1
CAPITOLO PRIMO
La partecipazione delle Regioni italiane al processo
di integrazione dell’Unione europea
1.1 Le Regioni italiane e l’Unione europea.
Nel 1946, quando con il referendum fu costituita la Repubblica italiana,
l‟Assemblea costituente assunse l‟autonomia regionale quale principio
fondamentale per l‟organizzazione territoriale, anche se poi soltanto agli inizi
degli anni ‟70 si è data concreta attuazione al dettato costituzionale. In un primo
momento, furono istituite soltanto le cinque Regioni a Statuto speciale, cioè la
Sicilia nel 1947, la Sardegna, il Trentino Alto Adige e la Valle D‟Aosta nel 1948,
il Friuli-Venezia Giulia nel 1963
1
. Successivamente la Legge 17 febbraio 1968 n.
108, “Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a Statuto
normale”, ha attivato le restanti 15 Regioni a Statuto ordinario, anche se, soltanto
con i Decreti n. 902 del 1975 e n. 616 del 1977, si è avviato il processo effettivo
di regionalizzazione
2
in Italia. Tuttavia, il processo evolutivo delle Regioni non è
stato accompagnato da un intervento normativo anche dal punto di vista della
struttura e del processo decisionale
3
, sicché il loro potere è rimasto per lungo
tempo limitato.
La questione territoriale fa il suo ingresso sulla scena politica con i movimenti
regionalisti soprattutto al Nord e tra questi spicca la Lega Nord. Tale partito dà
impulso al processo federalista dello Stato italiano, con la richiesta sempre più
1
Si trattava, in ogni caso, di Regioni che, essendo isole o trovandosi ai confini dello Stato, erano
caratterizzate da specifici problemi etnici, sociali, economici e geografici.
2
Con il termine “regionalizzazione” si intendono tutte le riforme attraverso le quali il potere
centrale dello Stato trasferisce competenze e funzioni a strutture periferiche.
3
M. CACIAGLI, Regioni d’Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea, Bologna,
2003, pag.20 s.
2
insistente di trattenere le proprie risorse economiche al Nord e con la protesta
contro l‟assetto centralistico dello Stato italiano.
Negli anni „80 il livello regionale dello Stato comincia ad acquisire maggiore
importanza nella vita politica. Difatti, le Regioni e gli enti locali manifestano la
tendenza ad espandere la propria azione politica al di là dei confini nazionali,
proiettandola verso l‟ambito comunitario. D‟altra parte, il rapporto tra
regionalizzazione ed integrazione europea è molto forte
4
. All‟inizio il processo si
manifesta timidamente: nel 1993 vengono aboliti alcuni Ministeri e le competenze
devolute alle Regioni; solo nel 1997, poi, con le cosiddette “Leggi Bassanini”
5
, si
dá avvio ad un‟imponente fase di decentramento delle funzioni amministrative e
si concede la delega al Governo a trasferire funzioni e compiti dallo Stato centrale
a Comuni, Province e Regioni. Tra le disposizioni contenute nella legge n.
59/1997 (prima “Legge Bassanini”) si ribadisce che le funzioni amministrative
devono essere svolte dagli enti più vicini ai cittadini (principio di sussidiarietà) e,
dunque, vanno garantite a tali enti le risorse necessarie per adempiere alle proprie
funzioni.
Anche il rapporto tra le Regioni italiane e l‟Unione europea si è andato
consolidando molto lentamente; in un primo momento, facendo riferimento alla
responsabilità dello Stato relativa all‟adempimento degli obblighi internazionali,
le Regioni sono state private della loro competenza su determinate materie
soggette ad un vincolo comunitario, in quanto rientranti nell‟ambito delle
relazioni internazionali
6
e, quindi, di competenza esclusiva statale.
4
La regionalizzazione ha fatto guadagnare alle Regioni sempre maggior peso all‟interno dei
rispettivi Stati, ma non solo, perché così come hanno guadagnato spazi di potere nell‟ordinamento
interno, le Regioni hanno acquisito competenze anche al livello europeo.
5
La prima Legge Bassanini (Legge n. 59/1997) disciplina la riforma della pubblica
amministrazione e la semplificazione amministrativa tramite delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli Enti locali; la seconda Legge Bassanini
(Legge n. 157/1997) contiene misure urgenti per lo snellimento dell‟attività amministrativa
modificando il funzionamento interno delle amministrazioni locali e la loro riorganizzazione.
6
Tale stato di cose ha acquisito rilevanza legale con la sua previsione nel d.p.r. n. 4 del 1972 e ad
opera della giurisprudenza costituzionale.
3
Di poi, con il d.P.R. n. 616/1977, art. 6, fu deciso di trasferire in sede territoriale
le funzioni amministrative relative all‟applicazione dei regolamenti comunitari e
all‟attuazione delle direttive nelle materie trasferite o delegate alla competenza
amministrativa regionale, previa emanazione della normativa di principio da parte
dello Stato.
Al d.P.R. appena citato è seguita la Legge n. 183/1987 (cd. Legge Fabbri) che,
oltre a confermare la precedente competenza regionale nel dare attuazione alle
direttive comunitarie in via amministrativa, ha riconosciuto alle sole Regioni a
Statuto speciale, limitatamente alle materie di loro competenza esclusiva, la
possibilità di legiferare direttamente in attuazione delle norme comunitarie, senza
dover attendere l‟intervento normativo dello Stato.
Successivamente la Legge 9 marzo 1989 n. 86, Legge La Pergola
7
, ha
riconosciuto sia alle Regioni a Statuto speciale che a quelle a Statuto ordinario il
potere di dare attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di competenza
concorrente, dopo l‟entrata in vigore della prima legge comunitaria successiva.
Con la legge comunitaria 24 aprile 1998 n. 128 (che modifica il comma 2
dell‟articolo 9 della Legge n. 86/1989), viene assegnato a tutte le Regioni, nonché
alle Province autonome, il potere di attuare immediatamente le direttive
comunitarie che riguardano materie di competenza concorrente delle Regioni
8
.
Nel 2001, infine, è stata promulgata la Legge di revisione costituzionale n. 3 del
2001, di modifica del Titolo V, parte seconda, della Costituzione, che ha sancito
costituzionalmente il potere-dovere delle Regioni di eseguire le disposizioni
comunitarie nelle materie che rientrano nell‟ambito delle loro competenze, ma pur
7
È così denominata la Legge 9 marzo 1989 n. 86 contenente “Norme generali sulla partecipazione
dell‟Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi
comunitari”, comunemente nota con il nome dell‟allora Ministro per il coordinamento delle
politiche comunitarie che presentò il disegno di legge.
8
M. CARTABIA, J. H. H. WEILER, L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, Bologna,
2000.
4
sempre nel rispetto delle norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato
9
(art.
117, comma 5, Cost.).
Va rilevato che il comma 5 dell‟articolo 117
10
rappresenta la traduzione, sul piano
della garanzia costituzionale, del ruolo comunitario delle Regioni, un fenomeno
che nasce da una forte tradizione e che si è evoluto nel corso del tempo attraverso
gli interventi legislativi precedentemente descritti.
Nella disposizione costituzionale si rinviene una disciplina che riconosce la
posizione attiva delle Regioni, sia nella fase di predisposizione degli atti
comunitari, sia di attuazione ed esecuzione dell‟attività normativa comunitaria sul
piano interno, quando incide sulle materie di loro competenza.
Si può dire che - nell‟ottica dell‟apertura offerta dall‟articolo 117, comma 1,
rispetto alla previsione degli obblighi comunitari, dove si legge che «La potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione,
nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali» - si inserisce anche la costituzionalizzazione del ruolo europeo
delle Regioni che è completata dalla previsione dell‟attività comunitaria
nell‟ambito della legislazione regionale di tipo concorrente
11
.
L‟aspetto più interessante della disposizione costituzionale appena menzionata è
rinvenibile nelle disposizioni legislative di attuazione, cioè in quelle leggi a cui la
9
Tra le finalità del nuovo Titolo V della Costituzione vi è quella di disciplinare le norme di
procedura necessarie a garantire la partecipazione diretta delle Regioni italiane al procedimento di
formazione degli atti normativi comunitari. Sembra utile definire il concetto di «partecipazione
diretta»: si tratta della partecipazione che si esplica per il tramite di organismi attraverso i quali le
Regioni possono partecipare direttamente ai procedimenti dell‟Unione europea mediante la
presenza presso il Comitato delle Regioni, presso il Consiglio dell‟Unione Europea, gli Uffici di
rappresentanza regionale a Bruxelles. L. CHIEFFI, La nuova dimensione costituzionale del rapporto
tra Regioni e Unione Europea, in Regioni ed enti locali dopo la riforma del Titolo V della
Costituzione. Fra attuazione ed ipotesi di ulteriore revisione, (a cura di) L. Chieffi e G.C. Di San
Luca, Bologna, 2004, pag. 51 ss.
10
Così sostituito dall‟articolo 3, legge di revisione costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3: «Le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel
rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di
esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza».
11
G. SERGES, Art. 117 comma 5, in Commentario alla Costituzione (a cura di) R. Bifulco, A.
Celotto, M. Olivetti, Milano, 2006, pag. 2264.
5
Costituzione affida la disciplina delle modalità attraverso cui la garanzia
costituzionale del ruolo comunitario delle Regioni assume consistenza.
La scelta del legislatore è stata quella di affidare l‟intera disciplina non ad un solo
atto, bensì di ripartirla attraverso diversi interventi. La parte più consistente è
rinvenibile nella legge n. 11 del 4 febbraio 2005 (cd. Legge Buttiglione); in questa
legge, che verrà esaminata in modo più approfondito nel corso della trattazione,
sono rintracciabili le decisioni più importanti relative all‟attuazione del comma 5
dell‟art. 117, sia in relazione alla fase di partecipazione alla formazione degli atti
comunitari (fase ascendente), sia in relazione al momento di esecuzione ed
attuazione di essi (fase discendente).
Ancora prima della legge n. 11/2005, l‟art. 117, comma 5, della Costituzione ha
trovato attuazione nella legge 5 giugno 2003 n. 131 (cd. Legge La Loggia), che
contiene “Disposizioni per l‟adeguamento dell‟Ordinamento della Repubblica alla
legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3”
12
. Si tratta di una legge fortemente
voluta dalle Regioni e dagli altri enti territoriali, che reca disposizioni utili per
adeguare il nostro ordinamento alle modifiche apportate al Titolo V parte seconda
della Costituzione, con lo scopo di rendere operative le funzioni attribuite alle
Regioni e agli enti locali.
L‟articolo 5 della suddetta legge, contiene espressamente le norme attuative
dell‟articolo 117, comma 5; prevede, infatti, la partecipazione diretta delle
Regioni «nelle delegazioni del Governo, nelle attività del Consiglio e dei gruppi
di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione Europea, secondo
modalità da concordare in sede di Conferenza Stato – Regioni (…)».
Tra le previsioni vi è quella in base alla quale, nel caso in cui si discuta al livello
comunitario di materie di competenza regionale esclusiva, l‟Italia può farsi
rappresentare da un rappresentante regionale mediante la nomina di un presidente
12
Il Senato ha approvato definitivamente la legge durante la seduta del 27 maggio 2003, la
promulgazione è avvenuta il 5 giugno 2003 e la legge è stata pubblicata il 10 giugno 2003.
6
di Regione o di Provincia autonoma, come capo della delegazione italiana al
Consiglio dell‟Unione europea
13
.
La partecipazione delle Regioni alle delegazioni nazionali in Europa deve
avvenire nel rispetto della garanzia dell‟unitarietà della posizione italiana nel suo
complesso da parte del Capo delegazione designato dal Governo, perché le
Regioni non sono soggetti di diritto in grado di far valere una propria posizione
autonoma rispetto a quella dello Stato
14
.
13
Resta invariata, all‟art. 5, comma 2, l‟impossibilità per le Regioni e gli enti locali di adire
direttamente, quando è necessario, la Corte di Giustizia dell‟Unione europea. In compenso, però, è
stata introdotta la previsione in base alla quale il Governo, nelle materie di competenza legislativa
delle Regioni e delle Province autonome, può presentare ricorso alla Corte di Giustizia delle
Comunità europee contro gli atti normativi comunitari che ledono gli interessi degli enti sub-
statali, anche su richiesta di questi ultimi. Ma il Governo conserva comunque la piena
discrezionalità in merito alla decisione di accogliere oppure no la richiesta (tranne nel caso in cui
la richiesta di presentare ricorso gli venga rivolta dalla Conferenza Stato-Regioni a maggioranza
assoluta delle Regioni e delle Province autonome, nel qual caso il Governo E‟ TENUTO a
presentare ricorso).
14
M. SAVINO, Regioni e Unione Europea: il mancato aggiramento della Stato, in Le Regioni, n. 3 -
4 , 2007, pag. 459 ss.
7
1.2 I nuovi Statuti regionali e la materia comunitaria.
Con la riforma del Titolo V, l‟articolo 117, comma 3, ha previsto l‟attribuzione
alle Regioni di nuove competenze, poteri di negoziazione e potestà legislative in
materia di rapporti tra le Regioni e l‟Unione Europea. Questo ampliamento di
competenze ha prodotto effetti anche nel contenuto dei nuovi Statuti regionali che
prevedono, come diretta conseguenza, norme specifiche che disciplinano la
partecipazione delle Regioni alle fasi ascendente e discendente del diritto
europeo
15
.
Il coinvolgimento degli Statuti nel processo comunitario si è reso necessario
anche grazie all‟equiparazione introdotta dall‟art. 114, comma 1
16
, della
Costituzione tra i livelli territoriali di governo, che deve essere coordinata con il
principio di cooperazione territoriale divenuto fondamentale sia sulla scena
nazionale che su quella europea
17
.
Inizialmente, i primi Statuti che si sono adeguati alla normativa comunitaria sono
stati quelli delle Regioni Emilia Romagna e Umbria; lo Statuto umbro del 1992
18
,
per esempio, all‟art. 1, comma 4, delle Disposizioni generali, stabiliva
espressamente che «la Regione concorre allo sviluppo del processo di
unificazione dell‟Europa». Lo scopo di questa disposizione, così come delle altre
15
I vecchi Statuti regionali degli anni „70 non prevedevano alcuna disposizione relativa alla
materia comunitaria, facevano eccezione pochi Statuti, come quello della Regione Umbria,
approvato con la Legge n. 44/1992 (non più in vigore). Probabilmente i primi Statuti regionali non
si mostrano sensibili alla problematica comunitaria perché in quegli anni questa tematica fatica
ancora ad acquisire rilevanza, si consideri che soltanto nel 1977, con il d.P.R. n. 616 si comincia a
disciplinare la materia dei rapporti tra Regione ed Unione europea. Un altro problema deriva dal
precedente Titolo V in base al quale gli Statuti possono occuparsi solo di quelle tematiche che non
trovano un‟esauriente disciplina e come riportano alcuni autori «si era creata la concorrenza della
potestà legislativa statale e regionale in materia di organizzazione interna della Regione
determinando una significativa limitazione all‟espansione normativa degli Statuti stessi». L.
FERRARO, Gli Statuti regionali e l’Europa, in Rassegna di diritto pubblico europeo, (a cura di) R.
Bifulco, L. Chieffi, A. Lucarelli, Napoli, 2007, pag. 94 s.
16
Articolo 114, comma 1: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».
17
L. FERRARO, Gli Statuti regionali e l’Europa, cit., 2007, pag. 88.
18
Si fa riferimento allo Statuto introdotto con legge statale n. 44/1992, che attualmente non è più
in vigore perché sostituito dal nuovo Statuto con legge regionale 16 aprile 2005 n. 21.
8
che sono seguite, è stato quello di esprimere «la volontà delle regioni di affermare
la loro presenza nella comunità statale e di partecipare attivamente (…) al
conseguimento dei fini costituzionali»
19
.
In alcuni Statuti si dispone chiaramente che le Regioni si collocano nell‟ambito
dell‟unità e indivisibilità della Repubblica italiana, ma anche dell‟Unione
Europea; è il caso della Regione Campania che, all‟articolo 9
20
del nuovo Statuto,
rubricato “Integrazione europea” riferisce che «La Regione si riconosce parte
del processo di integrazione europea. Partecipa alla formazione degli atti
normativi comunitari (…)». Anche la Regione Calabria, all‟articolo 3, comma 2
21
,
dello Statuto, dispone che «La Regione concorre alla determinazione delle
politiche dell‟Unione europea, partecipando alle decisioni dirette alla formazione
degli atti normativi comunitari (…)».
Per quanto riguarda la fase ascendente, gli Statuti introducono la relativa
disciplina, solitamente, con la formula «La partecipazione della Regione alla
formazione degli atti comunitari» rifacendosi all‟articolo 5 della legge n.
131/2003. Ad esempio, nello Statuto della Regione Abruzzo, all‟articolo 68 si
prevede la partecipazione del Presidente della Giunta (o di un Assessore delegato)
ai lavori della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome
22
e si dispone che i
propri rappresentanti possono partecipare ad organismi internazionali e
dell‟Unione europea (comma 4).
Allo stesso modo, anche la Regione Lazio prevede esplicitamente nello Statuto la
«partecipazione di propri rappresentanti agli organismi internazionali e
19
L. FERRARO, Gli Statuti regionali e l’Europa, cit., pag. 96; si veda anche T. MARTINES, Diritto
costituzionale, (a cura di) G. Silvestri, Milano, 1997, pag. 864.
20
Legge regionale 28 maggio 2009 n. 6, Statuto della Regione Campania.
21
Legge regionale 19 ottobre 2004 n. 25.
22
La Conferenza Stato-Regioni viene considerata come la sede per eccellenza per la concertazione
tra Stato e Regioni anche ai fini della formazione della posizione dello Stato da far valere presso le
istituzioni comunitarie, come disposto dall‟articolo 5, comma 1, della legge n. 131/2003.
Continuando l‟esame dell‟articolo 68 dello Statuto della Regione Abruzzo, è previsto un vero e
proprio obbligo a carico del Presidente della Regione di tenere costantemente informata
l‟Assemblea territoriale relativamente all‟esito dei lavori della Conferenza Stato-Regioni. L.
FERRARO, Gli Statuti regionali e l’Europa, cit., pag. 104 ss.
9
dell‟Unione europea (…), in particolare al Comitato delle Regioni nonché ad
associazioni tra organismi per la tutela di interessi comuni» (art. 10, comma 3).
Altre Regioni, invece, fanno menzione della partecipazione di propri
rappresentanti alla formazione del diritto comunitario senza specificare
ulteriormente la materia, come nel caso del già citato Statuto della Regione
Campania che, all‟articolo 10, comma 1, dispone la partecipazione «alla
definizione degli indirizzi sostenuti in sede di Unione europea (…) nonché alla
formazione degli atti normativi comunitari»
23
.
Altrettanto interessante è la disciplina che gli Statuti riservano alla fase
discendente del diritto comunitario. In proposito «sono numerosi gli Statuti che, in
armonia con la legislazione nazionale, prevedono la legge comunitaria regionale
ai fini della fase discendente»
24
; alcune Regioni sono ricorse ad una disposizione
normativa primaria per la disciplina della legge comunitaria regionale, quale
strumento privilegiato per il periodico recepimento delle disposizioni europee;
altre Regioni, invece, affrontano l‟argomento direttamente nel testo statutario.
Nell‟analisi dello Statuto della Regione Lazio
25
, per esempio, l‟articolo 11
prevede espressamente l‟attuazione della normativa comunitaria da parte della
Regione nelle materie di propria competenza mediante l‟utilizzo di una legge
comunitaria regionale, nel rispetto della Costituzione e delle procedure stabilite
dalla legge dello Stato
26
(articolo 11, comma 2); allo stesso modo, anche lo
Statuto della Regione Piemonte
27
, all‟articolo 42, prevede l‟adeguamento
periodico della propria normativa all‟ordinamento comunitario attraverso
l‟utilizzo della legge comunitaria regionale. Lo Statuto piemontese dispone che «i
23
Si vedano anche gli Statuti della Regione Piemonte all‟articolo 15, comma 1, della Regione
Toscana all‟articolo 70, comma 1, oppure anche la Regione Calabria all‟articolo 3, comma 1.
24
L. FERRARO, Gli Statuti regionali e l’Europa, cit., pag. 218.
25
Legge regionale 11 novembre 2004 n.1.
26
La legge comunitaria regionale viene approvata annualmente dal Consiglio regionale in una
Commissione competente per gli affari comunitari appositamente riservata, su iniziativa della
Giunta. Con la legge comunitaria regionale si provvede non soltanto a dare attuazione diretta alla
normativa comunitaria, ma si può anche disporre che sia la Giunta a dare attuazione, mediante
regolamento, alle disposizioni comunitarie.
27
Legge regionale statutaria del 4 marzo 2005 n. 1 (che è stata modificata con la legge regionale
statutaria del 13 novembre 2009 n. 2).
10
lavori del Consiglio regionale per l‟approvazione della legge comunitaria
regionale sono organizzati in una apposita sessione da tenersi entro il 31 maggio
di ogni anno» (art. 42, comma 2, legge regionale statutaria del 4 marzo 2005, n.
1)
28
.
Il Lazio ed il Piemonte hanno preferito disciplinare la materia dei rapporti con
l‟Unione europea direttamente nei rispettivi Statuti.
Il Titolo II dello Statuto del Lazio è tutto dedicato ai rapporti con l‟Unione
europea; l‟articolo 10 detta norme di carattere generale disponendo, al comma 4,
che la Regione Lazio «concorre con lo Stato e le altre Regioni alla formazione
della normativa comunitaria e dà immediata attuazione agli atti dell‟Unione
europea, anche realizzando (…) forme di collegamento con i relativi organi» (art.
10, comma 4). L‟art. 11, invece, disciplina più dettagliatamente l‟adeguamento
della Regione all‟ordinamento comunitario e, al comma 2, prevede appositamente
l‟utilizzo della legge regionale comunitaria ai fini dell‟attuazione della normativa
europea nelle materie di propria competenza.
Il Piemonte, invece, dedica nel relativo Statuto due disposizioni di rilievo alla
materia dei rapporti con l‟Unione europea; al Titolo I rivolto ai Principi
fondamentali, troviamo l‟art. 15
29
che detta norme generali in materia di relazioni
internazionali e di rapporti con l‟Unione europea concernenti la partecipazione
regionale sia alla fase ascendente che discendente del diritto comunitario. L‟art.
42 disciplina la sessione del Consiglio regionale per l‟approvazione della legge
28
Lo Statuto della Regione Lazio, invece, non specifica il termine entro cui approvare la legge
comunitaria restando molto vago e disponendo soltanto, all‟art. 11, comma 3, che la legge deve
essere approvata annualmente dal Consiglio.
29
«La Regione, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, concorre alla
determinazione delle politiche dell'Unione europea, partecipa alle decisioni dirette alla formazione
degli atti normativi comunitari e provvede all'attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali
e comunitari.
Nelle materie di sua competenza la Regione conclude accordi con Stati e intese con enti territoriali
interni ad altro Stato, nei casi e con le forme stabiliti dalle leggi dello Stato.
La Regione adatta tempestivamente la legislazione ai principi e agli obblighi contenuti nella
normativa comunitaria e direttamente applicabili.
La Regione partecipa agli organi dell'Unione europea che ne prevedono la rappresentanza (…)».
11
comunitaria regionale e stabilisce, al comma 3, che il Presidente del Consiglio
regionale deve fissare in anticipo il giorno e l‟ora della votazione finale
30
.
D‟altra parte, ci sono Regioni (per esempio il Friuli Venezia Giulia
31
) che in un
primo momento hanno disciplinato la legge comunitaria regionale con un‟apposita
legge ordinaria e solo in un secondo momento hanno fatto ricorso allo Statuto,
introducendo le disposizioni relative la materia comunitaria.
È interessante esaminare anche la situazione della Regione Campania; lo Statuto,
approvato con legge regionale 28 maggio 2009 n. 6, dedica l‟intero TITOLO II
30
P. MAZZINA, La «legge comunitaria regionale» alla prova con la fluidità del sistema delle fonti e
con l’esigenza di una maggiore responsabilità delle Regioni, in Rassegna di diritto pubblico
europeo, (a cura di) R. Bifulco, L. Chieffi, A. Lucarelli, Napoli, 2007, pag. 133 s.
31
La legge regionale 2 aprile 2004 n. 10 “Disposizioni sulla partecipazione della Regione Friuli
Venezia Giulia ai processi normativi dell‟Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli
obblighi comunitari”, fa un esplicito riferimento alla legge comunitaria; gli articoli 3 e 4 della
legge si riferiscono, rispettivamente, alla legge comunitaria regionale ed al contenuto della stessa.
La legge stabilisce che la Regione, nelle materie di propria competenza, deve dare immediata
attuazione alle direttive comunitarie (articolo 3, comma 1). Per quanto riguarda specificamente la
legge comunitaria, l‟articolo 3, comma 2, dispone che entro il 30 aprile di ogni anno, la Giunta
regionale, dopo aver verificato lo stato di conformità dell‟ordinamento interno a quello
comunitario, presenta al Consiglio regionale un disegno di legge indicando la qualifica di legge
comunitaria ed il seguente titolo: “Disposizioni per l‟adempimento degli obblighi della Regione
Friuli Venezia Giulia derivanti dall‟appartenenza dell‟Italia all‟Unione europea”. L‟articolo 4
dispone che il periodico adeguamento dell‟ordinamento regionale a quello comunitario è garantito
dalla legge comunitaria che deve indicare tutte le disposizioni «modificative o abrogative della
legislazione in contrasto; disposizioni necessarie per dare attuazione o assicurare l‟applicazione di
norme e di atti comunitari, che vincolano ad adottare provvedimenti di attuazione; disposizioni che
autorizzano la Giunta regionale ad attuare le direttive in via regolamentare, nelle materie non
coperte dalla riserva assoluta di legge; disposizioni ricognitive delle direttive da attuare in via
amministrativa».
Anche altre Regioni hanno seguito l‟esempio dell‟Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia,
basti pensare alla Valle D‟Aosta che, con la legge regionale 16 marzo 2006 n. 8, disciplina
all‟articolo 89 specificamente la legge comunitaria e dispone che entro il 31 marzo di ogni anno la
Giunta regionale, dopo aver verificato lo stato di conformità dell‟ordinamento della Regione a
quello comunitario, presenta al Consiglio regionale un disegno di legge recante “Disposizioni per
l‟adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d‟Aosta derivanti dall‟appartenenza
dell‟Italia alle Comunità europee”, seguita dall‟indicazione “Legge comunitaria regionale” e
dall‟anno di riferimento. Al successivo articolo 10 disciplina, invece, il contenuto della legge
comunitaria.
Sullo stesso piano si muovono anche la Regione Marche con la legge regionale 20 ottobre 2006 n.
14 “Disposizioni sulla partecipazione della Regione Marche al processo normativo comunitario e
sulle procedure relative all‟attuazione delle politiche comunitarie” e la Regione Calabria con la
legge regionale 5 gennaio 2007 n. 3 “Disposizioni sulla partecipazione della Regione Calabria al
processo normativo e comunitario e sulle procedure relative all‟attuazione delle politiche
comunitarie”. P. MAZZINA, La «legge comunitaria regionale» alla prova con la fluidità del sistema
delle fonti e con l’esigenza di una maggiore responsabilità delle Regioni, cit., pag. 133 ss.
12
alla disciplina dei rapporti con l‟Unione europea, ma non fa alcun riferimento alla
legge comunitaria regionale
32
. Per avere un quadro chiaro della legge comunitaria
della Campania bisogna analizzare la legge regionale 11 dicembre 2008 n. 18,
rubricata “Legge comunitaria regionale”
33
, dove dispone che, in conformità con
l‟articolo 117, commi 3, 5 e 9 della Costituzione e con le leggi n. 131/2003 e n.
11/2005 deve essere garantita la partecipazione della Regione alla formazione
degli atti comunitari, l‟attuazione del diritto comunitario nelle materie di
competenza regionale, la partecipazione alle attività, ai programmi e ai progetti
europei
34
ed infine una stabile informazione sulle politiche comunitarie di
interesse regionale.
All‟articolo 3 della legge n. 18/2008 si prevede che «se dalla disciplina
comunitaria, dalle decisioni della Commissione europea o dalle sentenze della
Corte di Giustizia delle Comunità europee deriva un obbligo di attuazione, la
Regione, nelle materie di propria competenza, di norma adempie con regolamento
o provvedimento amministrativo ovvero con legge»
35
.
La citata legge campana n. 18/2008 prevede, peraltro, una sessione comunitaria
della Giunta regionale che deve essere convocata dal Presidente almeno una volta
l‟anno per verificare l‟evoluzione degli interventi regionali, nelle materie di
interesse comunitario, per analizzare i risultati conseguiti, per discutere delle linee
di azione da mettere in atto al fine di assicurare la partecipazione della Campania
alle procedure decisionali dell‟Unione europea e per comunicare alla Regione
(nonché per discutere) le decisioni di interesse regionale adottate dal Comitato
Interministeriale per gli Affari Comunitari Europei
36
(CIACE).
32
www.burc.regione.campania.it
33
www.sito.regione.campania.it
34
Partecipazione garantita anche agli enti locali ed ai soggetti della società civile.
35
Anche la legge regionale 20 aprile 2004 n. 10 del Friuli Venezia Giulia, all‟articolo 5, dispone
che la legge comunitaria può autorizzare l‟attuazione delle direttive mediante regolamenti di
esecuzione, di attuazione, nonché di delegificazione, purché si tratti di materie non coperte da
riserva assoluta di legge.
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Si fa riferimento alle riunioni svolte dal CIACE presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
al fine di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione
italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell‟Unione europea e per consentire