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quella operatività necessarie al dominio della
tecnologia…la Scuola non può non farsi carico di
assicurare a tutti i livelli ai suoi allievi una
formazione generalizzata e approfondita di quelle
tecniche dell’informazione e della
comunicazione…”.
”Multimedialità…come dimensione culturale dalla
quale non si può prescindere”. In questo senso”
tende ad intervenire su tutti gli ordini di scuola…”.
Il Documento poi, nel fissare gli obiettivi del
Programma, li distingue in tre grandi categorie:
-Educazione degli studenti alla multimedialità e
alla comunicazione;
-Miglioramento della efficacia dell’insegnamento
e dell’apprendimento delle discipline;
-Miglioramento della professionalità dei docenti.
Ora, rispetto al primo obiettivo, è innegabile
l’importanza di educare i giovani alla fruizione e
all’analisi dei messaggi multimediali e dei sistemi
di comunicazione, strumenti efficaci di studio e di
crescita culturale; riguardo poi alla seconda
finalità, conseguentemente si evince che l’uso
delle nuove tecnologie può contribuire
notevolmente a rendere efficace il processo di
insegnamento/apprendimento. Ma, nonostante le
teorie di una buona comunicazione che
impongono un feed-back nel rapporto (in questo
caso) docente/alunno, non sembra trovare
applicazione la terza finalità, che pone l’uso delle
tecnologie come strumento utile per la
professionalità dei docenti (autoformazione e
formazione a distanza, ricerca di materiali e
consultazione di banche dati).
Troppo spesso, infatti, l’affermare di non essere
in grado di usare certi strumenti crea alibi culturali
per una non applicazione delle istanze formative
presenti nel Progetto. In sostanza ciò che si
evidenzia oggi nella Scuola, soprattutto in quella
di base (e indagini statistiche in questo senso
sembrano confermarlo) è una certa resistenza ad
14
affrontare il problema della formazione alla
multimedialità, non solo e non tanto come
conoscenza e uso degli strumenti multimediali,
quanto come “habitus” che indirizzi gli insegnanti
ad adottare l’uso delle tecnologie come un fatto
normale e costante.
Non me ne vogliano per questo i colleghi,
costantemente impegnati nel delicato compito
dell’istruzione/educazione. Probabilmente ciò che
manca è un’adeguata FORMAZIONE in tal
senso; formazione volta a sperimentare l’uso
della multimedialità e della comunicazione, in
particolare fra reti di scuole, delle esperienze
didattiche e di nuove procedure metodologiche.
Ovviamente il nostro pianeta scolastico è
costellato di iniziative e Progetti Pilota che nella
loro esplicazione hanno dato esiti più che positivi;
ma non possiamo non condividere la necessità di
pervenire ad una diffusione più generalizzata e
capillare di un modo nuovo di “fare scuola”, nella
condivisione di strategie che possano attivare
processi di informazione e comunicazione. In
sintesi, nonostante i buoni intenti, nei fatti non è
accaduto ciò che era nelle intenzioni. Infatti,
parallelamente ad un discorso altamente
innovativo e di adeguamento ad una ”civiltà
moderna”, non si è avuto un riscontro massiccio
di adesione e/o di aderenza. Troppe resistenze
mentali, ancorate ad un obsoleto modello di
scuola o, peggio ancora, convinzioni molto
personali nel modo di condurre l’azione didattica,
vissuta spesso in maniera assolutistica e poco
aperta al confronto, nella pretestuosa e
presuntuosa certezza che “…così va bene…ci
giocano tanto a casa…e poi io non lo so
usare…e non sono obbligato a farlo…”
stravolgendo il senso vero e profondo delle
possibilità comunicative che sottendono l’uso di
un PC. Spesso il retaggio culturale conduce molti
soggetti a “demonizzare” l’uso del computer, ma
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sicuramente una conoscenza VERA e senza
enfasi delle sue applicazioni potrebbe servire a
rasserenare gli animi di quanti, pur con molta
buona volontà, proprio non riescono a
considerarlo come uno strumento che -al pari di
altri- possa migliorare la qualità dell’offerta
formativa.
Concludendo e richiamando l’attenzione al punto
4 del Programma: ”Rapporti e intese con agenzie,
imprese, enti locali”, condivido pienamente
l’esigenza di coinvolgere le scuole in una ampia
rete di relazioni con il mondo extrascolastico, sia
perché la complessità del Programma deve
investire una grande varietà di soggetti, sia
perché la piena consapevolezza del significato
delle tecnologie e delle sue applicazioni rimanda
al più vasto contesto sociale. Da qui il mio
convincimento che un possibile rapporto anche
con le Università, orientato alla formazione,
possa costituire uno stimolante interfaccia per
dibattiti e conferenze sul tema.
Distinti saluti
Fiorella De Rossi
Lì, 16/10/2000
Qualche anno è ormai passato da quando cercavo
di ragionare sulle problematiche della formazione in
servizio degli insegnanti, ma ancora oggi, come già
allora, grazie al mio percorso personale di studi e alle
esperienze condotte sul campo, il mio convincimento è
che alla base di qualsiasi apprendimento debba esserci
una spinta motivazionale in grado di condurci ad una
scelta consapevole e coerente delle variegate proposte
di formazione che ci vengono offerte, sia a livello
istituzionale che non, soprattutto per una effettiva ed
efficace ricaduta nella pratica didattica.
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Ma soprattutto bisognerà valutare se realmente è
avvenuto quel cambio di rotta, atteso e auspicato, nel
delicato rapporto di insegnamento/apprendimento. Cosa
ha spinto, negli ultimi anni, migliaia di docenti, su tutto il
territorio nazionale, ad aderire alle iniziative ministeriali
di formazione? Vero interesse di partecipazione,
maturato nella consapevolezza che la formazione è
tratto distintivo della professionalità docente, o semplice
e non sempre ben tollerato ossequio a scelte effettuate
dall’alto? Se così fosse, certamente qualsiasi piano di
formazione avrebbe fallito la sua stessa ragion d’essere.
Ci auguriamo che non sia così. Infatti già nel titolo una
premessa densa di buoni auspici: “Comunicare la
formazione”, nella consapevolezza che, proprio
attraverso l’aggiornamento sul campo, la comunicazione
possa rappresentare il presupposto e il volano per
ulteriori sviluppi di crescita professionale.
Il presente lavoro approfondirà, pertanto, nella
prima parte (cap. 1-2-3), le problematicità che la
formazione in servizio, in particolare quella degli
insegnanti della Scuola di base, pone nello scenario più
vasto dell’educazione permanente, o educazione
continua, degli adulti, passando sinteticamente in
rassegna alcune tappe fondamentali della formazione in
servizio, dal modello tradizionale in presenza, a quello
online, a quello blended.
Nel cap.1 verrà quindi focalizzata l’attenzione sul
soggetto che apprende, che legittima la necessità di
ripensare l’età adulta come una fase della vita in cui la
formazione continua diventa esigenza di crescita
personale e professionale.
Ci soffermeremo sul tema della formazione in
servizio degli insegnanti e verranno analizzate direttive
che ci vengono dall’Unione europea, per constatare che
17
“un mondo parallelo” nasce, cresce e si sviluppa intorno
all’esigenza, sempre più fondata, da parte della società
della conoscenza, di vivere la formazione professionale
come un diritto, oltre che come dovere.
Nel cap. 2 l’analisi verterà sulla storia della FaD e
della sua evoluzione, fino ad un esame dei nuovi
strumenti di comunicazione e interazione, resi possibili
dalle potenzialità della Rete.
Nel cap. 3 verrà fornito un quadro di sintesi
dell’attuale panorama italiano rispetto a nuove ma già
sperimentate esperienze di formazione online; a titolo
esemplificativo sarà presentata Garamond Editoria,
agenzia di formazione per insegnanti, che, attraverso la
piattaforma Kairòs, riesce a coinvolgere migliaia di
docenti che, indipendentemente da obblighi contrattuali,
decidono liberamente e a proprie spese di iscriversi ai
corsi.
Nella seconda parte (cap. 4-5-6-7) il lavoro di
ricerca si focalizzerà sull’utilizzazione, da parte degli
insegnanti di Scuola Primaria, delle Tecnologie
Didattiche. Si indagherà se e in che misura la
formazione in servizio sia riuscita a modificare abitudini e
pratiche didattiche, se nuovi linguaggi e nuove modalità
espressive siano sperimentati oggi nell’azione educativa.
Nel cap. 4 verrà pertanto presa in esame una
piattaforma di formazione per insegnanti, campo di
indagine del presente lavoro.
Nello specifico ci occuperemo degli aspetti
formativi ed organizzativi di Indire PuntoEdu, agenzia di
formazione che utilizza le nuove tecnologie per garantire
la sua offerta, a livello capillare, su tutto il territorio
nazionale.
18
Nel cap. 5 verrà esplicitato l’oggetto di indagine di
questo lavoro, che ha costituito l’interfaccia dell’analisi
qualitativa condotta. In sintesi, partendo dalle definizioni
e dalla letteratura esistente, saranno presentati i campi
di applicazione delle Nuove Tecnologie in ambito
didattico, in relazione alle nuove competenze richieste
oggi alla professione docente e alla ricaduta nel contesto
scolastico di nuove strategie educative.
Nei capitoli 6-7, attraverso una indagine qualitativa
basata su interviste in profondità, si indagheranno le
modalità attraverso cui le tecnologie comunicative
incidono nei meccanismi di apprendimento degli individui
e nelle modalità espressive; altro obiettivo è indagare se,
da parte dei docenti, vengono individuate nuove
strategie didattiche ed organizzative che possono essere
utilizzate, soprattutto in ambito scolastico, per
fronteggiare nuovi orizzonti del sapere e della
conoscenza.
Le scuole interessate dalla ricerca saranno quelle
delle cinque province del Lazio; le interviste saranno
rivolte ai docenti di Scuola Primaria iscritti alla
Piattaforma di formazione PuntoEdu.
Fiorella De Rossi
PARTE PRIMA
LO SCENARIO
“Times for knowledge”
by Pawel Vares
CAPITOLO PRIMO
LA FORMAZIONE
DEGLI ADULTI
La mente non è un vaso da riempire ma un
legno da far ardere perché s’infuochi il
gusto della ricerca e l’amore della verità.
Plutarco
21
1.1 Istruzione vs formazione
Fonte immagine: www.kindersleyworkshop.co.uk
I processi tecnici e organizzativi adottati
dall’Impresa devono essere trasformati in
conoscenze, comportamenti, abilità,
atteggiamenti, valori di riferimento ecc. (in una
parola, competenze) dei singoli lavoratori.
L’addestramento tende a trasferire, sia attraverso
strumenti didattici sia attraverso l’esperienza
operativa (learning by doing)
1
, abilità già definite
1
L’approccio “Learning by doing” prevede un’ inversione
metodologica e concettuale del modello formativo classico secondo
il quale la formazione precede l’ingresso nell’esperienza lavorativa
vera e propria. Fondamentale è infatti la possibilità di proporre una
prima opportunità lavorativa contestualmente all’accompagnamento
formativo secondo una circolarità tra azione e retroazione, fase
Ciò che
dobbiamo
imparare a
fare, lo
impariamo
facendolo.
Aristotele
22
e controllabili, mentre la formazione tende a
sviluppare capacità di dominare situazioni nuove
e di creare nuove abilità. L’addestramento attiene
più alla trasformazione specifica (debole), la
formazione più a quella generale (forte) [Baldini
1980]…le nuove tecnologie elettroniche…hanno
aumentato per tutti il fabbisogno di formazione
[Butera et al. 1988]
2
.
Nell’insegnamento basato sul compito
(addestramento) si mira essenzialmente a trasmettere
specifiche competenze, volte a promuovere nelle
persone l’esercizio di una particolare performance.
Il focus dell’intervento formativo è rivolto su un
compito specifico; l’attenzione è volta soprattutto alla
trasmissione di elementi nuovi, che non sono già
presenti nel repertorio comportamentale del soggetto.
L’obiettivo da raggiungere è estremamente specifico o
circoscritto, e promuove una maggiore omogeneità nella
performance degli allievi. Il discente assume un ruolo
sostanzialmente passivo riguardo gli aspetti didattici
(obiettivi, metodologie, ritmi di insegnamento, modalità di
verifica), decisi esclusivamente dal docente.
produttiva e fase formativa, apprendimento pratico e apprendimento
teorico, permanente. In tal modo l’attività diventa riscontro effettivo
della formazione e la formazione riscontro dell’ azione, lungo un
processo che non considera separati i due momenti, e che,
oltretutto, offre il vantaggio, tutt’altro che trascurabile, di una verifica
nei fatti, nel “vincolo produttivo”, della complessiva proposta
formativa.
2
Giovanni Costa, Economia e direzione delle risorse umane, Utet,
Torino, 2003, p. 262
23
Schema che riproduce il modello classico
di ambiente didattico
Fonte: rielaborazione personale
L’apprendimento di abilità complesse (formazione)
indica invece
…le operazioni di carattere educativo che hanno
come scopo i cambiamenti comportamentali
(sapere, saper fare, saper essere) che sono
collegati, o sono necessari, per compiere un
insieme di azioni che configurano un compito, un
ruolo, una responsabilità. (Fernandez, 1992 in D.
Fedeli, 2000).
24
Da questa definizione si possono mettere in luce
tre aspetti caratterizzanti della formazione:
1. Si producono cambiamenti nei rapporti
comportamentali della persona discente.
2. I cambiamenti in questione avvengono a livello
delle conoscenze possedute (sapere), degli
atteggiamenti (saper essere) e delle azioni (saper
fare).
3. Queste modificazioni comportamentali sono
funzionali all’assunzione di un ruolo o di una
responsabilità: la formazione è finalizzata a
migliorare la performance della persona discente
in un compito.
La formazione risulta così essere un processo
globale rispetto all’addestramento, processo che
riguarda lo sviluppo completo delle potenzialità e delle
risorse individuali.
Ovviamente ci saranno delle occasioni in cui
l’adulto si confronterà con argomenti e modalità
totalmente nuovi, ma anche in questi casi gli schemi
cognitivi strutturati nel tempo lo indurranno ad affrontare
il nuovo in modo personale e coerente al suo precedente
vissuto.
Questa specificità dell’apprendimento presenta
due forti implicazioni: da un lato, l’esperienza passata e
le strategie cognitive ormai sviluppate sono una
potenzialità importante per ulteriori implementazioni
(nuovi input vengono memorizzati meglio se appresi per
similitudine con il già noto); dall’altro, però, gli stili di
apprendimento posseduti, se rigidi, possono ostacolare
la flessibilità necessaria ad acquisire nuove abilità.
E proprio su questo bisognerà riflettere, in
particolare quando l’adulto incontra difficoltà di
apprendimento (o resistenza culturale?) specialmente
nell’utilizzo degli strumenti tecnologici e multimediali.
25
1.2 Motivazione e apprendimento
Nel mondo
nulla di
grande è
stato fatto
senza
passione.
Hegel
Fonte immagine: www.prepos.it
La presenza della motivazione è indispensabile in
ogni processo di apprendimento? La motivazione ha
necessariamente un effetto positivo sull’apprendimento?
Possiamo affermare che più si è motivati e più si
apprende?
A questi ed altri interrogativi cercheremo di dare
una risposta, partendo da una prima definizione del
termine “motivazione”.
In linea generale, per motivazione si intende ciò
che spinge un individuo ad agire, ossia ciò che innesca
l’azione.
Etimologicamente, infatti, il termine indica il motivo
che, generalmente, coincide con un bisogno interno che
fa agire e reagire l’uomo.
Le teorie sull’apprendimento che fanno riferimento
in particolare a Bruner e Vygotskij considerano la natura
della conoscenza intrinsecamente contenuta
nell’ambiente in cui si costruisce: l’apprendimento
26
diventa un atto di appartenenza ad una comunità, con
uguali diritti di ogni membro, anche del meno esperto, di
partecipare pienamente alle pratiche, ai discorsi, alle
risorse
1
. Si punta in tal senso alla valorizzazione delle
differenze più che dell’uniformità: sul creare situazioni di
apprendimento collaborativo
2
, in cui possano essere
messi a frutto i saperi e le competenze di tutti, non solo
dell’insegnante, prevedendo “impalcature di scaffolding”
3
1
Cfr. Varisco B.M., Le teorie e le pratiche didattiche, in Galliani L.,
Luchi F., Varisco B.M., La comunicazione multimediale,
Tecomproject, 1998, p. 127
2
Fra le definizioni di apprendimento collaborativo è interessante
quella data data da A. Kaye perché chiama in causa come
componenti essenziali dell'apprendimento sia l'individuo che il
gruppo: "Collaborare (co-labore) vuol dire lavorare insieme, il che
implica una condivisione di compiti e un'esplicita intenzione di
aggiungere valore, per creare qualcosa di nuovo o differente
attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato, in
contrasto con un semplice scambio di informazioni o esecuzione di
istruzioni. Un'ampia definizione di apprendimento collaborativo
potrebbe essere l'acquisizione da parte degli individui di conoscenze,
abilità o atteggiamenti che sono il risultato di un'interazione di gruppo,
o, detto più chiaramente, un apprendimento individuale come risultato
di un processo di gruppo". (Kaye A., Apprendimento collaborativo
basato sul computer, TD Tecnologie didattiche n.4, Menabò Editore).
3
Scaffolding sta ad indicare “il complesso delle attività utili ad
assistere uno studente (di qualsiasi età e tipologia) per agevolare nel
soggetto lo sviluppo delle abilità e delle competenze utili al
conseguimento di un obiettivo formativo centrato sui suoi bisogni”
(M.Rotta). Il termine scaffolding si distingue si collega ed in parte di
sovrappone ad una serie di strategie didattiche: Modelling: l’allievo
osserva ed imita il docente che dimostra come fare. Coaching: il
maestro assiste l’allievo secondo le necessità, fornendo il necessario
feedback. Scaffolding: il docente agisce come nel coaching con la
differenza che in questo caso fornisce al discente uno stimolo, pre-
imposta il lavoro, utilizza domande per stimolare la riflessione ecc.
Fading: il docente aiuta il discente nell’esecuzione del compito,
sfumando via via il suo supporto.