7
sempre, per tutto il corso della loro vita, un posto importante nello
scenario della politica italiana, il primo per raggiungere la gloria
terrena e il secondo per una consacrazione spirituale tra i posteri.
Importante contributo per una dettagliata documentazione e arena
privilegiata di tanti articoli, ma anche della pubblicazione di
numerosi discorsi, è stato il giornale di Mussolini “Il Popolo d’ Italia”,
attraverso il quale il suo direttore teneva vivo l’ interesse dell’
opinione pubblica verso il proprio movimento politico e faceva
trapelare, con i suoi tanti commenti personali, il contraddittorio
sentimento che lo legava al celebre D’ Annunzio. Il Poeta, infatti,
aveva già solcato le scene del patriottismo italiano, non solo durante
le famose giornate del maggio 1915
3
, ma anche durante il corso di
tutta la guerra
4
ed era diventato il simbolo dell’ interventismo e del
nazionalismo più acceso. L’ analisi attenta di tutti i documenti ha
evidenziato che l’ interesse mostrato pubblicamente da Mussolini
verso le azioni di D’ Annunzio,in particolare durante la marcia di
Ronchi e per tutto il 1920 e 1921, servì al capo del fascismo per
creare una solidità politica e per realizzare i suoi scopi personali. In
tutti i documenti consultati, è emerso che il filo comune che ha
caratterizzato continuamente i rapporti tra Mussolini e D’ Annunzio è
3
Nel giugno 1915 D’ Annunzio, tornato dalla Francia, cercò di esortare tutta la popolazione italiana ad
appoggiare l’ entrata in guerra dell’ Italia, attraverso numerosi interventi di piazza e il sostegno dei
nazionalisti. Famoso fu il suo discorso dallo scoglio di Quarto. Cfr I. Montanelli, L’ Italia di Giolitti,
Milano, Rizzoli, 2001, p. 141
4
Nel febbraio 1918, D’ Annunzio realizzò una delle sue imprese più famose: l’ impresa di Buccari,
ovvero un’ incursione su tre motosiluranti nella strada austro- ungarica di Buccari. Qualche mese dopo la
sconfitta di Caporetto, D’ Annunzio fu il protagonista del volo su Vienna. Cfr B. Spampanato, L’ ultimo
Mussolini, Roma, Rivista Romana, M. CM. LXIV, p. 463
8
stata proprio una forte ambiguità, emersa in particolare dal
comportamento del futuro duce, particolarità che gli ha permesso di
sfruttare a suo favore le debolezze e la vanità del poeta-soldato D’
Annunzio. Mussolini, infatti, si rendeva perfettamente conto dei limiti
che definivano la politica del Comandante, uomo di grande genio
poetico, ma poco portato nell’ arte militare. Gli eventi descritti in
questo lavoro si sono sviluppati, principalmente, attraverso i discorsi
e gli articoli di Mussolini, che sono diventati la testimonianza diretta
e più evidente del suo pensiero politico; documenti, questi, che
hanno trovato un valore più esaustivo proprio se posti in relazione
con il difficile periodo storico, ma soprattutto in riferimento alla
personalità dello stesso Mussolini. Il periodo, compreso tra il 1919 e
il 1925, ha assunto un importante valore documentato perché è
diventato lo sfondo del progressivo cambiamento e del crescente
conferimento politico di Mussolini, che ha portato definitivamente D’
Annunzio nel più completo isolamento. Questa lunga e completa
analisi ha permesso di comprendere non solo il tema dei rapporti con
il poeta D’ Annunzio, ma anche la motivazione reale della assidua
presenza e del continuo richiamo da parte di un uomo di così grande
valore politico, come Mussolini, alla figura ambigua e non sempre
coerente del Vate d’ Italia, che certamente ebbe una rilevante
influenza sulle decisioni e sulla vita del Duce. Un argomento, questo,
non sempre considerato importante dagli storici che hanno, invece,
rivolto la loro attenzione e i loro studi su aspetti diversi del fascismo;
infatti, manca ancora una documentazione complessiva ed
esauriente dei rapporti Mussolini - D’ Annunzio, perché le stesse
9
biografie dei due uomini hanno trattato questi rapporti solo in grandi
linee e in riferimento a singoli momenti. In particolare, lo studio del
poeta D’ Annunzio, legato al periodo fascista e considerato sotto l’
ottica militare e politica, ha avuto un’ eco molto scarso da parte della
cosiddetta cultura accademica o “alta cultura”; infatti, anche se molti
studiosi hanno sottovalutato l’ importanza politica di D’ Annunzio, nel
periodo specifico del dopoguerra, non bisogna dimenticare che il
Poeta è stato il precursore del fascismo e che la marcia di Ronchi è
stata l’ antefatto della marcia di Roma.
Il presente lavoro, comunque, si è basato, con particolare attenzione,
sulla lettura dei principali storici, che hanno analizzato da vicino il
ventennio fascista e che possono essere considerati come le fonti più
importanti su questo argomento; in particolare, De Felice
5
,
Lyttelton
6
e Tasca
7
hanno dato, infatti, largo spazio all’ evolversi dei
rapporti tra Mussolini e D’ Annunzio. Ancora, tanti altri autori, non di
minore importanza, come Susmel
8
, Rossi
9
e Valeri
10
, per mezzo delle
loro ricerche direttamente o indirettamente connesse a questo
problema, hanno permesso di capire, in modo più dettagliato e
approfondito, il perché un uomo così potente e affermato come
Mussolini avesse la continua esigenza di ricorrere al nome di Gabriele
5
R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino, Einaudi, 1999; Mussolini il fascista, la conquista del
potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1999; Sindacalismo rivoluzionario e fiumanesimo, Brescia,
Morcelliana, 1966;
6
A. Lyttelton, La conquista del potere, il fascismo dal 1919 al 1929, Bari, Laterza, 1974
7
A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Firenze, Laterza, 1982
8
D. e E. Susmel, Mussolini e il problema adriatico, Roma, Littorio, 1929; La Marcia di Ronchi, Roma,
Littorio, 1929
9
C. Rossi, Trenta tre vicende mussoliniane, Milano, Ceschina, 1958; Mussolini com’ era, Roma,
Ruffolo, 1947
10
N. Valeri, D’ Annunzio davanti al fascismo, Firenze, Le Monnier, 1963; Da Giolitti a Mussolini,
Firenze, Parenti, 1956
10
D’ Annunzio, negli articoli così come nei suoi tanti discorsi. Presenza
che si è rivelata avere, principalmente, carattere strumentale e che
ha permesso al capo del fascismo di affermarsi rapidamente in
politica. Mussolini sperava, in realtà, di ottenere il pieno appoggio
degli italiani, giocando proprio sul sentimento patriottico e
nazionalistico che il nome di D’ Annunzio aveva suscitato, in
particolare attraverso la sua letteratura politica e i suoi famosi versi
poetici. Mussolini, come è emerso dall’ analisi attenta dei suoi
continui richiami al nome del Poeta, era, anche, affascinato e
soggiogato dall’ autorità letteraria e militare che conservava D’
Annunzio; il capo del fascismo, infatti, aveva mostrato un certo stato
di subalternità e, a volte, di disagio verso un uomo di grande cultura
e capacità poetica, che incarnava, con la sua poesia politica e in quel
particolare momento storico, il bisogno di stabilità di tutti gli italiani,
sconvolti dalla guerra. Leggendo attentamente le tante testimonianze
che gli storici ci hanno lasciato, si è potuto notare, tra gli anni 1921
fino al 1925, un significativo passaggio di poteri a Mussolini, che potè
finalmente riscattare il suo nome dal ruolo secondario, rispetto al
valore di D’ Annunzio, che fino a quel momento aveva ricoperto; il
capo del fascismo acquistò, infatti, nei suoi interventi su D’ Annunzio,
una maggiore consapevolezza del proprio potere politico e lo sfruttò,
raggiungendo la massima investitura politica con la nomina di
“Duce”, riuscendo ad adombrare del tutto il suo nemico di sempre D’
Annunzio e a chiudere con lui la difficile partita, iniziata nel 1919.
Oltre all’ attenta analisi dei discorsi e degli articoli scritti da
Mussolini, tra il 1919 e il 1925, questo lavoro si è basato su appunti,
11
note, riferimenti storici e pagine di una fitta rete di scambi epistolari,
composti da messaggi e ambasciate che Mussolini inviava
continuamente non solo direttamente a D’ Annunzio, ma anche a
tutti i suoi più stretti collaboratori, con i quali poteva sfogarsi o
esaltare, a seconda dei casi, le incessanti e improvvise azioni del
Comandante, che se anche continuava a giudicare davanti a tutti di
secondario interesse, rimaneva per Mussolini un reale e complicato
problema da risolvere. Il rapporto epistolare, formato da frequenti
scambi di telegrammi, raccolti dal già citato De Felice
11
nel
“Carteggio D’ Annunzio- Mussolini” e da Rizzo
12
in “D’ Annunzio e
Mussolini la verità sui loro rapporti”, ha segnato un diverso, ma
molto importante modo per Mussolini di mantenere i contatti con il
Poeta, soprattutto dal 1921 fino alla morte di D’ Annunzio. Nel
lavoro, si è evidenziato, soprattutto nella parte che tratta gli anni
1923-24, come il capo del fascismo nelle sue lettere, ma anche nei
telegrammi, portò avanti una strategia ben precisa e molto ambigua,
tutta incentrata su un forte potere di persuasione, per indurre D’
Annunzio a lasciare la politica militante e tornare alla poesia,
specialmente dopo la sua esperienza fiumana. In particolare ai fini
della ricerca, il carteggio si è rivelato utile, ancora, per approfondire
alcune questioni di fondo, che sono alla base dello specifico rapporto
Mussolini- D’ Annunzio e ha permesso, inoltre, di facilitare la lettura
e la comprensione dello scenario storico nel quale si è sviluppato. In
generale, si è voluto mettere in evidenza l’ atteggiamento mentale
che ha contrassegnato la cultura italiana, sconvolta dalla crisi del
11
R. De Felice, Carteggio D’ Annunzio- Mussolini, Milano, Mondadori, 1971;
12
G. Rizzo, D’ Annunzio e Mussolini, la verità sui loro rapporti, Roma, Cappelli, 1958
12
primo dopoguerra e che è sfociata, poi, nella cultura fascista, legata
ad un nuovo stile politico, che è andato a caratterizzare la moderna
società di massa. Nello specifico caso trattato, invece, i primi rapporti
epistolari furono seguiti da un’ attenzione e un sostegno crescenti de
“Il Popolo d’ Italia” a D’ Annunzio e sfociarono in un primo incontro a
Roma il 23 giugno 1919, due mesi prima dell’ inizio della famosa
marcia di Ronchi. Il carteggio, dopo due anni di silenzio, riprese nella
data storica del 22 ottobre 1922, giorno della marcia su Roma di
Mussolini e presentò subito un quadro molto diverso dal precedente
periodo, in cui si andava evidenziando la forte contrapposizione tra
fascismo e spiritualità dannunziana; se Mussolini era sempre più
deciso ad eliminare D’ Annunzio dalla scena della politica italiana, il
Poeta, invece, si affidava alla forza persuasiva della sua letteratura
per contrastare il movimento fascista.
E’ interessante notare come, in questa approfondita analisi, la figura
di Mussolini non abbia assunto i caratteri dittatoriali e violenti, come
ci hanno sempre presentato gli storici, che hanno mostrato il Duce
come un uomo forte e invincibile; attraverso l’ analisi dei suoi
discorsi e dei suoi interventi pubblici su D’ Annunzio, viene
presentata la fragilità di un uomo, forse, negli anni più difficili della
sua vita, sia per il suo equilibrio personale, ma soprattutto per la sua
carriera politica, che proprio in quegli anni si stava formando e
concretizzando. Proprio durante questi momenti di cambiamento e di
“strane” alleanze politiche, Mussolini si sentì spesso rifiutato dall’
ambiente della politica italiana del tempo, ma soprattutto trovò
difficoltà nel superare ed eliminare un uomo affermato e di successo
13
come D’ Annunzio, che sempre lo turbò e ne fece oscillare la sua
indissolubilità politica. Mussolini, nello stesso tempo, con i suoi
discorsi, a volte privi di originalità e caratterizzati da una struttura
molto semplice, riuscì là dove nessuno mai arrivò, neanche l’ alta
poesia politica di D’ Annunzio; il capo del fascismo, infatti, fu il solo
che seppe creare un rapporto stretto e di totale consenso con i suoi
ascoltatori e con tutta la popolazione che accorreva nelle piazze. Il
segreto di Mussolini era di capire lo stato d’ animo della gente
comune, la cui attenzione veniva catturata con discorsi e articoli, in
cui la semplicità delle parole, così come del lessico, prendevano il
posto delle frasi troppo auliche di D’ Annunzio.
Infine, questo lavoro, che mette in luce attraverso discorsi, articoli e
lettere la presenza dannunziana nel mondo politico di Mussolini, è
stato diviso in quattro capitoli, in cui gli eventi sono presentati in uno
specifico ordine cronologico; la scelta di trattare, per ogni sezione,
un preciso anno e tutti gli avvenimenti ad esso collegati è nata dalla
necessità di voler semplificare la lettura e, nello stesso tempo, di
descrivere in modo dettagliato ed esauriente le reali circostanze in
cui si è sviluppato il rapporto Mussolini- D’ Annunzio e in che misura
il Poeta può essere annoverato tra i sostenitori del fascismo. L’
attenzione della ricerca si è focalizzata, in modo particolare, sull’
analisi degli specifici anni compresi tra il 1919 e il 1925, dai quali si
sono estrapolati, principalmente, i motivi dell’ interesse reciproco di
due uomini, ognuno legato al proprio mondo; la scelta del periodo,
poi, è ricaduta su questi anni perché rappresentano il momento più
fiorente della creazione non solo dei discorsi e degli articoli di
14
Mussolini su D’ Annunzio, ma anche perché descrivono chiaramente l’
evoluzione progressiva del mutamento personale e politico non solo
del futuro Duce, ma anche del poeta- soldato D’ Annunzio, il primo
sospinto verso la realizzazione dei suoi obiettivi politici e il secondo
portato ad una totale prigionia, nella sua casa di Gardone,
condizione, questa, ampiamente descritta nel carteggio, negli anni
1924- 1936.
15
Capitolo 1: 1919, La marcia di Ronchi, ambiguità di
Mussolini verso D’ Annunzio
I: “Viva Fiume”, Mussolini saluta D’ Annunzio e la marcia di
Ronchi
“L’ impresa a cui si è accinto Gabriele D’ Annunzio, quella di restituire
Fiume all’ Italia, è destinata a suscitare la grande emozione in tutto il
mondo [..] e la fama dell’ Uomo che vi è entrato ieri, ha varcato i
confini d’ Italia e d’ Europa. Il gesto di D’ Annunzio non è il preludio
di un’ altra guerra che possa impiegare il popolo italiano. L’ impresa
e l’ occupazione di Fiume non condurranno ad un’ altra guerra[….].
Noi seguiremo attentamente la situazione nuova e drammatica ed
eccezionalmente interessante scaturita dal gesto di Gabriele D’
Annunzio”.
1
.Con queste parole, scritte sul “Il Popolo d’ Italia”, il 13 settembre
1919, Mussolini salutava l’ avvenuta occupazione di Fiume da parte
di D’ Annunzio, attraverso la “marcia di Ronchi”, realizzata il giorno
prima: il 12 settembre. Nell’ articolo, rispondendo alle accuse delle
1
B. Mussolini, Viva Fiume!, ora in O.O XIII, cit., p. 362
16
fazioni politiche opposte, ribadiva che il Poeta non aveva nessuna
intenzione di fare la guerra, ma che il suo gesto contribuiva a farsi
portavoce della triste situazione dei fiumani, una popolazione a
maggioranza italiana costretta a vivere in una terra straniera, quella
croata. Mussolini si dimostrò, pubblicamente, subito entusiasta dell’
occupazione della città e si dichiarò disposto ad appoggiare
pianamente D’ Annunzio; infatti iniziarono non solo ad essere
pubblicati sempre più articoli che esaltavano l’ impresa, ma Mussolini
organizzò numerose manifestazioni nelle piazze italiane, con l’
intenzione di rendere partecipe anche tutto il popolo, che infatti
salutò D’ Annunzio come un eroe. Durante queste adunate, Mussolini
dava molta importanza al Poeta e lo osannava con parole di
adulazione, come durante una delle tante manifestazioni, che si
tennero in quei giorni:
“Gabriele D’ Annunzio non è solo un grande poeta, ma un grande
soldato, il primo soldato d’ Italia che ha osato compiere l’ atto che ha
spaventato il nostro pavido Governo. Noi salutiamo l’ Eroe e
promettiamo che obbediremo ad ogni suo cenno.[..] Ogni offesa a
Gabriele D’ Annunzio, ogni atto contro di lui e contro la grande gesta
che lui ha compiuto è un attentato all’ Italia”
2
.
Mussolini appoggiò la campagna pro Fiume, “non soltanto perché
essa manteneva un nazionalismo ad oltranza, molto propizio ai suoi
disegni, ma anche perché Fiume era l’ antistato e il possibile punto di
partenza per una riconquista della penisola”
3
; la sua esaltazione dell’
2
B. Mussolini, Noi salutiamo l’ eroe e gli promettiamo che obbediremo ad ogni suo cenno, ora in O. O.
XIII, cit., p. 364
3
A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Firenze, Laterza, 1982, p. 81
17
impresa fiumana trovava sostegno tra i fascisti, accorsi per
applaudire il Poeta. D’ Annunzio, il poeta soldato, “fu l’ anima dell’
Italia in Fiume”
4
e Mussolini ubbidì, almeno all’ inizio, al
Comandante e congiunse la sua politica e le sue parole a quelle di D’
Annunzio, che “più di ogni altro uomo è simbolo della nuova Italia,
fatta di poesia e di ardimento e ha salvato Fiume e nello stesso
tempo l’ amore di Patria”
5
. Mussolini diventò il “genio auspicatore
della rivoluzione fiumana e fu l’ anima di Fiume nell’ Italia”
6
.
L’ impresa, per Mussolini, assumeva ancora di più un valore
patriottico perché, una volta giunti nella città, per D’ Annunzio e i
suoi legionari, non fu necessario usare armi; infatti i conquistatori di
Fiume erano poco più di mille e sarebbe stato facile alle truppe, che
presidiavano la città, impedire di entrarvi. Ma le autorità non vollero
resistere all’ occupazione, sia per non spargere sangue, sia per
complicità; alcuni credevano che il colpo di mano avrebbe risolto la
questione mettendo tutti, a partire dal Governo italiano, davanti al
fatto compiuto.
Il problema adriatico era stato al centro di un vivo dibattito
parlamentare, fra i partiti di ogni fazione politica e si era ritenuto
necessario l’ intervento, soprattutto dopo gli scontri, avvenuti nell’
estate dello stesso anno nella città di Fiume; infatti, la situazione
adriatica iniziò a diventare sempre più tesa alla fine del giugno,
quando si verificarono gravi incidenti, noti come “vespri fiumani”
7
.
4
E. Susmel, La Marcia di Ronchi, Roma, Littorio, 1929, p. 67
5
E. Susmel, La città di passione. Fiume negli anni 1914 1920, Milano, Fratelli Treves, 1921, p. 291
6
E. Susmel, La Marcia di Ronchi , cit., p. 67
7
Il 2 luglio 1919 un soldato francese insultò una giovane fiumana, alla quale strappò dal seno una
coccarda tricolore, facendo scoppiare una reazione violenta che da Piazza Dante si diffuse in tutta la
18
Questi episodi fecero affrettare i preparativi di un intervento militare
da parte dei sostenitori della causa fiumana e adriatica in Italia,
soprattutto negli ambienti nazionalisti italiani, e fra i soldati e ufficiali
concentrati nella Venezia Giulia. Venne organizzata una vera e
propria campagna di stampa che, senza troppi indugi, esaltava l’
idea di un atto risolutivo verso la città di Fiume, sostenuta anche da
accese manifestazioni di piazza. Il problema di Fiume era emerso all’
inizio di quell’ anno, quando, una volta terminata la Grande Guerra, il
Patto di Londra
8
venne ritenuto inadeguato alle reali condizioni, sia
geografiche che nazionali, dell’ Italia, in particolare per quanto
riguardava il confine adriatico; D’ Annunzio, che non era solo un
grande poeta, ma anche una delle figure più conosciute e apprezzate
del mondo politico del tempo, si fece portavoce del malcontento
generale di tutti gli italiani, nei confronti dell’ atteggiamento ambiguo
assunto dal governo
9
italiano alla Conferenza di Versailles
10
,
soprattutto verso il problema di Fiume. In un suo celebre discorso al
popolo di Roma, si scagliò pubblicamente contro il “Congresso che è
città; poi il 6 luglio, un gruppo di ammaniti prese a fucilate un plotone di marinai italiani e da lì nacque
un vero combattimento. Fra le truppe francesi e gli italiani della forza interalleata scoppiarono accese
manifestazioni di ostilità. La Conferenza di Parigi decise lo scioglimento del Consiglio nazionale e della
Legione di volontari fiumani, stabilendo la riduzione dei militari italiani. Cfr, E. Susmel, La città di
Passione, cit., p. 212.
8
Il patto di Londra fu firmato il 26 aprile 1915 tra l’ Italia e le potenze dell’ Intesa; quest’ accordo
prevedeva per l’ Italia, in caso di vittoria, il Trentino e l’ Alto Adige, Trieste, Gorizia e tutta l’ Istria, fino
al Quarnaro. Cfr P. Milza, S. Berstein, Storia del fascismo, Milano, Bur, 2004, p. 45
9
Sidney Sonnino (1847-1924), ministro degli Esteri, era più incline alla difesa del Patto di Londra e
perciò disposto a rinunciare alla città di Fiume, vista la sua avversione alla politica della nazionalità;
Orlando (1860-1952), presidente del Consiglio, era favorevole ad accettare la politica di Wilson e volle
rivendicare Fiume, senza rinunciare ai territori della Dalmazia. Cfr R. De Felice, Mussolini il
rivoluzionario, cit., p. 449
10
Durante la Conferenza di Pace tenutasi a Parigi il 19 gennaio, che vide Wilson, Sonnino e Orlando i
maggiori protagonisti, venne approvata la linea del Presidente americano che prevedeva l’ annessione all’
Italia di Trieste e Gorizia e concedeva alla città di Fiume, uno statuto autonomo. Cfr I. Montanelli., L’
Italia di Giolitti 1900- 1920, Milano, Rizzoli, 2001, p.304
19
impotente contro una nazione vittoriosa, anzi contro la più vittoriosa
delle nazioni
11
” e attaccò la decisione del Presidente Wilson, ovvero
“il dottor di piaghe che non doveva, con i suoi quattordici punti
12
,
ricucire le ferite, dei popoli, più crude? Egli le ha ingoiate a uno a uno
e s’è con essi ricucito le sue care viscere di guaritore”
13
. La
questione adriatica forniva al Poeta la possibilità di rientrare sulla
scena politica del Paese in maniera clamorosa; infatti, giudicava
inadatti i provvedimenti presi da Wilson e si aspettava che all’ Italia
venisse offerto di più e auspicava ad “un secondo maggio radioso, il
gran maggio che bandì la guerra”, di cui proprio D’ Annunzio fu l’
interprete migliore. La sua poesia, con la quale celebrava Fiume,
aveva entusiasmato Mussolini, che il 9 giugno aveva pubblicato un
articolo su “Il Popolo d’ Italia” in cui scriveva : “Coll’ aiuto infallibile
dei poeti, G. D’ Annunzio ha dunque colto ancora una volta nel
segno, quando nella Pentecoste d’ Italia, che abbiamo pubblicato ieri,
parla di una nostra vita che dovrà traboccare dal “cerchio delle
istituzioni sterili e delle leggi esauste”
14
. D’ Annunzio, nel suo celebre
passo, decantava la solennità di Fiume, “la sola città vivente, la sola
città ardente, la sola città d’ anima che tutti gli italiani devono
celebrare con un sacrifizio d’ amore”
15
. L’ impresa fiumana non salvò
soltanto la “città olocausta”; non valse solo a riscattare il suo nome e
11
G. D’ Annunzio, Il sudore di sangue, Roma, La Fionda, MCMXXX, p. 39
12
Il presidente americano Wilson (1856-1924) nei suoi “quattordici punti” sintetizzava il suo programma
e definiva le basi per la realizzazione di una nuova Carta europea, in grado di assicurare la pace dei
popoli. Negava il Patto di Londra e dichiarava non validi i confini dell’ Italia, in base a quest’ accordo
perché non rispettavano i principi di nazionalità. Cfr R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit., p.
446
13
G. D’ Annunzio, Il sudore di sangue, cit., p. 39
14
B. Mussolini, Dov’è il Governo, ora in Opera Omnia XII, cit., p. 175
15
G. D’ Annunzio, La Pentecoste d’ Italia, in Il Sudore di Sangue, Roma, La Fionda, MCMXXX, p.
159-163
20
il suo destino nell’ Adriatico, ma fu l’ opera di un grande poeta e “non
fu soltanto una pagina di inobliabile poesia. Sperimentò le forze
scaturite dalla guerra e la marcia di Ronchi fu l’ affermazione del
diritto italiano in Adriatico, contro “Italia ufficiale che non sa
difendere i diritti della vittoria”
16
. Le parole pronunciate dal Poeta
erano il segno chiaro della rivoluzione che avanzava, infatti, ogni
atto, ogni parola documentavano la perfetta unità interiore del Poeta,
che “interpretava divinamente la passione degli elementi vitali, che
costituivano la vera natura del popolo italiano”
17
. Mussolini,
riferendosi alla Pentecoste d’ Italia, prendeva, in realtà, le distanze,
come politico, da D’ Annunzio, a proposito del quale parlava di
“intuito infallibile dei poeti”, che era indubbiamente un elogio, ma
anche una limitazione; infatti, il capo del fascismo nutriva poca
considerazione per le capacità politiche del Comandante e non
nascondeva le difficoltà che avrebbe incontrato l’ impresa fiumana
nel trasformarsi da un atto propagandistico di grande successo in un
vero e proprio fatto politico.
II: Il doppio gioco di Mussolini verso D’ Annunzio
Mussolini, nei primissimi giorni dell’ impresa dannunziana, si mosse
con estrema cautela; infatti nonostante fin dall’ inizio aveva preso le
difese dei ribelli, non solo non raggiunse subito il Poeta a Fiume, ma
non lanciò neanche l’ appello alla rivoluzione, tanto sperata dallo
16
E. Susmel, Mussolini e il Problema Adriatico, Roma, Littorio, 1929, p. 7, 25
17
E. Susmel, La Marcia di Ronchi, cit., p. 13