Il confronto tra Italia e Spagna nel rapporto tra Regioni e Unione europea
La ragione della presente attività di comparazione si può rintracciare nella comunanza delle esperienze spagnola e italiana, pur nella sussistenza di alcune differenze con il nostro regionalismo. In particolar modo si fa riferimento all’identificazione degli enti sub-statali, perché nel caso della Spagna il Costituente ha lasciato i singoli territori liberi di decidere se costituirsi o meno in CCAA sulla base del principio dispositivo, che permea l’intero ordinamento spagnolo; nell’esperienza italiana, invece, è stata l’Assemblea Costituente a procedere alla relativa scelta. Il principio dispositivo, «per cui i singoli territori hanno goduto della possibilità di costituirsi in Comunidades Autónomas con l’ulteriore opportunità di scegliere il proprio grado di autonomia», è una caratteristica che non ritroviamo in Italia, ma che in Spagna si è resa necessaria per far fronte al bisogno di unire territori dalla storia profondamente diversa.In Spagna i profili asimmetrici sono la caratteristica principale del relativo ordinamento, perché si fondano su consolidate regioni storiche, etniche, culturali ed economiche delle CCAA e sono così radicati da condizionare le dinamiche cooperative sia tra gli stessi enti territoriali che tra gli enti autonomici ed il Governo centrale.Per questo motivo il sistema spagnolo si dibatte continuamente nell’alternativa tra la cooperazione multilaterale e quella bilaterale al fine di raggiungere un compromesso tra il valore dell’unità, profondamente sentito e tutelato al livello costituzionale, e quello altrettanto importante della diversità, anche nell’ambito dei rapporti con l’Unione europea.
Questa differenza nei caratteri dominanti dei due ordinamento oggetto del presente studio ha determinato che le CCAA si siano attivate immediatamente nella partecipazione al processo di integrazione europea, anticipando, in tal modo, le Regioni italiane, basti citare la partecipazione diretta delle Comunidades Autonomas nelle delegazioni spagnole presso le istituzioni europee, o ancora più palesemente, la preventiva costituzione degli Uffici di rappresentanza delle CCAA a Bruxelles, le Oficinas, rispetto agli Uffici di rappresentanza delle Regioni italiane, tutto ciò al fine di tutelare i caratteri asimmetrici.Le nostre Regioni, invece, tendenzialmente prive di una così forte caratterittazione, hanno colto l’importanza della partecipazione alla formazione del diritto comunitario solo in un momento successivo.Per quanto concerne l’esperienza italiana, dunque, sebbene le nostre Regioni abbiano risposto più lentamente alle esigenze derivanti dal processo di integrazione europea, il nostro sistema ha predisposto un quadro normativo preciso e, almeno teoricamente, in grado di garantire una completa adesione al processo di integrazione europea. si possono citare i noti interventi legislativi quali la legge n. 131/2003 (Legge La Loggia), seguita dalla legge n. 11/2005 (Legge Buttiglione), che hanno dato esecuzione al comma 5 dell’articolo 117 della Costituzione, così come modificato dalla legge di revisione costituzionale n. 3/2001.In seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si è ritenuto necessario apportare una riforma della legge n. 11/2005; nel momento in cui si scrive, infatti, è ancora in corso l’iteri di approvazione di uno schema di disegno di legge di riforma.Si tratta di modifiche divenute necessarie in forza dell’esperienza maturata nell’intervallo di tempo che separa la promulgazione della legge n. 11/2005 dall’adozione del Trattato di Lisbona che, come sappiamo, è entrato in vigore il 1 dicembre 2009.La prassi, però, ha dimostrato una realtà ben diversa, caratterizzata da molteplici inadempienze rispetto al modello previsto dagli interventi legislativi, si registra la mancata convocazione della Conferenza Stato–Regioni per il raggiungimento di una intesa comune tra Stato e enti sub-statali nel caso di progetti di atti normativi comunitari di competenza regionale, senza contare che al momento non si è ancora registrata alcuna presenza regionale nelle delegazioni italiane che partecipazio alle riunioni del Consiglio dell’Unione europea.
Queste inadempienze regionali evidenziano come le dinamiche di collaborazione tra le Regioni siano ancora insufficienti.La Spagna evidenzia il valore dell’informalità, e non potrebbe essere altrimenti perché l’informalità consente di superare i caratteristici elementi ostativi della cooperazione spagnola, quali l’asimmetria e la sfiducia reciproca tra le CCAA.D’altra parte, la partecipazione dei poteri regionali all’elaborazione e all’esecuzione del diritto europeo appare ormai indispensabile sia per avvicinare l’Unione europea ai cittadini per interpretarne i bisogni, sia per garantire l’efficacia del diritto comunitario e adeguarne i precetti alla multiforme realtà territoriale degli Stati.
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Informazioni tesi
Autore: | Caterina Scialla |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Seconda Università degli Studi di Napoli |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Lorenzo Chieffi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 206 |
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