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La Bellezza tra metafisica ed antropologia in Schiller

«La bellezza salverà il mondo.»
L'idiota, Fëdor Michajlovic Dostoevskij.

Un'affermazione, un enigma, molteplici interpretazioni, infiniti significati.
Ed è proprio questo velum misterioso che avvolge la bellezza, questo concetto tanto nobile, seducente e agognato in quanto meta di riscatto sociale, etico-estetico, che Schiller vuole rimuovere. Con tutta l'accortezza e la delicatezza di cui egli era capace, in veste di artista, filosofo, storico e medico, che facevano di lui un osservatore attento e acuto cui nulla sfuggiva, che voleva andare sempre oltre per arrivare alla cosa stessa, al fine di trovare un porto sicuro, un'ancora esistenziale a cui potersi aggrappare saldamente e totalmente. L'integrità è la bandiera del suo vascello, che non vuole tralasciare nulla e che non abbandonerà mai la sua ricerca del ganzen Mensch, attraverso un percorso sospeso tra una metafisica di stampo platonico a cui non rinuncerà mai, che sarà sempre il suo ponte verso il sogno di un mondo e di un uomo ideali, a tratti irrealizzabili, e una visione antropologica, che rappresenta l'altra faccia della medaglia, il lato "bello" e positivo di una realtà già presente, di un uomo che, nonostante le sue drammatiche scissioni, ha superato se stesso. Tutto in Schiller è tensione degli opposti: il suo vissuto, la sua formazione intellettuale, la sua filosofia. L'obiettivo della sua vita sarà quello di risanare questa tensione, di trovare un'armonia che permetta all'uomo di ritrovarsi e di congiungere tutte le parti apparentemente eteronome che lo compongono. E l'unica soluzione che gli si profila davanti è la dimensione della bellezza. Sembra una soluzione agognata di un romantico, e Schiller lo era. Faceva parte del movimento dello Sturm und Drang, in quanto scrittore, drammaturgo e poeta, di cui faceva parte anche l'amico Goethe, era cultore della figura di William Shakespeare, uno dei suoi scrittori preferiti, di cui citava spesso passi delle opere, e si collocava anche all'interno del movimento della Popularphilosopohieilluministica, che comprendeva quelle singolari figure di medici-filosofi, fra cui Schiller si annoverava. Ma il filo conduttore che teneva insieme la "trama schilleriana" era quello della libertà e la bellezza ne era la manifestazione più tangibile. Ovunque, ci fosse bellezza s'intravedeva la libertà, e l'uomo, per Schiller, doveva essere libero, libero di essere pienamente se stesso, senza subordinarsi a nessuna delle sue componenti.

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1 Introduzione. La bellezza salverà il mondo. L’idiota, Fëdor Michajlovic Dostoevskij. Un’affermazione, un enigma, molteplici interpretazioni, infiniti significati. Ed è proprio questo velum misterioso che avvolge la bellezza, questo concetto tanto nobile, seducente e agognato in quanto meta di riscatto sociale, etico-estetico, che Schiller vuole rimuovere. Con tutta l’accortezza e la delicatezza di cui egli era capace, in veste di artista, filosofo, storico e medico, che facevano di lui un osservatore attento e acuto cui nulla sfuggiva, che voleva andare sempre oltre per arrivare alla cosa stessa, al fine di trovare un porto sicuro, un’ancora esistenziale a cui potersi aggrappare saldamente e totalmente. L’integrità è la bandiera del suo vascello, che non vuole tralasciare nulla e che non abbandonerà mai la sua ricerca del ganzen Mensch, attraverso un percorso sospeso tra una metafisica di stampo platonico a cui non rinuncerà mai, che sarà sempre il suo ponte verso il sogno di un mondo e di un uomo ideali, a tratti irrealizzabili, e una visione antropologica, che rappresenta l’altra faccia della medaglia, il lato “bello” e positivo di una realtà già presente, di un uomo che, nonostante le sue drammatiche scissioni, ha superato se stesso. Tutto in Schiller è tensione degli opposti: il suo vissuto, la sua formazione intellettuale, la sua filosofia. L’obiettivo della sua vita sarà quello di risanare questa tensione, di trovare un’armonia che permetta all’uomo di ritrovarsi e di congiungere tutte le parti apparentemente eteronome che lo compongono. E l’unica soluzione che gli si profila davanti è la dimensione della bellezza. Sembra una soluzione agognata di un romantico, e Schiller lo era. Faceva parte del movimento dello Sturm und Drang, in quanto scrittore, drammaturgo e poeta, di cui faceva parte anche l’amico Goethe, era cultore della figura di William Shakespeare, uno dei suoi scrittori preferiti, di cui citava spesso passi delle opere, e si collocava anche all’interno del movimento della Popularphilosopohie illuministica, che comprendeva quelle singolari figure di medici-filosofi, fra cui Schiller si annoverava. Ma il filo conduttore che teneva insieme la “trama schilleriana” era quello della libertà e la bellezza ne era la manifestazione più tangibile. Ovunque, ci fosse bellezza s’intravedeva la libertà, e l’uomo, per Schiller, doveva essere libero, libero di essere pienamente se stesso, senza subordinarsi a nessuna delle sue componenti. Quest’aspirazione era dovuta alla constatazione di un assunto amaro, derivato dall’analisi dell’epoca a lui contemporanea, in cui l’individuo stava vivendo un momento di scissione,

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Vassallo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Salvatore Tedesco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 37

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Parole chiave

estetica
libertà
kant
filosofia
sensibilità
bellezza
schiller
categoria
educazione estetica
popularphilosopohie

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