IV
Introduzione
«Sono più di due secoli che la cultura occidentale accarezza il male, lo blandisce, lo
giustifica. Il negativo comunica vertigine, delirio di onnipotenza, emozioni
inconfessabili; illumina di bagliori rossastri i sentieri proibiti, gli abissi della notte, le
vette ghiacciate»
1
; tali sono le parole riportate nell’incipit di un articolo di Massimo
Borghesi, filosofo morale. Ivi Borghesi, riferendosi alla modernità, ha tentato di svelarne
la rivalutazione filosofica del negativo, del serpente fascinoso che alimenta gli orrori
indicibili e le profanazioni nefaste, di «colui che solleva l’uomo al di là del bene e del
male, al di là della "legge", al di là del Dio antico, nemico della libertà»
2
. Ma ove la
modernità subisce la sollecitudine del maligno, il pensiero antico si erge come suo
possibile contenimento, come suo argine invalicabile.
A tal proposito lo studio seguente approfondisce le modalità attraverso cui una corrente
filosofica dell’antichità, il neoplatonismo, ha cercato di esorcizzare e di rinchiudere il
male «nei vincoli del bello, come un prigioniero coperto da catene d’oro»
3
. Più nello
specifico, lo scopo della tesi sarà quello di dimostrare che il neoplatonismo, per motivi
legati al suo impianto monista, non riesce a dar conto in maniera definitiva dell’esistenza
del male.
In linea di massima saranno esaminati due sistemi neoplatonici tra loro molto distanti;
distanza utile a mostrare come il neoplatonismo, pur nell’eterogeneità dei contesti, ricade
sempre in alcune aporie di fondo che ne limitano l’efficacia esplicativa. I due sistemi in
questione sono quelli relativi a Plotino, vero grande iniziatore del neoplatonismo, e a
Giovanni Scoto Eriugena, teologo cristiano dell’Alto medioevo.
In primo luogo offriremo una definizione più precisa del termine ‘monismo’, attingendo
a piene mani dal dibattito analitico contemporaneo. Subito dopo delimiteremo il campo
d’indagine soffermandoci su un particolare tipo di monismo: questa operazione ci fornirà
un utile modello interpretativo, che adopereremo per tutto l’arco della tesi. In secondo
luogo verrà presentato il sistema di Plotino e, in parallelo, il neoplatonismo pagano nelle
sue linee essenziali. Nello stesso capitolo dedicato al filosofo di Licopoli, affronteremo
la delicata questione del male e, con essa, il tentativo di risoluzione portato avanti da
Plotino. Ivi appariranno le prime striscianti aporie del monismo neoplatonico.
In terzo luogo segue un capitolo intermedio con la funzione di integrare l’impianto
monista del neoplatonismo, soprattutto dopo gli esiti della speculazione tardo-antica. Ivi
troveremo i contributi più rilevanti dei neoplatonici post-plotiniani (come Porfirio,
Giamblico, Damascio, etc.), tra i quali primeggia la figura di Proclo. Il Diadoco
rappresenta anche un fondamentale punto di snodo per la questione del male: il De
malorum subsistentia sarà il nucleo teoretico centrale del terzo capitolo.
1
M. Borghesi, Il patto con il serpente, 30 giorni, 2 (2003), consultato il 06/09/2019,
http://www.30giorni.it/articoli_id_373_l1.htm
2
Ivi
3
Plotino, Enneadi I, 8, 15; in Plotino, Enneadi, trad. it. di G. Faggin, Giunti Editore/Bompiani, Milano
2018
V
In quarto e ultimo luogo presenteremo il monismo neoplatonico cristiano di Eriugena e
le aporie connesse alla sua antropologia. Anche qui, come per Plotino, il discorso sarà
calibrato con l’intento di circoscrivere il problema del male, indi per cui tralasceremo
approfondimenti tanto interessanti quanto secondari ai fini della tesi.
IL MONISMO
1
I - IL MONISMO
«Non dando ascolto a me, ma alla ragione è saggio ammettere che tutto è uno»
- Eraclito
1
1.1 Introduzione al monismo
Con il termine “monismo” (dal greco μόξος, “uno”) si è soliti indicare, in senso ampio,
tutte quelle dottrine, concezioni, posizioni filosofiche che riconducono la molteplicità ad
un unico principio. Nella storia della filosofia si sono succedute svariate forme di
monismo, perciò la definizione appena adoperata è ancora generica e indifferenziata:
dall’Essere degli Eleati all’unica Sostanza di Spinoza, dall’Uno plotiniano al Geist di
hegeliana memoria… e gli esempi potrebbero moltiplicarsi, a testimonianza di «quanto
la qualificazione di monismo sia poco caratterizzante, se essa è suscettibile di radunare
sotto di sé posizioni di pensiero per molti altri versi assai distanti fra loro»
2
.
Allora come orientarsi nel mare magnum dei sistemi monisti? Per prima cosa conviene
schematizzare e chiarificare la definizione di apertura. Ad un primo sguardo sembra
accettabile smembrare la definizione in 3 componenti:
1. Che cosa si intende per “molteplicità”?
2. Che cosa si intende per “unico principio”?
3. In che modo la molteplicità viene ricondotta al primo principio? Esistono più
relazioni? Oppure ne esiste una sola?
3
Per poter rispondere sarà necessario utilizzare, durante la discussione, delle nozioni di
filosofia analitica. Ciò per una serie di ragioni: a) focalizzare l’impianto-base di ogni
monismo in generale; b) stilare una tassonomia dei monismi divisi per criteri (che
vedremo più avanti); c) soffermarci su un tipo specifico: il monismo della priorità.
L’obiettivo del capitolo è principalmente quello di chiarificare la dottrina monista
attraverso il dibattito analitico. Una simile operazione servirà a non perdersi nei mille
rivoli della letteratura teoretica, dato che il contenuto delle successive sezioni ruoterà
attorno ad un monismo preciso: quello di matrice neoplatonica.
Per il momento mettiamo da parte la (3), cui verrà dedicato ampio spazio in seguito, e
concentriamoci su (1) e (2). In un articolo del 2007 Jonathan Schaffer, filosofo americano,
ha sintetizzato in maniera efficace cosa si intende per “monismo”:
Ci sono molti monismi. Ciò che condivono è l’attribuzione dell’unità. Essi differiscono su ciò a
cui attribuire l’unità (il target) e sul modo di contare (la unit). Quindi strettamente parlando c’è
1
Eraclito - frammento 50; in G. Reale (a cura di), I presocratici, Bompiani, Milano 2006, p. 353
2
Dizionario di filosofia, Rizzoli, Milano 1976, p. 306
3
N.B. la terza componente, nonostante possa essere declinata in 3 domande, risponde comunque alla
domanda sulla relazione.
IL MONISMO
2
un monismo solo realtivamente a un target e una unit, laddove il monismo che ha come target t
contato tramite u è l’idea che t contato tramite u sia uno
4
. (traduzione mia)
Quindi: ogni monismo condivide la tesi dell’unità, ma ognuno differisce dall’altro sulle
questioni di target (a cosa attribuisco l’unità?) e di unit (in base a cosa conto?). Per
chiarire meglio cosa si intende per “target” e “unit” utilizziamo un esempio di Frege:
Guardando lo stesso fenomeno esterno posso dire con eguale verità sia ‘Questo è un gruppo di
alberi’ sia ‘Questi sono cinque alberi’ oppure sia ‘Qui vi sono quattro compagnie’ sia ‘Qui vi
sono 500 uomini’. Ora ciò che muta dall’una all’altra espressione non è né il singolo oggetto, né
il complesso, cioè il loro agglomerato, bensì soltanto la denominazione
5
. (traduzione mia)
Il fenomeno esterno è il target, mentre “gruppo di alberi” o “5 alberi” sono le unità di
conto, cioè i diversi modi in cui posso numerare il fenomeno esterno. L’esempio di Frege
ci dice, banalmente, che davanti ad uno stesso fenomeno posso utilizzare unità di conto
diverse, mantenendo intatta la verità. Trasponendo la stessa logica al discorso sul
monismo, si possono individuare tanti monismi quante sono le combinazioni fra target e
unit (con la sola condizione di condividere l’unità, pena l’impossibilità di un monismo).
Prendiamo l’esempio dell’idealismo, dandone una definizione scevra da riferimenti a
pensatori specifici. Una qualche forma di idealismo potrebbe avere come target gli oggetti
concreti
6
(la sedia, Marco, i pianeti) e come unit il mentale/la sostanza mentale (i.e. la
mente). In tal caso saremmo di fronte a un idealismo che sostiene la seguente tesi: tutti
gli oggetti concreti – e quindi tanto la sedia quanto Marco- sono ricondotti ad un’unica
sostanza: quella mentale. Storicamente Berkeley ha sostenuto posizioni vicine al nostro
esempio: ammettere la sola esistenza delle entità sensoriali
7
(esse est percipi) equivale a
dire che tutti gli oggetti concreti sono solo in apparenza esterni a noi. È importante notare
che con le nozioni di target e unit abbiamo già in parte risposto alle domande (1) e (2).
Soffermiamoci di nuovo sulla definizione di idealismo: quale sarà la molteplicità? Quale
l’unico principio (l’unità)? Intuitivamente la molteplicità è rappresentata dalla totalità
degli oggetti concreti, mentre l’unità coincide con l’unicità della sostanza mentale.
Ora se noi, nella definizione di idealismo, sostituissimo “sostanza mentale” con “sostanza
materiale” otterremmo una teoria radicalmente diversa: il materialismo, cioè la teoria
secondo cui tutti gli oggetti concreti sono ricondotti a un’unica sostanza materiale
8
. In
sintesi: è sufficiente cambiare il tipo di sostanza per ottenere esiti radicalmente diversi.
Ecco perché spesso simili teorie (idealismo, materialismo, etc.) vengono raggruppate
sotto il nome di monismo dei tipi. Va precisato che il termine “tipo” non ha la stessa
accezione cui siamo soliti riferirci nel linguaggio ordinario, ma fa riferimento ad una nota
distinzione della semiotica: quella fra type e token
9
. Nata con C. S. Peirce, la distinzione
type/token, in seguito reimpiegata (e riformulata) dai logici, prevede una separazione fra
4
«There are many monisms. What they share is that they attribute oneness. Where they differ is in what
they attribute oneness to (the target), and how they count (the unit). So strictly speaking there is
only monism relative to a target and unit, where monism for target t counted by unit u is the view
that t counted by u is one» (J. Schaffer, Monism, Stanford Encyclopedia of Philosophy 2007)
5
G. Frege, The foundations of Arithmetic, tr. ingl. di J. L. Austin, Harper&Brothers, New York 1953, p. 59
6
In generale un oggetto concreto è un oggetto collocato nello spazio e nel tempo.
7
A onor del vero la posizione di Berkeley è molto più complessa.
8
“Materiale” NON è sinonimo di “fisico”, poiché tra le condizioni di “materiale” vi è quella
dell’impenetrabilità. Un campo elettromagnetico, ad esempio, non è impenetrabile, per cui rientra tra gli
oggetti fisici ma non tra gli oggetti materiali.
9
L. Wetzel, types and tokens, Stanford Encyclopedia of Philosophy 2006
IL MONISMO
3
il type, ciò che chiameremmo il modello di una cosa, e il token, la sua occorrenza o
replica. Sarà sufficiente fare un esempio per chiarire subito questa distinzione.
Tra i versi del poema “Sacra Emilia” di Gertrude Stein compare il seguente verso:
Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa.
Dopo averlo letto possiamo chiederci quante parole contiene. In un certo senso si possono
contare 11 parole, ma in un altro se ne contano 3. Nel primo caso abbiamo dato al termine
“parola” l’accezione del token, nel secondo quella del type. Ci siamo cioè chiesti,
rispettivamente, quante occorrenze del termine “parola” sono presenti per poi controllare
quanti modelli/tipi di parola sono apparsi. Di norma, ma non sempre, in filosofia il type
è un oggetto universale astratto mentre il token è un oggetto particolare concreto. Perciò
il “tipo” a cui si fa riferimento nella tassonomia dei monismi sta ad indicare una certa
classe di entità (sostanze, proprietà, eventi, etc.) universali o comunque a maglie large.
Ad esempio le proprietà, assieme alle relazioni, sono spesso chiamate ‘universali’ «in
quanto, se esemplificate, sono (almeno nei casi specifici) “condivise” da diversi oggetti
o gruppi di oggetti»
10
.
Chiariti certi aspetti possiamo accennare alcune forme di monismo dei tipi:
Tuttavia è possibile catalogare i monismi anche a seconda dei tokens, cioè dei particolari
oggetti concreti. Possiamo denominare questo secondo gruppo come “monismo delle
occorrenze”, laddove “occorrenze” traduce il termine “tokens”. Seguendo l’analisi di
Schaffer, all’interno del monismo delle occorrenze figurano due categorie principali: il
monismo dell’esistenza e il monismo della priorità.
Il monismo dell’esistenza è stato storicamente sostenuto da Parmenide e, in età
contemporanea, da Emanuele Severino; sebbene il secondo abbia sviluppato una
posizione filosofica molto più complessa e stratificata del primo (perciò d’ora in avanti
ci si riferirà solo alla posizione di Parmenide). Il monismo dell’esistenza ha come target
10
F. Orilia, Ulisse, il quadrato rotondo e l’attuale re di Francia, Edizioni ETS, Pisa 2005, p. 28
TARGET UNIT CONTENUTO
Monismo
anomalo
eventi Tipo fisico
È la teoria che pensa tutti gli eventi
come eventi fisici, tuttavia alcuni di
essi possono essere descritti anche dal
vocabolario della psicologia
(anomalia).
Idealismo
Sostanza e/o
proprietà e/o
eventi e/o oggetti
Tipo mentale
È la teoria secondo cui tutto è mentale;
teoria speculare al fisicalismo.
Monismo
neutrale
Sostanza e/o
proprietà e/o
eventi e/o oggetti
Tipo neutro
È la teoria secondo cui tutto è neutro,
cioè nulla è essenzialmente fisico o
mentale; piuttosto le entità possono
essere fisiche o mentali o fisiche e
mentali a seconda delle condizioni.
Panpsichismo
Entità fisiche
(in particolare le
e. fondamentali,
come gli atomi)
Tipo sia fisico
che mentale
È la teoria secondo cui tutte le entità
fisiche (anche microfisiche) sono
dotate di proprietà mentali simili a
quelle umane (coscienza,
intenzionalità, etc.)
IL MONISMO
4
gli oggetti concreti e sostiene l’esistenza di un unico oggetto concreto. Potremmo
trasporre in forma logica questa tesi, denotando la proprietà “essere un oggetto concreto”
con il predicato “C”:
∃!x (Cx & ∀y (Cy → y=x))
= “Esiste un solo x tale per cui x è un oggetto concreto e per tutti gli y se y è un oggetto
concreto allora y è uguale a x”
Questo oggetto “x” è il cosmo, ovvero la somma di tutti gli oggetti concreti (il quale a
sua volta è un oggetto concreto). I problemi connessi a questa posizione balzano subito
agli occhi: il monismo dell’esistenza si impegna ad accettare delle conseguenze
controintuitive. Prendiamo l’esempio di due oggetti concreti già menzionati, ovvero
Marco e la sedia. Il monismo dell’esistenza deve in qualche modo negare la pluralità degli
oggetti concreti che incontriamo nel quotidiano; nel caso specifico il monista
dell’esistenza avrebbe tre strade:
1) Affermare che Marco e la sedia sono identici e, in un secondo momento, dimostrare
che sono parti indistinguibili del cosmo;
2) Dimostrare l’infondatezza della visione, seguendo un percorso molto simile a quello
degli Eleati. Parmenide, ad esempio, negava la consistenza del molteplice liquidandolo
come illusione, mentre Zenone tentava di dimostrare l’inconsistenza del movimento. Nel
nostro caso il monista dell’esistenza dovrebbe riuscire a convincerci che almeno uno, fra
Marco e la sedia, non esiste o è illusorio;
3)Dimostrare che almeno uno dei due non sia un oggetto concreto.
Il monismo dell’esistenza, a causa delle sue tesi ‘ardite’, è stato ampiamente criticato
facendo uso di alcune affermazioni sul senso comune e sull’evidenza scientifica. Ci sarà
utile anticiparle in questa sede poiché verranno riprese in seguito. Sugli argomenti di
senso comune riportiamo due citazioni, la prima di Russel e la seconda di Ayer.
Condivido quella credenza comune che prevede l’esistenza di cose distinte; non considero
l’evidente molteplicità del mondo alla stregua di semplici momenti o divisioni irreali di una
singola e indivisivile Realtà
11
. (traduzione mia)
-
L’affermazione che la Realtà sia Uno, caratteristica sostenuta dal monista e contraddetta dal
pluralista, è priva di senso, dal momento che nessuna esperienza fattuale potrebbe attestare la
sua verità
12
. (traduzione mia)
11
«I share the common-sense belief that there are many separate things; I do not regard the apparent
multiplicity of the world as consisting merely in phases and unreal divisions of a single indivisible Reality»
(B. Russel, The Philosophy of Logical Atomism, Routledge, London 1972, p. 2).
12
«The assertion that Reality is One, which it is characteristic of a monist to make and a pluralist to
controvert, is nonsensical, since no empirical situation could have any bearing on its truth» (A. J. Ayer,
Language, Truth and Logic, Dover Publications, New York 1952, p. 146)
IL MONISMO
5
Le due leve d’accusa sono il senso comune e il rilievo empirico. Ognuno di noi ammetterà
facilmente che l’intuizione e la percezione attestino il pluralismo: non abbiamo mai
esperienza di un unico oggetto concreto, bensì di una molteplicità di oggetti.
Una seconda obiezione fa invece riferimento ai risultati scientifici: poiché la scienza
attesta l’esistenza degli atomi allora il monismo è falso, mentre è vera ogni forma di
pluralismo che ammette l’esistenza di almeno due oggetti concreti (sul perché del termine
“almeno” torneremo a breve).
L’obiezione del senso comune (che d’ora in avanti chiameremo “c-s objection”) non
mette automaticamente sotto scacco il monismo dell’esistenza, poiché quest’ultimo
potrebbe comunque tentare di controbattere
13
, ma lo costringe all’onere della prova: il
pluralismo, nello steccato del senso comune, non deve impegnarsi a dimostrare la sua
fondatezza perché ci sono delle “ragioni prima facie” che attestano la sua veridicità. È il
monismo dell’esistenza, semmai, a dover dimostrare il contrario.
Data l’impossibilità di difendere questa posizione, J. Schaffer ha elaborato
14
una nuova
forma di monismo che egli stesso ha nominato "priority monism”: il monismo della
priorità. Innanzitutto l’autore precisa che il dibattito fra monisti e pluralisti è spesso
vittima di un fraintendimento: le due compagini non intendono difendere,
rispettivamente, l’esistenza di un solo oggetto o di una pluralità di oggetti, bensì
divergono ‘solo’ nella scelta degli oggetti fondamentali. Nell’ontologia delineata da
Schaffer un oggetto fondamentale è tale se e solo se è ultimamente prioritario. Perciò
la nozione di fondamentalità presuppone quella di priorità (che vedremo a breve). Se
“fondamentale = ultimamente prioritario” allora possiamo distinguere monismo e
pluralismo in Schaffer nel modo seguente:
• Il monismo, così inteso, sostiene l’esistenza di un unico oggetto ultimamente
prioritario (il cosmo); più in generale si è monisti se si pensa che l’intero sia
prioritario rispetto alle parti.
• Il pluralismo, così inteso, sostiene l’esistenza di almeno due oggetti ultimamente
prioritari; più in generale si è pluralisti se si pensa che le parti siano prioritarie
rispetto all’intero.
Nel prossimo paragrafo guarderemo più da vicino le caratteristiche del monismo della
priorità. Ciò per due motivi: 1) perché le nozioni che andremo via via chiarificando ci
torneranno utili nelle successive sezioni; 2) per dimostrare come il dibattito sul monismo
in filosofia della mente (e in generale in filosofia analitica) sia ancora vivo e fecondo.
Non ci soffermeremo sulle conseguenze della tesi di Schaffer, né sarà questa la sede per
sviscerare le argomentazioni a favore o contro il monismo della priorità. Il nostro
obiettivo sarà unicamente quello di definire al meglio la posizione filosofica in questione,
sintetizzando laddove sarà possibile.
13
Il monismo dell’esistenza potrebbe controbattere con argomenti di sufficienza ontologica. Ad esempio
dicendo che il cosmo è l’unico oggetto concreto necessario per spiegare l’evoluzione del cosmo stesso.
Tuttavia questo dibattito non rientra nei fini della presente tesi.
14
J. Schaffer, Monism: The priority of the Whole, Philosophical Review, 119/1 (2010), pp. 31-76
IL MONISMO
6
1.2 Il monismo della priorità
Come abbiamo accennato poc’anzi, i monisti dell’esistenza pensano il cosmo come
somma di tutti gli oggetti concreti
15
. La posizione di Schaffer al riguardo è al contempo
simile e dissimile. È simile perché Schaffer, accettando il principio mereologico
16
di
composizione non-ristretta, sostiene che il cosmo esiste come fusione (Schaffer utilizza
proprio il termine “fusion”) di tutti gli oggetti concreti attuali
17
(tranne il cosmo
medesimo). Che cos’è il principio di composizione non-ristretta (PCNR)? Il principio
dice che, «date due entità qualsiasi x e y, esiste sempre un’entità z che è la somma
mereologica di x e y, ossia un’entità le cui parti sono esattamente le parti di cui è composto
x, più le parti di cui è composto y »
18
. In questa sede dovremo soprassedere alle numerose
difficoltà in cui si incorre applicando il PCNR alle entità complesse.
19
Al netto di queste
difficoltà il PCNR si dimostra un principio piuttosto ‘pesante’, poiché impegna Schaffer
(o chi per lui) ad ammettere l’esistenza di entità ‘insolite’. Con le parole di David Lewis:
Non abbiamo nomi per la somma mereologica della metà destra della mia scarpa sinistra, più la
Luna più la somma di tutti gli orecchini di sua maestà la regina di Inghilterra, escluso il nome
lungo e grossolano che le ho appena dato […]. È sicuramente ragionevole ignorare una cosa
simile nel nostro pensiero e linguaggio quotidiani. Ma ignorarla non la farà andar via.
20
(traduzione mia)
La posizione di Schaffer è invece dissimile nel suo distinguere fra identità e
composizione: dire che il cosmo è composto da tutti gli oggetti concreti attuali (eccetto il
cosmo) è cosa ben diversa dal dire che il cosmo si identifica con gli oggetti medesimi
presi insieme. Al riguardo Schaffer è molto vicino a posizioni aristoteliche, talché egli
cita apertamente lo Stagirita. La distinzione fra composizione (delle parti) e identità (con
l’intero) è funzionale a un doppio scopo: sottolineare una priorità in senso logico e
ontologico dell’intero rispetto alla parte
21
e differenziare un intero (holon) da un
aggregato (pan). Soffermiamoci su questi ultimi.
15
Eccezion fatta per Spinoza e per chi, assieme a lui, ritiene che il cosmo sia l’unica sostanza.
16
La mereologia (da “meros”, parte, e“logos”, discorso/ragionamento) è una teoria della filosofia analitica
che studia la relazione parte-tutto.
17
Un oggetto è attuale se esiste qui ed ora.
18
F. Berto, L' esistenza non è logica. Dal quadrato rotondo ai mondi impossibili, Laterza, Bari 2010, p. 98
19
Il PCNR si applica agli insiemi matematici astratti e risulta assai problematico per le entità complesse,
ossia per gli insiemi concreti composti dalle loro parti (ad esempio i corpi). In particolare sussistono i
seguenti 4 problemi: 1) vaghezza: alcune entità complesse possiedono delle parti in modo “vago” (un’entità
E è vaga quando, dato un tempo t e un luogo l, non è possibile determinare con esattezza se E esista o non
esista nel tempo t al luogo l). Le nuvole, ad esempio, sono entità vaghe (Zimmerman); 2) persistenza:
alcune entità complesse persistono anche in mancanza o in sostituzione o in aggiunta di alcune parti; 3)
emergenza: da alcune entità complesse emergono nuovi poteri causali non presenti nelle parti prese
singolarmente; 4) coincidenza: Due entità distinte (es. la statua e il pezzo di bronzo di cui è fatta) sembrano
poter condividere tutte le loro parti ed essere comunque distinte. Ciò non accade per gli insiemi: due insiemi
sono identici se e solo se hanno tutte e soltanto le stesse parti (Michele Paolini Paoletti).
20
D. Lewis, Counterparts or double lives?, in M. J. Loux (a cura di), Metaphysics.Contemporary Readings,
Routledge, New York 2001, p. 208
21
«E per natura lo stato è anteriore alla famiglia e a ciascuno di noi perché il tutto dev’essere
necessariamente anteriore alla parte: infatti, soppresso il tutto non ci sarà più né piede né mano se non per
analogia verbale» (Aristotele, Politica, 1253a 29, in Aristotele, Opere. Vol. IX. Politica, Trattato
sull’economia, trad. it. di R. Laurenti, Laterza, Bari 1973, pp. 6-7)