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Introduzione
Il settore dei servizi ha avuto, per lungo tempo, un curioso destino: fondamentale per
l‟economia e la vita dei cittadini, ma sorprendentemente trascurato dalla letteratura e
nelle aule universitarie. La ragione di tale disattenzione va ricercata nell‟etimologia
delle parole: terziario, residuale, postindustriale, con le quali, a lungo, i servizi sono
stati misurati e classificati negli annuari statistici.
“Terziario” fu la prima definizione di servizi coniata nel 1939 da Fisher
1
. L‟intento
di questo ricercatore era di aggregare sotto questa parola tutte le attività non
classificabili nel cosiddetto primario, che accoglieva agricoltura, pastorizia, ittica,
estrazioni minerarie, o nel secondario, che contemplava invece tutte le attività
manifatturiere.
La scelta del termine “terziario” fu fatale perché trasferì la percezione che i servizi
erano attività economiche poco importanti perché terze, in ordine di importanza,
rispetto alle altre. L‟intenzione dell‟autore era invece meritevole perché proponeva
alla contabilità statistica di misurare un terzo gruppo di attività economiche, meno
osservate e rilevate rispetto alle prime due ma non meno rilevanti. Analogamente
Clark
2
, nel 1940, scriveva che «rimanevano delle importanti attività residuali che per
convenienza si potevano definire settori di servizi». La parola “residuale” rafforzò il
connotato di marginalità introdotto dall‟espressione “terziario” e di attività anche
poco importanti per rilevanza economica.
La terza espressione impiegata per definire i servizi è “settore post industriale”,
coniata da Bell
3
nel 1973. L‟intento dell‟autore era di enfatizzare l‟idea che i servizi
diventavano dominanti in particolare nell‟era della società post industriale.
L‟interpretazione che venne invece attribuita all‟espressione fu quella di un meta
settore che non si sviluppava sino al completamento del ciclo di industrializzazione
di una economia. Tale correlazione, che sottolineava come i servizi fossero una
variabile dipendente dello sviluppo industriale, non riconosceva una evidenza. I
servizi, infatti, da tempo immemore erano attività già presenti nelle società e nelle
1
A.G.B. Fisher, “Production, Primary, Secondary and Tertiary”, Economic Record, 15, pp. 24-38,
June 1939.
2
C. Clark, The Condition of Economic Progress, McMillan, 1940
3
D. Bell, The Coming of Post Industrial Society: a Venture in Social Forecasting, Basic Book, 1973.
8
economie primordiali sotto forma di scambio, trasporti, educazione e governo.
Alcuni paesi quali Spagna, Portogallo, Olanda e Inghilterra hanno fondato le loro
fortune sullo sfruttamento di attività di servizi come i trasporti marittimi e il
commercio “internazionale”, ancor prima dell‟avvento della rivoluzione industriale.
In ogni paese, e in particolare in quelli più prosperi, i servizi concorrono ormai con
quote rilevanti alla generazione del PIL e a garantire sbocchi professionali e
occupazionali ai loro cittadini. L‟importanza dei servizi nelle imprese è legata alla
loro natura processuale e interattiva, che li rende strumenti adatti alla fidelizzazione e
allo sviluppo di una relazione di lungo termine con i clienti. Ampia è la varietà delle
attività di servizi e il loro ruolo diffuso e cementificante per tutte le attività
economiche e sociali. I servizi, infatti, assolvono un insostituibile ruolo di facilitatori,
connettori, moderatori e mediatori per ogni attività pubblica e privata, profit e non
profit.
Conseguentemente e parallelamente anche il concetto di “service brand” ha avuto un
curioso destino. Inizialmente, sulla base della prospettiva centrata sui beni tangibili,
Good Dominant Logic, il cui presupposto di base prevedeva che il valore per il
consumatore era incorporato nel prodotto fisico, il service branding essendo
associato ad una proposta intangibile, non ha goduto di attenzione da parte degli
studiosi per lungo tempo. In un momento successivo, con l‟espandersi del settore dei
servizi, si è tentato di schiacciare il modello di marketing delle 4P sui servizi,
riconoscendo al brand le medesime funzioni valide per i beni, non considerando le
specificità e le opportunità delle offerte immateriali. Un passo successivo è stata la
presa di coscienza che il tema dei servizi meritava di essere approfondito e da qui le
prime teorizzazioni sul service brand che lo vedono in contrapposizione netta con i
prodotti. Successivamente, si è giunti alla consapevolezza che ogni product brand si
fonda in parte su un service brand (inteso soprattutto in termini di gestione della
relazionalità e, in generale, della componente immateriale legata anche alle proposte
aziendali industriali) e viceversa, e in tal modo sono caduti i presupposti che fino ai
primi anni del XXI secolo avevano caratterizzato il mondo dei servizi e del brand.
Questo lavoro nasce con l‟obiettivo di studiare le dinamiche evolutive del concetto di
“servizio” e parallelamente quello di “service brand”, in particolare, la domanda di
ricerca che ha guidato lo sviluppo dell‟intero lavoro è che da un‟analisi della
letteratura e da alcuni esempi a supporto di questa, emerge che è possibile pensare ad
un‟evoluzione a 4 step del branding nei servizi. Tale evoluzione sarà tratteggiata nei
9
primi due capitoli e se ne cercherà una conferma attraverso, soprattutto, due cases
study affrontanti nel quarto ed ultimo capitolo.
Più precisamente, nel primo capitolo si considereranno in apertura le diverse
definizioni presenti in letteratura del concetto di servizio, trattandosi, come abbiamo
visto, di un settore molto eterogeneo. Si passerà poi alla disamina della
caratteristiche tradizionalmente condivise tra beni e servizi (intangibilità, variabilità,
simultaneità di produzione e consumo, deperibilità). Da qui, si punterà l‟attenzione
alle specificità e criticità del service brand management. Ad esempio, si farà
riferimento al fatto che il service brand, essendo associato ad una proposta
immateriale, deve contribuire a “rendere tangibile l‟intangibile”, mediante l‟utilizzo
del logo, dei colori e delle strutture fisiche che hanno la finalità di creare
un‟immagine chiara, favorevole e unica, ma soprattutto il service brand deve
rassicurare il cliente, deve fungere da dispositivo per la riduzione del rischio
percepito. Si prenderanno poi in esame i primi modelli rintracciati sul service brand,
modelli che contrappongono in maniera netta product e service (De Chernatony del
2003 e Berry del 2002).
Nella seconda parte del primo capitolo verrà descritto il passaggio dal primo al
secondo step, ossia dalla fase di contrapposizione tra il concetto di servizio e di
prodotto, al “servizio” inteso come valore aggiunto per il cliente. I servizi
“aggiuntivi” (sia ai beni che ai servizi stessi) consentono di accrescere la redditività
di qualsiasi proposta aziendale e il valore per il cliente che inizia a guardare oltre la
mera struttura fisica o le performance attese del prodotto stesso, ed “esige” anche la
qualità delle “attività a latere” e cioè dei servizi proposti, ad esempio quello post-
vendita. Da qui, il concetto di “service brand” non è più un concetto residuale ma
diventa sinonimo di assistenza al cliente. Si analizzeranno, inoltre, i contenuti e gli
strumenti di comunicazione tradizionalmente a disposizione di un service brand:
personale, front-office, advertising, testimonial, sponsorship, sottolineandone di
ciascuno opportunità e limiti. Si chiuderà il capitolo puntando l‟attenzione al
contesto di erogazione del servizio, evidenziando che se in una fase iniziale (allo step
1), lo si considera meramente come lo spazio fisico necessario all‟erogazione del
servizio, in una fase successiva (allo step 2) lo studio si concentra sull‟aspetto
“relazionale” del luogo e da qui l‟attenzione ricade sull‟importanza dei segni visivi
che possono contraddistinguerlo.
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Nel secondo capitolo, si descriverà la seconda parte dell‟evoluzione del concetto di
servizio (il terzo e il quarto step): dal servizio inteso come scambio di competenze
distintive tra l‟impresa e il cliente, al superamento dei termini di “beni” e “servizi”
sostituiti dai termini “soluzioni” ed “esperienze”. In particolare si farà riferimento ai
più recenti contributi della ricerca accademica. Tra questi merita di essere citato il
lavoro di Vargo e Lusch
4
che propone le premesse fondanti della Service Dominant
Logic. Si sottolineerà come a differenza di quanto proposto nell‟approccio
tradizionale, che considera lo scambio di beni e servizi, ovvero degli output di un
processo produttivo, come il cuore del marketing e delle relazioni con i clienti, in
questa prospettiva l‟unità fondamentale dello scambio è “il servizio”, inteso come
espressione di competenze di un impresa che il cliente acquista per alimentare i
propri processi di produzione e di consumo. La distinzione tra beni fisici e servizi
perde di significato e si riconosce che i beni sono piattaforme che erogano servizi
(benefici) e che soddisfano bisogni di carattere più elevato.
Tra le varie implicazioni di questa ridefinizione dello scambio, deriva una rilettura
del ruolo dell‟impresa nel rapporto con il mercato e nella società. L‟impresa non
genera valore per il cliente in modo autonomo: può creare proposizioni di valore che
il cliente può accettare, accogliendole nei propri processi di utilizzo e trasformandole
in valore d‟uso. Il cliente diventa co-creatore del valore, l‟impresa un integratore
delle risorse necessarie per contribuire alla generazione del valore.
Tale prospettiva stimola ed estende la definizione stessa di servizio a qualunque
tipologia di offerta che diviene oggetto di scambio. Interattività, integrazione,
customizzazione e co-produzione diventano i punti cardine della service centered
view e del service brand che vede concentrato il suo focus sul cliente e sulla
relazione. Il service brand (allo step 3) assume nuovi obiettivi, per essere di successo
deve necessariamente interagire con i clienti e con tutti coloro che sono “portatori di
interesse”. Deve farsi apprezzare, deve rappresentare un qualcosa in un credere e
riconoscersi (da qui il concetto di brand personality) e per far ciò è necessario
conoscere approfonditamente i clienti, se possibile spingersi fino ai “singoli” clienti.
Il modello di Brodie, presentato a tal proposito, mette in evidenza come il service
brand può fungere da elemento di relazione tra tutti gli stakeholder di un‟impresa.
4
S.L. Vargo, R.F. Lusch, “Evolving to a New Dominant Logic for Marketing”, Journal of Marketing,
68(1), pp. 1-17, January 2004.
11
Il processo di “contaminazione” product-service è tuttavia anche osservabile dal
meccanismo minuzioso di pianificazione, come si spiegherà nel corso del capitolo,
che è possibile realizzare per le attività di servizio quasi alla stessa stregua dei
prodotti. Si tratta in generale della progettazione degli elementi tangibili e intangibili
dell‟offerta che hanno un forte impatto sulle percezioni del cliente e che consentono
la differenziazione.
L‟attenzione verrà poi posta nuovamente sul luogo di erogazione di un servizio
considerato in questa fase come luogo (fisico o virtuale) strategico che concorre al
raggiungimento del successo di un servizio. Si prenderà in esame, nella seconda
parte del secondo capitolo, lo STEP 4 del processo evolutivo del branding nei servizi.
In particolar modo si evidenzierà come l‟impatto della S-D Logic preveda anche un
cambiamento nella formulazione delle offerte aziendali che si tramutano in
“soluzioni” ed “esperienze”. Per fornire soluzioni a bisogni specifici l‟impresa deve
avere un‟approfondita comprensione del significato che beni/servizi rivestono
nell‟ambito dei processi di utilizzo e di consumo. Non è più sufficiente considerare il
comportamento individuale del consumatore (STEP 3) trascurando la dimensione
collettiva di un‟esperienza, ciò può essere rischioso. Indipendentemente da dove
avvenga, l‟esperienza non può essere separata dalla condivisione con gli altri e dai
vissuti collettivi.
Importante a tal proposito sarà il contributo della Consumer Culture Theory, un
filone di studi che sostiene che il consumo provoca emozioni e sensazioni che vanno
ben oltre il vero appagamento di bisogni e toccano la ricerca della propria identità da
parte del consumatore. Da qui il desiderio degli individui di immergersi
ripetutamente in contesti esperenziali si è tradotto nella creazione e gestione di
negozi di marca, brand plants, brand fest, come verrà descritto nel corso del capitolo.
Il capitolo si chiude con una riflessione sulle forme (strumenti e contenuti) di
comunicazione attualmente a disposizione di un (service o product) brand. Il brand
deve esprimere dinamicità anche attraverso una comunicazione non statica, in grado
di co-evolvere con i rapidi mutamenti della società cambiando forme e approcci,
spaziando fra diversi media e linguaggi, pensiamo all‟aiuto offerto da Internet, con la
nascita di blog aziendali, di siti internet interattivi, oltre che all‟organizzazione di
eventi culturali finalizzati a creare saldi rapporti con il territorio.
Nel terzo capitolo si procederà ad una sintesi del percorso delineato nei primi due sul
branding nei servizi e sul processo di integrazione tra beni e servizi, con l‟aiuto di
12
una tabella riassuntiva dei 4 step. Verranno evidenziati gli aspetti ritenuti più
importanti (gli obiettivi strategici, gli approcci al branding, alla comunicazione..) e
l‟orientamento verso cui tendono attualmente i brand contemporanei, non senza
offrire ulteriori spunti di riflessione e approfondimenti, soprattutto grazie all‟analisi
di case study che evidenzieranno i limiti e le opportunità di un approccio integrato al
mercato, che mette insieme elementi tangibili e intangibili volti alla creazione di vere
e proprie esperienze d‟acquisto. Si punterà, inoltre l‟attenzione sulle condizioni, ad
esempio in termini di struttura organizzativa, che devono verificarsi affinché
un‟azienda possa intraprendere tale percorso. Così come si evidenzieranno alcuni
limiti strutturali di certi mercati che non consentono tale scelta.
Con il quarto capitolo si entra nel vivo dell‟applicazione delle teorie e delle ipotesi
attraverso due case study: Church‟s e Unicredit Private Banking. La decisione di
indagare il business del Private Banking si orgina dalla volontà di approfondire un
business all‟interno del macrosettore di servizi finanziari e creditizi che nasce con il
preventivo obiettivo di voler rifiutare logiche di prodotto al suo interno. E‟ quindi
risultato interessante verificare se e in che termini nel Private Banking di Unicredit, il
“cuore” del servizio, si siano insediate nel tempo strategie “industriali”.
Dunque, la prima parte del quarto capitolo, sarà dedicata all‟analisi dell‟ambito di
riferimento di ciascun case study: il mondo del lusso da una parte e il complesso
sistema delle banche dall‟altro, in più si approfondirà il tema del branding nei
rispettivi settori, evidenziando le strategie particolarmente diffuse nei due distinti
territori di marca. La seconda parte, invece, sarà dedicata più specificamente alla
presentazione dei casi Church‟s e Unicredit, con un‟attenzione particolare rivolta alle
strategie di gestione di brand finora implementate.
Nel quinto capitolo sarà, invece, presentata la ricerca empirica, condotta mediante
intervista diretta, sui casi oggetto di studio e se ne illustreranno i risultati, in modo da
verificare concretamente se l‟ipotesi di ricerca relativa all‟ integrazione di logiche di
prodotto e servizio che sembrano caratterizzare la maggior parte dei business
attualmente, è rafforzata o confutata. Interessante sarà verificare se a partire da due
mondi apparentemente opposti è possibile rilevare contaminazioni nelle strategie
manageriali e di branding. Le domande sono state poste in riferimento soprattutto ai
temi evidenziati nella tabella 3.1 riportata nel Capitolo 3. In tal modo si mapperà, in
primo luogo, la posizione di Church e di Unicredit rispetto al grado di
compenetrazione delle logiche prodotto-servizio presenti nelle loro scelte aziendali.
13
La seconda parte del quinto ed ultimo capitolo sarà, invece, dedicata alle riflessioni
conclusive sul tema oggetto di analisi nel presente lavoro, in particolare si
commenterà se attualmente è possibile parlare di contaminazioni tra logiche
propriamente di prodotto e logiche di servizio nel brand management, e se davvero il
brand sempre più sta diventando un soggetto aggregante, un collante, tra soggetti
eterogenei tra loro ma omogenei nel sostenere il brand rendendolo distintivo dalla
concorrenza.
14
CAPITOLO 1
Il Service Brand vs il Product Brand?
In passato è stata attribuita ai servizi una collocazione marginale, o residuale, sia nel
pensiero economico sia nel pensare comune. Il settore dei servizi, non a caso, è stato
designato come “terziario”, il che sembra sottolineare un ordine di rango che vede prima
l‟agricoltura e l‟industria. Oggi, tale considerazione non è più condivisa: l‟inadeguatezza di
approcci che persistono nel riferire esclusivamente a specifici settori le attività che
riguardano i servizi è evidente, sia nella prospettiva economica, sia in quella manageriale.
Assumendo quest‟ultima prospettiva, la considerazione di fondo è che ogni impresa ha a
che fare con la produzione di servizi, che possono diventare, se ben gestiti, una grande
opportunità, ma che pongono di fronte ad interrogativi gestionali e richiedono di ripensare
l‟approccio al mercato.
Le imprese, anche quelle industriali, si misurano in modo sempre più intenso con
l‟aggiunta di servizi alla propria offerta, cercando in questo modo di creare momenti di
interazione che il bene fisico in sé non prevede. Quello che viene richiesto oggi
all‟industria è un sistema aperto che includa anche il cliente e in grado di raccogliere
informazioni dal mercato in tempo reale servendosene per prendere le proprie decisioni.
Usando le parole di Heskett
5
: “Qualunque sia la vostra attività, i servizi hanno qualcosa
da insegnare”.
In questo lavoro ci si propone di ripercorrere queste trasformazioni, a partire dai diversi
significati attribuiti nel corso del tempo alla parola “servizi”, nel tentativo di offrire una
visione diacronica dei contenuti di marketing e più specificamente di branding nei servizi,
inglobati nel tempo dai servizi, che sono destinati a interessare la generalità delle imprese.
In particolare in questa prima parte si sintetizzeranno i primi contributi ritenuti più
importanti sul tema dei servizi considerati inizialmente come contrapposti ai beni tangibili.
Le caratteristiche di intangibilità, eterogeneità, deperibilità, simultaneità di produzione e
consumo rendono i servizi di fatto non confrontabili con i prodotti fisici. Per non parlare
5
Heskett, J., Lessons in the service sector, “Harvard Business Review”, Vol. 65 n. 2, Mar/Apr 1987, p.9.
15
delle difficoltà nella gestione di un servizio rispetto ad un bene dal momento che è quasi
impossibile fare delle previsioni rispetto alla domanda e al servizio offerto.
Si indagheranno quindi nel corso del capitolo le motivazioni sulla base delle quali gli
studiosi, a partire dalla seconda metà del „900, hanno ritenuto i servizi un tema marginale
rispetto ai beni. Da qui un‟attenzione particolare sarà riservata al tema del service branding
che inizia a muovere i primi passi e che naturalmente risente di una concezione dei servizi
contraria e periferica rispetto ai beni.
La seconda parte del capitolo mira, invece, a dimostrare le prime forme di convergenza tra
beni e servizi, in particolar modo si descriveranno e commenteranno quei contributi in
letteratura che intravedono un‟evoluzione nel concetto di servizio che inizia ad entrare
anche nell‟ambito industriale. Questo inevitabilmente ha delle implicazioni sulla gestione
del service brand che si apre a nuovi significati, diventando nel mondo dei prodotti
tangibili sinonimo di “servizio al cliente”.
Il mondo dei servizi, in questa seconda fase, gode di una attenzione maggiore, ed alcuni
aspetti che inizialmente non sono stati sufficientemente considerati, vengono osservati in
un‟ottica diversa, pensiamo al contesto di erogazione di un servizio.
In definitiva, il capitolo si pone l‟obiettivo di ripercorrere rapidamente l‟evoluzione del
concetto di servizio dimostrando come il tema della separabilità di beni e servizi appare
sempre meno significativa alla luce dell‟evoluzione dell‟offerta delle imprese che fa
emergere l‟importanza trasversale degli elementi intangibili rispetto alle attività
economiche. In altre parole, se in un primo momento la relazionalità e l‟intangibilità sono
considerati “limiti” per i servizi, in un secondo momento diventano leve di
differenziazione per i prodotti tangibili.
1.1 Che cosa sono i servizi?
Il servizio è sicuramente un fenomeno complicato. La parola stessa si apre a molteplici
significati, che vanno dal servizio personale al servizio come prodotto. La letteratura sul
tema offre, soprattutto a partire dagli anni ‟70, numerosi tentativi di fornire definizioni
esaustive di servizio, anche se la complessità del fenomeno e la difficoltà della sua
concettualizzazione, hanno portato gli autori a concentrarsi prevalentemente sulle
caratteristiche distintive rispetto ai beni. Ecco alcune definizioni maggiormente usate nel
pensiero comune:
16
“Per il consumatore, i servizi sono qualsiasi attività che venga offerta in vendita e che
fornisca benefici o soddisfazioni di un certo valore; attività che egli non può svolgere o
che decide di non svolgere da solo.” (Bessom, 1973).
“Un servizio è un‟attività offerta in vendita che produce benefici e soddisfazione senza
implicare un cambiamento fisico sotto forma di prodotto.” (Blois, 1974).
“I servizi sono attività intangibili identificabili separatamente che producono
soddisfazione quando vengono venduti ai consumatori e/o agli utenti industriali e che non
sono necessariamente legate alla vendita di un prodotto o di un altro servizio.” (Stanton,
1974).
“Un servizio è qualsiasi attività o vantaggio che una parte può scambiare con un‟altra, la
cui natura sia essenzialmente intangibile e non implichi la proprietà di alcunché. La sua
produzione può essere legata o meno ad un prodotto fisico.” (Kotler, 1988).
“Un servizio è qualcosa che si può acquistare e vendere ma che non può cascarvi su un
piede.” (Gummesson, 1987).
Di fatto la varietà delle definizioni si può spiegare con la confusione o i dissensi che si
creano tra le persone quando si parla di servizi o quando si descrivono i settori che
comprendono tale settore. Ciascuna delle definizioni riportate sottolinea la caratteristica
maggiormente distintiva dei servizi ossia l‟intangibilità, tuttavia la critica più ovvia è che
in un modo o nell‟altro sono troppo restrittive. Una definizione più estensiva e semplificata
dei servizi è la seguente:
“ I servizi sono atti, processi e performance. Includono tutte le attività economiche il cui
output non è un prodotto fisico o un manufatto, bensì viene generalmente consumato nel
momento stesso in cui viene prodotto e fornisce del valore aggiunto in forme (comodità,
divertimento, tempestività, comfort o benessere) che risultano sostanzialmente intangibili
al primo acquirente
6
.”
Se ci si affida a questa definizione dei servizi, si nota subito che essi vengono prodotti sì da
aziende di servizi, ma sono anche integrati nelle offerte di molte imprese industriali sotto
forma di utilizzo di conoscenze e idee supplementari che rendono l‟offerta più
remunerativa e gradita al cliente. In più, la definizione dei servizi come cessione di
6
Quinn J., Baruch, Paquette, Technology in Services, “Scientific American”, n.6, dicembre 1987, p.8
17
prestazioni e non di beni apre il tema alle difficoltà di comunicare e certificare la
“consistenza” del servizio, come vedremo nel corso del capitolo.
1.1.1 L’eterogeneità del settore dei servizi: una modalità di classificazione.
Il termine “servizio” è in effetti piuttosto generico, perché si presta a designare i
trasporti insieme alle palestre di body building, la pizza express consegnata a casa ma
anche il sistema educativo nazionale, la grande distribuzione commerciale così come le
banche, le assicurazioni ma anche i bar e i ristoranti, gli alberghi e gli spettacoli. Un grande
settore di fatto internamente difforme viene accumunato da un solo termine: sono tutti
servizi
7
. A questo proposito si propone una modalità di classificazione dei servizi che li
distingue in quattro tipologie (Tab. 1.1):
People processing;
Possession processing;
Mental stimulus processing;
Information processing.
7
Capranico S., prefazione al libro Management e marketing dei servizi di Grönroos C., ISEDI, Torino,
1994.