1
INTRODUZIONE:
Non è facile parlare dello Zarathustra, nella sua immagine si
intrecciano filosofia, misticismo e il pensiero personale di Nietzsche
Già il sottotitolo, con cui è presentato, è esplicativo della natura
dell'opera:
Così parlò Zarathustra
un libro per tutti e per nessuno
Il titolo offre un'efficace sintesi di cosa Friedrich Nietzsche abbia
voluto tramandare con il suo testo più celebre, proseguendo nella
lettura si svelerà il significato di questo celebre incipit.
Come può essere, al tempo stesso, un libro sia per chiunque che per
alcuno?
La risposta ci viene data indirettamente dallo stesso Nietzsche:
attraverso lo svolgersi dell’opera, il lettore si troverà a doversi
confrontare con variegati temi assieme a Zarathustra, dovendo
elaborarli come se fosse al fianco del protagonista; solo allora si potrà
vedere se effettivamente l’interlocutore potrà sedere,
metaforicamente, al banchetto del profeta oppure chiuderà il libro
per la sua complessità.
Il filosofo Martin Heidegger in “Che cosa significa pensare? Chi è lo
2
Zarathustra di Nietzsche” offre un’interpretazione che credo sia
necessario citare.
“«per tutti» non significa: per ognuno nel senso di chiunque a caso
«Per tutti» significa: per ogni uomo in quanto uomo, ogni volta per
ognuno, nella misura in cui ognuno diventa nella sua essenza degno
del pensiero.
«Per nessuno» significa: per nessuno degli uomini che si incontrano
dappertutto, che si inebriano soltanto di qualche passaggio o di
qualche frase di questo libro e restano esitanti di fronte al suo
linguaggio, come ciechi, invece di avviarsi lungo il cammino del suo
pensiero e di diventare così essi stessi degni del pensiero”.
1
Questa esposizione presenta, in maniera sintetica, ma esaustiva, il
perché del “tutti”, che non va preso alla lettera, perché l'opera è
rivolta a coloro i quali riescono a compiere un passo al di là
dell'immediatamente percepibile e sono capaci di comprendere il
messaggio del profeta; Heidegger motiva la scelta del "nessuno",
dicendo che la ricerca del profeta è improntata al confronto ed ecco
che osserviamo Zarathustra peregrinare, dialogando con diverse
persone, delle più disparate classi sociali, alla ricerca di qualcuno che
1
Martin Heidegger – che cosa significa pensare? Chi è lo Zarathustra di Nietzsche. a cura di Ugo Ugazio e Gianni Vattimo
Milano; Sudarco 1971, p.64
3
possa effettivamente corrispondere alle caratteristiche del suo giusto
interlocutore.
La prima parte dell'opera vede la luce nel 1883 e solo nel 1885 giunge
alla conclusione, ultimando un percorso in cui il filosofo tedesco
analizza e critica il pensiero europeo e i suoi aspetti egoistici (da cui
deriveranno le considerazioni sul Nichilismo europeo e la morte di
Dio), già evidenziati nelle opere che vanno dal 1878 allo Zarathustra
stesso; l'evoluzione del pensiero dell'autore, potrebbe rappresentare
una riproduzione del percorso che il suo eremita compie nel suo
lungo periodo trascorso in solitudine.
Le esperienze personali e le situazioni di vita vissuta da Nietzsche,
sono state fondamento delle sue principali teorie: si attribuisce alla
frequentazione della Schulpforta (istituzione votata alla formazione
nella classe dirigente prussiana, in cui si univano studi di storia
dell'antichità e si professava la religione luterana) uno dei motivi dell'
avversioni alla religione e alla società del suo tempo, soprattutto per
la rigidità dello stile di vita imposto e la stretta aderenza al dogma
Nietzsche nel 1879, dopo una carriera come insegnante di lingua e
letteratura greca all'università di Basilea, decise di dedicare del
tempo alla stesura delle sue opere, giungendo così a racchiudere le
proprie teorie, nel suo più completo e complesso componimento:
4
“Così parlò Zarathustra” Quando esaminiamo “Così parlò
Zarathustra” (Also sprach Zarathustra) stiamo valutando un esatto
sunto del pensiero di Frederich Nietzsche.
Al suo interno non vi è solo illustrata una delle sue fondamentali
teorie, ossia il concetto di “eterno ritorno”, ma vi si cela anche un
campionario di simbologie e termini, che necessitano di un'analisi
decisamente approfondita e non superficiale.
Ogni ambientazione e personaggio compare con un proprio ruolo,
come in un'opera teatrale in cui ognuno ha un proprio ruolo e una
propria relazione con la trama e tutto conduce ad un percorso che,
come vedremo, sarà tortuoso e pieno di deviazioni, ma che condurrà
il protagonista a esplorare il mondo che lo circonda e a conoscere,
per prima sé stesso e di seguito, verità che credeva irraggiungibili.
Lo Zarathustra si differenzia, anche per questo, dagli altri scritti di
Nietzsche: è una narrazione e non semplicemente un libro in cui si
illustra una teoria o un pensiero, ma è la discesa sulla terra del profeta
Zarathustra, dopo il suo periodo di eremitaggio, al fine di diffondere
il proprio credo, fra gli uomini.
La differenza viene percepita anche dal punto di vista stilistico e
linguistico: è Zarathustra a parlare, i personaggi sono liberi di
esprimersi e il narratore subentra qualora ci siano particolari stati
5
d'animo o situazioni che richiedono una descrizione adeguata. Il testo
è come un’opera teatrale, verosimilmente ispirato dalla musica di
Wagner e Strauss, nelle cui opere, si passa da diverse ambientazioni
ed a episodi più caratterizzanti. L'interazione tra il profeta e i
personaggi non è casuale, ma é un escamotage che permettere a
Nietzsche di illustrare le personali teorie o riflessioni, contribuendo
man mano a soddisfare il desiderio di istruire dello Zarathustra.
Partendo dall'incontro con il funambolo, Nietzsche spiega il
“superuomo” e la “morte di Dio”, trasformando tutta la sequenza in
una metafora in cui tutto risulta collegato. Che dire della visione
dell’enigma del nostro? Questa si potrebbe definire la parte più
astrusa dell'opera, quella dove si intrecciano metafore, similitudini e
teorie filosofiche, criptiche alla prima lettura.
Cosa spinge Zarathustra a questo viaggio a soli trent'anni?
Quando compì il suo trentesimo compleanno, il protagonista
abbandonò casa e città, ritirandosi da eremita in montagna per dieci
anni di isolamento, per poi dare una nuova impostazione alla propria
vita e infine, rivolgendosi al sole, dire:
«Guarda! La mia saggezza mi ha stancato, come ad un’ape che abbia
raccolto troppo miele; ho bisogno di mani che mi si tendono [..]
Come te, devo anch'io debbo tramontare, come dicono gli uomini fra
6
i quali voglio discendere»
2
.
Il desiderio di isolarsi dagli uomini, alla fine, viene meno in
Zarathustra che decide pertanto di riscendere tra i suoi simili e
portare loro ciò che egli ha appreso.
Nietzsche sceglie anche un termine peculiare per indicare il ritorno
dell'eremita: “discesa”, non soltanto, perché, muovendo da una
montagna, sta tornando alla civiltà per condividere il proprio sapere,
ma anche perché, dopo essere rimasto solo in meditazione per due
lustri, ha raggiunto un livello di spiritualità elevato, che desidera
condividere con gli altri uomini, rimasti bassi, geograficamente e
spiritualmente.
Di per sé Nietzsche non ci spiega il reale motivo di questo
allontanamento dello Zarathustra, si limita a dirci, che al
compimento dei trent'anni decide di isolarsi da tutto e da tutti,
restando solo con due animali: l'aquila e il serpente Anche in questa
occasione la scelta degli animali non è casuale: l'aquila richiama
forza e prosperità (non a caso, nei secoli, è stato un simbolo di quella
parte di territorio che ora chiamiamo Germania ed era già stata
utilizzata nell'impero romano) qualità che rimandano
inevitabilmente alla figura dello Übermensch.
2
Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, a cura di Alberto Romagnoli, Rusconi, Milano, 2012, p.1
7
L'immagine del serpente, invece, è una chiara citazione biblica e
richiama l’incontro di Adamo ed Eva col rettile, che simboleggia il
vizio e la tentazione.
Da notare come questi due animali non solo sono opposti, ma in
natura uno caccia l'altro; in questo contesto si contrappongono
paritariamente, con l'eremita Zarathustra, a fare da virtuale ago della
bilancia.
Come riporta Gianni Vattimo in “Introduzione a Nietzsche” l'opera
è scritta in un momento molto delicato per il filosofo tedesco: forse i
primi sintomi della follia, che lo avrebbe debilitato e poi finito,
stavano iniziando a manifestarsi in lui.
In una lettera scritta nel 1881 alla sorella, mentre si trovava sulle
montagne di Sils-Maria, Nietzsche asseriva che qualcosa di nuovo si
stava insinuando in lui, avvertiva in sé un cambiamento, che al
momento non voleva divulgare.
3
La forma stilistica, prosegue Vattimo, è qualcosa di diverso dal solito
Nietzsche, non ricorre alla scrittura per aforismi, ovvero allo stile
utilizzato fino ad allora, bensì a un lungo “poema in prosa”, come a
voler riprendere le epopee classiche e del Nuovo Testamento
4
e
ricrearne una sua versione, apertamente ostile alla moralità religiosa
3
Gianni Vattimo - Introduzione a Nietzsche. Laterza, Roma-Bari, 1985 p.70-71.
4
Ivi pag.71