Il rappresentante dei lavoratori nel decreto legislativo n. 626/94
L'esigenza di tutelare la sicurezza e di garantire la prevenzione e l'igiene sui luoghi di lavoro, può dirsi avvertita da subito, al sorgere delle prime ''factories'' nell'Inghilterra di re Giorgio IV.
Gli ambienti adibiti dai primi ''padroni'' all'uso industriale, non presentavano quelle caratteristiche e quei requisiti tali da permettere che il lavoro venisse svolto in condizioni accettabili da un punto di vista igienico sanitario; né tanto meno offrivano garanzie dal punto di vista della sicurezza sul posto di lavoro. Del resto, coloro che avevano abbandonato la campagna, spinti dalla povertà, alla ricerca di un lavoro e quegli artigiani che, continuando a svolgere gran parte del lavoro manualmente, non potendo sostenere la concorrenza di chi ormai produceva in modo meccanizzato, poco si interessavano della questione ambientale o della sicurezza, essendo per loro prioritario il raggiungimento di un salario, che di norma era appena sufficiente per sopravvivere; si sopportavano, così, anche condizioni di lavoro assai dure, con orari giornalieri di dodici o quattordici ore, nella certezza che se non avessero accettato o avessero protestato, molti altri sarebbero stati pronti a rimpiazzarli.
Nelle fabbriche gli operai, anche donne e bambini, venivano adibiti ad un lavoro condizionato dal ritmo delle macchine, che comportava gli stessi gesti per l'intera giornata lavorativa e doveva fornire un rendimento costante e prestabilito. Si lavorava anche 14 ore al giorno; l'igiene e la sicurezza erano scarse e spesso si verificavano incidenti, anche mortali.
In virtù della teoria liberista, che considerava il lavoratore che cedeva il suo lavoro come ogni altro venditore di merce, il salario, che in questo caso misurava il prezzo del lavoro dell'uomo, si determinava nella libera trattativa tra i singoli lavoratori e i singoli proprietari delle imprese. Inizialmente gli operai trattavano separatamente, uno per uno, con il datore di lavoro: così facendo si trovarono in una situazione di estrema debolezza, spesso costretti a subire i salari e le condizioni che venivano loro imposti. Chi voleva ottenere qualcosa di più rischiava di venire mandato via e sostituito con un disoccupato, che aveva minori pretese. In alcune fabbriche gruppi di lavoratori riuscirono a strappare al datore di lavoro condizioni e trattamenti migliori, ma rimangono pur sempre casi isolati e sparuti, dovuti probabilmente alla benevolenza di qualche imprenditore ''illuminato''. Ma l'errore, o se vogliamo il limite di questo modo di proporre istanze, risiede proprio nella mancanza di compattezza ed unitarietà manifestata dai prestatori di lavoro e dalla trattazione delle questioni solo all'interno della medesima fabbrica, all'interno, perciò, del dualismo singolo imprenditore-proprio gruppo di operai: veniva sì individuato un rappresentante del gruppo, un portavoce che manifestasse le richieste per tutti; ma questo processo di sintesi e compattamento terminava lì, privo di ogni sguardo verso l'esterno alla ricerca di analoghe problematiche da poter condividere e contrattare all'unisono.
Ad un atteggiamento remissivo e rassegnato da parte dei prestatori di lavoro, determinato in prevalenza dalla forza economica del padrone, che si concretizzava, dall’altra parte in una sudditanza materiale e psicologica, ma soprattutto economica dei lavoratori nei confronti del ''padrone'', si venne man mano sostituendo un atteggiamento più consapevole da parte degli operai, che, visti gli scarsi risultati ottenuti con forme di protesta come il luddismo, o di isolati gruppi di operai, conclusisi con immediati licenziamenti, ed intuita l'unica vera forza di cui disponevano, che stava nel loro numero, iniziarono ad organizzarsi ed a riunirsi in apposite associazioni, in modo da contrattare insieme le proprie richieste. Trattando tutti uniti con il datore di lavoro nessuno avrebbe più accettato condizioni troppo misere.
Nacquero, così, in Inghilterra le prime organizzazioni operaie (Trade Unions), permesse dalla legge nel 1824.
Queste associazioni, antenate dei moderni sindacati, dovettero superare gli ostacoli e i divieti che, più o meno a lungo, tutti i governi di ispirazione borghese cercarono di imporre alla loro attività, ma in seguito le condizioni migliorarono.
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Informazioni tesi
Autore: | Antonio Magenta |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Tommaso Germano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 196 |
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