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Boris: decostruzione di una fiction all'italiana

Che cosa rende "Boris" una possibile serie di traino per l'innovazione del comparto fictional in Italia? Perché la critica la definisce "la fuoriserie italiana"? La tesi si struttura e configura come un ideale viaggio alla scoperta del settore creativo e produttivo della fiction nel nostro Paese.
Si parte con un po' di storia, il primo capitolo racconta infatti della rinascita della fiction italiana nel decennio 1995-96/2005-06, spiega cosa s'intenda per serie "all'italiana", e tenta di stabilire se si possa parlare o meno di una possibile seconda Golden Age per la fiction nostrana, esplicando il difficile passaggio, ancora in corso, da una fiction artigianale a una di tipo industriale. Si giunge, quindi, a porre il focus sul genere sitcom, per conseguentemente, infine, andare a illustrare la serie "BORIS" e cosa la identifichi o diversifichi da tale genere.
Nel secondo capitolo viene messo a tema come e perché "BORIS" operi una decostruzione del genere così come viene concepito e realizzato in Italia. Si parte quindi a parlare del genere metatelevisivo (con una parentesi aperta sulla metafiction), per poi spostare il focus sul caso specifico, ovvero su come la serie oggetto di studio operi la decostruzione e la destrutturazione di una fiction "all'italiana".
Completa la riflessione il caso di studio, la fiction nella fiction "Gli Occhi del Cuore" e l'analisi di alcune sequenze di questa.
Nel terzo e ultimo capitolo si è invece voluta fare una piccola incursione nel mondo cinematografico, portando all'attenzione due possibili controparti di "BORIS" sul grande schermo: "Effetto notte" di Francois Truffaut e "Bolle di sapone" di Michael Hoffman.
Conclude, in Appendice, una piccola intervista all'autore del soggetto della serie, Luca Manzi.

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INTRODUZIONE In una costellazione di fiction nazionali ad ambientazione per lo più poliziesca, ospedaliera, religiosa o di attualità sociale, Boris rappresenta una ventata d’aria fresca. Oltre a costituire, con il suo carattere da commedia, una rivisitazione del classico formato da situation comedy d’importazione americana, già scarsamente frequentato nel Bel Paese, essa è la prima fiction interamente prodotta in Italia concepita per il satellite. Innovativa e votata alla sperimentazione, grazie alla libertà a lei concessagli dall’essere meno soggetta alle tradizionali ingerenze da parte delle reti generaliste e dall’essere improntata a logiche differenti da quelle perseguite dall’offerta dei canali in chiaro, si può porre quale ideale fondamento della crescente volontà di sviluppare un percorso produttivo autonomo nell’ambito della serialità in un panorama generale di produzione satellitare autoctona ancora agli albori. Boris è la dimostrazione di come si possa produrre una serie a budget ridotto, ma di altissimo livello, contrariamente a quanto succede solitamente nel nostro Paese: molti soldi, ma poca qualità. L’ipotesi è, dunque, che questa serie possa mostrare la via da percorrersi nella produzione fictional nazionale non solo alle reti satellitari, ma anche a quelle generaliste, per un rinnovamento sostanziale del comparto, in questo cruciale passaggio al digitale e all’ambiente multicanale che le vede attualmente protagoniste, e che va a segnare una tappa fondamentale nella storia del mezzo televisivo. Avvalendosi di una bibliografia di testi curati da studiosi del medium in questione – fra cui si possono citare Milly Buonanno e i suoi collaboratori presso l’OFI (Osservatorio sulla Fiction Italiana) per la collana di studi e ricerche sui media Zone (a cura della Direzione Marketing - Ufficio Studi della RAI), la redazione di Link (collana di comunicazione curata da Mediaset - RTI), i professionisti intervistati dalla rivista Script di Dino Audino, Aldo Grasso, Giorgio Simonelli e svariati altri esperti del fenomeno –, si è scelto di tentare di illustrare perché Boris rappresenti una “fuori serie” (come veniva presentata nel corso della sua campagna pubblicitaria di lancio), per poi passare a mostrare come la fiction metta a nudo, in un gioco metalinguistico e decostruttivo, i meccanismi di creazione e produzione di fiction nazionale, e si è poi concluso con un piccolo omaggio ai relativi prodotti cinematografici che costituiscono ideali controparti di Boris sul grande schermo. Si è dunque proceduto nel primo capitolo a introdurre l’ultimo decennio di 1 fiction autoctona in Italia, presentato dalla Buonanno come “la bella stagione”, usufruendo del XVIII° Rapporto OFI sui corrispondenti migliori ascolti; si è poi andato a descrivere cosa s’intenda per serie “all’italiana”, formato che ha guidato la rinascita del genere nel nostro Paese, e si è tentato di comprendere se sia possibile desumere una seconda Golden Age per la fiction nazionale. Si è quindi 1 M. Buonanno (a cura di), La bella stagione. La fiction italiana, l’Italia nella fiction, Roma, Rai ERI, 2007, pp. 8-9. 1

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