Il dibattito sull'iperinflazione tedesca 1922-1923
L’inflazione ebbe nella Germania dei primi anni venti la seconda rappresentazione più eclatante mai realizzatesi nella storia economica (dopo quella ungherese del 1946), da sempre oggetto di indagini e ricerche. Scorrendo gli indici delle grandezze fondamentali la discesa del marco si presenta indissolubilmente legata alle vicende politiche e sociali: le giornate più nere furono segnate da omicidi politici, rivolte, tentativi di golpe ed è per questa ragione che nella prima parte si cercherà di fondere la ricostruzione storica degli avvenimenti dal 1914 al 1923 con la cronologia del crollo verticale del marco e dell’andamento di alcuni indici primari: principalmente il cambio sul dollaro, l’indice dei prezzi all’ingrosso, la variazione della circolazione monetaria ed il bilancio del Reich. Esamineremo le conseguenze degli accordi di Versailles e dell’invasione della Ruhr, ci occuperemo del processo di stabilizzazione, conclusosi il 15 novembre del 1923 con la creazione del Rentenmark, la nuova unità di conto che affiancò un Papiermark privo di ogni valore.
Inoltre ripercorreremo le conseguenze sociali dell’inflazione basandoci sui dati proposti dai principali testi pubblicati sull’argomento: gli effetti su produzione industriale e occupazione, le influenze sulla bilancia dei pagamenti e soprattutto cercheremo di capire chi abbia tratto giovamento dall’inflazione e chi sia stato vittima, perciò analizzeremo i dati relativi a salari, rendite e profitti per delineare come sia stata redistribuita la ricchezza.
La contrapposizione tra una teoria quantitativa e una “qualitativa” della moneta (usando la definizione di Bresciani-Turroni) è stata al centro della controversia tenutasi negli anni venti e trenta, che qui si è cercato di analizzare tenendo conto di ogni punto di vista, economico ma anche politico. La “teoria della bilancia dei pagamenti” vedeva nello squilibrio della bilancia commerciale l’inizio della catena causale che portava all’aumento dei prezzi e conseguentemente all’aumento della quantità di moneta (il significato originario del termine inflazione). Ne si deve credere che mancassero in Germania oppositori a politiche inflazionistiche, Mises e Eucken tra i primi, anche se tradizionalmente furono gli inglesi ad assumere la teoria quantitativa come posizione ufficiale e non solo nei testi di economia grazie a Keynes, Pigou e Hawtrey, ma anche a livello politico. Keynes e Cassel, impegnati direttamente nel ruolo di consulenti, sono gli autori più discussi per le presunte contraddizioni presenti nei loro scritti e a ciò sarà dedicato un approfondimento.. Ma daremo spazio anche a contributi di economisti solitamente non associati all’inflazione tedesca come Gini, Pareto, Haberler, Aftalion e Joan Robinson.
Nei quarant’anni che seguirono la pubblicazione dell’opera dell’economista italiano la bibliografia dell’argomento appare inspiegabilmente limitata: a parte lo studio dei danesi Laursen e Pedersen che svilupparono un modello legato all’andamento dei salari con cui interpretare le varie fasi dell’inflazione, non ci sono molte rivisitazioni innovative dell’argomento. In questo quadro si inserisce l’eccezione dell’opera di Phillip Cagan (1956), un’anomalia che meriterà una riflessione a se stante, per il lungo dibattito iniziato sulle riviste economiche a quasi vent’anni dalla pubblicazione e che è tuttora in corso. Nel 1973, si tenne un convegno a Bochum sulla necessità di riaprire la discussione sulla grande inflazione: da qui e da un progetto finanziato nel ’76 dalla fondazione Wolkswagen Feldman, Witt e Holtfrerich iniziarono quella che definirono “riconsiderazione” dell’inflazione tedesca, una revisione della necessità dello strumento-inflazione ma anche del ruolo della Germania nell’assetto europeo. Proprio mentre il modello di Cagan veniva sezionato e rivisitato in continuazione, gli storici hanno tentato di riappropriarsi dell’argomento e le critiche di Kindleberger a Frenkel e soci sono da interpretare in questo senso. Anche oggi si può distinguere un approccio qualitativo ad uno neo-quantitativo, che tiene conto del contributo dell’econometria e che grazie a nuovi strumenti cerca di formulare modelli capaci di rappresentare le varie iperinflazioni di questo secolo e di riunirle in alcune formule. Difficile dire se il nazismo, come sostenuto da alcuni autori e soprattutto da Lionel Robbins, autore della prefazione del testo di Bresciani-Turroni, abbia radici nell’inflazione, ma è certo che l’ascesa di Hitler ebbe origine dalla disperazione di un popolo ridotto alla fame. Va detto comunque che negli ultimi vent’anni la Repubblica di Weimar è stata perfino chiamata “locomotiva d’Europa” da Holtfrerich e nel complesso Feldman e altri storici (soprattutto tedeschi) hanno cercato di riabilitare la “grande inflazione” cercando di evidenziarne gli effetti più positivi, essenzialmente sull’occupazione.
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Informazioni tesi
Autore: | Stefano Scarpa |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Gianluigi Mengarelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 204 |
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