8
Nel XV secolo il prezzo pagato agli artisti per un quadro dipendeva ancora
dal costo dei materiali e dal numero degli aiutanti; il compenso, invece, era
calcolato o a salario o a forfait. Inoltre il prezzo poteva dipendere anche dal
soggetto rappresentato.
Questo accadeva perché nella società del Quattrocento, gli artisti venivano
considerati come degli artigiani specializzati, il cui rango era comunque
abbastanza basso. La pittura era inserita tra le “arti meccaniche”, dove
prevaleva l‟aspetto manuale. Nonostante ciò, però, i grandi maestri
diventarono molto ricercati, anche se, in quanto capi di bottega,
intervenivano indirettamente su delle opere che, comunque, recavano la
loro firma.
Nacque allora il collezionismo d‟arte contemporanea e si scatenò la
concorrenza per l‟acquisto di opere dei maestri maggiori.
Nel Cinquecento, alle commissioni si aggiunse la vendita attraverso agenti e
mediatori e apparvero numerose figure di mercanti.
Gli eventi economici che determinarono questo nuovo impulso furono
l‟inflazione (per l‟eccesso di oro importato dall‟America) ed il crollo della
Borsa di Anversa nel 1557. Come conseguenza, si giunse ad attribuire un
più preciso valore commerciale alle opere d‟arte e l‟interesse si estese anche
a quelle del passato.
In Italia, l‟arte raggiunse, in questo secolo, vertici molto alti e si propose
come punto di riferimento per tutte le altre scuole artistiche europee.
D‟altro canto, la situazione economica e politica era piuttosto fragile e ciò
spinse gli artisti ad operare all‟estero, in paesi più ricchi, e a porsi in
rapporto con i maggiori sovrani d‟oltralpe, i quali divennero i principali
committenti di tali artisti.
Nei paesi in cui il tessuto sociale borghese era più sviluppato (Venezia,
Fiandre, etc.), la trattativa privata trovò terreno fertile, conducendo alla
formazione delle imprese commerciali a sede fissa, antenate delle moderne
gallerie.
9
Intanto l‟offerta d‟arte diventava sempre più estesa ed internazionale, ed il
valore attribuito alle opere seguiva le oscillazioni della domanda.
Fino al Seicento l‟esperto d‟arte per eccellenza era l‟artista, ma in questo
secolo tale ruolo venne ricoperto da una nuova figura: l‟amatore. Inoltre i
cataloghi divenivano sempre più numerosi, precisi e metodici. Lo sviluppo
del mercato dell‟arte cresceva ulteriormente ma recava con se anche, quale
conseguenza inevitabile, lo sviluppo del mercato dei falsi e delle copie.
Il Settecento vide il collezionismo borghese crescere di importanza, tanto
che l‟Italia e l‟Olanda diventarono i Paesi dove si vendeva di più e ai prezzi
migliori.
Nella nostra penisola, tranne poche eccezioni, la grande depressione socio-
economica determinò la diaspora di capolavori antichi e del Rinascimento
che finirono per alimentare le grandi collezioni principesche o per diventare
la colonna portante dei grandi musei d‟Europa.
Dall‟altro lato, l‟Inghilterra e la Francia si connotarono per il crescente
interesse verso il sistema delle vendite all‟asta.
Una spinta ragguardevole al mercato dell‟arte si ebbe nell‟Ottocento,
allorché gallerie antiquarie e case d‟asta si moltiplicarono in tutta Europa e
in America.
La formazione dei musei pubblici, le mostre sempre più frequenti e la
divulgazione dell‟arte coincisero con lo sviluppo della borghesia e
dell‟industria. Al mecenate aristocratico seguì il capitalista e affarista
moderno, che comprava per investire e speculare: la figura del collezionista
si separa da quella del committente, che in questo secolo decade quasi del
tutto.
Grazie alla grande vivacità del mercato, anche l‟artista vivente riesce a
guadagnare in questo periodo cifre altissime.
Verso la fine del XIX secolo, come conseguenza della nascita dei musei
pubblici, i quali sottraggono al mercato una quantità considerevole di opere,
10
si assiste a un notevole aumento dei prezzi dell‟arte antica. Inoltre, si fa
sempre più palese la presenza del capitalismo americano nel mercato.
Nel XX secolo si è intensificato il rapporto tra il mercato dell‟arte e
l‟andamento macroeconomico.
Negli anni Venti ci fu un forte sviluppo del mercato dell‟arte legato al
buon andamento dell‟economia, grazie ai riflessi positivi degli investimenti
per la ricostruzione postbellica. Viceversa, con il crollo di Wall Strett del
1929, le quotazioni dei prezzi delle opere subirono un calo tra il 60% e
l‟80%.
La ripresa si ebbe dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la rinascita
dell‟economia americana. Soprattutto negli anni Cinquanta ci fu un periodo
di particolare splendore, grazie anche al successo dell‟arte moderna e
contemporanea, i cui riflessi si ebbero anche in Italia, che conobbe il suo
periodo di “miracolo” economico.
Gli anni Sessanta furono caratterizzati da una maggiore prudenza verso gli
acquisti di opere d‟arte. Il 1966 fu l‟anno della ripresa del mercato e
l‟attenzione fu rivolta soprattutto nei confronti dell‟arte contemporanea.
Tale entusiasmo fu smorzato dalla crisi petrolifera del 1973 e, come già era
accaduto in passato, il mercato dell‟arte subì un altro crollo.
Fu durante gli anni Ottanta che il clima macroeconomico si rasserenò
nuovamente, coinvolgendo positivamente anche il settore artistico.
Le borse mondiali, a seguito anche della speculazione, avevano creato un
numero enorme di nuovi ricchi e le grandi aziende cercavano di
diversificare i propri investimenti, guardando con crescente interesse campi
alternativi agli strumenti finanziari e agli immobili. Si aprì, così, una
stagione molto proficua per il mercato delle opere d‟arte e le aste fecero
registrare record impensabili fino a pochi anni prima.
11
Ma altre difficoltà si riscontrarono negli anni Novanta, dove i prezzi
calarono sensibilmente, se non si dimezzarono addirittura3.
Con il nuovo millennio, invece, ci sono stati i primi segnali di ripresa,
almeno fino alla crisi finanziaria globale del 2009.
Infatti, dopo lo straordinario boom che nel periodo 2000-2008 aveva
interessato il mercato delle opere d‟arte, nel 2009 la situazione è cambiata
radicalmente. Dopo una crescita media del 20% l‟anno registrata nel
periodo 2003-2007, l‟indice Mei Moses4 ha cominciato a segnare il passo.
Rispetto all‟inizio della crisi finanziaria globale, quando l‟indice ha perso
appena il 4,5%, nei primi tre mesi del 2009 la contrazione è stata già del
35%.
Questa situazione ha confermato ancora una volta la teoria per la quale il
distacco tra la crisi dei mercati finanziari e la crisi dei mercati delle opere
d‟arte può variare da un anno a un anno e mezzo.
Dopo la diminuzione del pericolo inflazionistico, si stima che il mercato
internazionale delle opere d‟arte comincerà a crescere 1-2 anni dopo la
stabilizzazione dell‟economia globale. Vale a dire che gli esperti non
prevedono l‟inizio del recupero dei prezzi prima del 20105.
I.1.2. L’ecosistema dell’arte contemporanea
Le opere d‟arte contemporanea, come quelle del passato, hanno come
dominante la funzione estetica, ma non è l‟unica: sono altrettanto
significativi quegli aspetti che sono connessi alla «dimensione
socioculturale e socioeconomica delle società capitalistiche avanzate»6.
3
Cfr. A. MANFREDI NATALINI, R. UNGARO, Investire nelle opere d’arte, Torino 2001, pp.5-14.
Per ulteriori approfondimenti cfr. L. SALERNO, Mercato dell’arte, Musei e collezioni, in
Enciclopedia universale dell’arte, Firenze 1996; A. VETTESE, L’economia dell’arte, Milano 1978;
S. ZUFFI, La pittura italiana, Milano 1997.
4
Riflette i prezzi delle opere d‟arte alle aste di Londra e di New York. Degli indici del mercato
dell‟arte si parlerà più avanti, in questo capitolo.
5
Cfr. La crisi ha colpito anche il mercato delle opere d’arte, del 6 maggio 2009 in
www.intesasanpaolo24.com/Csi/Bollettini
6
Cit. F. POLI, Il sistema dell’arte contemporanea, Bari 2007, p. 46.
12
Da un punto di vista economico, l‟arte, da un lato, dipende dall‟esistenza di
produttori e consumatori, come tutte le altre merci; dall‟altro è vista come
una merce del tutto particolare.
Nell‟economia classica, la regola generale è che il valore di scambio dei
prodotti deriva dal valore del lavoro in essi incorporati e, in effetti,
anticamente era così. Le opere d‟arte nascevano spesso come servizi resi in
relazione a funzioni economiche riconosciute e il loro prezzo dipendeva dai
costi di produzione sostenuti per realizzarli: i pittori, per esempio, venivano
pagati in base alle dimensioni delle loro opere, ai materiali utilizzati e al
tempo impiegato dall‟artista-artigiano.
Oggi, invece, il loro valore è determinato dalla limitatezza estrema
dell‟offerta, a causa della loro unicità e irriproducibilità.
Se questo è vero per le opere di arte antica, dove la rarità è effettiva, per le
opere d‟arte contemporanea, soprattutto di artisti viventi, tale rarità è stata,
ed è tutt‟ora, regolata da specifiche strategie del sistema artistico.
Le logiche di mercato dell‟arte contemporanea seguono altri parametri di
creazione del valore, sempre meno fondati su caratteri meramente estetico-
qualitativi.
L‟arte contemporanea attira un pubblico specializzato del quale fanno parte
quegli stessi operatori del sistema che a loro volta gestiscono i criteri di
valorizzazione di un‟opera o di un artista.
All‟inizio qualsiasi artista ha il monopolio della sua produzione ma le sue
opere acquistano lo status di “opere d‟arte” solo quando vengono
legittimate all‟interno di circuiti di promozione e circolazione commerciale.
Bisogna comunque considerare che nel settore dell‟offerta delle nuove
proposte vi è sempre una forte concorrenza fra i nuovi artisti e le nuove
tendenze, le cui opere rientrano nella categoria di prodotti culturali, con i
conseguenti condizionamenti sul piano delle quotazioni.
Il “prodotto opera d‟arte” è il risultato di tutti i principali attori del sistema
dell‟arte, infatti accanto all‟artista vi è l‟impegno di natura commerciale di
13
mercanti, quello dei collezionisti che cercano di difendere e valorizzare i
loro acquisti, quello della critica d‟arte che si dedica alla promozione e al
riconoscimento culturale delle opere e quello dei direttori e curatori di
musei che sanciscono la legittimazione ufficiale dei valori sia sul piano
culturale sia su quello economico.
Il pubblico non incide in questa prima fase di selezione-affermazione dei
nuovi artisti ma è molto importante per quanto concerne il consolidamento
e l‟allargamento del loro successo.
Comprendere le dinamiche del mercato dell‟arte non è un‟impresa semplice
perché innanzitutto bisognerebbe parlare di mercati e considerare anche
quello sommerso, sicuramente meno florido e patinato di quello ufficiale,
ma non meno esteso, composto da soggetti che commerciano senza
autorizzazioni e che si sottraggono a controlli legali e fiscali.
Volendo limitarsi ad osservare il segmento di prima classe bisogna
sottolineare che esso segue degli andamenti interni che sono stati definiti
dagli osservatori economici “aberranti”.
Un aspetto peculiare è la presenza di andamenti di prezzi erratici e talvolta
persino anticiclici se non imprevedibili, d‟altronde al contrario di ciò che
avviene in altre piazze, i beni scambiati sul mercato dell‟arte non
preesistono ad esso ma sono creati per la prima volta dall‟abilità di chi li
mette in commercio e dall‟intuito di chi sceglie di acquistarli: «in questo
contesto, è l‟offerta a creare la domanda»7.
Riferendosi ai soggetti coinvolti e al tipo di transazione il mercato dell‟arte
visivo è organizzato su tre segmenti: primario, secondario e d‟asta.
Nel “mercato primario” collezionisti privati o galleristi acquistano le opere
direttamente da artisti o da altri privati; è capillare e nasce laddove sorgono
le occasioni.
7
Cit. P. SACCO, la cultura come asset strategico in collezionare arte, il Sole 24 Ore 2002.
14
Nel “mercato secondario” l‟agente principale è la galleria che offre il bene
al privato; inoltre sono presenti anche scambi tra le gallerie; questo
segmento è presente solo in quelle città dove si commercia in arte.
Le “vendite all‟asta”, a cui partecipano privati, galleristi, collezionisti e
responsabili di musei pubblici e privati, completano le possibilità di
scambio nel mercato dell‟arte visiva; le aste sono più concentrate a livello
geografico e si tengono in poche città o in particolari centri.
Passando dal segmento primario a quello d‟asta in media si accresce sia la
“reputazione” dell‟artista, sia la “liquidità” dell‟opera. Al diverso grado di
reputazione si connette ovviamente anche un diverso potere di mercato.
«Un‟altra distinzione importante è quella tra “mercati liberisti” e “mercati
non liberisti”. Nel primo gruppo (di cui fanno parte gli Stati Uniti e la Gran
Bretagna) il grado di commerciabilità dei dipinti è massimo perché non ci
sono impedimenti allo scambio, mentre nel secondo gruppo sono presenti
restrizioni allo scambio (e in particolare alle esportazioni) delle opere
d‟arte. L‟Italia si rifà a una interpretazione nazional-patrimoniale dei beni
culturali e rientra tra i mercati non liberisti: se il bene è considerato di
particolare interesse storico o artistico, la Sovrintendenza può proporre al
Ministero che il bene sia soggetto all‟obbligo di notifica che ne limita il
trasferimento e l‟esportazione (n.d.a. la notifica è regolamentata in Italia
dalla legge 1089/1939).
Per via delle disposizioni legali, il mercato regolamentato è, di fatto, isolato
rispetto al resto del mondo. Poiché l‟ampiezza del mercato di un artista in
genere ha importanti riflessi sul prezzo, non sorprende che i mercati liberisti
presentino in media opere dalla quotazione maggiore rispetto a quelli non
liberisti. Le opere degli artisti italiani, quindi, valgono relativamente poco,
sia sul mercato interno sia su quello internazionale, non tanto (o non solo)
per via del limitato merito artistico dei nostri maestri, ma perché le opere
più importanti e con più di cinquant‟anni di vita, spesso sono “notificate”,
15
per cui non possono essere scambiate con facilità e hanno una minore
liquidità»8.
I.1.3. La domanda e l’offerta
Sul versante della domanda di arte contemporanea, i principali attori sono i
collezionisti, soprattutto quelli più importanti. Sono loro il vero “pubblico”
specificatamente organico alla struttura ed al funzionamento di tutto il
sistema. Questa particolare categoria non si definisce soltanto per il suo
interesse di ordine estetico, la cui soddisfazione non richiede di per se il
possesso di opere, infatti il collezionismo ha diversi moventi: psicologici,
identitari, sociali ed economici; dovrebbe necessariamente fondarsi su una
adeguata preparazione culturale e sensibilità estetica per dar vita a
collezioni di qualità, ma non sempre è così.
Inoltre, l‟amore per l‟arte non avrebbe molto significato se non ci fossero i
mezzi finanziari adeguati per poterlo concretamente coltivare.
Dal punto di vista psicologico, il collezionista presenta i tratti di una
personalità spesso maniacale. Di solito ci sono tre tipi di detentori di opere
d‟arte: il sensibile signore che acquista opere per la casa e, una volta
tappezzate le mura, la “collezione” è completa: in questo caso siamo in
presenza di un arredatore di casa; c‟è chi acquista quel che capita purché sia
un “affare” (della serie “l‟arte è come il maiale: non si spreca niente”) e a
questa categoria appartengono i raccoglitori; al terzo tipo appartengono
coloro che decidono di specializzarsi in un unico settore (o due o tre al
massimo), non ha importanza quale sia quello scelto, ognuno di questi sta
lavorando a un ideale museo personale: questi sono i collezionisti.9
Questi‟ultimi sono molto attenti ed informati sulle quotazioni delle opere in
loro possesso perché, anche se non hanno alcuna intenzione di venderle, il
8
Cit. G. CANDELA, A. E. SCORCU, Economia delle arti, Bologna 2004, p. 251.
9
Cfr. M. FAGIOLO DALL‟ARCO, Collezionismo in Lessico dei beni culturali, Torino 1994, p. 29.
16
criterio economico risulta essere in definitiva il solo indicatore oggettivo
del successo dell‟artista prescelto e dunque dell‟intuito del compratore.
La passione di chi colleziona opere d‟arte si alimenta di gratificazioni che
sollecitano la vanità e che aumentano la sicurezza di se: «questo sistema di
rinforzi fa si che l‟attività del collezionista, a volte iniziata per gioco e
senza eccessiva convinzione, si autoalimenti fino a diventare quasi una
droga»10.
Sulla base dell‟incidenza sul mercato dell‟arte i collezionisti vengono
distinti in due categorie: i piccoli e i medi collezionisti e i grandi
collezionisti.
Nella prima categoria rientrano coloro che effettuano acquisti di opere
d‟arte per importi abbastanza limitati. Si tratta di solito di esponenti del ceto
medio o medio-alto a cui si aggiunge qualche appassionato di più basse
condizioni economiche.
Tali collezionisti si dividono a loro volta in conservatori e all‟avanguardia: i
primi non sono inclini al rischio e comprano artisti dalle quotazioni
abbastanza stabili, sono collezionisti prudenti ma non disdegnano
operazioni speculative; i secondi sono disposti a correre un rischio
maggiore puntando anche su artisti emergenti se non sconosciuti.
Tutti coloro che decidono di dedicarsi al collezionismo commettono
qualche errore all‟inizio e si tratta di un passaggio obbligato per fare una
selezione di coloro che affineranno esperienza e gusti. Per far si che la loro
raccolta migliori progressivamente, costoro cercano di dar via le vecchie
opere meno valide per acquistare man mano opere sempre più significative,
dando vita ad una intensa attività di scambio e compravendita con mercanti
e altri collezionisti; talvolta acquistano anche presso case d‟asta.
La seconda grande categoria è quella dei grandi collezionisti. Si tratta di
persone molto facoltose che hanno deciso di creare la propria collezione
spinti dall‟amore per l‟arte o per accrescere la propria immagine, non di
10
Cit. A. VETTESE, Investire in arte, Milano 1993, pp. 18 e ss.
17
rado sono anche dei mecenati. Di solito non esiste in costoro un intento
speculativo e spesso le loro raccolte finiscono con l‟essere oggetto di
donazioni a un museo o possono dar vita a fondazioni.
I collezionisti più potenti riescono a condizionare il mercato infatti
comprano e vendono come grandi mercanti, fanno spesso parte di trustees
di qualche museo, sono promoter, consulenti di direttori, all‟occorrenza
critici e curatori; contribuiscono a mantenere ristretto il numero degli artisti
d‟elite e a gestire le loro quotazioni. I più intraprendenti possono
contribuire all‟affermazione di qualche giovane artista con acquisti
consistenti e a prezzi bassi. Pochissimi però sono quelli che raccogliendo in
se più funzioni raggiungono un potere contrattuale elevato.
In questo scenario non bisogna dimenticare quei soggetti (banche,
assicurazioni, imprese industriali etc.) che, negli ultimi anni, hanno voluto
legare la propria immagine a quella dell‟arte, anche con l‟intento di
conseguire comunque delle rivalutazioni del capitale investito.
Il fenomeno è noto come corporate art collections e si è sviluppato,
dapprima e in modo consistente, negli Stati Uniti.
Un ruolo centrale, per la gestione delle collezioni aziendali, è ricoperto da
coloro che curano lo sviluppo e gli acquisti di queste raccolte, che lavorano
a tempo pieno come direttori delle fondazioni o come consulenti.
Normalmente sono dei veri e propri manager, con una preparazione più
economica che artistica, che sono in stretto rapporto con le strutture del
mercato e le istituzioni culturali.
L‟avvento delle collezioni aziendali nel sistema dell‟arte ha notevolmente
accresciuto le dinamiche del mercato, condizionandolo in tutti i suoi aspetti;
ha contribuito alla diffusione dell‟interesse per l‟arte contemporanea,
legittimando, in tal mondo, l‟intreccio funzionale dell‟arte con le strutture
aziendali.
18
Attraverso l‟arte, non solo vi è un ritorno di immagine per i singoli
imprenditori e finanzieri, ma anche per le aziende, secondo precise strategie
di immagine costruite con logiche imprenditoriali.
In Europa, hanno particolare importanza gli interventi a favore dell‟arte
contemporanea da parte delle fondazioni bancarie e delle banche11.
Collocate a metà, tra la domanda e l‟offerta, si trovano le Fondazioni
private per l‟arte contemporanea. In Italia specialmente, hanno avuto
particolare successo connubi tra arte contemporanea e fondazioni private
legate a importanti marchi della moda o a diversi settori merceologici.
Le fondazioni nascono dalla spinta di un privato che dispone di un
patrimonio iniziale con il quale intende promuovere e diffondere, accanto al
proprio nome, l‟arte e i giovani artisti. Al contrario delle gallerie si tratta di
organizzazioni senza fini di lucro, che non ricevono introiti economici
derivanti dalla loro attività. D‟altro canto si avvicinano alla realtà pubblica
per il tentativo di museificare i propri spazi e le proprie attività.
Le fondazioni culturali sono una espressione del mecenatismo borghese che
seguì quello dei committenti ecclesiastici e nobili.
La loro evoluzione si è affiancata, in parallelo, allo sviluppo del moderno
stato sociale ed è rivelatrice dell‟attitudine filantropica coltivata da
esponenti illustri dell‟alta borghesia.
Una fondazione è un‟«istituzione di carattere privato alla quale, soddisfatte
determinate condizioni, è riconosciuta la personalità giuridica; è
caratterizzata dalla dotazione di un fondo patrimoniale e dalla statuizione
dei fini ai quali il fondo deve essere destinato (per lo più attività sociali o
culturali, dalle quali si è escluso lo scopo di lucro)»12.
Per quanto riguarda l‟arte il patrimonio di partenza è costituito da una
collezione o da una semplice raccolta di opere.
11
Cfr. F. POLI, Il sistema dell’arte contemporanea, Bari 2007, p. 91 e ss.
12
Dal dizionario Devoto-Oli alla voce “fondazione”.
19
Una fondazione può nascere dall‟iniziativa di un artista che oltre a
raccogliere un nucleo significativo delle proprie opere, voglia anche essere
un centro di sviluppo per l‟arte.
Un‟altra motivazione può essere la volontà di un privato di condividere le
collezioni d‟arte di una vita con il pubblico.
Per altri ancora vi è il desiderio di promuovere l‟arte contemporanea e
creare spazi per giovani artisti, in quest‟ultimo caso può avere rapporti
operativi e interagire con molti musei e si sostituisce all‟attività che
dovrebbe svolgere un museo d‟arte contemporanea.
Nel caso delle fondazioni, le istituzioni pubbliche di governo, il sistema
formativo, l‟industria culturale, i flussi di persone e risorse e la progettualità
sono normalmente intrecciati in un organismo composito e complesso.
Un‟altra caratteristica delle principali fondazioni di arte contemporanea in
Italia è l‟elevata capacità di comunicazione della programmazione
artistica
13
.
Sul versante dell‟offerta nel mercato dell‟arte, l‟attore principale è l‟artista
stesso con i suoi intermediari ossia galleristi e musei.
Infatti nel mercato dell‟arte l‟artista non è un semplice spettatore, sebbene il
suo ruolo all‟interno del sistema dell‟arte appaia tendenzialmente
subordinato a quello dei mercanti, dei direttori di musei, dei critici e dei
collezionisti, in misura direttamente proporzionale alla debolezza del suo
potere contrattuale.
In realtà anche se i margini di manovra dell‟artista non sono molti, tuttavia
non ne è del tutto privo.
Sul mercato primario, può imporre (anche con il concorso di altri artisti)
nuovi criteri di riferimento. C‟è chi attribuisce tale potere
all‟accumulazione di un capitale relazionale che in qualche modo si
accompagna al capitale culturale del consumatore.
13
Le fondazioni, la loro struttura e il loro funzionamento verranno trattate in modo più specifico
nella seconda parte del presente lavoro.