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''Tra l'essere e l'eternità'': la possibilità di non volere

L’età contemporanea presenta un contrasto radicale tra evoluzione tecnologica spinta verso il limite con l’impossibile e la consapevolezza di una distruttività umana, causa delle tragedie che provoca.

Se la «morte di Dio» apre le porte all’inquietante «Nichilismo», la questione della teodicea continua a non spiegare le ragioni di un’abissale divario tra uomini mancanti del necessario e altri che governano il destino del mondo.

L’unione impropria tra fenomeni casuali della natura e fenomeni causati dall’uomo, riuniti sotto il segno del rischio, è fonte di ricchezza e di giustificazione dell’operato politico e crea l’immagine di una natura ingannatrice che sfida l’uomo. Invece la natura dovrebbe essere «guardata» come fonte di conoscenza di sé e di quiete.

Le riflessioni di Bloch, Jonas e Nietzsche, oppositori radicali del Nichilismo, mostrano come speranza, responsabilità e caso si siano diffusi nella realtà sociale, economica e politica subendo una rotazione prospettica del loro senso originario per servire gli scopi capitalistici.

Il travisamento della filosofia di Nietzsche ha causato un intreccio disciplinare che sfrutta contraddizioni aperte per creare mezzi d’impiego, e produrre situazioni condizionanti di salvezza e di pericolo che non promuovono trasformazione.

La possibilità di non volere è un’arma pratica e spirituale per contrastare l’annichilimento morale dell’uomo.

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3 Introduzione L’età contemporanea presenta un contrasto radicale tra evoluzione tecnologica, spinta verso il limite con l’impossibile e la consapevolezza di una distruttività umana, causa delle tragedie che provoca. Infatti, tecnologia e scoperte ardite hanno condotto l’uomo a sfiorare quella condizione suprema che è la prerogativa di un Dio, o di un essere divino. Ma il benessere prodotto si è dimostrato da tempo direttamente proporzionale all’annichilimento morale di un’umanità che si è dimenticata delle tragiche esperienze del ventesimo secolo, che hanno dispiegato tutta la distruttività dell’uomo. La grande Guerra, i campi di Auschwitz, l’Olocausto degli ebrei, fino all’Olocausto nucleare abbattutosi sul Giappone sono stati accadimenti indecenti causati dall’uomo; eppure pare che l’arretratezza morale dell’uomo di oggi, narcisista, insoddisfatto e bramoso del godimento delle rappresentazioni, sia un impedimento a ravvedersi e a risollevarsi da uno stadio di infantilità morale che si coniuga ad uno stato di occorrenze da soddisfare che, nella scala dei bisogni, occupano il livello inferiore di autoconservazione e di protezione. Così la distruzione in corso del pianeta, l’uso sconsiderato della tecnica, e l’abissale disuguaglianza tra due poli costituiti da una classe di ricchi, famosi e potenti e un’altra di poveri, miserabili, e sfortunati non sono problematiche che sensibilizzano particolarmente l’umanità. Anzi, si dimostra veritiera la frase riportata in un recente articolo, del presidente in carica della Banca Mondiale James Wolfensohn, secondo il quale «Quando la metà del mondo guarda in tv l’altra metà che muore di fame, la civiltà è giunta alla fine» 1 . Pertanto la questione insoluta della teodicea e la «morte di Dio», che caratterizza l’era contemporanea annunciata dall’uomo folle nietzschiano, aprono le porte ad un ospite inquietante definito «Nichilismo». Ma il nichilismo può essere solo interpretato perchØ cambia forma e colore, sfuggendo a una precisa definizione, come un serpente si trasforma, mimetizzandosi nel contesto circostante per non farsi vedere. 1 Gallino Luciano, Così l’Occidente produce la fame nel mondo, “La Repubblica”, n.33, 10/05/2008.

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