L'affidamento in prova del condannato adulto e del minore
La presente tesi, avente ad oggetto la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, parte dal presupposto per il quale la normativa italiana in materia di ordinamento penitenziario sia ispirata al principio costituzionale di cui all’art. 27, comma 3. Ai sensi di tale disposizione “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Tale concetto trova conferma nell’art. 1 della legge 354/1975 (ord. pen.), laddove si legge che “nei confronti dei condannati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con il mondo esterno, al reinserimento sociale degli stessi”. Pertanto, la finalità rieducativa della pena per i condannati deve essere letta in coerenza con il principio di laicità dell'ordinamento giuridico, il quale rifiuta valutazioni inerenti alla dimensione morale, intesa quale offerta di interventi volta al reinserimento sociale dei soggetti sottoposti a esecuzione di pena detentiva. Ed è proprio in tali termini che si esprime il sesto comma dell’art. 1 ord. pen., laddove si stabilisce che il trattamento deve essere attuato sulla base di un criterio di individualizzazione relativamente a specifiche condizioni dei soggetti. Partendo da tali premesse, il lavoro che segue focalizza l’attenzione sull’analisi dell’evoluzione storica dell'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 ord. pen.), che costituisce la principale misura alternativa alla detenzione. Come approfondito nella tesi, l’affidamento in prova al servizio sociale consiste nella possibilità, laddove ricorrano specifiche condizioni, di scontare la pena definitiva (contenuta entro un limite edittale o senza limite per i soggetti affetti da grave deficienza immunitaria o da Aids) o il residuo di una pena maggiore, al di fuori del carcere. Come anticipato, per i condannati adulti il regime della misura alternativa alla detenzione in oggetto è contenuto nell’art. 47 ord. pen., in virtù del quale la concessione della stessa deve avvenire solo dopo aver verificato il comportamento del reo: tale verifica spetta all’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna se il condannato si trova in stato di libertà; invece, se si trova nell’istituto penitenziario verrà valutata la condotta tenuta nel carcere. Occorre precisare che, sebbene l’art. 47 ord. pen. preveda, ai fini della concessione della misura, un limite di pena detentiva non superiore a tre anni, l’affidamento in prova può essere richiesto anche dal reo che deve scontare una pena non superiore a 4 anni, a condizione che, nell’anno precedente alla richiesta, abbia tenuto un comportamento tale da consentire un giudizio positivo circa l’esito della prova (art. 47, comma 3, ord. pen.). Con l’entrata in vigore del d.lgs. 121/2018, il legislatore italiano ha istituito la disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei minorenni. In particolare, tenuto conto dell’oggetto del lavoro, gli articoli di interesse sono rappresentati dall’art. 4 e dall’art. 5 dello stesso. Nello specifico, il primo regola l’affidamento in prova al servizio sociale prevedendo che se “la pena detentiva da eseguire non supera i quattro anni il condannato può essere affidato all’ufficio di servizio sociale per i minorenni, per lo svolgimento del programma di intervento educativo”; invece, l’art. 5 del d.lgs. 121/2018 regola l’affidamento in prova con detenzione domiciliare, stabilendo che, tenuto conto di quanto sancito nel precedente art. 4, il tribunale di sorveglianza ha la facoltà di applicare l’affidamento in prova al servizio sociale con detenzione domiciliare in specifici giorni della settimana presso l’abitazione del condannato o qualsiasi altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza, accoglienza o comunità. Infine, l’attenzione è stata focalizzata su una particolare forma di affidamento in prova, vale a dire quella di cui all’art. 94 del D.P.R. 309/1990 (Testo unico stupefacenti), rivolta a tossicodipendenti e alcoldipendenti che abbiano intenzione di intraprendere un programma terapeutico. Anche in questo caso è previsto un limite riguardante la pena, vale a dire non superiore a quattro anni. Inoltre, ai fini della sua concessione, il condannato deve essere tossicodipendente o alcoldipendente che segue o comunque intenderà seguire un programma volto al recupero; quest’ultimo dovrà essere concordato tra condannato e ASL (o altri enti, anche privati, indicati dalla legge); infine, affinché la misura possa essere concessa è necessario che vi sia un’attestazione dello stato di tossicodipendenza o alcoldipendenza rilasciata da una struttura sanitaria pubblica, nonché l’idoneità del programma terapeutico al recupero del condannato.
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Informazioni tesi
Autore: | Cosma Polito |
Tipo: | Laurea magistrale a ciclo unico |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Girolamo Daraio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 127 |
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