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Nietzsche Renaissance in Italia

I critici di cui mi occupo in questo lavoro si inseriscono nelle linee di interpretazione aperte nel secondo dopoguerra dalle letture dei maggiori filosofi in chiave esistenzialista, strutturalista e ermeneutica del pensiero di Nietzsche.
Nel I capitolo affronterò la questione di come i principali interpreti italiani del pensiero di Nietzsche si siano rapportati con l’interpretazione heideggeriana, accettandola in modo totale o parziale o rifutandola del tutto, dunque al suo superamento del pensiero platonico-cristiano, del nichilismo e della distruzione della soggettività (fondamentale in tutte le principali letture di Nietzsche del secondo dopoguerra). Nel II capitolo mi occuperò di come sia stato interpretato l’importante rapporto di Nietzsche coi greci, che ha interessato in particolare Masini e Colli: dunque del significato della tragedia, il rapporto tra la concezione nietzschiana dell’eterno ritorno e la concezione greca della ciclicità eterna del tempo immanente e il rapporto con la filosofia di Eraclito, il pensatore dell’antichità al quale Nietzsche si considerava più vicino. Entro questo ambito si parlerà anche dell’ampia questione del rapporto con la dialettica, dove si contrapporrà il pensiero di filosofi sostenitori dell’idea di un Nietzsche totalmente antidialettico (come afferma Cacciari, il quale, riconducendo tutta la tematica della volontà di potenza al piano epistemologico, vede sorgere la nascita di un pensiero creativo di valori, come la volontà di potenza, dalle ceneri della dialettica) e chi invece, come Colli, riconduce l’ottica “agonale e distruttiva” di Nietzsche alla dimensione del concetto della dialettica presso i presocratici, anch’essa dotata di potenza distruttiva. Il III capitolo sarà dedicato alle interpretazioni “politiche” del pensiero di Nietzsche: alle distorsioni del nazismo, ai fraintendimenti delle interpretazioni marxiste, come quella di Lukács, e alla risposta che ad esse ha tentato di dare Vattimo che sulla scia di Deleuze ha visto, in un Nietzsche antidialettico e oltrepassatore della dialettica, un suo materialismo consistente in un’affermazione antimetafisica del reale da intendere come “teoria della rivoluzione”. Nel IV capitolo parlerò del significato della morte di Dio e del rapporto di Nietzsche con la religione cristiana e la redenzione dal peccato “al di là del bene e del male”.
Il V capitolo sarà dedicato alle discussioni sul nichilismo, il suo accadere nella storia e nella metafisica e il suo superamento nell’accettazione “positiva” nel pensiero dell’eterno ritorno cioè del passaggio da quella che Vattimo considera la “struttura edipica del tempo” caratterizzante il pensiero metafisico, al pensiero genealogico. Il superamento del nichilismo europeo (per Masini, incarnato dall’uomo dell’utilitarismo di Mill) e il nichilismo come stato psicologico basato sull’insostenibilità di una visione della vita basata sulla finalità. Il VI infine parlerà del rapporto con l’arte, della tragedia intesa come “necessità della catastrofe” (Hörderlin) e del legame tra la filosofia nietzschiana e le avanguardie artistiche del 900, la letteratura di Thomas Mann e l’espressionismo, di cui si sono occupati Masini e Vattimo. Seguirà un’appendice sulla traduzione e le edizioni critiche dei testi nietzschiani in Italia curate dal germanista Mazzino Montinari e il filosofo Giorgio Colli.

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1 Nietzsche pensatore metafisico? Critiche all’interpretazione heideggeriana «No. La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo invece più ricca, più desiderabile e misteriosa – da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza – e non un dovere, una finalità, non una frode [...]. La vita come mezzo della conoscenza: con questo principio nel cuore si può soltanto valorosamente, ma perfino gioiosamente vivere e gioiosamente ridere. E chi saprebbe ridere e vivere bene, senza intendersi prima di guerra e di vittoria? » (La Gaia Scienza) 1.Introduzione. Studiare Heidegger attraverso il suo rapporto con la filosofia di Nietzsche Gli autori presi in esame in questo capitolo si sono cimentati nello studio della fondamentale critica heideggeriana della filosofia di Nietzsche, interrogandosi, innanzitutto, sulla validità di un’interpretazione volutamente e «dichiaratamente» forzata che, se da un lato permette di far luce e comprendere il pensiero del critico stesso, dall’altro lato rischia, com’è ovvio, di attribuire al filosofo significati non voluti del suo pensiero; complice di ciò è anche, e soprattutto, l’ermetico linguaggio nietzschiano che sotto la sua apparente semplicità, rischia di dar luogo a letture troppo schematiche. Tra le questioni fondamentali dibattute dagli autori considerati, si trova l’accusa fatta a Nietzsche di non costituire con la sua filosofia altro che l’estrema propaggine del soggettivismo cartesiano nonché il tentativo heideggeriano, funzionale alla sua propria filosofia, di attribuire a Nietzsche un impianto di pensiero sistematico e organico, tale da considerarsi il punto di arrivo della metafisica, inteso, più che come il suo tramonto, come il suo culmine e la sua massima espressione : la filosofia della Volontà di potenza intesa, insomma, come il luogo in cui la metafisica è giunta alla sua massima consapevolezza e al limite del suo superamento. Il primo degli autori discussi è Giorgio Penzo, per il quale lo studio di Heidegger e Nietzsche è necessario al suo proprio tentativo di superamento della filosofia moderna e del cartesianesimo: secondo Penzo nei due autori si apre lo spazio per una nuova apparizione del Dio cristiano, il cui ruolo fondamentale, tematizzato dal pensiero dei filosofi della Scolastica, fu spazzato via e messo in discussione dalla «rivoluzione» del dubbio cartesiano e dall’approdo del pensiero all’«ego cogito» che, ponendo tutto il

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Parole chiave

cacciari
critica italiana
ferraris
filosofia antica
foucault
freud
heidegger
metafisica
nietzsche
vattimo

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