44
2.3 L’affidamento in prova dopo le modifiche della legge Cirielli
Sull’applicazione dell’affidamento in prova è intervenuto il
legislatore del 2005
151
che, con l’entrata in vigore della legge n.
251/2005, ha previsto altre condizioni ostative. In primo luogo, all’art.
58-quater, comma 1, ord. pen., è stato stabilito che l’affidamento in
prova non trova applicazione per il condannato “colpevole di una
condotta punibile a norma dell’art. 385 del Codice penale”.
Tra l’altro, la legge ex Cirielli ha previsto una restrizione per
l’accesso alla misura da parte dei recidivi reiterati. Nello specifico, se,
prima di tale intervento, la misura in oggetto poteva essere concessa
anche nei confronti di chi fosse stato già condannato per reati della stessa
indole
152
, con la legge 251/2005, il legislatore ha introdotto nell’art. 58-
quater ord. pen., il comma 7-bis, il quale prevede che, verso il
condannato a cui sia stata applicata la recidiva di cui all’art 99, comma
4, c.p. (recidiva reiterata), non può essere concesso l’affidamento in
prova più di una volta. A tal riguardo, occorre osservare una leggera
attenuazione del rigore riservato dal legislatore nei confronti dei recidivi
reiterati
153
: abrogando la lett. c) dell’art. 656, comma 9, c.p.p., a tali
151
Legge 5 dicembre 2005, n. 251, “Modifiche al Codice penale e alla legge 26 luglio
1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione
delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione”, in Gazzetta Ufficiale
del 7 dicembre 2005, n. 285.
152
Legge 12 gennaio 1977, n. 1, “Modificazioni alla legge 26 luglio 1975, n. 354,
sull’ordinamento penitenziario, e all’articolo 385 del Codice penale”, in Gazzetta
Ufficiale del 18 gennaio 1977, n. 15.
153
In virtù del Decreto-legge 1° luglio 2013, n. 78, “Disposizioni urgenti in materia di
esecuzione della pena”, in Gazzetta Ufficiale del 2 luglio 2013, n. 153; convertito nella
45
condannati è stata offerta la possibilità di godere della sospensione
dell’esecuzione della pena, di cui al comma 5, così da poter richiedere
di scontare una misura alternativa.
Dopo essere entrata in vigore, la legge ex Cirielli ha sollevato
alcune problematiche interpretative. In particolare, una prima questione
ha riguardato la necessità di stabilire se i divieti trovassero rilievo anche
per i reati commessi prima della sua entrata in vigore. Come si può
intuire, la soluzione dipendeva dalla natura giuridica attribuita dagli
interpreti alle norme regolanti l’esecuzione della pena e delle misure
alternative, nonché dalle condizioni necessarie ai fini della loro
applicazione. Tra le varie linee interpretative, la più idonea sembra
essere quella per la quale le norme penitenziarie, sebbene possano
essere ricondotte al genus delle norme sostanziali, non sono
soggette a quanto previsto dall’art. 2 c.p. ed all’irretroattività della
legge più sfavorevole, il cui ambito di applicazione, che si pone in
coerenza con la ratio di garanzia su cui si fonda, è limitato solo alle
norme incriminatrici
154
.
In virtù di ciò, si ritiene utile analizzare il contenuto delle
disposizioni restrittive previste dalla legge ex Cirielli. Circa il primo
divieto di cui all’art. 58-quater, comma 1, ord. pen., si deve
escludere che lo stesso venga inteso nel senso di precludere
l’applicazione dell’affidamento qualora la pena da scontare sia stata
prevista per il delitto di evasione
155
. Tale divieto è sancito da una
Legge 9 agosto 2013, n. 94, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge
1° luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”,
in Gazzetta Ufficiale del 19 agosto 2013, n. 193.
154
DEGL’INNOCENTI L., FALDI F., Misure alternative alla detenzione, cit., p. 58.
155
Ibidem, p. 62.
46
norma finalizzata a sanzionare specifiche condotte assunte dal
condannato, come, ad esempio, quelle da cui è dipesa la revoca di
una misura alternativa.
Tenuto conto di quanto appena esposto, bisogna evidenziare
che alla luce del principio di ragionevolezza occorre circoscrivere
il campo operativo della preclusione alle condotte di evasione, che
siano già state sottoposte ad accertamento mediante sentenza passata in
giudicato, assunte sia nel corso dell’esecuzione della pena che nel corso
del procedimento definito con la sentenza da cui è scaturita la pena
detentiva da irrogare al condannato. Ne scaturisce che la restrizione in
oggetto opera anche nel caso di evasione consumata tramite
allontanamento non autorizzato dalla sede degli arresti domiciliari; tale
ultima condotta implica anche la revoca della misura, nonché la sua
sostituzione con la custodia cautelare (art. 276, comma 1-ter, c.p.p.)
156
.
Seguendo tale concezione, il primo comma dell’art. 58-quater ord. pen.
sembrerebbe fornire la possibilità al tribunale di concedere
l’affidamento in prova qualora l’interessato abbia riportato una o più
condanne riguardanti il delitto di evasione, dal momento che nell’intento
del legislatore vi è la volontà di conferire rilievo alla condanna per il
delitto di evasione consumata prima e dopo il passaggio in giudicato
della sentenza. Questa condanna, in tale ottica, rappresenta un elemento
idoneo a fondare una presunzione di inaffidabilità del condannato,
facendo riferimento soprattutto alla sua incapacità di adempiere alle
prescrizioni restrittive della libertà personale, e, di conseguenza, tale da
giustificare una valutazione negativa circa la meritevolezza del
156
Cassazione penale, Sez. VI, 5 febbraio 2008, n. 5690, in Cass. pen., 2009, p. 1147.
47
beneficio
157
.
Occorre, tuttavia, rilevare che, nel caso in cui tale preclusione
trovasse operatività anche in altri casi, bisognerebbe adottare una
soluzione che, tenuto conto della sua rigidità, potrebbe essere, non solo
penalizzante per il condannato, ma anche contrastante con il
contenuto del principio della flessibilità della pena
158
: a tal
proposito, una parte della dottrina ha avuto modo di osservare che
risulterebbe sufficiente una condanna per evasione per poter negare
al condannato la possibilità di espiare in regime di affidamento in
prova la pena inflitta per un nuovo reato commesso.
Un altro divieto posto dalla legge ex Cirielli si rinviene nell’art.
58-quater, comma 7-bis, ord. pen. A tal riguardo, sembra doveroso
soffermarsi, seppur brevemente, sulla nozione di “recidiva”.
Quest’ultima, ai sensi del secondo comma dell’art. 70 c.p., è
definita come “circostanza inerente alla persona del colpevole”;
l’orientamento giurisprudenziale maggioritario la ritiene una
circostanza aggravante sui generis suscettibile di influire sulla
determinazione della pena, ed è volta ad individuare la condizione
personale del soggetto che, dopo aver ricevuto una condanna per un
reato, ne commette un altro. Dunque, si può rilevare che la recidiva
è intesa come un indice della maggiore capacità a delinquere del reo
in quanto è chiaro che la ricaduta nel reato dopo la precedente
condanna fa emergere il pericolo che lo stesso possa commettere
ulteriori reati.
Le forme di recidiva previste dall’art. 99 c.p. sono: la recidiva
157
DEGL’INNOCENTI L., FALDI F., Misure alternative alla detenzione, cit., p. 63.
158
Ibidem, p. 63.
48
semplice, la recidiva aggravata, la recidiva reiterata.
Relativamente alla preclusione di cui all’art. 58-quater,
comma 7-bis, ord. pen., ci si è interrogati sul fatto che la stessa trovi
applicazione solamente quando la recidiva reiterata sia stata
applicata nella sentenza con cui è stata inflitta la pena da scontare o se,
invece, possa operare anche nei casi in cui sia stata applicata in una
precedente sentenza. A tal riguardo, la dottrina ha affermato che la
soluzione è strettamente connessa alla ratio della norma, dovendo,
quindi, chiarire se la stessa “intenda stabilire un regime restrittivo
fondato sulla pericolosità generica della persona (…), ovvero sulla
pericolosità sociale della persona, pur come manifestatasi ed accertata in
occasione del delitto della pena di cui si tratta. La seconda soluzione (…)
è più in armonia con la tradizionale impostazione dell’esecuzione penale
che tendenzialmente e storicamente rifugge da qualità soggettive
disgiunte dall’accertamento dei singoli fatti”
159
.
Vale la pena porre in evidenza che il divieto di cui al comma 7-bis
dell’art. 58-quater ord. pen., da una parte, potrebbe essere troppo
penalizzante e, dall’altra parte, potrebbe dar luogo a gravi sperequazioni
sotto il profilo applicativo. Difatti, in merito a tale aspetto, la previsione
su citata esclude la possibilità di concedere l’affidamento ai soggetti che,
in passato, hanno già beneficiato di tale misura, anche nei casi in cui la
nuova pena faccia riferimento ad un delitto compiuto prima della
concessione della prima misura, o quando vengano meno, per cause non
ascrivibili al condannato, le condizioni per la prosecuzione della misura.
La dottrina ha osservato che “in questi casi non vi è ragione al
159
MARCHESELLI A., Permessi premio con il contagocce ai recidivi, in Guida al
Diritto, 1, 2006, p. 79.
49
mondo per escludere l’accesso a nuove misure alternative. La
riforma non distingue, in altre parole, nel vietare le nuove misure
alternative, la recidiva nel delitto dopo un primo beneficio (…),
dalla semplice successione a carico di un soggetto recidivo, di più
pene (…), che arrivino, come succede spesso, in esecuzione una
dopo la fine dell’altra, quando il soggetto si è già completamente
risocializzato. La violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione
è assolutamente evidente e non necessita di ulteriore commento”
160
.
Per questi motivi, sembra potersi sostenere che la disposizione
di cui al comma 7-bis, laddove vieta la concessione di un secondo
affidamento in prova al condannato al quale sia stata applicata la
recidiva reiterata, non esclude la possibilità per il Tribunale di
Sorveglianza di applicare, purché vi siano le condizioni, la
semilibertà, nel rispetto di quanto sancito dal principio del favor
rei
161
.
2.4 L’affidamento in prova in casi particolari
L’ordinamento giuridico italiano, relativamente
all’affidamento in prova, prevede figure speciali, vale a dire
l’affidamento terapeutico, regolato all’art. 94 del D.P.R.
309/1990
162
, concesso ai condannati alcoldipendenti e
160
MARCHESELLI A., Permessi premio, cit., p. 83.
161
DEGL’INNOCENTI L., FALDI F., op. cit., p. 70.
162
Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, “Testo Unico delle
leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura
50
tossicodipendenti; l’affidamento “speciale” regolato all’art. 47-quater
ord. pen., concesso ai condannati affetti da Aids conclamata o da grave
deficienza immunitaria; l’affidamento in prova per condannati
minorenni, regolato all’art. 79, comma 1, ord. pen., che estende il campo
applicativo delle disposizioni contenute nell’ordinamento penitenziario
anche ai soggetti minori di 18 anni per i quali siano state irrogate misure
penali.
Per quanto riguarda la prima tipologia, che sarà approfondita nel
dettaglio nel corso del quarto capitolo del presente lavoro, essa trova
fondamento giuridico, come anticipato, nell’art. 94 d.p.r. 309/1990 ed è
stata prevista per affiancare all’affidamento in prova una misura
alternativa specifica volta ad agevolare il recupero sociale dei
condannati tossicodipendenti e alcoldipendenti.
L’affidamento speciale, invece, che è previsto per i soggetti affetti
da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, può essere
concesso (sia come affidamento in prova che come detenzione
domiciliare) indipendentemente dall’entità della pena da espiare e dal
tipo di reato, purché gli stessi abbiano in corso o intendano intraprendere
un programma di cura e di assistenza
163
.
Questo regime previsto nei confronti di tale categoria trova la
propria ragion d’essere nella necessità di tutelare la salute, in un
ambiente come quello penitenziario in cui fattori quali la promiscuità, il
pericolo di contagio e l’incompatibilità con le condizioni di salute,
e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, in Gazzetta Ufficiale del 31
ottobre 1990, n. 255.
163
ARDITA S., DEGL’INNOCENTI L., FALDI F., Diritto penitenziario, Laurus
Robuffo, Milano, 2014.
51
potrebbero far sì che l’espiazione della pena si trasformi in un
trattamento inumano e degradante.
Affinché tale misura possa essere concessa occorre che lo status
venga debitamente accertato ex art. 286 bis c.p.p. Spetta al Ministro della
Sanità, in collaborazione con il Ministro di Giustizia, il compito di
definire i casi di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria,
nonché di stabilire le procedure diagnostiche e medico-legali ai fini
del loro accertamento; la certificazione riguardante l’accertamento
rappresenta una componente integrante dell’istanza di
concessione
164
.
Le strutture presso le quali i soggetti ammessi possono seguire
il programma predisposto consistono nelle unità operative di
malattie infettive ospedaliere e universitarie o altre unità operative
impegnate sulla base dei piani regionali nell’assistenza ai casi di
AIDS (art. 47-quater, comma 2, ord. pen.).
Si prevede un unico limite per la concessione di tale misura,
vale a dire la possibilità per il Tribunale di Sorveglianza di non
concedere il beneficio se l’interessato abbia già usufruito dello
stesso e sia stato, in un secondo momento, revocato da meno di un
anno (art. 47-quater, comma 5, ord. pen.).
Infine, vi è l’affidamento in prova per condannati minorenni,
che sarà trattato dettagliatamente nel prossimo capitolo.
164
FILIPPI L., SPANGHER G., Manuale di diritto penitenziario, Giuffrè, Milano, 2011.