55
2.3. Il Parmenide di de Santillana: l'Essere come spazio geometrico puro
Una delle tesi più controverse e originali di de Santillana, sebbene già parzialmente
elaborate con Enriques nel 1932
146
, è esposta sia in Le origini del pensiero scientifico
147
, sia in
Prologo a Parmenide
148
.
La rivisitazione della figura di Parmenide è uno dei temi che più ha impegnato Giorgio de
Santillana, il quale più volte, durante i suoi studi, è tornato sull'argomento, documentandosi
costantemente sulle ultime interpretazione proposte dai vari studiosi:“«Non è sufficientemente
noto che la filosofia degli Eleatici forma tuttora un capitolo oscuro nella storia della filosofia»:
con queste parole si apre il più recente dei libri su Parmenide, pubblicato dal dott. J.H.M.
Loenen dell'Università di Leida nel 1959.”
149
.
L'appartenenza di Parmenide a coloro che dettero un contributo alla scienza è fortemente
sottolineato da de Santillana, il quale lamenta come si sia dimenticato troppo spesso che il
poema del filosofo di Elea “è stato descritto come «ispirato dal rapimento della logica pura» e
come il primo testo filosofico in senso moderno.”
150
e come ciò che abbia “fuorviato gli
interpreti” sia stata la “novità linguistica”
151
.
Il Parmenide di de Santillana non concepisce l'Essere in maniera logico-verbale, ovvero
soffermandosi sulla “potenza” della copula è:
La connessione del pensiero con l'essere risulta dal fatto che esso non
può attuarsi senza prender corpo in un'affermazione, di cui il verbo
essere è costitutivo essenziale, perché è la forma comune ed universale
di ogni possibile qualificazione del predicato, che non può essere
pensata se non con quella, mentre quella può essere viceversa pensata
di per sé e senza alcun'altra aggiunta.
152
146
v. nota 2.
147
G. de Santillana, Le origini del pensiero scientifico. Da Anassimandro a Proclo 600 a. C. - 500 d. C., trad. di
G. De Angelis, Sansoni Editore, Firenze 1966.
148
G. de Santillana, Prologo a Parmenide in G. de Santillana, Fato Antico e Fato moderno, trad. di A. Passi e R.
Mastromattei, Adelphi, Milano 1985.
149
Ivi, p. 81.
150
G. de Santillana, Le origini del pensiero scientifico. Da Anassimandro a Proclo 600 a. C. - 500 d. C., trad. di
G. De Angelis, cit., p. 98.
151
Ivi, p. 99.
152
G. Calogero, Studi sull'eleatismo, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. 8-9.
56
Calogero, obiettivo polemico scelto da de Santillana nel Prologo, “non crede che si debba
ricercare un soggetto ai due verbi del frammento 2 (…) Unità, limitatezza, sfericità, tutti gli
attributi che Parmenide attribuisce alla realtà, non sono più deduzioni svolte con l'occhio fisso
alla realtà stessa, ma implicazioni della scelta originaria, che consiste nel dire « è » e nel non
dire mai « non è »
153
.
L'Essere che tanto ha creato scompiglio tra i vari filologi e studiosi del pensiero antico,
addirittura fin dallo stesso Platone che ha dovuto commettere un parricidio
154
, in realtà viene
trattato da de Santillana alla stregua di una variabile x, a cui corrisponde solamente un
concetto:
Se interpretiamo il termine «Essere», non come una misteriosa potenza
verbale, ma come una parola tecnica che designa qualcosa che il
pensatore aveva in mente ma non poteva definire, e sostituiamo ad
esso una x nel contesto dell'argomentazione di Parmenide, ci sarà
facile vedere che vi è un altro concetto, e solo uno, che può esser
messo al posto di x senza dar luogo a contraddizioni in qualsiasi punto
del testo: quel concetto è il puro spazio geometrico.
155
Questo elemento matematico, anzi metamatematico come avrebbe più correttamente detto
de Santillana, è possibile solo tenendo in considerazione due elementi:
1. Parmenide deve essere visto come uno dei matematici e astronomi migliori della sua
epoca
156
, in quanto egli sarebbe stato il primo a classificare le figure in rettilinee,
curvilinee e mistilinee
157
; a insegnare la divisione in cinque zone del globo terracqueo;
153
A. Capizzi, Introduzione a Parmenide, Laterza, Bari 1975, p. 106.
154
Platone mostra, attraverso le parole dello Straniero che il discorso falso è possibile solo se ciò che non è sia,
mentre Parmenide aveva fortemente imposto il divieto di dire che ciò che non è sia e ciò che è non sia. Come
scrive Centrone: “Dietro questa posizione parmenidea è riconoscibile la commistione, fortemente operante nel
pensiero arcaico, di verità e realtà. Ciò che è, è anche vero, dove la verità è ancora una proprietà delle cose
piuttosto che del giudizio che su di esse vene pronunciato.”(Cfr. Platone, Sofista, traduzione e cura di B.
Centrone, Einaudi, Torino 2008, p. xviii).
155
G. de Santillana, Le origini del pensiero scientifico, trad. di G. De Angelis, cit., p. 103, corsivo mio.
156
Su questo punto si sofferma anche il curatore, il quale afferma che spesso non si fa nemmeno caso al
grande contributo che Parmenide avrebbe dato alla scienza, poiché la maggior parte dei manuali si arresta
solamente a descrivere le conseguenze metafisiche dell'opera del filosofo eleatico. La sua visione dell'Essere è
di tipo epistemologico – scientifica, intendendo quindi che, con il termine “Essere”, venga ad affermarsi una
uguaglianza, del tipo X=Y , per cui ogni elemento è uguale ad un altro, dando vita a una idea totalizzante della
realtà (Cfr. Parmenide, Poema sulla Natura, a cura di G. Cerri, Bur, Milano 1999).
157
G. de Santillana, Fato Antico e Fato moderno, trad. di A. Passi e R. Mastromattei, Adelphi, Milano 1985, p.
104.
57
a identificare nella Stella del Mattino e nella Stella della Sera un unico pianeta
(Venere).
2. Il poema va letto anche in chiave astronomica, poiché vi sono numerosi richiami sia
nella Via della Verità – dove alcuni elementi come “porte, pilastri, νύσσαι, metae,
portae solis, riconducono sempre a solstizi ed equinozi.”
158
– sia nella Via
dell'Opinione, il tutto tenuto insieme dalla “capacità sinottica dell'astronomia arcaica,
che era in grado di cogliere le cangianti posizioni dei punti luminosi come una traccia
completa sulla sfera.”
159160
.
Una volta compresi questi due punti, sarà possibile analizzare perché il tanto famigerato
Essere, che ha dato da pensare anche ai filosofi del XX secolo, non sia altro che il puro spazio
geometrico e quindi un qualcosa di totalmente differente da ciò che finora è stato descritto.
Anzi, dopo l'interpretazione di de Santillana, l'Essere non sarà che qualcosa d'altro, proprio
come una variabile, e questo perché i Greci non avevano un termine per poter esprimere un
concetto, quello di spazio, che a noi risulta comunissimo.
Lo strumento logico che Parmenide avrebbe utilizzato, stando a quanto riporta lo storico
della scienza, è quello di Ragion Sufficiente o Principio di Simmetria, che afferma che “effetti
simmetrici o, più genericamente, cause intrinsecamente indistinguibili, non possono, quando
sono considerate per sé stesse, produrre effetti distinguibili.”
161
. Applicando tale principio sia
al tempo sia allo spazio si ha come risultato che: per quanto riguarda il primo, l'Essere debba
possedere un rapporto uguale con tutti i punti di tempo, ovvero, esso o sussiste per tutti o per
nessuno, ma nel caso sussistesse per tutti, non dovrebbe essere possibile distinguere un punto
dall'altro, per questo motivo è possibile dire che esso sia eterno, dato che non è possibile
158
Ivi, p. 105.
159
Ivi, p. 107.
160
Qui Popper dà la sua opinione su cosa fosse Parmenide: “a cosmologist§” e sarebbe possibile leggere la
stessa suddivisione del poema in chiave cosmologica: “Thus I submit that the Way of Truth contains a
cosmology: it reveals the real truth about the real cosmos, the real order of the world, while the Way of Opinion
describes what turns to be a deceptive likeness of the truth, which falls far short of the truth, and thus may be
described as an illusion” (Cfr. K. Popper, The World of Parmenides: Essays on the Presocratic Enlightenment,
Routledge, Londra e New York 1998, p. 111).
161
G. de Santillana, Fato Antico e Fato moderno, trad. di A. Passi e R. Mastromattei, cit., p. 109.
58
separare nettamente il punto di origine temporale dagli altri. Applicato allo spazio, si viene a
scoprire che esso debba avere tre caratteristiche, tipiche dello spazio euclideo: continuità;
omogeneità, dunque esso deve essere lo stesso ovunque, cosicché non sia possibile alterare le
proprietà geometriche di un corpo, spostandosi nello spazio; isotropia, vale a dire uno spazio
uguale in tutte le direzioni. Semplificando: “se ci si trova nello spazio geometrico, deve
essere impossibile sapere dove si è o in quale direzione si sta guardando.”
162
.
Parmenide, con il suo poema, si pone a cavallo tra due tradizioni. Quella ionica, che
identificava l'arché, il principio primo nella materia, e, d'altra parte, quella pitagorica che
intravedeva nel numero e nella coppia Limite/Illimite i punti salienti. “Parmenide, trovandosi
alla confluenza delle due tradizioni, fu il primo a capire che i due problemi erano in realtà uno
solo”
163
: con l'attribuzione del puro spazio geometrico a quella x, espressa come variabile al
posto del termine “Essere”, è possibile ovviare al problema posto dagli Ionici e dal
pitagorismo: come è possibile far sì che qualcosa sia allo stesso tempo sostrato e oggetto?
Con lo spazio puramente geometrico è possibile immaginare sia il contenitore (lo spazio puro),
sia ciò che è contenuto (le proprietà spaziali accidentali), poiché “Questo concetto non
comporta misure o grandezze o luoghi o un «grande-e-piccolo», ma soltanto relazioni, tutte le
relazioni che esistono”
164
: Parmenide non proietta simboli dell'eternità nella materia, ma “è
arrivato al punto di dover cercare di proiettare la struttura astratta dell'eternità”
165
. L'immagine
che Parmenide usa per descrivere la forma dell'Essere è la sfera, che de Santillana, questa
volta d'accordo con Calogero, immagina possa essere di raggio infinito, che porterebbe a
confermare sia la continuità dell'Essere, sia il suo essere limitato, altrimenti “se fosse privo di
un limite sarebbe privo di tutto”
166
.
162
Ivi, p. 110.
163
G. de Santillana, Le origini del pensiero scientifico. Da Anassimandro a Proclo 600 a. C. - 500 d.C., trad. di G.
de Angelis, cit., p. 105.
164
G. de Santillana, Fato Antico e Fato moderno, trad. di A. Passi e R.Mastromattei, cit., p. 116.
165
Ivi, p. 115.
166
Ivi, p. 124.
59
Dunque, dopo aver caratterizzato cosa è l'Essere e inteso come puro spazio geometrico, de
Santillana cerca di collegare le due parti del poema, la Via della Verità e la Via dell'Opinione:
la prima appartiene al regno della matematica, o del Geometra, il quale, mentre scrive un
teorema, non ha alcun interlocutore se non la “verità” stessa, in accordo con la “verità” del
teorema. Eppure, proprio da questo teorema, è l'Altro a beneficiare dei risultati della
geometria: “E tuttavia egli [il Geometra] genererà la medesima libertà nell'Altro che partecipa
della sua verità.”
167
. L'altra via, invece, è quella percorsa dalla fisica, nella quale è possibile
per l'uomo dare dei nomi agli eventi che accadono: è il regno del mutamento, del
cambiamento
168
, una “via della Legge che è incertezza, limitazione, scelta, decisione, ciò che
gli uomini possono fare.”
169
. In ultima analisi, le due Vie sono intrinsecamente legate e
sarebbe impossibile scinderle, altrimenti verrebbe meno la coerenza del sistema dell'universo,
il quale si basa sul connubio tra matematica e fisica, assi portanti di quel “cosmo” tanto caro
ai Greci.
Proprio il cosmo, legato indissolubilmente al mito e al Tempo, sarà l'argomento del
prossimo capitolo, in cui verrà analizzata l'ultima grande opera di de Santillana, Il Mulino di
Amleto, realizzato con la collaborazione di Hertha von Dechend: è questo il lavoro in cui le
sue ricerche sul mito e sull'astronomia convergono e danno vita a una interpretazione alquanto
particolare della struttura dell'Universo, dove protagonista assoluto è il Tempo.
167
Ivi, p. 125.
168
Per Popper, Parmenide, come riportato nella nota 88, è un cosmologo poiché il suo più grande problema non è
dettato dalla copula “è”, ma dalla possibilità del cambiamento: “We can explain Parmenides' problem as the
problem of whether our World is changing universe or a dead block universe”. (Cfr. K. Popper, The World of
Parmenides: Essays on the Presocratic Enlightenment, cit., p. 114).
169
G. de Santillana, Fato Antico e Fato moderno, trad. di A. Passi e R. Mastromattei, cit., p. 128.