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La Lega Democratica e "Appunti". Un percorso incompiuto della democrazia italiana.

Nella mia tesi di laurea mi sono posto il compito di ricostruire il percorso storico della Lega Democratica, con uno sguardo sempre attento agli avvenimenti politici dell'Italia contemporanea.
Nel 1976, un'assemblea riunì a Roma diversi esponenti del cattolicesimo democratico, dell'ala sinistra della Democrazia Cristiana, dei cosiddetti “cattolici del no” che avevano votato contro l'abrogazione della legge sul divorzio nel referendum del 1974, e molti altri.
Questi uomini politici, accademici, imprenditori, giornalisti, sindacalisti, esponenti del laicato cattolico ma non solo, diedero vita alla Lega Democratica, legalmente strutturata in cooperativa. Tra di essi, i nomi di spicco erano certamente quelli di Pietro Scoppola, Achille Ardigò, i fratelli Prodi, Ermanno Gorrieri, i coniugi Gaiotti e Paolo Giuntella.
La Lega si prefisse lo scopo di fare formazione ed educazione alla politica, in posizione esterna rispetto ai partiti, per essere coscienza critica della Dc (che necessitava di una riforma interna), ma anche del Pci, del Psi e degli altri partiti italiani: la Lega voleva portare una nuova idea di politica, che liberasse le istituzioni dalla lottizzazione partitica e si concentrasse sulle riforme di sistema e sulla risoluzione dei problemi del Paese attraverso un approccio scevro da condizionamenti e diretto alla promozione del bene comune.
Nei primi anni, la Lega diede il suo supporto alla segreteria Zaccagnini nella Dc, per portare avanti il progetto politico di Aldo Moro, anche dopo il suo assassinio, cioè la strategia di avvicinamento del Pci all'area di governo, per condividere col maggior partito d'opposizione le riforme necessarie al Paese. Si iniziò a pubblicare anche un mensile, “Appunti di cultura e di politica”. Dopo l'avvento di Piccoli quale segretario, nel 1980, e il conseguente abbandono del progetto moroteo, la Lega si concentrò sulla promozione delle sue proposte, attraverso incontri e seminari in tutta Italia. Nel 1981 nacque così la prima scuola di formazione estiva. Il gruppo dei giovani della Lega Democratica, molto attivo sotto la guida di Paolo Giuntella, si riunirono nell'associazione Rosa Bianca e spinsero affinchè anche la Lega divenisse associazione a tutti gli effetti, per darsi una presenza e una promozione capillare sul territorio.
Purtroppo, questi sforzi furono vani, e nel frattempo la Dc aveva perso la guida del governo, prima in favore del repubblicano Spadolini e poi del socialista Craxi, il quale, con la sua azione politica, portò una serie di domande e dubbi all'interno della Lega: era lecito per la Dc allearsi con questi socialisti? Era eticamente avallabile la politica economica neoliberista? Il sistema era sempre più corrotto e le riforme tardavano: che tipo di appoggio dare al nuovo segretario Dc De Mita?
L'associazione Lega Democratica fu sciolta nel 1987, e di lì a poco gli eventi politici ne dispersero i membri. Dopo la caduta del muro di Berlino e la disgregazione degli storici partiti italiani, alcuni si dedicarono alla fondazione del Pds, altri appoggiarono il nuovo Partito Popolare, i giovani soprattutto si impegnarono nella Rete. A metà degli anni '90, una nuova speranza sembrava affacciarsi, quando Romano Prodi, cresciuto nella Lega Democratica, prese la guida del governo con la coalizione dell'Ulivo, ma l'immaturità della sinistra italiana riconsegnò il Paese alla destra per ben due volte.
Oggi il cattolicesimo democratico è orfano dei suoi più illustri rappresentanti, ma esiste ancora come idea viva della politica, sebbene estremamente minoritaria. L'associazione Rosa Bianca continua la sua tradizione di scuole estive di formazione politica, e “Appunti” è ancora pubblicato dall'associazione Città dell'Uomo, fondata da Giuseppe Lazzati. Certamente la Lega Democratica fallì, perchè rimase un'esperienza troppo elitaria e perchè i contrasti interni (Scoppola/Ardigò, degasperiani/dossettiani) la portarono alla paralisi dell'azione, ma oggi è necessario più che mai riprendere i concetti che essa propugnava, i temi che con grande precorrenza dei tempi aveva affrontato e il desiderio di mettersi al servizio del bene comune.

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DEDICA E INTRODUZIONE Questa tesi di laurea è dedicata a Paolo Giuntella. Io non l'ho mai conosciuto, ma ne sono rimasto rapito. È successo tutto molto in fretta, non ricordo bene i vari passaggi. Ricordo che mi ero discostato dalla politica attiva, per tornare indietro, alla politica pensata. Ho iniziato a leggere Rosmini, Dossetti, Lazzati. Ho scoperto due riviste: “Il Margine” (e bacio con amore chi mi regalò l'abbonamento) e “Appunti di cultura e politica”. E così, poco alla volta, è montata la curiosità per questo mondo del cattolicesimo democratico, e ho scoperto che molte persone che mi circondavano, a vario titolo, ne facevano parte, arrivavano da lì, c'erano ancora dentro fino al collo e ci credevano. Poi morì Paolo Giuntella. Devo confessare che non sapevo nemmeno chi fosse, non mi ricordavo neanche il suo viso o i suoi servizi al Tg 1. Ma poi sul Margine comparve il programma della scuola estiva della Rosa Bianca, e decisi di lanciarmi anche in quella avventura, alla scoperta di quella associazione. Ricordo ancora l'accoglienza di Grazia Villa e Fabio Caneri: mi aspettavo dei giorni seri e formali, avevo anche un po' di timore, ma subito tutto si rivelò infondato. L'approccio fu amichevole, disinteressato, spiazzante ma confortante. La scuola fu interessante, ma ancora di più lo furono le conoscenze, le amicizie che incontrai, che proseguono ancora oggi. Vi risparmio i dettagli (chi lo conosce può immaginarli) del divertente incontro con Giovanni Colombo: anche lui sarebbe diventato un interlocutore con cui condividere idee e proposte. E poi ci fu la serata di commemorazione per Paolo. Mi ritrovai a bocca aperta. Non solo per i ricordi degli amici, della moglie, mai tristi, sempre decisi, colmi di felicità e speranza. Non solo per le memorie, quanto per la festa: non fu una commemorazione funebre, fu una vera e propria celebrazione della vita, un'esplosione di gioia incontrollata, senza vergogna, senza freni, solo musica e canti, cibo e bevande, regali e risate, e su tutti Paolo, col suo cappello panama e il suo grande sorriso. Ho capito la forza di Paolo, quello che aveva dovuto rappresentare per tutte le persone che erano lì e che l'avevano conosciuto, quello che ancora doveva significare per chi, come me, non l'aveva mai incontrato, ma sentiva di averlo sempre frequentato nelle proprie idee, nei propri sogni, nelle proprie fatiche, perchè lui le aveva condivise tutte. 6

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