7
Capitolo 1: La comunicazione pubblica
1.1 Alle origini della comunicazione pubblica: in cerca di una definizione
Parlare di comunicazione pubblica ai giorni nostri può sembrare scontato: se ne discute
da tempo, ma non tutti sanno che essa implica un percorso che vede situazioni molto
avanzate e allo stesso tempo grandi attese alle quali non sempre corrispondono i risultati
previsti. La sfida che ha raccolto si incentra sulla sua capacità di realizzare luoghi,
iniziative, professioni finalizzate ad attivare processi di confronto, di relazione, di
scambio tra le istituzioni e i cittadini.
Per questo, per definire il concetto di comunicazione pubblica si deve partire
necessariamente dalla nozione generale di comunicazione in senso stretto.
Cosa vuol dire comunicare?
Tullio de Mauro, nel suo celebre dizionario
2
, dà tre definizioni chiave della
comunicazione:
1. “il far conoscere, il render noto”;
2. “la capacità individuale e personale di comunicare pensieri, emozioni ecc.”;
3. “il mettersi, il trovarsi in contatto con le altre persone”.
Comunicare è la possibilità di creare un rapporto tra ciò che è altro e diverso da sé; è un
atto sociale e reciproco di partecipazione, mediato dall'uso di simboli significativi tra
individui e gruppi diversi.
Comunicare significa costruire e mantenere relazioni con l‟altra persona, istituire un
incontro con qualcuno che rappresenti l‟altro da sé, stando in stato attivo e non passivo
in tale rapporto.
La comunicazione è, quindi, necessità di scambio con il diverso da sé, quel bisogno di
confronto con l‟altro che nasce dall‟ammissione che non si è completi ed autosufficienti
da soli.
Partendo proprio da questa prospettiva che, maggiormente negli anni Novanta, la
Pubblica Amministrazione ha cercato di adottare un nuovo metodo: la politica della
reciprocità al cittadino, nella nuova consapevolezza che è solo in un rapporto di
interazione bilaterale che c‟è la possibilità di uno sviluppo lontano da ogni semplice
forma di trasferimento di informazione unilaterale.
2
T. De Mauro, M. Mancini (2000), Dizionario etimologico, Garzanti Linguistica, Milano.
8
In virtù di ciò, la comunicazione pubblica rappresenta un terreno fertile nel giocare la
sfida al cambiamento; una competizione difficile che, se vinta, può contribuire ad
ampliare gli spazi di democrazia. La democrazia di un paese si misura proprio dalla
partecipazione dei cittadini alla vita culturale, sociale e politica; partecipazione possibile
se la comunità viene messa nella condizione di conoscere e comprendere i contenuti
dell‟azione dello Stato.
Essendo la comunicazione pubblica una disciplina in progress
3
, essa si pone, da un lato,
come punto di collegamento e di confronto tra saperi diversi nella ridefinizione
dell‟immagine, del ruolo e delle funzioni delle istituzioni e, dall‟altro, come processo di
costruzione dei luoghi, esperienze e culture che contribuiscano alla riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche.
Per arrivare a una definizione di comunicazione pubblica completa e coerente bisogna
innanzitutto comparare questa con le altre forme di comunicazione:
1. la comunicazione d‟impresa, che cerca di orientare il comportamento del
cittadino ad acquistare certi beni e certi servizi che consentano di raggiungere
l‟obiettivo economico dell‟impresa stessa
4
(finalità economica);
2. la comunicazione politica, di cui si approfondirà in seguito, che si occupa del
rapporto tra il sistema politico (con particolare attenzione verso i partiti politici e
alla competizione elettorale), il sistema dei media e i cittadini elettori.
Da ciò si evince come la comunicazione pubblica si rivolga al cittadino/utente e si
caratterizza in quanto comunicazione di servizio che lo Stato, nelle sue articolazioni
funzionali e territoriali, attiva nell‟interesse pubblico, con l‟obiettivo di realizzare il
diritto alla trasparenza, all‟accesso alle informazioni, alla partecipazione alle scelte che
orientano le politiche pubbliche.
L‟autrice Franca Faccioli conia una definizione esaustiva di comunicazione pubblica:
essa è “quell‟insieme di processi che permettono la circolazione, all‟interno della
comunità Stato, delle informazioni sui problemi di pubblica utilità e su quelli
3
S. Rolando (1990), Lo stato della pubblicità di Stato, p. 31, Il Sole 24 Ore, Milano.
4
G. Fiorentini (1990), Amministrazione pubblica e cittadino. Le relazioni di scambio, pp. 172-173, Egea,
Milano.
9
socialmente rilevanti e l‟attivazione di flussi di comunicazione tra i cittadini, le
istituzioni pubbliche e il sistema dei media
5
”.
Il sociologo Paolo Mancini definisce la comunicazione pubblica come “l‟area
dell‟attività simbolica di una società in cui, a seguito dei processi della differenziazione
sociale, sistemi diversi interagiscono e competono per assicurarsi visibilità e per
sostenere il proprio punto di vista su argomenti d‟interesse collettivo
6
”; è quella
comunicazione che ha per oggetto gli affari di interesse generale. La definizione di
comunicazione pubblica deriva, quindi, per l‟autore, dagli oggetti ai quali si applica e
non dai soggetti che la praticano. Sono i soggetti pubblici e privati i protagonisti che
confrontano posizioni e punti di vista diversi. Mancini sottolinea in particolare l‟aspetto
di competizione e di conflitto che, a suo avviso, caratterizza la comunicazione pubblica
che, pertanto, può occuparsi anche di temi controversi purché siano attinenti a universi
valoriali condivisi.
Ma è Gregorio Arena colui che parte da una prospettiva diversa per giungere a una
definizione di comunicazione pubblica completamente innovativa. Muovendo dalla
considerazione che nel sistema amministrativo italiano convivono due modelli
(l‟amministrazione di regolazione e l‟amministrazione di prestazione), l‟autore
individua nella comunicazione uno strumento fondamentale per il pieno funzionamento
del secondo modello. Egli afferma che la legge 241/90 non solo istituisce nuove regole
nel rapporto tra amministrazioni pubbliche e cittadini, ma rende anche legittima la
situazione in cui le decisioni amministrative si raggiungono incoraggiando i cittadini a
partecipare attivamente al processo decisionale
7
(e non sottomettendoli o
depotenziandoli).
Altri autori di formazione prettamente pubblicitaria preferiscono parlare di pubblicità
pubblica finalizzata ad attribuire trasparenza all‟attività dell‟Amministrazione pubblica,
consentendo al cittadino di utilizzare in maniera efficiente l‟apparato dello Stato o i
servizi pubblici, di preoccuparsi di problematiche socialmente rilevanti, stimolandone
un processo di crescita civile e sociale. In particolare, il sociologo Giampaolo Fabris
sottolinea il ruolo determinante che la pubblicità può avere nel processo di innovazione
5
F. Faccioli, (2000), Comunicazione pubblica e cultura del servizio. Modelli, attori, percorsi, pp. 20-21,
Carocci, Roma.
6
P. Mancini (1996), Manuale di comunicazione pubblica, p. 87, Laterza, Roma-Bari.
7
G. Arena (1995) (a cura di), La comunicazione di interesse generale, p.10, Il Mulino, Bologna.
10
dei rapporti tra lo Stato e i cittadini per le caratteristiche che le sono proprie nel
persuadere, nel dissuadere o nel sollecitare cambiamenti di atteggiamenti e
comportamenti
8
. Della stessa lunghezza d‟onda è Giovanna Gadotti che afferma che lo
Stato nel momento in cui utilizza lo strumento pubblicitario sceglie una modalità di
relazione basata sull‟informazione e sulla persuasione al fine di creare e ampliare il
consenso su tematiche di interesse collettivo
9
(pubblicità sociale).
Alla luce di tante possibili definizioni di comunicazione pubblica, è visibile la ricchezza
dei temi, degli ambiti e dei contesti che la caratterizzano. Pertanto, si può asserire che
essa è un percorso che coinvolge attori, ruoli e dimensioni diverse nella prospettiva di
valorizzare la sfera pubblica.
1.1.1 Comunicazione pubblica e comunicazione politica
Diversi studiosi contemporanei affermano che alla base della comunicazione pubblica ci
sia la comunicazione istituzionale. Sua finalità è l‟organizzazione di un sistema
integrato che garantisca pubblicità e comprensione della produzione normativa e la
capacità di soddisfare specifici bisogni dell‟utenza. Per realizzare queste necessità in
modo efficiente ed efficace, occorre che l‟attività sia continuativa e non frammentata,
realizzata da personale dotato di una professionalità specifica. In virtù di ciò, la
comunicazione istituzionale viene vista come una parte della comunicazione pubblica,
all‟interno dei quali si colloca la comunicazione politica e la comunicazione sociale (che
sarà trattata ampiamente nel capitolo secondo).
Strettamente connessa alla comunicazione pubblica, la comunicazione politica è lo
“scambio e il confronto dei contenuti di interesse pubblico-politico prodotti dal sistema
politico, dal sistema dei media e dal cittadino elettore.
10
” Essa si occupa, pertanto, non
solo dei processi che governano la rappresentazione della politica nei confronti
dell‟opinione pubblica e il gioco di ruoli che si determina tra gli attori che intervengono
nel processo (in questo scenario di politica c‟è chi vince e c‟è chi perde, c‟è chi ha
ragione e chi ha torto), ma si rivolge al cittadino nella sua veste di elettore e si muove
8
G. Fabris (1992), La pubblicità. Teorie e prassi, p. 25, Angeli, Milano.
9
G. Gadotti (1993), Pubblicità sociale. Lineamenti ed esperienze, p. 7, Angeli, Milano.
10
G. Mazzoleni (1993), La comunicazione politica alla vigilia della seconda Repubblica, in “Problemi
dell‟informazione”, 4, pp. 385-391.
11
nella dimensione della personalizzazione delle dispute e della competizione su temi sui
quali si scontrano posizioni contrapposte.
Tuttavia, non si può dare una definizione unica di comunicazione politica.
Alcuni studiosi convergono che, essendo gli affari di interesse pubblico oggetto
privilegiato della comunicazione pubblica, questa comprende al suo interno anche la
comunicazione politica e in particolare la comunicazione dei partiti politici, in
considerazione del ruolo di pubblici poteri che i partiti politici svolgono in base all‟art.
49 della Costituzione.
Altri considerano, invece, la comunicazione pubblica una delle più recenti articolazioni
della comunicazione politica, che permette ai pubblici poteri di conseguire i propri
obiettivi istituzionali mettendo a punto strategie comunicazionali che si servono delle
nuove tecnologie per garantire interazione tra cittadini e istituzioni.
Nonostante queste divergenze, si considera la definizione di Gianpietro Mazzoleni
quella più corretta.
È necessario, per avere una panoramica più precisa, sottolineare che la comunicazione
pubblica, diversamente da quella politica, si rivolge al cittadino/utente in quanto
comunicazione di servizio che lo Stato attiva nell‟interesse pubblico, realizzando il
diritto alla trasparenza, all‟accesso alle informazioni, alla partecipazione alle politiche
pubbliche (con la finalità di realizzare un ampliamento degli spazi di democrazia).
Essendoci tra le finalità della comunicazione pubblica la ricostruzione di un rapporto di
fiducia tra le istituzioni e i cittadini che ha come obiettivo primario quello di dare nuova
legittimazione a istituzioni per lungo tempo vissute come distanti, si può dichiarare,
anche alla luce dello stretto rapporto con la comunicazione politica, come nella Pubblica
Amministrazione sia da sempre presente un aspetto essenzialmente politico, ignorato
per colpa di una confusione di ruoli e competenze che da sempre hanno afflitto l‟ufficio
stampa e gran parte della sua attività. È la legge 150/2000 a riconoscere questo tipo di
comunicazione come parte della comunicazione istituzionale, definendone la figura
specifica del portavoce
11
.
11
A. Rovinetti (2006), Comunicazione pubblica Sapere & fare, p. 32, Il Sole 24 ore, Milano.
12
1.2 I riferimenti normativi della comunicazione pubblica
Il 1990 è l‟anno fondamentale in termini di Pubblica Amministrazione. Infatti da quegli
anni in poi, si è passati da un modello autoreferenziale di P.A. ad un modello
partecipativo e relazionale (tenendo conto dei bisogni e delle attese dei cittadini).
Anche la comunicazione pubblica ha subito una serie di interventi tesi a:
1. separarla in modo teorico e pratico dalla propaganda e dall‟immagine;
2. farla diventare una disciplina autonoma con grande disponibilità ad
accogliere il positivo di altre discipline, gestendola con competenza;
3. impedirne la colonizzazione da parte di altre e diverse discipline.
In virtù di ciò, sono stati adottati alcuni provvedimenti fondamentali da parte delle
Istituzioni, in materia di comunicazione:
1. la Legge 8 giugno 1990, n.142: “Ordinamento delle autonomie locali”:
principi di accesso, informazione e partecipazione dei cittadini” (art. 7);
previsione del difensore civico (art. 8);
2. la Legge 7 agosto 1990, n. 241: “Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”
(recentemente novellata dalla 15/2005): diritto di accesso e pubblicità e
trasparenza degli atti, partecipazione degli interessati al procedimento
amministrativo, principio di leale cooperazione istituzionale (nuovo art. 22);
3. D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29: “Razionalizzazione dell'organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico
impiego”. Il decreto legislativo n.29 prevede da parte di tutte le Pubbliche
Amministrazioni l‟istituzione degli Uffici Relazioni con il Pubblico (URP).
Ma è la legge 150 del 7 giugno 2000 che legittima la comunicazione pubblica e che ne
ripensa il ruolo all‟interno della Pubblica Amministrazione.
Con questa legge, dal titolo “Disciplina d‟informazione e di comunicazione delle
pubbliche amministrazioni”, “la comunicazione pubblica s‟istituzionalizza, è cioè
riconosciuta esplicitamente dall‟apparato normativo italiano e distinta da altre attività
amministrative
12
”.
12
P. Mancini (1996), Manuale di comunicazione pubblica, p. 31, Laterza, Roma- Bari.
13
Attraverso essa, si è sancito:
1. il riconoscimento della comunicazione come elemento che qualifica il sistema di
relazioni tra i cittadini e le amministrazioni;
2. il ruolo della comunicazione come attività fondamentale, al pari delle altre
funzioni amministrative;
3. il rapporto inseparabile tra la comunicazione interna e quella esterna;
4. la valorizzazione delle competenze necessarie per gestire strumenti, attività e
funzioni;
5. il ruolo centrale della formazione per individuare e accrescere la qualità e il
livello delle nuove professionalità;
6. il rafforzamento del servizio di comunicazione e informazione con mass-media,
cittadini, associazioni e imprese (ufficializza l‟attività degli uffici stampa e del
portavoce, regolamenta l‟attività degli uffici stampa e degli Urp).
L‟Urp è la struttura dedicata alle attività di comunicazione. Accanto ad esso, si
prevedono l‟Ufficio Stampa e il Portavoce che svolgono invece le attività di
informazione.
Fig. 1: La legge 150/2000. L‟attività di comunicazione e informazione.
Rovinetti definisce l'Urp “una sorta di spartiacque non solo tra chi parla di cambiamento
e chi comincia a cambiare, ma anche tra chi assegna alla comunicazione delle istituzioni