4
Inoltre ripercorreremo le conseguenze sociali dell’inflazione basandoci sui dati
proposti dai principali testi pubblicati sull’argomento: gli effetti su produzione
industriale e occupazione, le influenze sulla bilancia dei pagamenti e soprattutto
cercheremo di capire chi abbia tratto giovamento dall’inflazione e chi sia stato
vittima, perciò analizzeremo i dati relativi a salari, rendite e profitti per delineare
come sia stata redistribuita la ricchezza.
Dopo aver fornito tutti i dati necessari per avere un quadro più possibilmente
completo della situazione, grazie alle numerose fonti disponibili, lo scopo
centrale di questa tesi sarà quello di ricostruire il dibattito venutosi a creare nel
corso degli anni sulle cause dell’inflazione. Il periodo successivo all’occupazione
della Ruhr con la resistenza passiva e la decisione di sospendere i pagamenti agli
alleati viene descritto in maniera abbastanza uniforme nella storiografia
dell’argomento: troppo difficile rinunciare alla produzione del principale polo
industriale tedesco e al gettito fiscale di una regione di sei milioni di abitanti che
anzi andavano sostenuti con sussidi. Quasi tutti sono concordi inoltre sul ruolo
giocato dagli speculatori, che dopo l’omicidio del ministro Rathenau persero ogni
fiducia in un eventuale ripresa del marco e ne fecero crollare il valore sui mercati
esteri. Alcuni testi fermano le loro indagini al 1922 come se la fase più acuta
fosse stata talmente fuori da ogni controllo da non dover essere spiegata. In
effetti i nodi centrali del problema sono rintracciabili innanzitutto nelle cause che
scatenarono l’inflazione in tempo di guerra, a proposito delle quali ci furono
aspre discussioni sulle modalità con cui la Germania avrebbe finanziato le spese
5
militari. Ma é soprattutto nell’immediato dopoguerra, negli anni tra il 1919 e la
metà del 1922 che probabilmente si sono concentrati gli errori dei governi e
vedremo di capire se gli ostacoli fossero insormontabili, se la Germania abbia
avuto i mezzi e ancora più la volontà di uscire da questa situazione.
La contrapposizione tra una teoria quantitativa e una “qualitativa” della moneta
(usando la definizione di Bresciani-Turroni) é stata al centro della controversia
tenutasi negli anni venti e trenta, che qui si é cercato di analizzare tenendo conto
di ogni punto di vista, economico ma anche politico. La “teoria della bilancia dei
pagamenti” vedeva nello squilibrio della bilancia commerciale l’inizio della
catena causale che portava all’aumento dei prezzi e conseguentemente
all’aumento della quantità di moneta (il significato originario del termine
inflazione). Essa non fu però una visione esclusivamente tedesca, venne
sostenuta anche da economisti stranieri, in particolare dagli americani, ma fu
oggetto di strumentalizzazioni politiche specialmente da parte di Helfferich,
economista di spessore ma al tempo stesso controverso leader nazionalista. Ne si
deve credere che mancassero in Germania oppositori a politiche inflazionistiche,
Mises e Eucken tra i primi, anche se tradizionalmente furono gli inglesi ad
assumere la teoria quantitativa come posizione ufficiale e non solo nei testi di
economia grazie a Keynes, Pigou e Hawtrey, ma anche a livello politico. Keynes
e Cassel, impegnati direttamente nel ruolo di consulenti, sono gli autori più
discussi per le presunte contraddizioni presenti nei loro scritti e a ciò sarà
dedicato un approfondimento. Spesso i testi più importanti sull’argomento sono
6
stati scritti da personaggi che hanno svolto un ruolo attivo nelle vicende o
impegnati come osservatori e i casi più emblematici sono quelli di Bresciani-
Turroni, membro della Commissione delle Riparazioni, autore di quello che
ancora oggi é considerato il più importante testo sull’argomento e
dell’ambasciatore inglese Lord d’Abernon. Ma daremo spazio anche a contributi
di economisti solitamente non associati all’inflazione tedesca come Gini, Pareto,
Haberler, Aftalion e Joan Robinson.
Nei quarant’anni che seguirono la pubblicazione dell’opera dell’economista
italiano la bibliografia dell’argomento appare inspiegabilmente limitata: a parte
lo studio dei danesi Laursen e Pedersen che svilupparono un modello legato
all’andamento dei salari con cui interpretare le varie fasi dell’inflazione, non ci
sono molte rivisitazioni innovative dell’argomento. In questo quadro si inserisce
l’eccezione dell’opera di Phillip Cagan (1956), un’anomalia che meriterà una
riflessione a se stante, per il lungo dibattito iniziato sulle riviste economiche a
quasi vent’anni dalla pubblicazione e che è tuttora in corso. Nel 1973, si tenne un
convegno a Bochum sulla necessità di riaprire la discussione sulla grande
inflazione: da qui e da un progetto finanziato nel ’76 dalla fondazione
Wolkswagen Feldman, Witt e Holtfrerich iniziarono quella che definirono
“riconsiderazione” dell’inflazione tedesca, una revisione della necessità dello
strumento-inflazione ma anche del ruolo della Germania nell’assetto europeo.
Proprio mentre il modello di Cagan veniva sezionato e rivisitato in
continuazione, gli storici hanno tentato di riappropriarsi dell’argomento e le
7
critiche di Kindleberger a Frenkel e soci sono da interpretare in questo senso.
Anche oggi si può distinguere un approccio qualitativo ad uno neo-quantitativo,
che tiene conto del contributo dell’econometria e che grazie a nuovi strumenti
cerca di formulare modelli capaci di rappresentare le varie iperinflazioni di
questo secolo e di riunirle in alcune formule. Probabilmente la storia economica
richiede un approccio mediato, che faccia uso dei più recenti sviluppi teorici, ma
basato innanzitutto sui dati empirici, come forse era riuscito a Bresciani-Turroni,
ma data la loro influenza e i risultati comunque di grandissimo interesse daremo
spazio sia alla “visione strutturale” di Kindleberger sia ai “seguaci” di Cagan,
cercando di trovare elementi di interesse in entrambi. Infine vedremo i contributi
più significativi degli ultimi dodici anni, certamente influenzati da Cagan e ancor
più da Sargent e dall’introduzione del concetto di “aspettative razionali”.
Difficile dire se il nazismo, come sostenuto da alcuni autori e soprattutto da
Lionel Robbins, autore della prefazione del testo di Bresciani-Turroni, abbia
radici nell’inflazione, ma è certo che l’ascesa di Hitler ebbe origine dalla
disperazione di un popolo ridotto alla fame. Va detto comunque che negli ultimi
vent’anni la Repubblica di Weimar é stata perfino chiamata “locomotiva
d’Europa” da Holtfrerich e nel complesso Feldman e altri storici (soprattutto
tedeschi) hanno cercato di riabilitare la “grande inflazione” cercando di
evidenziarne gli effetti più positivi, essenzialmente sull’occupazione.
Un ultima precisazione sulla forma in cui sono state presentate le statistiche: in
questa tesi si é ricorsi in molte occasioni all’uso di tabelle per analizzare le
8
grandezze economiche fondamentali come bilancio dello Stato, prezzi, cambio e
circolazione e ancor più nel terzo capitolo sugli effetti sociali dell’inflazione,
dove la discussione doveva necessariamente avere come punto di partenza dei
dati concreti (salari, occupazione, consumi, etc.), mentre il quarto e il quinto
capitolo sono più teorici. Si é invece rinunciato alla rappresentazione grafica
degli stessi indici sotto forma di diagrammi cartesiani, utilizzati in continuazione
anche nei testi più importanti. La ragione sta anche nel non voler creare inutili
doppioni, ma soprattutto nel riuscire a fornire il maggior numero di dati
possibile, in quanto le progressioni numeriche (in particolare i numeri indice)
consentono di confrontare fino a cinque o sei grandezze economiche
contemporaneamente, ma allo stesso tempo riescono ad essere di facile lettura.
Ciò é più difficile per i grafici, che assemblando lo stesso numero di valori
risultano quasi illeggibili e che proposti singolarmente o in coppia avrebbero
occupato uno spazio enorme e impedito l’esposizione di altri dati utilissimi per
ricostruire gli avvenimenti.
9
CAPITOLO 1
VICENDE STORICHE E MONETA:
LEGAMI E DINAMICHE
In questo capitolo si tenterà di ricostruire cronologicamente i movimenti del
marco tedesco, legando gli indici delle grandezze economiche fondamentali agli
eventi storici che hanno caratterizzato la vita politica ed economica della
Germania. I commentatori individuano tradizionalmente tre intervalli temporali:
gli anni della guerra (1914-1918), il periodo 1919-1921 e gli anni
dell’iperinflazione vera e propria: 1922 e 1923. Sostanzialmente si riprenderà
questa suddivisione, ma con una segmentazione maggiore per rappresentare
meglio i movimenti della moneta e delineare cicli positivi e negativi, facendo
coincidere i punti di svolta con alcuni avvenimenti cruciali: innanzitutto la firma
dell’armistizio, quindi il Trattato di Versailles (a cui sarà dedicata una sezione), il
fallito golpe di Kapp, “l’ultimatum” di Londra, l’omicidio del ministro per la
ricostruzione Walter Rathenau, infine l’occupazione della Ruhr e il fallimento del
primo tentativo di stabilizzazione. Il riferimento costante sarà soprattutto al
bilancio del Reich, ai valori di prezzi, circolazione e cambio del dollaro.
10
1.1 La guerra1
Nell’agosto del 1914 il Segretario di Stato per le Finanze Karl Helfferich avviò il
finanziamento delle azioni militari con la creazione di speciali casse di prestito ai
cui fondi di dotazione si provvide stampando moneta. La conversione di biglietti
in oro venne sospesa per legge per non intaccare le riserve e una direttiva
autorizzò la Reichsbank a scontare le cambiali a breve scadenza emesse dal
Tesoro e a utilizzarle come copertura dei biglietti assieme alle cambiali
commerciali. Il compito delle nuove strutture era quello di finanziare le industrie
belliche e le banconote emesse venivano ufficialmente considerate moneta
legale. I tre quinti dei 164.000 milioni di marchi necessari a finanziare l’impegno
nel conflitto provenivano dai prestiti di guerra e del resto lo stesso Helfferich
aveva preannunciato nel 1915 al Reichstag che, date le esigue entrate sul fronte
delle imposte, la guerra sarebbe stata finanziata prevalentemente con le
sottoscrizioni. Più tardi Schacht2 sosterrà che le otto emissioni di prestiti di
guerra avevano “trasformato la maggior parte delle ricchezze private in cumuli
di carta rappresentativi nei riguardi dello stato, che in periodo di pace avrebbero
perso tutto il loro valore”. Gli inglesi invece, sempre secondo Schacht, avevano
fatto un miglior uso della leva fiscale, soprattutto nei confronti delle industrie che
1
Per la ricostruzione storica si è ricorsi alla maggior parte dei testi indicati nella bibliografia, ma il punto
di riferimento è l’opera del giornalista inglese Adam Fergusson “Quando una moneta muore. Le
conseguenze sociali dell’iperinflazione nella Repubblica di Weimar” (originale inglese 1975), Il Mulino,
1979. Utili anche “The German Economy, 1870 to present” edito da Harcourt, Brace and World, 1967 di
Borchardt, Hauser e Stolper, “Storia economica dell’età moderna e contemporanea” di Gino Luzzatto,
Cedam 1952 e soprattutto “The Great Disorder” di G.D. Feldman, Oxford University Press, 1993
2
Vedi Fergusson, p.43
11
Tabella 1: Riserve auree e crediti della Reichsbank in milioni di marchi-oro
Riserve auree Portafoglio
cambiario attivo
Crediti delle
casse di prestito
Buoni del
Tesoro scontati
1913
1914
1170
2093
1491
1198
-
1317
-
2738
1915 2445 585 2348 5218
1916 2520 739 3408 8871
1917 2407 388 7689 14208
1918 2262 259 15626 27157
Fonte: H. Haller, “Il ruolo delle finanze statali nel processo inflazionistico” da “Economia e finanza in
Germania 1876-1948 a cura della Deutsche Bundesbank (1976), edizione italiana Cariplo Laterza, 1988.
Le riserve auree sono espresse in marchi-oro.
Tabella 2: Bilancio ordinario del Reich, 1914-1919 in milioni di marchi
Totale uscite Servizio
del debito
Entrate Saldo
1914 1773,5 470,4 2471,1 +697,6
1915 1875,9 1346,0 1825,2 -50,7
1916 3066,8 2616,8 2122,2 -944,6
1917 7073,3 6518,8 8010,1 +936,8
1918 7545,6 6770,5 7395,2 -150,4
1919 13379,0 8397,1 10693,2 -2415,8
Fonte: Haller
Tabella 3: Bilancio straordinario del Reich, 1914-1919 in milioni di marchi
Totale uscite Uscite legate
alla guerra
Entrate inclusi
introiti dei prestiti
Saldo
1914 7004,3 6935,7 4805,5 -2198,8
1915 23927,0 23908,9 20495,1 -3431,9
1916 24771,7 24739,3 19751,9 -5019,8
1917 45121,8 42188,4 26138,5 -18983,3
1918 36884,7 33928,4 23111,1 -13773,6
1919 39779,7 30103,7 4154,3 -35635,4
Fonte: Haller
Tabella 4: Prezzi (base 1913=1), circolazione e dollaro 1914-1918
Prezzi interni
all’ingrosso
Prezzi esterni Circolazione in milioni di marchi
Cambio
dollaro-marco
1914 1,05 1,00 7045 4,5
1915 1,42 1,17 8928 5,2
1916 1,53 1,67 10447 5,7
1917 1,79 2,79 14881 5,7
1918 2,17 2,80 33103 8,3
Fonte F.D.Graham, “Exchange, prices and production in hyperinflation, Germany 1920-1923”
(orig.1930), edizione del 1967 Russell & Russell
12
Tabella 5: Componenti dell’offerta di moneta 1914-1918 (in milioni di marchi)
Banconote Monete metalliche Totale
Depositi
Reichsbank
Banche
azionarie
Casse di
risparmio C/C postali
1914 Giu. 2709,5 3613,5 6323 858,3 8392 20302 258
1914 Dic. 5861,6 2841,4 8703,0 1756,9 9645 20547 295
1915 Feb. 5766,0 2537,9 8303,9 1581,5 9555 21389 302
1915 Ago. 6750,3 1987,0 8737,3 1736,3 10851 21006 289
1915 Dic. 8360,0 1690,1 10050,1 2359,0 11769 20381 351
1916 Feb. 8062,1 1530,3 9592,4 1986,8 11802 20967 357
1916 Ago. 9204,3 1144,0 10348,3 2835,5 13644 21141 398
1916 Dic. 11437,9 877,4 12315,4 4564,2 15378 21433 502
1917 Feb. 11982,1 738,3 12720,4 4076,6 15833 22992 536
1917 Ago. 14921,2 384,0 15305,2 5890,6 19248 23934 663
1917 Dic. 18245,2 212,3 18457,5 8050,4 23182 25403 797
1918 Feb. 18351,6 84,1 18435,7 6490,1 23265 26886 775
1918 Ago. 22402,1 70,9 22473,0 9432,1 25744 29082 1023
1918 Dic. 32936,7 169,5 33106,2 13280,4 29981 31834 1121
Fonte: Holtfrerich, “L’inflazione tedesca 1914-1923” (1980), edizione italiana Cariplo Laterza 1989
Tabella 6: Composizione percentuale delle entrate fiscali ordinarie
Gran Bretagna
1913 1918
Germania
1913 1918
Imposte dirette 47,5 77,2 3,5 43,4
Imposte indirette 46,0 21,2 81,3 47,9
Imposte di bollo 6,5 1,6 15,2 8,7
Fonte: Holtfrerich
traevano maggiore vantaggio dal conflitto, attuando una politica più equa nel
ripartire il costo delle operazioni militari. In questo contesto va ricordata l’analisi
di Pigou il quale sosteneva che “se il finanziamento di una guerra é paragonabile
ad una forma di tassazione, quest’ultima é comunque da preferire, anche rispetto
ai prestiti, che provocano una depressione della produzione”3. In un economia di
guerra ricorrere alla creazione di nuova moneta doveva necessariamente
provocare un aumento dei prezzi che, innescando la richiesta di salari nominali
maggiori, porta ad un rincorrersi tra salari e prezzi. Il discorso di Pigou é limitato
3
Il riferimento é a “The Political Economy of the war”, Brooklyn College Press, pubblicato nel 1941 da
Pigou e dedicato prevalentemente alla Gran Bretagna. Quanto é successo in Germania viene indicato
come monito per le scelte inglesi del futuro.
13
ad un contesto bellico caratterizzato da restrizioni e divieti, ma come vedremo
più avanti la spirale salari–prezzi acquisterà importanza anche nel dibattito su
come sia stato gestito il dopoguerra. Nella primavera del 1916 l’attuazione del
cosiddetto “programma Hindenburg” avrebbe sospeso tutti i meccanismi
dell’economia di mercato e riorganizzato la produzione industriale in base ai
principi dell’economia di guerra.
E’ difficile in questa fase interpretare l’aumento dell’inflazione in quanto non è
reperibile un indice del costo della vita, a differenza degli anni successivi al 1918
per i quali le statistiche sono più complete, come avremo modo di vedere. Per il
momento dobbiamo limitarci a considerare che ad eccezione del cosiddetto
“bollo sulle cessioni commerciali” (un’imposta sulle vendite) i provvedimenti
fiscali dal 1916 al 1918 non riuscirono ad essere incisivi. Le numerose
imposizioni indirette fecero crescere il livello dell’inflazione, che fu però
contenuta in quanto il governo aveva imposto un regime di controllo dei prezzi
sulla maggior parte dei generi alimentari, mentre per i prezzi industriali si calcola
un passaggio da un indice pari a 100 per il 1914 a 477 per il 1918. Dalle tabelle 4
e 5 possiamo notare un forte aumento della circolazione e un enorme crescita del
debito fluttuante che passò dai 300 milioni di marchi del 1914 ai 55 miliardi del
dicembre del 1918. Loria ricorda come la caduta del marco nel 1918 venne
arrestata dalla Federazione Svizzera sotto la minaccia di ritirare i propri depositi
dalle banche elvetiche4. Nel frattempo il divario tra l’indebitamento totale e
4
Achille Loria, “Le peripezie monetarie della guerra”, lezioni tenute all’Università Commerciale Bocconi
nell’aprile del 1919, pubblicate da Treves
14
quello provocato dai prestiti aumentava in continuazione, inoltre la maggior parte
dei titoli a breve scadenza non era più nelle mani della Reichsbank ma di banche
commerciali e imprese. Dai dati della tabella 5 va evidenziato soprattutto il
rapporto tra moneta metallica e banconote che nel 1913 era di 3 a 5 e dopo la
guerra di 1 a 200 circa. In seguito il dato relativo alla quantità di moneta
metallica non fu più significativo e ci limiteremo a descrivere l’afflusso di
banconote nel sistema. Nello stesso periodo aumentarono enormemente le riserve
auree: la Reichsbank aveva assorbito gran parte dell’oro in circolazione, come
possiamo vedere nella tabella 1. Fino allo scoppio della guerra la Germania
aveva adottato i meccanismi previsti dal Gold Standard, per i quali la moneta era
condizionata dai movimenti internazionali dell’oro, con l’obbligo per la
Reichsbank di convertire in monete d’oro il denaro emesso, vincolo sospeso il 31
luglio del 1914 e abolito per legge quattro giorni dopo.
Haller, Fergusson e molti altri autori criticarono quest’impostazione nel reperire i
fondi per finanziare il conflitto: la mancanza di limiti all’emissione di denaro
fece capire che la formazione di nuovi mezzi monetari non si sarebbe limitata
alle prime settimane di guerra, ma sarebbe aumentata progressivamente. Vero
che la guerra é stata concausa dell’iperinflazione, ma le perplessità sulle modalità
del finanziamento non possono assolutamente giustificare gli avvenimenti del
1923, in quanto altri paesi coinvolti nel conflitto si trovarono in situazioni
analoghe (basti pensare alle nazioni derivate dalla disgregazione dell’Impero
austroungarico) ma i prezzi non raggiunsero i livelli della Germania.
15
1.2 Dall’armistizio al Trattato
Al crollo della dittatura militare dell’ottobre 1918, seguirono la fuga del Kaiser
Guglielmo II e la proclamazione della nuova Repubblica di Weimar l’11
novembre. L’anarchia che ne fece seguito e l’armistizio firmato da Mathias
Erzberger, leader del partito di Centro, ci portano alle elezioni del 1919, le prime
a suffragio universale. Il passo successivo fu la formazione di un governo
formato dai socialdemocratici, da rappresentanti del partito di Centro e
soprattutto dal nuovo Partito Democratico, promotore principale della
Costituzione repubblicana di agosto. Certamente c’era la volontà di risollevare il
paese e la decisione di provvedere a concessioni economiche verso le masse
lavoratrici venne sorprendentemente accolta con favore anche dagli industriali.
Feldman sostiene che la rivoluzione avesse portato ad una tale trasformazione
delle relazioni economiche e sociali, da fare della Germania “il più avanzato,
anche se non il più generoso sistema di relazioni industriali e di stato sociale del
mondo” 5, definizione probabilmente eccessiva.
Nel novembre del 1919 si realizzò il cosiddetto compromesso Stinnes – Legien,
ossia l’accordo tra industriali e sindacati che segnava il raggiungimento della
giornata lavorativa di otto ore senza riduzioni di salario, il riconoscimento delle
unioni dei lavoratori, dei consigli di fabbrica e del diritto di sciopero. Inoltre
venivano introdotti sussidi di disoccupazione e i datori di lavoro si impegnavano
5
G.D.Feldman, “The Great Disorder”, Oxford University Press, 1993
16
a riassumere ogni soldato reduce dalla guerra nel suo precedente impiego. Le
tensioni tra lavoratori dipendenti e imprenditori erano comunque solo all’inizio,
in quanto cibo e vestiario scarseggiavano, l’inflazione provocava un costante
aumento del costo della vita e i sindacati chiedevano in continuazione di rivedere
i contratti. Feldman fa notare come in prima linea nelle trattative berlinesi ci
fossero soprattutto i rappresentanti dei minatori e dei dipendenti delle ferrovie,
ossia le due categorie vitali per l’economia nazionale e che le crisi dei due settori
si alternassero con cicli quasi regolari.
Analizzando gli indici a disposizione si nota subito un aumento della velocità di
deprezzamento da parte del marco, ma soprattutto la tendenza ad una maggiore
accelerazione dell’aumento dei prezzi d’importazione, del cambio del dollaro, e
del volume della circolazione rispetto alla crescita dei prezzi all’ingrosso, quindi
da questo momento il valore esterno del marco diminuirà in misura maggiore del
valore interno. Relativamente a questo periodo non sono disponibili statistiche
dettagliate a cadenza mensile sul salari nominali ma secondo Laursen e Pedersen
ci sono indicazioni su una crescita sostanzialmente simile all’incremento dei
prezzi6. Per quanto riguarda il debito Graham sottolinea che quello tedesco
misurato in proporzione alla quotazione della moneta e al livello dei prezzi
all’ingrosso non era molto differente da quello inglese, francese o americano,
anche se il debito fluttuante era superiore7.
6
K. Laursen e J. Pedersen “The German Inflation 1918-1923”, North Holland Publishing Company 1964
7
F.D.Graham “Exchange, Prices and Production in Hyperinflation: Germany, 1920-1923”, (orig.1930)
Russell & Russell 1967
17
Tabella 7: Prezzi (1913=1), circolazione e dollaro 1918-1919
Prezzi interni
all’ingrosso
Prezzi di
importazione
Circolazione in
milioni di marchi
Cambio
Dollaro-marco
1918 Ott.
1918 Nov.
1918 Dic.
1919 Gen.
2,34
2,34
2,45
2,62
2,14
2,14
2,78
2,89
26722
29287
33109
34536
6,54
7,43
8,28
8,20
1919 Feb. 2,70 2,89 35254 9,13
1919 Mar. 2,74 2,89 37237 10,39
1919 Apr. 2,86 3,03 38516 12,61
1919 Mag.
1919 Giu.
1919 Lug.
2,97
3,08
3,39
3,09
3,22
3,55
39917
42701
41905
12,85
14,01
15,08
Fonte: Graham, Laursen-Pedersen e Bresciani-Turroni “Teoria dell’inflazione: studio sul deprezzamento
nella Germania del dopoguerra 1914-1923” (originale 1931-1937), Giuffrè Editore 1978
Tabella 8: Entrate e spese del Reich in milioni di marchi-oro
Entrate Uscite Aumento Debito fluttuante
1919 Apr. 306,5 1439,4 1132,8
1919 Mag. 330,0 1346,3 1016,2
1919 Giu. 299,7 1222,2 914,0
1919 Lug. 320,2 1063,7 743,5
Fonte: Bresciani-Turroni, i dati del primo trimestre non sono disponibili
A detta di molti la proclamazione della Repubblica era probabilmente l’unica via
per salvare la Germania dalle spinte nazionaliste e da quelle bolsceviche, ma le
difficoltà per il primo ministro Erzberger iniziavano ora che i tedeschi dovevano
pagare il conto di quella che avrebbe dovuto essere una guerra-lampo: dopo
l’accettazione dei 14 punti di Wilson in cui si addossava alla Germania la colpa
del conflitto e si sanciva l’obbligo tedesco alle Riparazioni, la conferenza di
Parigi del 1919 portò alla stesura definitiva del Trattato di Versailles del 28
giugno. Vedremo ora nel dettaglio come le richieste degli alleati misero in
ginocchio l’economia di quello che, nonostante tutto, veniva ancora chiamato
Reich.