“Importante, nello sport, è aver qualcosa in cima ai muscoli ed
alle ossa che fanno l’atleta, ma anche in cima alle ossa e ai
muscoli che fanno il dirigente e lo spettatore
1
”.
Questo diceva Brera
2
nel 1962, ma come tante altre riflessioni
sullo sport fatte da lui e da altri esperti, deve essere finita nel
dimenticatoio, se mai è stata presa in considerazione. Già in
quei favolosi anni ’60, età dell’oro dello sport italico, delle
Coppe Internazionali di Milan e Inter e delle Olimpiadi di
Roma, si guardava agli sportivi e ai calciatori in particolare
come a individui che troppo facilmente mutavano classe
sociale, venendo inoltre idolatrati dalla gente e dai mass media.
Sandro Mazzola, stella dell’Internazionale e della Nazionale di
quei tempi, proprio recentemente ha dichiarato in televisione
che in effetti anche in quegli anni i giocatori percepivano
ingenti somme di denaro, paragonabili in proporzione a quelle
di adesso
3
, e negando perciò la tesi che oggi il mondo dello
sport sia tanto lontano dal passato. Oggi ci troviamo ad avere
società che hanno il profitto come fine e il soldo come idolo, e
la passione non è più tutto: il tifo, come il tifoso, non basta più.
Le società sportive sono aziende, e come tali agiscono e
operano nei mondi economico e sportivo: Uffici Marketing e
Uffici Comunicazione, addetti stampa e tanti sponsor, fornitori,
collaboratori e partner. Il mondo dello sport si è dunque
intersecato col mondo economico, creando un sottoinsieme
dove gli elementi, gli attori diciamo, sono quelli di sempre
(dirigenti, atleti, tifosi), ma in cui le leggi dominanti sono
quelle imprenditoriali. Internazionale e Juventus cambiano lo
stemma per avere un maggior appeal, il Brescia utilizza un
elemento grafico (la “V” bianca) nel logo e sulle divise
assecondando il main-sponsor, e uomini di sport creano un
proprio logo da utilizzare nel merchandising, come Valentino
Rossi con “Doctor Rossi 46”, Ronaldo con il marchio“R9” o
7
Vieri con la firma “Bobo32”. Questo lavoro si propone di
analizzare l’utilizzo del logo da parte delle società sportive
italiane, nella comunicazione in tutti i suoi aspetti e nel
marketing sportivo quando presente.
Attraverso la consultazione di testi e siti internet, si è
ricostruito storicamente lo sviluppo dello sport dalla sua nascita
ai giorni nostri, passando per la Grecia antica dello sport
idealizzato, l’Egitto dei Faraoni ed il lontano Oriente, culle
delle competizioni e dei giochi sportivi, i bagordi
caratterizzanti le feste etrusche ed i ludi dei Romani,
soffermandosi anche sui Tailteann Games irlandesi e gli
Highland Games scozzesi, contemporanei alle Olimpiadi
classiche. In seguito si è analizzata la storia dei Giochi
Olimpici moderni, sia cronologicamente che in base allo
sviluppo della comunicazione nel mondo sportivo, rilevando in
particolare come quest’ultima si sia sviluppata decisamente a
partire dall’edizione nazista di Berlino 1936. Ci si è inoltre
soffermati sull’analisi delle diverse concezioni comunicative
che portarono alla creazione di logo e mascotte di Mosca ’80 e
Los Angeles ’84, inquadrando anche socio-politicamente
queste diversità. Questo è risultato utile per inquadrare ad un
primo livello l’argomento della tesi, al fine di potersi poi
addentrare più efficacemente nello studio delle singole società.
Successivamente si è visto ciò che ha significato in passato e
quello che oggi rappresenta la pratica sportiva nel nostro Paese,
rilevando come il calcio sia diventato lo sport dominante non
solo per l’interesse che suscita ed il coinvolgimento degli
appassionati, ma anche per l’attenzione che i mass media, la
politica e le aziende rivolgono ad esso. Il passaggio del football
da sport di nicchia a disciplina che adombra tutte le altre, è
stato ricostruito osservando l’evoluzione dei club
professionistici sia dal punto di vista storico che da quello
economico, delineando una situazione attuale nella quale il
8
risultato sportivo è importante quanto quello di bilancio. Non è
stata fatta una disamina morale della questione, bensì una
semplice analisi del panorama nazionale, necessaria per capire
l’importanza per le “aziende” sportive di un ottimale utilizzo di
strategie comunicative e di marketing, ed in particolare di
quelle legate al logo.
Si è poi deciso di ricostruire l’evoluzione grafica dei marchi,
dai fabbricanti di mattoni dell’Egitto e della Mesopotamia,
passando per i cartai medievali, le sigle giapponesi, il padre
della pubblicità, Touluse-Lautrec, e giungendo allo studio delle
diverse tipologie di marchio e del relativo linguaggio visivo. A
riguardo, si è portato l’esempio della creazione del logo
celebrativo per i 700 anni dell’Università “La Sapienza” di
Roma. Sono stati poi esposti a grandi linee i fondamenti
necessari per l’attuazione di adeguate azioni di comunicazione
e marketing nel mondo dello sport, riportando anche le
esperienze di Manchester United e Sportfive, ai massimi livelli
in questi campi. Il Manchester United è la società che prima ha
creduto nell’applicazione delle teorie comunicative e di
marketing nel mondo del calcio, risultando vincente nella
scommessa e ottenendo tuttora grandi benefici da tutti i
progetti posti in essere dagli anni ’90. Lo studio fatto su
Sportfive è invece decisivo per capire il mondo sportivo
odierno e nel dettaglio quello calcistico, con la rilevanza
assunta dai diritti televisivi, dagli stadi multifunzionali, e
dall’immagine societaria strettamente legata allo stemma dei
club.
Nel terzo capitolo sono prese in considerazione le società
sportive italiane, studiate approfonditamente sia nella globalità
del loro operare che singolarmente nel dettaglio delle proprie
azioni. Di una decina di esse si è ricostruita la storia dalla
fondazione ai giorni nostri, per permettere al lettore di
inquadrare specificamente il contesto ed il background socio-
9
culturale in cui il singolo club si trova inserito e da cui deve
partire per le proprie operazioni comunicative. Si è spesso
messo in evidenza il rapporto coi tifosi, nelle accezioni positive
come per i tifosi del Genoa Cricket and Football Club, che
collaborano fortemente con la società, ed in quelle negative
come per gli Irriducibili della S.S. Lazio, che causano danni
economici con il loro comportamento negli stadi ed il proprio
merchandising, concorrente di quello ufficiale. Per ogni
squadra sono stati analizzati graficamente e dal punto di vista
comunicativo i loghi adottati negli anni e la loro evoluzione,
giungendo allo stemma attualmente in uso ed ai loghi paralleli
creati dalle società, in particolare per marketing e
merchandising. Nei paragrafi 3.6, 3.7 e 3.9 ciò è stato fatto con
dovizia di particolari, anche perché i club in essi trattati, F.C.
Internazionale Milano, A.C. Milan, Juventus F.C. e S.S. Lazio
sono gli esempi massimi presenti nel panorama nazionale.
Si noterà che sono state prese in considerazione quasi
unicamente società di calcio: questo si deve al fatto che è
questa la disciplina sportiva la cui diffusione permette
investimenti (anche se spesso minimi) in questi settori. Si è
comunque rilevato che club di diverse categorie o anche della
medesima adottano strategie molto differenti, nella
comunicazione come nel marketing, nel merchandising e nella
filosofia societaria che muove le iniziative legate a logo e
brand. Questa parte del lavoro è stata redatta grazie alle
interviste personali, telefoniche e via e-mail rilasciate dal
personale degli Uffici Marketing e Comunicazione di società
sportive e Federazioni quali Internazionale Milano F.C., Torino
Calcio, Rapallo Calcio Ruentes, Federazione Italiana Giuoco
Calcio, Lega Calcio Serie A e B, U.S. Catanzaro, F.C. Parma,
F.C. Juventus, F.C. Messina Peloro, Bologna F.C. 1909,
Brescia Calcio, U.S. Lecce, Atalanta B.C., Pallacanestro
Varese, Cagliari Calcio, Pro Patria Calcio, Canottieri Varese,
10
Federazione Italiana Canottaggio, Reggina Calcio, A.C.F.
Fiorentina, S.S. Lazio, Genoa C.F.C., U.C. Sampdoria, A.C.
Milan, A.S. Livorno Calcio, A.C. Siena, U.S. Città di Palermo,
Pallacanestro Olimpia Milano 1936, Federazione Italiana Sport
Ghiaccio, e Hockey Club Junior Milano Vipers.
Oltre alle informazioni ottenute dai rappresentanti di tali
società, tra i quali il Direttore Commerciale dell’Internazionale
Marco Sabetta, ed i Responsabili della Comunicazione della
maggioranza dei club sopra citati, il materiale informativo,
esplicativo ed esemplificativo delle strategie comunicative
delle suddette, su cui si è basato il lavoro è stato raccolto con
diverse modalità. Libri, VHS, CD, CD-Rom e DVD di
produzione ufficiale o meno, e riviste, brochures, depliants,
volantini, manifesti, immagini
4
e svariato altro materiale
promozionale e pubblicitario prodotto dalle stesse o per conto
di esse, oltre a quello già in possesso. Documenti e notizie di
rilievo per la stesura di questa Tesi, la cui parte storica si basa
anche su testimonianze di persone che hanno vissuto
direttamente l’evoluzione dello sport italiano, sono stati
ricercati sui maggiori quotidiani nazionali, sia on-line che in
versione cartacea, e tramite dodici mesi di monitoraggio di
molti siti internet ufficiali di club e Federazioni. Ci si è recati,
per la redazione delle interviste, a Milano, Busto Arsizio,
Varese, Bergamo, Bologna, Lecce e Formello, e attraverso lo
studio degli elementi raccolti si è potuto verificare che le
strategie comunicative delle società sportive, sono oggi poco
più che ad uno stato embrionale. Questo nonostante i maggiori
club calcistici italiani, Internazionale, Milan e Juventus, negli
ultimi anni, siano cresciuti moltissimo rispetto agli altri e sia
riscontrabile uno sviluppo in alcune società di minor caratura
ed importanza, dove il personale di qualità può godere della
fiducia, dell’apporto e degli investimenti della Proprietà e delle
aziende partner.
11
Da notare i positivi risultati ottenuti nell’utilizzo del logo
ufficiale e di quelli paralleli da parte del Rapallo Calcio e della
Pro Patria Calcio, nonostante la militanza in categorie non
professionistiche, e da parte di U.S. Lecce e Atalanta B.C. per
quanto riguarda i club di Serie A.
La situazione nel mondo sportivo italiano non è certo
ottimale, ma come emergerà dalla lettura di queste pagine, vi
sono comunque speranze per un miglioramento quantitativo e
qualitativo dell’utilizzo del logo societario, nella
comunicazione come nel marketing.
12
Note
1
Gianni Brera, “I campioni vi insegnano il calcio”, 1962, Longanesi,
Milano.
2
Chi era Gianni Brera per il calcio, lo sport e il giornalismo in generale non
sta a me raccontarlo in quanto non me ne sento sinceramente degno; riporto
dunque il pensiero del giornalista Gianni Riotta, che così bene lo descrive:
Scrittore truccato da cronista, utilizzó la giovanile frequentazione della
letteratura quale tecnica per affrettare i tempi del giornalismo. Inventó così
un linguaggio nuovo, colorato ed espressivo. Possedeva il gusto del ritratto
proprio al narratore e la fantasia ludica del poeta ( chi è nato sul Po è
"autorizzato a spendere fantasie"). Per raccontare le vicende "pedatorie"
chiamava a soccorso la mitologia (famosa la sua musa Eupalla) e la
memoria "biostorica" nel sangue delle squadre e degli allenatori. Chi non
amava Brera lo accusava di scrivere sempre la stessa cosa. Ma "proprio
quello era il trucco, il lettore si ritrovava come nell'Opera dei Pupi, la
Commedia dell'Arte, l'epica classica". Fonte: sito www.brera.net
3
Mi riferisco qui alla polemica sul fallimento dell’Italia agli Europei di
calcio 2004 nata tra Gigi Riva, ex calciatore ora nei quadri dirigenziali della
Federcalcio, e Gianni Rivera, anch’egli ex giocatore, oggi politico; in
particolare riassumo sopra il commento di Mazzola, opinionista ad Euro
2004 per Rai Sport.
4
Le immagini riportate in questa Tesi sono perlopiù prese da alcuni dei siti
internet citati nella Webgrafia, e da alcuni dei testi elencati nella
Bibliografia. Altre sono scansioni di materiale di mia proprietà, mentre
quelle in copertina e nella quarta di copertina, l’ultima nel paragrafo 3.6 e
quelle introduttive dell’Indice, del Capitolo 3, della Bibliografia e della
Webgrafia, riproducono foto scattate da me. Infine, nei sottoparagrafi 2.2.5
e 3.6.3 le immagine riportate sono state realizzate da me o con la mia
collaborazione, come spiegato negli stessi.
13
Capitolo 1
La nascita dello sport
17
La parola “sport” è di derivazione inglese, risale al tardo
‘800 e significa “divertimento”; la sua origine però viene
fatta derivare dal francese arcaico “desport”, disporto,
ovvero svago.
La nascita dello sport si può ricostruire attraverso le
testimonianze che gli antichi ci hanno lasciato,
volontariamente o meno: vasi, dipinti, incisioni, corredi
funerari, tombe, documenti, cronache, miti…letteratura e
poesia. Grandi antichi nelle loro opere narrano di Giochi,
gare e competizioni: Filostrato ne “Sull’arte della
ginnastica”, Teocrito negli “Idilli”, Pausania in
“Descrizione della Grecia”, Sofocle in “Elettra”, ma
soprattutto Omero
1
sia nell’Iliade che nell’Odissea. Dagli
agoni greci ai tornei medievali, passando per i ludi
romani, si giunge diritti fino allo sport odierno, che
ancora come alla sua nascita soffre della congiuntura con
la politica e gli affari, i cui esempi più grandi sono dati
rispettivamente dalle Olimpiadi del ’36 di Berlino e da
quelle molto “Coca-Cola” di Atlanta ’96.
I primi sport sono ovviamente quelli legati alla forza
fisica, ovvero la lotta, il nuoto, il sollevamento pesi:
proprio quest’ultimo è probabilmente l’attività più antica,
in quanto se ne hanno tracce in Cina nel 3000 a.C.,
ancora prima dell’antica disciplina del Kung-Fu arrivata
da noi solo nel ‘700 tramite i racconti di un gesuita
francese. Il sollevamento pesi era praticato anche dai
greci, ma bisogna aspettare il ‘900 perché sia considerato
universalmente disciplina sportiva; stesso discorso per la
lotta, in uso da sempre nelle guerre, nelle celebrazioni di
riti religiosi e nelle semplici dimostrazioni di forza.
Come disciplina, la lotta “greco-romana” ebbe molta
importanza tanto che ancora oggi viene praticata: essa
consiste nel cercare di atterrare l’avversario utilizzando
solo le braccia e le mani aperte, senza l’uso delle gambe,
18
che non si possono nemmeno usare come appigli
2
; in
antichità inoltre non esistevano né un tempo limite per il
termine della contesa, né differenti categorie di peso per
gli atleti. Le prime testimonianze del nuoto invece
risalgono all’Egitto dei Faraoni, in cui si disputavano
vere e proprie gare fluviali, presenti anche nelle
tradizioni greca e romana seppur con delle diversità
importanti. I greci praticavano il nuoto come attività
sportiva o di allenamento fisico anche se non veniva
considerata una disciplina olimpionica, mentre i romani
erano soliti praticarlo anche vestiti con l’armatura; ci
sono poi testimonianze del I° sec. d.C. di allenamenti ed
esibizioni di nuoto artistico femminile a Roma.
La scherma già nel 1000 a.C. veniva praticata come
esercizio d’abilità in Egitto, come testimoniato da alcuni
bassorilievi dell’epoca; in quella terra inoltre nel 2000
a.C. le donne si divertivano con giochi di palla e di
acrobazie, oltre che cacciando. Donne che solo in quel
Paese, oltre che in Grecia e Irlanda (rispettivamente con i
Giochi Erei ed i Tailteann Games di cui scriverò in
seguito), furono ammesse alle pratiche sportive prima
del 1400 (corse femminili in Germania). Considerando
invece la Grecia, patria dell’attività sportiva e della
nostra stessa civiltà, si può notare che ancora prima del
776 esistevano delle competizioni territoriali. Esse erano
spesso precedute da veri e propri ritiri, durante i quali per
un mese gli atleti ed il loro staff (allenatore,
massaggiatore…) si ritrovavano per uniformare le
tecniche di esecuzione dei loro esercizi e delle proprie
attività.
Passando alla nostra Penisola troviamo gli etruschi,
popolo dalla civiltà molto particolare per il periodo
storico in cui ebbe vita: gente non guerriera ma più che
altro dedita ai gozzovigli
3
, con l’eguaglianza tra donne e
19
uomini e l’elezione del re in base al miglior spettacolo
offerto. Ma con una devianza, e cioè la cruenza e l’amore
per lo spargimento di sangue di schiavi e prigionieri,
protagonisti dei giochi.
Difatti alle gare in onore delle divinità o di qualche
defunto, in cui si svolgevano sport nobili
4
quali il salto
con l’asta, il lancio del peso, del giavellotto e del disco
5
,
si univano anche i giochi gladiatori, in cui le vittime
prescelte combattevano singolarmente o a squadre tra se
stesse o contro animali. La passione per questi giochi fu
si tramandò ai romani, che li inglobarono nei ludi
circensi insieme alla caccia e alle esecuzioni delle bestie,
facendoli diventare l’attrazione principale e celebrando in
qualche caso i gladiatori
6
come eroi. Poi vennero le
numachie, le battaglie navali combattute in città (a piazza
Navona a Roma, per esempio), in cui i soldati
affrontavano gli schiavi (destinati alla sconfitta) in
ripetizioni celebrative di battaglie del passato;
successivamente furono creati veri e propri campi
d’addestramento sportivo-militare per i giovani, i
Collegia Juvenum, il più importante dei quali fu Campo
Marzio.
Questi “collegi” erano lontanissimi per concezione
dalle palestre greche: perseguivano obiettivi militari, e le
attività principali consistevano nella formazione del culto
del guerriero e nella pratica del combattimento “a mano
armata”.
20
1.1 Le Olimpiadi antiche
Il mito più famoso sulla nascita delle Olimpiadi antiche
riguarda il re dell’Elide Enomao, che gareggiava nella
corsa dei carri con i pretendenti della figlia Ippotamia,
mettendo in palio la mano di lei contro la morte dello
sfidante. Egli risultava sempre vincente perché
gareggiava con carri divini ma Pelope, giovane eroe
deciso a sposare Ippotamia, si presentò alla gara con carri
identici a quelli di Enomao e lo sconfisse (anche perché
aveva fatto allentare le giunture delle ruote del carro
regale). Alla prima curva il carro di Enomao sbandò
causandone la morte, e consegnandone dunque figlia e
regno nelle mani di Pelope; questi fu ricordato come re
tanto giusto da chiamare col suo nome la regione del
Peloponneso.
Tornando alla storia, i Giochi furono indetti per la
prima volta dal re dell’Elide, Ifito, che per celebrare la
sconfitta dei Piasti e la conquista dell’Elide fece
disputare una corsa
7
a Olimpia; era infatti usanza antica
indire una competizione per celebrare un evento o una
persona. Tale fu il successo che da allora, a distanza di
quattro anni, le Olimpiadi furono un avvenimento
costante nel quale venivano incluse progressivamente
sempre più discipline.
Diventarono talmente importanti da fungere da
riferimento per la conta degli anni: il 776 a.C. divenne “il
primo anno dei primi Giochi”, il 772 a.C. il “primo anno
dei secondi Giochi” e così via
8
. Fino al 452 a.C. furono
organizzati in una sola giornata mentre in seguito le
competizioni ebbero durata di cinque giorni, alternando
21
le gare a momenti di festa e celebrazioni tra cui il
giuramento di lealtà degli atleti.
Esistevano quattro tipologie dei giochi “grandi”: in
onore di Zeus si celebravano i Giochi Olimpici e quelli
Nemei, in favore di Apollo quelli Pitici o Delfici, e gli
Istmici erano per Poseidone (Nettuno); vi erano poi
anche i giochi Erei
9
, esclusivamente per giovani donne
poiché dedicati alla moglie di Zeus.
I Giochi Olimpici venivano annunciati per tutta la
Grecia da araldi mandati dai principi, re o governanti
della regione organizzatrice; e quando questi stessi capi
di stato iniziarono a prendere parte in prima persona alle
competizioni, allora interi stati, nazioni e popolazioni
iniziarono a coinvolgersi totalmente. Addirittura, se nel
periodo stabilito per le gare era in corso una guerra, vi
era la “tregua sacra” che permetteva a tutti di
parteciparvi
10
. Questo perché non si trattava solo di
eventi sportivi, di gare fini a se stesse, ma vi era anche il
coinvolgimento di poeti (ad esempio Erodoto), letterati e
musicisti per la composizione degli inni e delle odi ai
vincitori, e dei sacerdoti per le cerimonie di apertura e
chiusura dei Giochi con riti e sacrifici per la divinità o il
morto
11
cui era dedicata la manifestazione.
Fino alla centesima Olimpiade del 376 a.C. però, le
donne non potevano partecipare nemmeno come
spettatrici ai Giochi, perché gli atleti gareggiavano nudi
per sfuggire alle trattenute degli avversari, e da quella
data sono tanti gli episodi che narrano del rapporto tra le
donne e le Olimpiadi
12
. Un’ulteriore limitazione
riguardava invece i bambini, che solo dal 632 a.C.
poterono partecipare, e soltanto nelle competizioni
atletiche o in quelle non cruente e che non richiedessero
l’armatura. Ma assieme ai bambini e alle donne, con gli
anni entrarono alle Olimpiadi anche altre cose meno
22
salutari; se la politica vi era dentro da sempre in quanto la
vittoria di un atleta era la vittoria anche del suo
“sponsor”, del suo mecenate e della sua nazione, ciò che
entrò e rovinò i Giochi furono la corruzione e la
mercificazione degli sportivi.
I vincitori di quel tempo infatti, non sono molto diversi
dagli atleti di oggi: è vero che come premi essi non
avevano nemmeno medaglie, bensì corone di ulivo (e non
di alloro, erroneamente usate ad Atene 2004, destinate
invece alle competizioni letterarie) e una benda “della
vittoria”, simbolo di supremazia. Ma come avviene per i
“nazionali” di oggi, i veri premi essi li ricevevano una
volta tornati in patria dove venivano accolti come eroi;
avere l’amicizia o l’appoggio di un atleta vincente,
faceva comodo a molti politici del tempo: gli atleti
finivano per ricoprire cariche prestigiose, quando non
diventavano addirittura regnanti, come accadde al pugile
armeno Varazdat
13
. Sotto i Romani, i Giochi persero
molto della loro importanza anche perché quella
sacralità, quella passione per la gara propria della civiltà
ellenica, non era presente nei romani che preferivano il
divertimento e la cruenza dei giochi gladiatori.
Nonostante ciò, essi restaurarono Olimpia, costruendo
nuove statue, nuovi campi e le terme. Pur divenuti man
mano solamente occasioni per il gozzoviglio, le
Olimpiadi furono celebrate sempre meno costantemente
(mentre fino al 200 a.C. erano state rigorosamente ogni
quattro anni), finchè dopo 1172 anni e 294 edizioni, nel
396 d.C. l’imperatore Teodosio, anche per richiesta del
vescovo di Milano Ambrogio, li cancellò dalle ricorrenze
poiché considerati alla stregua di riti e feste pagane. Ci
sarebbero voluti secoli per rivedere una Olimpiade;
ovviamente accadde in Grecia.