L'anonimo trattato De Gorgia (De Melisso Xenophane Gorgia 979a 11 – 980b 21)
1. Soggetto. L’opera anonima “De Gorgia (De Melisso Xenophane Gorgia, 979a 11 – 980b 21)” è inizialmente trattata dal punto di vista della tradizione manoscritta, della ricostruzione del testo e della filologia; poi si offre un primo inquadramento circa la cornice (probabilmente la scuola megarica) ed il tempo (IV sec. a.C.) entro i quali l’opera ha potuto avere origine. Si enucleano infine gli scopi del lavoro: non filologici, né storici, ma ermeneutici: non importa tanto se l’anonimo ha rispettato ed in che misura il pensiero di Gorgia; non importa, a rigore, neanche che sia esistito un Gorgia; il testo, il suo contenuto, non altro, deve essere il soggetto principale della trattazione la quale si presenta come un commento allo stesso.
2. Testo e traduzione del “De Gorgia”. Si ripropone anastaticamente l’edizione critica di riferimento adottata per il testo greco. Questa è la più recente e risale al 1980 (anche se non si discosta sensibilmente da quella classica del Diels del 1900): B. CASSIN, Le traitè anonyme De Melisso Xenophane Gorgia, “Edition critique et commentaire, Cahiers de Philologie Publiès par le Centre de Recherche Philologique de Lille III, Directeur Jean Bollack, Volume 4”, PUL, Lille, 1980.La traduzione del testo, pur basandosi sulle principali apparse in Italia (Timpanaro-Cardini, Untersteiner, Levi, Capizzi) pretendo di essere a suo modo originale; in particolare insistendo sulla resa (laddove non si sia di fronte ad un palese uso copulativo) del verbo “eimì” con “esistere”.
3. Formalizzazione dei contenuti. Fra tutti i saggi che ho avuto modo di consultare nessuno come quello di Migliori (La filosofia di Gorgia, Milano, Celuc, 1973) offriva una sistemazione rigorosa (formalmente corretta e chiara) dei contenuti concettuali e filosofici presenti nelle dimostrazioni del trattato: di questo saggio nella presente sezione mi sono servito ampiamente, non togliendo cioè nulla delle parti inerenti alla forma logica dell’argomentazione, ma casomai integrando queste con altri contributi più o meno personali. Il De Gorgia si presenta come un’opera divisa in una parte ontologica ed in una gnoseologica: la chiave della sua comprensione sta nell’interpretazione ermeneutica della dialettica tra queste due parti e, contestualmente, nel ruolo che vi riveste l’asserto “ouk eìnai oudèn”.
4. Problemi di traduzione come problemi ermeneutici. È la sezione più opinabile e speculativa. Si basa su di un parallelo tra la mia traduzione e quella della Timpanaro-Cardini. Tento di far vedere come, nella fattispecie, una resa o un’altra abbiano pesanti ripercussioni sul significato e sulle intenzioni del testo. Il tutto si decide con la traduzione di “eimì”, verbo che, nelle sue varie forme, compare di media una volta a rigo.
5. La gnoseologia del “De Gorgia”negli interpreti novecenteschi del “De Gorgia”. Untersteiner, Levi, Kerferd sono gli studiosi di cui si riassume il contributo individuale. Tutti e tre ci propongono un Gorgia diverso ed un De Gorgia diverso. Il primo quello del tragico ontologico e gnoseologico insito nella condizione umana, uno stato di contraddizione inconciliabile tra l’umano ed il diverso da lui ed infine all’interno dell’umano stesso, con le sue diverse esperienze e la complessità delle medesime. Il secondo mette in luce prima di tutto la dimensione filosofica della persona e degli scritti di Gorgia, tesi a provare il diaframma tra la realtà in sè e l’umana fenomenicità e relativismo in cui è compresa anche la filosofia. Il terzo studioso offre un’interpretazione molto attuale e di stampo eminentemente anglosassone: il De Gorgia è un primo esempio di filosofia analitica e di presa di coscienza che alla filosofia non si addice eminentemente che il campo logico-epistemico.
6. Che cos’altro dire? Dopo aver preso in considerazione le opinioni altrui è opportuno offrirne una nostra che si propone come una sintesi delle tre precedenti alla luce di una comprensione “esistenzialistica” del trattato. Il termine “esistenza”, il cui uso sarà motivato nella prossima sezione, può essere accusato di ricadere nel senso che ad esso hanno dato gli “esistenzialisti” del XX secolo. Inoltre ha contro anche le teorie di Kahn, che nel suo saggio The greek verb “to be” and the concept of being (in Foundation of Language, 2, 1966, pp. 245-265) ritiene anacronistico ed infondato attribuire al mondo presocratico un valore del verbo “eimì” paragonabile a quello del nostro “esistere”. Alla prima questione rispondo che soprattutto filosoficamente è possibile, dopo una adeguata definizione, dare ad ogni termine una particolare ed indipendente valenza; alla seconda che, accogliendo le proposte di Kahn, il De Gorgia diventa inintelligibile.
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Informazioni tesi
Autore: | Tommaso Franci |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2002-03 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Alessandro Linguiti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 82 |
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