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Economia e notizie: dal boom economico al declino. L'evoluzione della notizia economica nel giornalismo italiano.

E’ innegabile che il modo in cui oggi si fa informazione sia radicalmente cambiato. Le nuove tecnologie, i nuovi modelli psicologici alla base delle teorie della comunicazione, la velocità con cui l’informazione può arrivare a noi ha radicalmente cambiato il mondo sociale che ci circonda; ne abbiamo molti esempi. Nel settore dell’informazione, uno dei campi in cui ciò si dimostra più vero, è sicuramente quello che riguarda l’economia: non solo perché oggi questa disciplina regola i meccanismi mondiali, ma perché è venuta a convergere con le nuove tecnologie multimediali, che l’hanno trasformata in “economia digitale”.
Ripercorrendo la storia dell’informazione economica, questo studio è partito dai primordi del giornalismo economico in Italia, dagli anni ’50 e dalla nascita de Il Giorno, primo quotidiano ad avere una vera e propria sezione dedicata alle notizie economiche. Ha attraversato i suoi due boom: quello degli anni ’50 e dei temi macroeconomici, e quello degli anni ’70, durante il quale era il cittadino ad essere al centro degli eventi economici.
Lo studio ha preso in esame anche la situazione dell’informazione economica in altri Paesi del mondo (Germania, Inghilterra e Stati Uniti) dove essa primeggia, al fine di dare un quadro completo delle influenze che si sono avute sul giornalismo economico-finanziario italiano.
L’analisi è giunta fino ai giorni nostri ed all’attuale situazione dell’informazione economica in Italia: più spazio sulla carta stampata, il quotidiano di settore che diventa il primo in Europa (Il Sole 24 ORE), portali web interamente dedicati all’economia ed alla finanza, trasmissioni ad hoc in radio e tv, ed addirittura radio e tv (cioè interi network) dedicate a questa materia. E poi l’esplosione della New Economy, con le Information and Communication Technologies (ICT) che pervadono e trasformano il mondo dei media, connettendo l’intero globo attraverso la Rete (Internet) e rendendo qualsiasi azione e qualsiasi notizia immediata. Una rivoluzione vera e propria per l’economia globale, che vive della velocità e dell’immediatezza delle notizie che la riguardano.
Questo il punto di partenza dello studio, che poi è proseguito seguendo due binari paralleli: uno teorico, che dal punto di vista giornalistico ha passato in rassegna le caratteristiche dell’informazione economica: dai suoi temi alle differenze con il giornalismo “ordinario”; dalle sue tecniche di newsmaking alle fonti, passando attraverso le norme legislative che oggi regolano l’informazione economica, sino ad arrivare al suo linguaggio.
E poi l’altro binario, quello sperimentale che partendo da ipotesi di ricerca ben precise (appurare il processo evolutivo della notizia economica e capire quale percorso essa abbia compiuto) ha cercato di dimostrare, attraverso l’analisi del contenuto e lo studio del linguaggio della notizia economica, che una nuova fase, nel processo di sviluppo dell’informazione economica, è iniziata.

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1 PREMESSA “Le vicende Cirio e Parmalat non sono servite a niente. Non c'è rimorso e non c'è vergogna per i bancarottieri Dopo la fine della storia annunciata da Francis Fukuyama e quella della politica, documentata dalle riunioni parlamentari, si avvicina anche quella della informazione, che si manifesta con la difficoltà crescente di leggere un quotidiano. Giornali composti da sezioni incomunicabili e con linguaggi diversi da pagina a pagina, spesso in un pidgin di inglese specialistico anche quando si tratta di raccontare le le cose più banali. Dicono che questo è l'effetto della rivoluzione tecnologica e del globalismo: bisogna fare da specchio al mondo com'è e come cambia, usare un pidgin inglese che va bene per tutti i paesi, e soprattutto bisogna permettere ai padroni di superare la censura con l'incomunicabilità. Non faccio del dietrismo, non riscopro il giornalismo delle multinazionali. Ma insomma, fu una decina di anni fa che da uomo del mestiere mi accorsi che qualcosa stava cambiando, soprattutto nell'informazione economica. Si andava gradualmente passando dal giornalismo economico comprensibile, raccontabile, da noi inventato da Eugenio Scalfari per 'L'Espresso', a uno per esperti, in grado di capire il nuovo linguaggio, specialistico e allusivo. Non si trattava di un mutamento casuale, ma del mutamento storico del capitalismo in cui alla vecchia classe padronale, che lasciava ai giornalisti la gestione dell'informazione, era succeduta quella dei manager che volevano gestirla loro come già gestivano la finanza. Per anni stupito e incredulo ho cercato di capire il potere che i manager avevano di trasformare un'antica istituzione come quella della stampa; eppure stavano facendolo sotto i miei occhi, cambiavano il modo di scrivere, di pensare, convincevano con l'arte della imitazione ad adottare il pidgin inglese, le pagine economiche diventavano mano a mano sempre più specialistiche. Alla necessità di una informazione tecnica e globalistica si è aggiunta anche una necessità di potere, la necessità, dicevo, di superare la censura non compatibile con la modernità, con l'ermetismo. Facciamo degli esempi concreti su come da noi, ma anche altrove, il giornalismo dei manager ha digerito i suoi scandali grazie all'informazione abbondante, ma incomprensibile. Sugli scandali Parmalat e Cirio sono state scritte decine di migliaia di pagine, ma nessuno ha capito come siano stati possibili e nessuno capisce come sia possibile la ricostruzione delle aziende negli stessi modi, con le stesse complicità che sono durate per decenni. Sono stati cambiati i controlli pubblici che non si accorgevano di niente? È stato cambiato in modo corretto il reato di falso in bilancio? Sono stati eliminati i paradisi fiscali che permettevano ai bancarottieri di accendere nuovi debiti, di stampare altre carte false? Sono state rese impossibili le relazioni amichevoli fra uomini politici e i manager? Esattamente il contrario: gli uomini politici e i manager di comune accordo si sono impadroniti dello Stato, usano i suoi beni e i suoi poteri con la televisione per arricchimenti personali. Non è più vero, forse non lo è mai stato che, oportet ut scandala eveniant, lo scandalo Parmalat non è servito a niente, alcune tipografie di Parma stampavano i bond falsi e tutta la direzione lo sapeva. Non c'è rimorso e non c'è vergogna per i bancarottieri e il loro tacito recupero avviene giorno per giorno, i loro delitti non sono considerati tali, aver rubato il denaro pubblico, avere usato a fini personali il denaro pubblico è normale, è la pratica usuale di chi ci governa. L'informazione e la blindatura di questa cooperativa della illegalità e il sistema delle querele è la garanzia finale delle richieste miliardarie per diffamazione.” (Giorgio Bocca) 1 Tutto ciò che segue ha preso spunto da qui. 1 Giorgio Bocca, www.espressoonline.it

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