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INTRODUZIONE
E’ innegabile che il modo in cui oggi si fa informazione sia radicalmente cambiato. Le nuove
tecnologie, i nuovi modelli psicologici alla base delle teorie della comunicazione, la velocità con
cui l’informazione può arrivare a noi ha radicalmente cambiato il mondo sociale che ci
circonda; ne abbiamo molti esempi. Nel settore dell’informazione, uno dei campi in cui ciò si
dimostra più vero, è sicuramente quello che riguarda l’economia. Non solo perché oggi questa
disciplina regola i meccanismi mondiali, ma perché è venuta a convergere con le nuove
tecnologie digitali e multimediali, che l’hanno trasformata in “economia digitale”. Economia
digitale che significa e-commerce, ma che significa anche pervasività totale del campo sociale.
L’economia è sempre stata uno dei pilastri del nostro mondo sociale. Come ci dimostra la
storia, in ogni epoca abbiamo traccia di bollettini di merci e scambi commerciali, mentre il
commercio è stato il mezzo attraverso cui grandi civiltà sono venute a confronto e usi e
costumi sono dilagati da una parte all’altra del globo: il commercio era già in sè una forma di
comunicazione.
Con la nascita della stampa ed il riconoscimento del diritto all’informazione, l’economia diventa
uno dei temi centrali nell’agenda quotidiana. Ma non per tutti: proprio quando Taylor e Keynes
diffondono le loro teorie, l’economia diventa “argomento d’elite”. I primi giornali, composti solo
da quattro fogli, prima dell’avvento della penny press, sono bollettini economici, che
comunicano ai ricchi possidenti e a coloro che commerciano con l’estero gli sbarchi delle merci.
Da allora di strada il giornalismo economico ne ha fatta.
Da Paul Julius Reuters, che nel 1851 crea la prima agenzia economica al mondo e trasmette
le quotazioni di Borsa dalla Francia alla Germania utilizzando i piccioni viaggiatori; al 1888
quando a Londra viene fondato il Financial Times che cambia il modo di trattare la notizia
economica; al 1965, quando, dopo la seconda guerra mondiale Il Sole, quotidiano economico
nazionale fondato nel 1865, si fonde con 24 Ore, nato nel 1946 e dà vita al primo quotidiano
specialistico italiano, che presto diventerà il primo anche in Europa. Oggi la domanda di
informazione economica continua a crescere, a causa della globalizzazione del mercato e della
conseguente globalizzazione dell’informazione, che grazie alle nuove tecnologia arriva
dappertutto.
Ma facciamo un passo indietro: cosa significa fare giornalismo economico? Come si trattano i
temi economici? E come si può far arrivare una materia tanto complessa ad un pubblico
diverso, che non è più la solita elite di persone ricche e colte a cui ci si rivolgeva nell’800?
Tutte queste domande rimangono ancora insolute, nonostante l’informazione economica, oggi,
sia in Italia un settore ampio e sviluppato dell’informazione generale; nonostante permei tutto
e presenti delle peculiarità nei suoi modi di comunicare; nonostante il pubblico diventi ogni
giorno più attento e sensibile ai problemi dell’economia perché avverte l’importanza dei temi
trattati e di conseguenza gli spazi dedicati a questi argomenti aumentino ed il modo in cui
questi vengono trattati possa migliorare. Tutti questi motivi spiegano perché c’è bisogno di
3
un’analisi, che parta dalla sua storia e dalle radici sociali e spieghi a che punto è oggi il
giornalismo economico in Italia.
Quindi, alla domanda “perchè approfondire proprio l’informazione economica?”, le risposte
sono molte: innanzitutto perché la notizia economica ha qualcosa di diverso rispetto al flusso
della normale comunicazione e perché negli ultimi dieci anni si è sempre di più distinta come
branca autonoma del giornalismo. E poi, sintetizzando, per cinque motivi principali:
1. l’informazione economica oggi, in Italia, è un settore ampio, sviluppato e stabile;
2. l’economia permea tutta la nostra società, anche se non sempre questo viene percepito, e
per questo ha dei modi particolari attraverso i quali deve essere raccontata;
3. l’informazione economica è tuttora in crescita. E’ un dato di fatto come il pubblico diventi
sempre più attento e sensibile ai problemi dell’economia, proprio perché avverte
l’importanza della posta in gioco. Questo ha determinato un aumento degli spazi che
vengono dedicati a questa materia dai media;
4. in questa fase di passaggio e di ampliamento, l’informazione economica può essere
migliorata, evitando che venga affrontata in modo non adeguato e discutibile, e che sia
vittima di una esposizione troppo romanzata;
5. la letteratura in questo settore è scarsa e gli unici testi che trattano l’argomento sono
recenti, per lo più frutto di seminari o dell’esperienza pratica di professionisti del settore.
Per tutti questi motivi la notizia economica merita un’analisi che spieghi in maniera, se non
scientifica, perlomeno attenta, non solo i linguaggi e i modi usati dal giornalista “economico”,
che la “lavora” e la “comunica”, ma anche del pubblico, che sempre di più la segue.
Oltreoceano, il motto del New York Times è “all the news that’s fit to print”
2
, ovvero tutte le
notizie che è appropriato stampare. Quel “tutte le notizie” racchiude la missione della stampa
che è quella di informare senza paura e favori. E oggi la globalizzazione dei mercati, il loro
“modus operandi”, fa sì che quasi tutte le notizie siano notizie economicamente sfruttabili. Ciò
aggiunge un’altra dimensione di responsabilità alla correttezza dell’informazione, che deve
essere “tutta” e “fit” non solo per amore della verità, ma anche per l’integrità dei possibili usi
finanziari.
Partendo dall’ipotesi che negli ultimi trenta anni l’informazione economica, in Italia come nel
mondo, ha subito un notevole sviluppo, evolvendo verso una nuova forma di giornalismo ed
un nuovo linguaggio specifico (settoriale), questo studio ne ripercorre le tappe analizzando i
cambiamenti più importanti per quanto riguarda il linguaggio, le tecniche e i metodi del
giornalismo economico. L’obiettivo è ovviamente quello di rendere comprensibile una materia
che spesso non lo è, ed allo stesso tempo dimostrare quanto spazio il giornalismo economico
sia riuscito a conquistare nell’informazione quotidiana.
2
AA.VV., Economia & Giornalismo, Il Sole 24 ORE, Milano, 2004, p. XIX
4
Per arrivare a queste conclusioni, questo studio è partito da delle ipotesi di ricerca ben precise
(appurare il processo evolutivo della notizia economica e capire quale percorso essa aveva
compiuto) ha cercato di dimostrare, attraverso l’analisi del contenuto e lo studio del linguaggio
della notizia economica, che una nuova fase, nel processo di sviluppo dell’informazione
economica, è iniziata e presenta caratteristiche ben precise.
Prendendo come “modello” il primo quotidiano economico italiano ed europeo, Il Sole 24 ORE,
lo studio si è articolato in un’analisi del contenuto di alcuni suoi articoli (60), seguita da
un’analisi statistico-testuale che ne ha esaminato il linguaggio.
Ma un’analisi che si limitasse al testo ed al linguaggio di un quotidiano economico non era
sufficiente a capire come la notizia economica, da informazione settoriale, appunto, si fosse
riversata nelle pagine dei quotidiani e si fosse diffusa. Per raggiungere questo obiettivo di
studio bisognava analizzare i linguaggio comune dei quotidiani nazionali, che avevano come
target il lettore medio.
L’analisi quindi è ripartita dall’esame di 115 articoli raccolti dagli archivi del 1956 (anno di
fondazione de Il Giorno) fino al 2004, appartenenti a due testate nazionali La Repubblica ed Il
Giorno. Lo studio, per i quotidiani nazionali, è proseguito con la stessa procedura utilizzata per
gli articoli de Il Sole 24 ORE; alla fine i dati sono stati confrontati con quelli del quotidiano
specialistico ed i risultati hanno, ancora una volta, confermato il processo evolutivo della
notizia economica.
5
CAPITOLO 1.
IL GIORNALISMO ECONOMICO
E’ il 19 giugno 1885. Un cavaliere, dopo aver corso al galoppo per ore, arriva sulla costa della
Manica e salta su un battello che subito leva l’ancora. L’indomani, sbarcato sulla costa inglese,
raggiunge Londra a briglia sciolta, entra nella City e sussurra qualche parola all’orecchio di
Nathan Rothschild. Gli operatori di Borsa seguono la vicenda con la coda dell’occhio perché
Rothschild ha fama di essere bene informato. Così quando lancia vari ordini di vendita sui titoli
di Stato, la maggior parte degli operatori fa altrettanto. Tutti pensano che Nathan voglia
sbarazzarsi dei titoli perché ha saputo che Napoleone ha vinto a Waterloo, con evidenti
minacce sulle prospettive di sviluppo economico della Gran Bretagna. Le quotazioni crollano,
ma quando i titoli hanno accumulato un ribasso rilevante, Rothschild ricompra massicciamente
e qualche ora dopo la notizia sicura e pubblica della vittoria inglese fa decollare la Borsa e
Rothschild conferma la propria fama di uomo d’affari potente e spregiudicato.
Questa è una versione della leggenda. Un’altra narra che Rothschild ricevette la preziosa
informazione di Waterloo attraverso la rete di piccioni viaggiatori che aveva creato per
controllare i suoi interessi economico-finanziari, i quali spaziavano in mezza Europa.
Probabilmente la realtà è meno romanzesca: la ricchezza di Nathan Rothschild era cresciuta
tanto che egli, nel 1814, era riuscito a vincere il contratto per la vendita ed il trasporto dell’oro
necessario a finanziare l’armata di Wellington e dopo la vittoria di Waterloo, la notizia arrivò
alla Camera inglese attraverso un suo corriere.
Comunque siano andate le cose, questa vicenda, oltre ad essere il primo caso di insider
trading documentato della storia, rende comprensibile l’importanza dell’informazione
economica. Infatti avere una notizia ed utilizzarla al meglio è un asso vincente. Soprattutto, la
notizia economica è una materia prima: bisogna “estrarla”, ma anche saperla utilizzare,
perché non solo è importante l’informazione, ma anche le ricadute concrete che comporta.
Questo tipo di informazione, infatti, è strettamente correlata all’insieme della realtà sociale e
politica.
6
1.1 Breve storia dell’informazione economica
L’economia è sempre stata uno dei pilastri della nostra società. Come ci dimostra la storia, in
ogni epoca abbiamo traccia di bollettini di merci e scambi commerciali. Già prima della Penny
Press
3
, infatti, i giornali erano proprio dei fogli economici, mentre il commercio è stato il mezzo
attraverso cui grandi civiltà sono venute a confronto e usi e costumi sono dilagati da una parte
all’altra del globo. Il commercio, in quanto scambio biunivoco tra popoli, è già in se una forma
di comunicazione.
Già nell’antica Grecia, gli ∆ ϑ ϑ Η Ο Ρ Λ(“angheloi”), messi viaggiatori, portano a distanza
comunicazioni ritenute indispensabili per far fiorire idee ed informazioni utili a migliorare gli
scambi mercantili; nel Medioevo tutte le compravendite e gli scambi delle merci vengono
annotate su pergamene chiamate mercuriali
4
.
Nel 1597 uno stampatore di Firenze, Carlo Gigli, già pubblica un bollettino con cambi e
compravendite. Non si ha notizia di pubblicazioni simili in altri paesi europei, e questo
testimonia che l’informazione economica in Italia ha antiche radici.
Anche la primogenitura in materia di quotidiani è un primato italiano: nel 1865 nasce, a
Milano, il quotidiano Il Sole, che cento anni più tardi, verrà fuso con 24 ORE.
Anche all’estero, intanto, il giornalismo economico comincia a muovere i primi passi. La Gran
Bretagna, per esempio, ha una lunga tradizione nella stampa finanziaria. Nel 1843 viene
fondato il primo settimanale finanziario, l’Economist, che ha creato uno stile nel trattamento
della notizia economica. Nel 1851 Paul Julius Reuter fonda la Reuters, la prima agenzia
economica al mondo (prima sia in senso cronologico, che in ordine di importanza), che
trasmette le quotazioni di Borsa tra Francia e Germania utilizzando dei piccioni viaggiatori. Nel
1880 nasce il Financial Times.
Quasi contemporaneamente, negli Stati Uniti, tre giovani giornalisti: Charles Dow, Edwin
Jones e Charles Birgstrasser fondano, nel 1882, il Dow Jones. In ufficio i tre redattori
producono giornali scritti a mano e li consegnano ad abbonati nella zona di Wall Street. Questa
newsletter, in pratica una lettera finanziaria dal nome alquanto strano, “Customers after
newsletter”, ha un grandissimo successo, tanto che nel 1889 la redazione si allarga a 50 nuovi
cronisti. Nel 1884 i tre fondatori decidono di lanciare un indice di titoli, Blue Chip, il Dow
Jones Industrial Average, che oggi è l’indice più seguito al mondo. Intanto la newsletter è così
letta e seguita dal suo pubblico, da diventare un quotidiano vero e proprio, il Wall Street
Journal. Il primo numero di 4 pagine esce l’8 luglio 1889, al prezzo di 4 centesimi. Ma non
basta: Dow, Jones e Birgstrasser cercano di diffondere le notizie finanziarie al loro pubblico in
modo più tempestivo e fondano un’agenzia per trasmettere le notizie via telegrafo. Nasce la
3
denominazione data alla stampa periodica diffusa in Inghilterra al prezzo di un penny. Il primo esempio del genere fu
costituito nel 1830 dal Penny Magazine edito a Londra. La novità ebbe il merito di fare della stampa un autentico
mezzo di comunicazione di massa, fino ad allora di scarsa diffusione non solo per il vasto fenomeno dell'analfabetismo,
ma soprattutto per l'alto costo dei giornali che ne impediva la circolazione nei ceti bassi e poveri. L'esempio inglese
venne imitato dal tedesco Pfennig Magazine (1833) e dallo statunitense New York Sun (1833) che Benjamin H. Day
fondò e mise in vendita al prezzo equivalente di un penny inglese.
4
da Mercurio, dio protettore dei commercianti
7
Dow Jones Newswire, soprannominata negli Stati Uniti “the tecker” (dal nome della sottile
striscia di carta inserita nei film degli anni ’30, che riporta le questioni di Borsa). Nel 1902 la
famiglia Baincroft compra la quota di maggioranza del gruppo Dow Jones,, e ancora oggi ne
detiene il controllo.
La storia più recente vede crescere di spessore l’importanza dedicata ai temi economici nel
mondo ed in particolare in Italia, dove l’ampiezza di spazi dedicati all’economia è superiore alla
rilevanza economica del Paese, ed è sproporzionata rispetto al livello di alfabetizzazione
economica generale. In un certo senso, l’informazione economica ha preceduto l’informazione
in senso generale. Nel tempo, però i giornali si sono occupati sempre di più di cronaca e
politica e solo negli ultimi cinquant’anni l’hanno riscoperta massicciamente. A partire dagli anni
’60 si è verificato un vero e proprio boom, le cui cause sono state:
a) l’espansione dell’economia sia in Italia, sia a livello internazionale;
b) la globalizzazione dell’attività economica dettata dalla crescita del commercio mondiale
e degli investimenti esteri;
c) la liberalizzazione dei mercati dei capitali con l’eliminazione delle restrizioni valutarie;
d) il forte aumento dei potenziali investitori dovuto alla crescita del benessere economico;
e) lo sviluppo dei sistemi elettronici dei sistemi di elaborazione dati e trasmissione
elettronica delle quotazioni di Borsa e dei cambi.
Per quanto riguarda l’Italia, ci sono due fasi distinte di crescita dell’informazione economica: il
primo boom è degli anni ’50 ed è legato all’interesse indirizzato alla macroeconomia, cioè ai
collegamenti tra fatti economici e politica. Il secondo si manifesta nella seconda metà degli
anni ’70 con un particolare interesse per la microeconomia e per i problemi legati alla tutela
del risparmio individuale, di salvaguardia dei redditi, di difesa dell’inflazione, di tutela delle
pensioni.
1.1.1. Il boom degli anni ’50
Negli anni ’50 sono molti gli avvenimenti che contribuiscono a destare l’interesse per gli eventi
economici: innanzitutto l’affacciarsi del primo europeismo; poi, nel 1963, la nazionalizzazione
elettrica. Nel 1953, dopo quindici anni, l’Italia ritorna ad eguagliare il livello del 1938 nella
consistenza globale di capitale fisso; nel 1955 compare sul mercato automobilistico la prima
utilitaria: la Fiat 600; il paese si apre al consumismo, sulla scia della motorizzazione di massa.
Cresce il benessere individuale e si verificano fenomeni di emigrazione interna di massa; si
diffondono, per mimetismo, nuovi comportamenti di consumo.
8
In questo periodo sono tre i quotidiani economici che informano l’Italia: Il Sole, 24 ORE, Il
Globo. Questi vendono complessivamente 130.000 copie e sono tutti appiattiti sulle posizioni
della Confindustria, che ne è la proprietaria.
“In pratica, i tre quotidiani non possono offrire un reale servizio ai loro lettori, in
quanto totalmente sprovvisti di autonomia informativa reale.”
5
Un servizio informativo sui temi economici non arriva neanche dai quotidiani normali, i quali,
negli anni ’50, pubblicano solo grandi commenti, di giornalisti o di esperti del settore, rivolti
per lo più al potere politico, i quali si collocano tra le notizie di politica o di cronaca.
Raramente vengono pubblicate delle inchieste. Una di queste, però genera dirette
conseguenze sull’editoria. L’inchiesta più celebre, pubblicata sul Corriere della Sera, a firma di
Indro Montanelli è del 1953. L’indagine prende in esame la situazione dell’Eni, che cerca in
quel momento di espandere il proprio campo d’azione, e viene richiesta dall’editoria lombarda
alla famiglia Crespi, proprietaria del Corriere della Sera, per indagare sulla situazione. Le
rivelazioni dell’inchiesta di Montanelli, spingono Enrico Mattei, presidente dell’Eni, a dotarsi di
un proprio organo di stampa e così chiede a Gaetano Baldacci, inviato de Il Corriere della
sera, di fondare Il Giorno
6
: è il 2 aprile 1956.
Il Giorno è il primo quotidiano a pubblicare sistematicamente pagine dedicate esclusivamente
all’economia, quando nemmeno Il Corriere della Sera aveva una pagina d’informazione
economica e finanziaria. Baldacci “inventa” questa pagina, collocandola subito dopo le pagine
di politica e di cronaca e a curarla chiama un famoso economista, Francesco Forte. Il Giorno
diventa così il luogo di formazione di una grande quantità di giornalisti economici.
Ideologicamente, esso è vicino alla corrente di base della Democrazia Cristiana, ma la sua
importanza nella storia del giornalismo italiano è dovuta anche alle innovazioni grafiche di
Giuseppe Trevisani, giornalista e grafico italiano che esordì nel dopoguerra. Egli, per la
prima volta nella storia del giornalismo italiano, usa la narratività delle immagini per
trasmettere contenuti e sensazioni di fatti realmente accaduti. Queste novità portano una
vera rivoluzione nel panorama della stampa italiana.
5
Vieri Poggiali, Giornalismo Economico – Dottrina e Tecnica dell’informazione su “fatti” dell’economia, Centro di
documentazione giornalistica, Milano, marzo 2001, pag.121
6
Tre sono la circostanze che ne hanno determinato la nascita: da un lato l'intraprendenza di Gaetano Baldacci di
creare un prodotto tutto suo; dall'altro la necessità del Presidente dell'Eni, Enrico Mattei, di poter disporre di un proprio
strumento giornalistico e, da ultimo, il desiderio che anima l'editore Cino Del Duca, conosciuto in Francia come il re
incontrastato della presse du coeur, di ritornare in Italia con un'iniziativa di prestigio. Dalla "misteriosa" combinazione
di questi tre personaggi, di queste tre personali e singolarissime storie, matura un quotidiano di battaglia politica e, al
contempo, latore di istanze editoriali e giornalistiche radicalmente innovatrici, in grado di sfidare sul proprio terreno, la
città di Milano, l'egemonia politico-culturale de "Il Corriere della Sera". Dal punto di vista dell'assetto politico, il nuovo
quotidiano di Baldacci si schiera alla sinistra di "La Stampa" e, ovviamente de "Il Corriere della Sera", puntando alla
collaborazione strategica fra democristiani e socialisti, difendendo l'intervento pubblico nell'economia in
contrapposizione al conservatorismo rigido ed allo strapotere della Confindustria, sostenendo la politica della
distensione internazionale e le legittime aspirazioni all'indipendenza dei Paesi del Sud del Mondo.
9
In questo stesso periodo, i fogli di partito non vanno oltre l’interesse per la vita e le iniziative
delle organizzazioni sindacali, mentre i settimanali d’elite si occupano di tematiche
economiche, ma solo in relazione alla politica.
In conclusione, il primo boom dell’informazione economica si accompagna ad una forte svolta
politico-civile del paese, nel corso della quale l’attenzione viene puntata sugli intrecci tra
politica ed economia.
1.1.2. Il boom degli anni ’70
Il secondo boom dell’informazione economica esplode negli anni ’70 e si lega alla
preoccupazione relativa ai problemi di microeconomia. In questo periodo l’Italia conosce una
fase di inflazione endemica: oltre il 20% annuo. In conseguenza alla situazione precaria
dell’economia nazionale, i cittadini percepiscono la necessità di una difesa del proprio
risparmio e gli editori ne approfittano. Si sviluppa un forte interesse a conoscere i fatti
economici, poiché questi possono portare dirette conseguenze nelle tasche del cittadino, che
ha così il bisogno di conoscere le opportunità di investimento e di sfruttarle per tutelarsi dalla
politica fiscale.
A questo si aggiunge, sempre nella prima metà degli anni ’70, la prima Riforma Visentini
7
,
che cambia il rapporto dei contribuenti con tutta la pubblica amministrazione e con il fisco. La
revisione fiscale e normativa genera un’alluvione di provvedimenti, che contribuisce a creare
intere generazioni di professionisti della consulenza (dottori commercialisti, consulenti del
lavoro, avvocati, ecc.). Per queste nuove figure professionali la notizia economica rappresenta
un vero e proprio strumento d’informazione. D’altra parte, ogni cittadino viene coinvolto da
una serie di processi di carattere amministrativo e fiscale e avverte il bisogno di non sentirsi
esclusivamente un bersaglio, ma di capire, invece, che cosa sta accadendo. Insomma cresce
l’esigenza di conoscenza e partecipazione alla vita economica del Paese.
Il giornalismo economico di questo periodo è quindi una pubblicistica di servizio, utilizzata per
gestire i redditi e i risparmi dei cittadini. Ciò provoca la crescita delle vendite del quotidiano
specialistico, un forte sviluppo degli spazi dedicati all’economia nella stampa quotidiana
ordinaria, e il sorgere della stampa periodica specifica.
Nella crescita dell’informazione economica della seconda metà degli anni ‘70, infatti, ha
un’importanza rilevante l’Espresso, che per il settore dell’economia si affida ad Eugenio
Scalfari. Il settimanale è l’unico a fare vera informazione, a infrangere alcune barriere
omertose, iniziando ad informare i suoi lettori su fatti e sviluppi economici non reperibili
7
Bruno Visentini (1914 – 1995), uomo politico tra i fondatori del partito d’Azione. Nel 1974 è nominato ministro delle
Finanze nel quarto governo presieduto da Aldo Moro e rimane in carica fino alla crisi governativa del febbraio 1976;
durante il periodo ministeriale provvede con una legge il sistema dell’autotassazione fiscale e istituisce l’anagrafe
tributaria.
10
altrove. Il settimanale svela gli incroci anomali tra pubblico e privato e non ha paura di entrare
nel merito dei meccanismi di potere.
Intanto Il 14 gennaio del 1976 lo stesso Scalfari fonda La Repubblica, quotidiano nazionale che
riscuoterà un grosso successo di vendite. Il nuovo giornale, organizzato in sezioni specifiche,
dedica una parte ai fatti economici, come già aveva fatto Il Giorno in precedenza, e viene
seguito a ruota dagli altri quotidiani nazionali, che proprio tra il 1975 e il 1980 allargano e
sistemano in una sezione ad hoc l’informazione economica.
Il 1985 è una data importante perché per la prima volta L’Unità, organo del partito comunista,
pubblica il listino di Borsa. Nel 1986, invece, l’approfondimento economico si allarga, con la
nascita del quotidiano Italia Oggi e del settimanale MF Milano Finanza, entrambi editi da Class
editori, casa editrice italiana fondata nel 1986 da Paolo Panerai
8
.
Vengono, quindi, gettate le basi per la situazione attuale del giornalismo economico.
8
La Class Editori si è sviluppata negli anni sfruttando le possibilità offerte dalla tecnologia, fino a diventare un gruppo
multimediale che diffonde informazioni attraverso tutti i mezzi di comunicazione. Dal 2003 produce anche Cfn/Cnbc,
canale satellitare dedicato all’economia.
11
1.2. La New Economy: convergenza, globalizzazione e democrazia
Nella società contemporanea televisione, radio, Internet ed editoria oltre a proporre
informazione economica, sono diventate esse stesse attività economiche sempre più correlate.
Questo è un aspetto imprescindibile del giornalismo finanziario, che condiziona i metodi e le
tecniche attraverso cui viene trattata la notizia. Questa sorta di “mescolanza”, che i teorici
della comunicazione chiamano “convergenza” è il frutto inevitabile della tanto discussa New
Economy.
“Una economia che venti anni fa sembrava aver visto i suoi giorni migliori, sta
conoscendo un forte sviluppo che ha le sue radici nell’avanzamento tecnologico. Le
innovazioni nelle tecnologie dell’informazione hanno cambiato la maniera di fare
affari e creare valore, spesso in modi che non erano pensabili solo cinque anni fa.”
9
Tutto questo ha avuto inizio con il BIT
10
, cioè con la trasformazione del segnale da analogico a
digitale. L’avvento di questa nuova modalità di trasmissione dei dati, attraverso la
trasformazione di ogni contenuto in una unità essenziale di informazione composta da una
serie binaria di tanti 1 e 0, ha portato una rivoluzione nel campo della scienza e della tecnica,
e non solo. Infatti la diversa e infinita possibilità di combinare questi due numeri dà vita ad un
vocabolario illimitato di dati con i quali è possibile trasmettere e ricevere non solo testi, ma
anche voci, immagini fisse ed in movimento, musiche. Il vantaggio della trasmissione digitale
è un’estrema possibilità di manipolazione e compressione del segnale e la convergenza di tutti
i media sulla stessa tecnologia di realizzazione e trasmissione. Ciò ha provocato una
rivoluzione tecnologica epocale, che ha gli altri suoi capisaldi nell’invenzione del computer e
del microchip e che è stata capace di coinvolgere nello stesso tempo modelli produttivi,
organizzativi e finanziari di tutta l’economia. E’ questa la premessa e l’incipit stesso della New
Economy, definita come:
“una fase di forte sviluppo non inflazionistico connesso a una crescente e decisiva
influenza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT)”.
11
La pervasività e la strategicità delle ICT (Information and Communication Tecnologies) sono
rappresentate dal contributo decisivo che esse danno agli investimenti e alla formazione di
capitale dell’economia nel suo complesso. Basti pensare che all’inizio degli anni ‘80, le ICT
costituivano circa il 10% degli investimenti complessivi; alla fine di quel decennio, per merito
della diffusione dei personal computer, sono arrivate al 30%, mentre alla fine degli anni ’90,
grazie alla diffusione e all’uso commerciale di Internet hanno raggiunto il 58%. Si tratta di un
9
Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve Bank, 1999. Tratto da High-Tech Industries in US economy,
intervento reso davanti alla Commissione Economica del congresso degli Stati Uniti, dal sito Internet:
www.bog.frb.fed.us/boarddocs/testimony/1999/19990614.htm
10
Binary Digit, codice binario che permette la traduzione di ogni unità di informazione in un segnale i cui unici termini
sono i numeri 1 e 0. Fu introdotto da John Tukey, alla fine degli anni ’40.
11
Giandomenico Celata, I Media e la New Economy, Edizioni Angelo Guerini e Associati, Milano, 2000, pag.14
12
risultato davvero senza precedenti, se lo stesso presidente della Federal Reserve Bank, Alan
Greenspan, ha definito il processo innescato dalle tecnologie di informazione e
comunicazione, di “creazione distruttiva”
12
, per la capacità che esse hanno avuto di
distruggere le rigidità del lavoro e del capitale, e di creare una nuova possibilità di allocare
risorse e di rapportarsi con il mercato. Queste tecnologie sono infatti sinonimo di
globalizzazione: ciò significa che un’azienda può operare attraverso diverse localizzazioni
senza avere difficoltà di comunicazione in tempo reale tra le diverse filiali, ma significa anche
erogare servizi, sviluppare un progetto, fornire consulenze a clienti ed operatori sparsi ai
quattro angoli del globo. Ciò permette anche di organizzare il lavoro in modo più flessibile,
attraverso cellule e team che sono trasversali alle vecchie mansioni , catene gerarchiche e
unità d’affari. E’ dunque il trionfo della cosiddetta “impresa virtuale”, azienda che vende un
prodotto o un servizio sul mercato utilizzando la capacità produttiva o distributiva di altre
imprese, ognuna delle quali fornisce solo una parte di prodotto o di un servizio che poi è
venduto “intero” al cliente. Le caratteristiche che, secondo Alan Greenspan, hanno permesso
alle ICT di mettere in moto lo sviluppo di questa fase del ciclo economico sono:
a) l’ampiezza delle informazioni accessibili per le decisioni di impresa;
b) la velocità, con cui queste informazioni possono essere reperite, tale da permettere di
prendere delle decisioni in tempo reale;
c) il risparmio dei costi dovuto alla migliore programmazione della progettazione prima e
della produzione poi;
d) il miglioramento nell’allocazione di risorse di lavoro e capitale in termini di flessibilità;
e) la diminuzione dei prezzi, conseguente ai guadagni di produttività e all’aumento della
stessa capacità produttiva anche sul mercato mondiale.
Ecco dunque che cambiano i contorni economici di tutta la società dell’informazione, dove la
comunicazione riempie di sé tutti i settori industriali, imponendo cambiamenti tecnologici,
organizzativi e produttivi, e portando riflessi ugualmente importanti nella società civile.
Tutto questo significa che nel giro di cento anni si è passati da un modello sociale in cui
l’informazione era una merce rara ad un modello sociale in cui si rischia ogni giorno
l’”overdose”, ovvero il sovraccarico d’informazione, a causa dell’enorme avanzamento della
tecnologia nelle telecomunicazioni. La globalità è diventata la nostra dimensione naturale, ma
ciò che ha fatto sì che singoli mercati locali diventassero interconnessi è stata solo e
semplicemente l’informazione: miliardi e miliardi di bit che, attraverso una linea telefonica o
attraverso il satellite diventano parole e numeri e permettono che una decisione adottata a
New York possa diventare operativa due secondi dopo a Tokyo o a Londra. L’ossigeno del
12
Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve Bank, 1999. Tratto da High-Tech Industries in US economy,
intervento reso davanti alla Commissione Economica del congresso degli Stati Uniti, da:
www.bog.frb.fed.us/boarddocs/testimony/1999/19990614.htm
13
mercato è quindi l’informazione, che si è sviluppata ed è cresciuta di pari passo con la crescita
e l’articolazione di tutta la società e del libero mercato, in particolare, così da diventare una
dimensione decisiva di esso. Se infatti Piazza Affari è il luogo di incontro tra domanda ed
offerta, quando si entra nel mercato globale e si supera la dimensione locale è indispensabile
un’informazione sull’esistenza, sulla dimensione, sul prezzo, sulle possibilità operative di
domanda ed offerta. Quindi più il mercato è libero, più l’informazione è libera e necessaria. Ed
a sua volta la comunicazione è l’unica garanzia che il mercato sia veramente libero, che gli
attori che vi operano si muovano secondo le regole e diano a tutti la possibilità di operare
secondo le stesse regole. Ecco perché l’informazione economica è una parte strettamente
vincolata della democrazia economica.
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1.3. Le dimensioni dell’informazione economica in Italia
L’informazione economica, oggi, vanta in Italia dimensioni considerevoli, tali da permettere a
questo tema di ricavarsi uno spazio proprio nell’interesse del pubblico. Interesse che sembra
essere superiore all’importanza economica rivestita dal nostro Paese sulla scena mondiale:
infatti, in rapporto a nazioni economicamente più “forti” della nostra, oggi in Italia si produce
moltissima informazione economica. L’espressione massima di questa paradossale situazione è
che proprio qui in Italia (paese, secondo molti, di non rilevante alfabetizzazione economica)
viene stampato e largamente diffuso (con una quota di circa l'87% delle copie vendute nel
mercato dei quotidiani economico-finanziari e una quota di mercato analoga nella vendita degli
spazi pubblicitari)
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il maggiore quotidiano economico europeo, Il Sole 24 ORE, al quale, poi, si
aggiungono gli altri fogli specialistici.
La situazione attuale vede i quotidiani ordinari promuovere inserti specialistici settimanali.
L’esplosione della new economy ha portato una grande attenzione generale all’informazione
societaria e di borsa. Ma gli aspetti microeconomici non possono prescindere dalla loro cornice
macroeconomica, così la tematica dell’economia in generale assume dimensioni rilevanti.
Negli anni ’60 la gente ancora teneva il conto in posta, non conosceva Bot e Cct, disertava la
Borsa, e l’uso di questi strumenti moderni riguardava ristrette categorie di utenti. Il boom del
debito pubblico, l’esplosione dell’inflazione e il divampare dei rendimenti, hanno avvicinato ed
abituato il pubblico prima ai titoli obbligazionari, poi ai fondi comuni e infine è esplosa la net
economy, con il tracollo successivo. Ormai anche il cittadino comune è attento al listino di
Borsa. L’informazione economica, quindi, guadagna sempre più pubblico e questo fenomeno
ha un potente propellente nelle norme, soprattutto quelle di natura fiscale, e nei giornali
specializzati.
Oggi, quindi, l’informazione economica risulta ampia e ben sviluppata e si articola su una
gamma estesa di pubblicazioni. Anche gli spazi e le rubriche televisive dedicati a queste
tematiche sono aumentati.
Di fatto, il quadro dell’informazione economica si articola nel seguente modo (vedi tabella1):
a) sulle pagine dei quotidiani “ordinari”, molte delle quali dedicate alle notizie
economiche. Inoltre i maggiori quotidiani, come Repubblica e Il Corriere della Sera
pubblicano inserti settimanali specificamente dedicati a diversi settori economici;
b) tra i quotidiani specialistici. Il più importante, primo in Europa, è appunto Il Sole 24
Ore;
c) sui principali newsmagazines (i settimanali), come L’Espresso e Panorama, dove sono
ampi gli spazi dedicati all’economia, sia in sezioni specifiche, sia nelle pagine di
attualità;
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Il dato è stato reso noto nella Relazione Annuale dell’Autorità delle Telecomunicazioni, pubblicata sul sito www
agcm.it
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d) nei settimanali popolar-familiari, come Oggi, Gente, Famiglia Cristiana, con cronache
economiche affrontate in maniera meno specialistica;
e) sui numerosi periodici specialistici: uno per tutti, MF Milano Finanza o il nuovissimo
Bloomberg.
f) su molti “periodici di servizio”, dedicati ai problemi di consumi e dell’investimento dei
risparmi. E’ il caso di Salvagente;
g) tra i lanci delle principali agenzie di stampa (l’Ansa ha una sezione economica a cui si ci
può abbonare) e delle agenzie specialistiche e settoriali;
h) nelle trasmissioni radio e nelle televisioni. Anche qui lo spazio economico cresce: la RAI
ha un tg economico quotidiano, Tg1 Economia, mentre rubriche settimanali affrontano
argomenti in materia. In più i Tg parlano quotidianamente dell’andamento delle Borse,
dei cambi, degli andamenti congiunturali di ordine generale (dati sull’inflazione, sulla
produzione, sul commercio estero, sull’occupazione) e danno notizie sulle singole
imprese (accordi fra società, fusioni, acquisizioni di commesse, grandi investimenti).
Infine, al di là di programmi ad hoc, temi economici sono trattati anche nei talk show;
i) su Internet. La notizia economica, infatti, occupa spazi crescenti anche sulla rete, con
giornali elettronici e portali dedicati alle cronache ed ai commenti di economia;
j) infine su libri, scritti sull’onda di eventi e problemi del mondo economico, che per il loro
linguaggio ed il loro ritmo narrativo sono intesi come proiezioni di ordinarie attività
giornalistiche.
Questa panoramica ci fa capire come l’informazione ed il giornalismo economico oggi diano
vita ad un settore di attività informativa ed editoriale che, in concomitanza di una crescita
futura dell’alfabetismo economico in Italia, potrebbe svilupparsi ancora.