queste premesse e da questo confronto a distanza fra due mondi solo
apparentemente così antitetici ma che, in definitiva, si sono sempre cercati,
influenzandosi e finendo col definirsi reciprocamente. Processo questo, che vede
l’orizzonte di uno mescolarsi con quello dell’altro generando una sorta di “aurora
polare”, non di natura chimica in questo caso, ma culturale, etnica e politica.
Un’opera, «al centro della quale Mazzarino pone una “grecità” preclassica, che
si apprestava a costruire la propria “occidentale” identità, ma non ne era ancora
consapevole appieno».
1
Al suo interno troviamo innumerevoli riferimenti
storiografici che spaziano dalla geografia alla letteratura ellenica o arcaica (VIII-
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1
GIARRIZZO, Giuseppe, Autobiogra a di un vecchio storico, Lʼacropoli, anno VII - 2 /
marzo 2006, p.174.
VI a.C): il suo è un lavoro minuzioso di ricostruzione storica - mai, ovviamente
trascurato - dal quale, però, con eguale bravura, fa trasparire un intento sotteso e
mai secondario. In altre parole, si evince una particolare attenzione ai modi, ai
tempi e ai luoghi grazie ai quali la grecità - simbolo nascente della futura
accidentalità - si palesava all’Oriente e viceversa, in un circolo virtuoso di scambi
commerciali e culturali. È proprio quest’ultimo punto che in questo scritto si vuole
prendere in considerazione, accentuandolo se possibile, e cercando di valorizzare
l’aspetto filosofico, partendo da delle osservazioni che solo distrattamente possono
essere scambiate per meri dati storici. Ciò implicherà, in una prima parte del lavoro,
- che potremmo definire propedeutica - una rivisitazione, anche in chiave mitica
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dei
termini Oriente e Occidente e di come essi si siano andati formando mediante una
sorta di specchio riflesso tra est ed ovest; si analizzerà, anzitutto, l’etimologia del
termine Europa. Successivamente prenderemo in considerazione il corpo centrale
vero e proprio del libro di Mazzarino, dal quale, si ricaverà il racconto delle due vie
mediante le quali si svilupparono i rapporti tra Oriente e Occidente. Una è quella
continentale, che passa per la penisola anatolica e fa capo alle colonie ioniche,
eoliche e doriche; è definita «la via κοινή»
3
, in quanto l’Asia Minore è caratterizzata
da una «comunità culturale» alla cui formazione parteciparono tanto gl’Ittiti, i Cari, i
Frigi, i Lidi, quanto i Greci che, quindi, non si limitarono ad un atteggiamento
ricettivo ma diedero un proprio contributo alla civiltà micrasiatica. L’altra via è
quella marittima, o insulare, percorsa dai navigatori fenici che muovendo verso il
lontano Occidente toccavano Cipro e Creta: essa è definita «la via dell’alfabeto».
Un altro capitolo fondamentale ai fini del mio discorso, sarà poi dedicato alla
storia di due parole: Ioni
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e Asia. La prima venne usata dalle fonti orientali per
indicare tutti i Greci che di volta in volta entravano nell’orizzonte culturale e politico
dei vari popoli orientali: fatto che, da solo, basterebbe a dimostrare che gli Ioni
7
2
S. Mazzarino fa spesso ricorso ai miti di epoca Arcaica. Si pensi allʼIliade e all ʼOdissea,
due poemi che narrano di imprese eroiche ma che sono anche immagine del mondo
conosciuto dagli aedi dellʼepoca e quindi utili per una ricostruzione storica del tempo.
3
Sta ad indicare le «comunit culturali» dellʼAsia Minore ed traducibile come «via della
cultura».
4
In origine Iavones, in Omero Iaones, Javan nellʼAntico Testamento, Jaman nei testi
assiri e babilonesi, Yaunā in antico persiano.
furono i protagonisti nei rapporti cogli stranieri. Diversa è la storia del nome Asia,
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che nel corso dei secoli cambiò più volte di significato: man mano che i Greci
acquisivano nuove conoscenze geografiche ed etnografiche, si ampliava il concetto
di Asia.
Tra gli innumerevoli spunti offerti mi soffermerò sul significato di «tyrannos»
6
,
termine noto alle teorizzazioni politico-filosofiche greche per antonomasia ma che
qui, si scopre avere una discendenza asianica, motivo in più per avvalorare la tesi
dello scambio osmotico tra Oriente e Occidente anche in quegli ambiti così cari, per
tradizione, alle capacità logiche e intellettuali della Grecia; la quale, tuttavia,
arricchirà, come vedremo, il termine tyrannos di un significato etico e morale: ci
troviamo agli albori della connessione fra politica e vita morale. Risiede proprio in
questo, l’innovazione formidabile che la cultura greca arcaica prima e classica dopo
(V-IV a.C) ha lasciato in eredità a tutta la civiltà occidentale. Lo stesso si potrebbe
dire della nascita delle poleis: esse hanno avuto - se pur in epoche diverse - una
duplice infanzia, il che fa supporre che le assai più note città-stato greche abbiano
avuto una prima forma embrionale in antichissime città orientali sorte nelle grandi
zone fluviali.
Infine affronterò la polemica tra Löwith e Mazzarino sull’interpretazione della
storia e il concetto di temporalità. Per il primo «il tempo peculiare del Moderno non
sarebbe il risultato di una continuità, ma di una rottura»
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; il secondo, invece, tende a
tenere intrecciati «tempo ciclico» e «tempo lineare».
Prima di proseguire e abbandonare questa prima parte introduttiva per entrare nel
vivo della trattazione, credo sia opportuno mettere in guardia il lettore da facili
quanto sciocchi fraintendimenti. A mio avviso, il lavoro di uno storico può essere
considerato - escludendo il materiale di cui si è in possesso e su cui si opera - alla
stregua di quello di un abile artigiano, si supponga un cesellatore, dove ciò che
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5
S. Mazzarino accetta lʼipotesi di EMIL FORRER secondo cui Asia deriva da Assuwa,
toponimo noto agli Ittiti nel II millennio a.C.
6
MAZZARINO, Santo, Fra Oriente e Occidente. Studi di Storia Greca Arcaica, Bollati
Boringhieri, Torino 2007, pp. 185-230. (da cui cito, dʼora in poi, Fra Oriente e Occidente)
7
Cfr. MARRAMAO, Giacomo, Potere e Secolarizzazione. Le categorie del tempo, Bollati
Boringhieri, Torino 2005, p. 34.
importa è la cura nei dettagli, nell’agire con mano ferma, onde evitare sbavature, e
nell’avere una visione d’insieme omogenea in cui ogni linea, ogni punto sia parte
integrante del tutto. Con la stessa abilità e cura, lo storico, deve operare una fine
ricerca e già in questa prima fase essere in grado di elaborare mentalmente una
mappa degli eventuali sviluppi futuri. Per questo motivo, carattere imprescindibile di
una ricerca storica è l’affinità tra le singole parti: il risultato finale dovrebbe
contenere un filo di continuità, una coerenza tra avvenimenti e fatti narrati. Proprio
su questo punto, converrebbe soffermarci un attimo. Esiste una nota polemica
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sollevata da Arnaldo Momigliano contro il metodo e l’oggetto dell’indagine di
Mazzarino. Momigliano definisce «problema-fantasma»
9
la questione Oriente-
Occidente, e sostiene «se Mazzarino avesse seguito nella sua integrità la storia del
problema “Oriente e Occidente” [...] si sarebbe accorto che il problema ormai non
esiste più: si è dissolto».
10
Non ritengo sia il caso di obiettare a Momigliano
semplicemente perché l’esistenza del problema, o quanto meno della relazione tra
Oriente e Occidente è tanto lapalissiano quanto l’obiezione mossa, in se, appare priva
di fondamento, mi limiterò, per questo, ad affermare che dissento da questa
posizione. Piuttosto, mi sembra più efficace, la provocazione secondo la quale il
metodo d’indagine utilizzato da Mazzarino è arbitrario e che le prove fornite da
quest’ultimo a conferma della propria tesi non siano in realtà delle vere prove ma
semplici supposizioni. Momigliano si espone così: «[...] resta solo da sperare che i
documenti vengano un giorno a confermare le ipotesi. Questi documenti non esistono
ancora».
11
A riprova dell’evidente fraintendimento che ha condotto Momigliano a
tacciare Mazzarino di apriorismo, è un’affermazione di Mazzarino durante la
spiegazione dell’origine del nome Javan, in uno dei capitoli più interessanti del suo
libro, da cui ora cito:
9
8
Cfr. Rivista Storica Italiana, 60, 1948, pp. 127-132. Ripubblicato in A. MOMIGLIANO,
Quarto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1969, Edizioni di
Storia e Letteratura, pp. 581-588.
9
Ci discostiamo da questa tesi sostenuta da A. Momigliano, Recensione di S. Mazzarino,
Fra Oriente e Occidente (1947), in Id. S. Mazzarino, Fra Oriente e Occidente. Ricerche di
Storia Greca Arcaica, Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 399.
10
Ibid.
11
Ivi. p. 401.
Eppure, proprio queste che apparentemente sembrano stranezze sono
la conferma che in siffatta ricerca occorre adeguarsi ai documenti, e
al loro tempo, e al loro modo di pensare e di esprimersi; e che agli
antichi bisogna avvicinarsi con la coscienza della nostra lontananza e
della nostra ignoranza - non già con la presunzione, che fu propria
del secolo scorso [...], di aver già sistematicamente inquadrato e
ricostruito e “saputo” l’effettivo processo storico.
12
Frase, questa, scritta in un contesto lontanissimo da quello in cui può essere
collocata una replica - che non tardò ad arrivare - ma che mostra,
inequivocabilmente, un metodo del tutto estraneo a quello etichettatogli da
Momigliano.
Tutto ciò mi da l’occasione di definire, sin dal principio, anche il mio metodo di
indagine, che coincide con la risposta, successiva, di Mazzarino. Quest’ultimo
dimostra di rifiutare l’atteggiamento aprioristico di Momigliano nei suoi confronti e
di contro, fa valere la necessità di un continum della riproposizione del problema
Oriente-Occidente; perché, in definitiva, «[...] chi studia storia arcaica ha, appunto, il
compito di rievocare Oriente e Grecia, e studiare in che modo il “tempo della storia
orientale” si è poi risolto nel “tempo della storia greca”».
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In altre parole, il
problema del rapporto tra Oriente e Occidente, non mi sembra esaurirsi negli studi
della Grecia Arcaica, ne tanto meno ad essa circoscrivibile. Piuttosto, pare fornirci lo
spunto per un prosieguo dell’indagine: perché tale questione non è stata solo il
problema di ieri ma continua a rappresentare il problema di oggi.
10
12
MAZZARINO, Santo, Fra Oriente e Occidente, cit., p. 116.
13
MAZZARINO, Santo, Per un discorso sul metodo. Replica ad Arnaldo Momigliano, in Fra
Oriente e Occidente, cit., p. 408.