Il lettore "pris pour duppe". Analisi del "Roman bourgeois" di Antoine Furetière
Le Roman bourgeois di Antoine Furetière appare ancora oggi il romanzo più controverso della letteratura francese del XVII secolo. Ignorato al momento della sua pubblicazione (nel 1666), dimenticato (salvo le poche edizioni di Nancy e Amsterdam fra il 1704 e il 1714) per quasi due secoli, riscoperto nella seconda metà del XIX secolo come romanzo realista avant la lettre, Le Roman bourgeois è ritenuto, ai nostri giorni, “une œuvre significative de l’èvolution du roman français, de la rèaction contre le roman galant et hèroïque, de l’importance accrue de la rèalitè bourgeoise dans la sociètè” , addirittura “une des œuvres les plus rèvolutionnaires [...] de tout le XVIIème siècle” , ma anche, al tempo stesso, un testo “[qui] manque d’unitè et de composition” , un romanzo in cui “des rèussites apprèciables s’enchevêtrent avec des pages lourdes et fatigantes et [où] le lecteur, tantôt souriant, saisi d’intèrêt et d’admiration, tombe tantôt dans l’ennui et la dèception” . L’alternarsi, nel lettore del Roman bourgeois, delle reazioni indicate in quest’ultima citazione deriva, con tutta probabilità, dalla marcata eterogeneità dell’opera, il cui esempio più vistoso è costituito senz’altro dalla pressochè assoluta mancanza di legami diegetici fra i due livres in cui è suddiviso il romanzo. Curiosamente, persino gli autori dei migliori contributi critici sul Roman bourgeois hanno trattato in modo superficiale un aspetto del testo così rilevante per giungere inoltre, nella maggioranza dei casi, a leggere nella discontinuità del romanzo nient’altro che un “dèfaut de talent” dell’autore.
La caratteristica principale del Roman bourgeois sembra comunque essere la presenza nel testo di una contestazione del romanesque (in particolare dei procedimenti tipici del roman hèroïque). Caratteristica, questa, che non rappresenterebbe certo una novità nel panorama letterario francese (e non solo francese) del XVII secolo. La peculiarità del Roman bourgeois rispetto a quella ristretta e insolita categoria di romanzi seicenteschi che potremmo genericamente definire «antiromanzeschi» consiste nel fatto che nell’opera di Furetière la riflessione sul genere romanzesco non si sviluppa soltanto tramite un impianto parodistico o tramite conversazioni fra personaggi , ma, in particolar modo, mediante estesi e frequenti interventi metaromanzeschi da parte del narratore ; interventi nei quali, oltre a esplicitare al grado zero le ragioni del rifiuto di un certo tipo di romanzo, viene anche formulata (sia pure in modo non sistematico) una nuova poetica del romanzo, della quale lo stesso Roman bourgeois parrebbe dover rappresentare una esemplificazione. Questa poetica, essendo fondata sulla pretesa di trascrivere “sincerement et avec fidelitè” una storia data per vera, sarà da me chiamata «poetica della naïvetè», dove “naïvetè” ha il significato seicentesco di “veritè dite simplement et sans artifice” .
Le Roman bourgeois appare dunque, a prima vista, una sorta di pamphlet, di traitè sul romanzo, in cui il narratore si rivolge costantemente al proprio virtuale lettore nel tentativo di convincerlo ad abbandonare le “tromperies” dei romans hèroïques per apprezzare invece quel “tres-veritable et tres-sincere recit” (R.b., p. 1025) che egli gli offre. Una lettura del Roman bourgeois che privilegiasse unicamente l’aspetto metaromanzesco e naïf dell’opera verrebbe però a urtare inevitabilmente col mutamento di prospettive riscontrabile nel Livre second, livre nel quale non soltanto gli interventi metaromanzeschi diventano molto sporadici (il che sarebbe del tutto comprensibile: ad una prima parte ricca di riflessioni “teoriche” farebbe seguito una seconda parte prevalentemente “esemplificativa”), ma è anche palese il prevalere di una raffigurazione grottesca dei personaggi e delle loro azioni, ovvero il prevalere di una deformazione caricaturale della realtà. Il lettore, al quale era stata promessa una riproduzione naïve della realtà, si trova così dinanzi, del tutto inaspettatamente, ad un testo burlesco. Eccoci dunque tornare, anche dal punto di vista formale, a quella mancanza “d’unitè et de composition” denunciata da Hartmann e alla “dèception” cui accennava Di Girolamo. Ed eccoci dunque arrivare anche alla domanda: è possibile dare un senso complessivo al Roman bourgeois? Punto focale della mia analisi sarà il tentativo di dimostrare che la delusione suscitata nel lettore dalla discrepanza riscontrabile fra i due livres è, per quanto singolare ciò possa sembrare, un effetto voluto, il risultato di una specifica strategia dell’autore, e come essa possa essere interpretata in chiave antiromanzesca.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Manetti |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1996-97 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere Moderne |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Giancarlo Fasano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 142 |
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