Società rurale e vita amministrativa nel pontremolese nel secondo ottocento
Posizionata tra gli Appennini, le Alpi Apuane e il Mar Ligure, la Lunigiana vide nei secoli numerose popolazioni, eserciti e dominatori. In questa valle del fiume Magra si dice che passò Annibale diretto a Roma con i suoi elefanti, qui abitarono popoli di cui poco si sa, se non che si chiamassero Liguri. Sappiamo per certo, invece, del lucchese Castruccio Castracani e del suo muro di Cazzaguerra, posto a Pontremoli nel medioevo per impedire gli scontri tra la parte alta del borgo, guelfa, e quella bassa di orientamento ghibellino. Sempre qui, sul finire del XV secolo, il re di Francia Carlo VIII, offeso perché mentre si recava a Roma non gli era stata concessa l’entrata in città, per ripicca aveva fatto incendiare Pontremoli, mandando in fumo secoli di storia presenti negli archivi bruciati. Non solo Pontremoli, la Lunigiana intera nella storia moderna conosce diverse dominazioni: Firenze, i genovesi Brignole-Sale, gli Este di Modena, i Borbone di Parma. Eppure, a differenza di regioni che portano il segno di ogni singolo padrone, in Lunigiana tutto sembra essere scorso lasciando poche e silenziose tracce. Certo, soprattutto a Pontremoli, Bagnone e Fivizzano le vestigia di un rigoglioso passato sono visibili, ma il fatto che il simbolo di questa terra siano le Statue Stele1, menhir degli antichi Liguri, e il nome Lunigiana derivi da Luni, città romana presso Sarzana distrutta nel IX secolo dai Vichinghi, porta a pensare che i tanti dominatori che ebbe lasciarono poche tracce del loro passaggio. Terra di tutti e di nessuno, la Lunigiana si trovò all’indomani della nascita dello Stato Italiano senza una precisa identità, in balìa di politici che non avevano le idee chiare su dove inserirla nel nuovo scacchiere amministrativo. E fu così che fu inclusa nella provincia che meno di tutte preferiva, quella città di Massa che non era nemmeno facile da raggiungere per la mancanza di collegamenti. La Lunigiana non è terra fortunata. Qui i vigneti non producono il vino di qualità come in Toscana, la terra coltivabile è poca per via delle montagne e per giunta non sempre ha una buona fertilità. Altro la natura non offre, se non le castagne, che hanno permesso la vita a generazioni di lunigianesi. Forse il motivo per cui i dominatori lasciarono così poco sta proprio nella scarsa importanza che diedero ad una terra che aveva ottime caratteristiche geografiche, essendo al confine tra tre regioni, ma poco si offriva allo sfruttamento economico. La regione crebbe così in apatia e pur conoscendo periodi di prosperità dovuti al commercio, rimase arretrata rispetto a chi aveva intorno. Nel 1861, sebbene ormai da qualche decennio il feudalesimo era terminato, la Val di Magra rimaneva ancorata alla vita feudale, i cui prodromi erano visibili nel mantenimento di un sistema mezzadrile basato non sul patto colonico, ma sulle consuetudini. La ricerca storica che affronteremo in queste pagine ha come localizzazione il territorio più a nord della Val di Magra, quella parte geografica che fino alla soppressione della struttura burocratica nel 1927.
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Informazioni tesi
Autore: | Matteo Bassioni |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Parma |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Storia contemporanea |
Relatore: | Antonio Parisella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 145 |
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