Le forme anomale di sciopero
Il diritto di sciopero, riconosciuto dall’art. 40 Cost., si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.
Lo sciopero è ravvisato in “un’astensione concertata dal lavoro per la tutela di un interesse professionale collettivo”.
Concretamente, però, bisogna individuare quali sono i comportamenti che costituiscono lo sciopero, ricadendo quindi nell’area della liceità o meno.
Il problema attiene all’individuazione dei limiti cui l’esercizio del diritto deve soggiacere, in quanto sia la Costituzione sia le leggi ordinarie nulla dicono in proposito.
Questa mancanza (di una legge attuativa del dettato costituzionale) veniva ravvisata, da alcuni interpreti dell’art. 40 Cost., come perdurante impossibilità di esercizio del diritto di sciopero, e da altri, come possibilità di un suo esercizio attualmente illimitato, spettando solo al legislatore e non anche all’interprete il compito di introdurre tali limiti; limiti strettamente attinenti alle modalità di esercizio del diritto e non anche alla titolarità, al contenuto e alle finalità.
L’iniziale costruzione dei limiti cd. interni al diritto di sciopero e il loro progressivo superamento sono avvenuti attraverso l’adozione e il successivo rifiuto della tecnica definitoria in funzione normativa, declinata costantemente in relazione ad un concetto unitario di sciopero.
La sentenza della Cassazione 30 gennaio 1980 n.711 ha il merito di aver indicato la strada da percorrere per identificare una serie di limiti desumendoli dai principi generali.
La tecnica dei limiti interni seguiva grosso modo uno schema: si enucleava una nozione di sciopero fondata su elementi essenziali determinati a priori, di modo che tutte quelle forme di lotta sindacale cui mancassero uno o più degli elementi individuati, fossero considerate ad essa anomale o abnormi.
Cosa si intende per forme di lotta sindacali anomale o abnormi? Tutte quelle forme che per le loro caratteristiche e modalità di svolgimento, non avevano in sé tutti quegli elementi aprioristicamente determinati, ossia:
• la totalità dell’astensione, nel duplice senso, sia della sua contemporaneità da parte di tutti gli scioperanti, sia della sua continuatività nel tempo;
• la sua funzionalità ad uno scopo di natura contrattuale;
• l’astensione collettiva dei lavoratori.
I limiti cd. esterni hanno costituito nella giurisprudenza il punto di riferimento primario per valutare la legittimità delle forme di astensione dalla prestazione lavorativa.
La Suprema Corte ha precisato che i limiti cd. esterni al diritto di sciopero “possono rinvenirsi soltanto in norme che tutelino posizione soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quanto meno paritario con quel diritto”; identificandoli quindi, in quelli derivanti dalla necessità di coordinare il riconoscimento del diritto di sciopero con gli altri valori costituzionali.
La medesima sentenza 711/90 esamina il limite esterno sotto diversi aspetti.
In ambito aziendale illustra il limite derivante dalla libertà d’iniziativa economica, intesa nel senso della garanzia di rango costituzionale dell’attività imprenditoriale (art. 4 Cost.), mettendo in rilievo come la produttività dell’impresa, cioè la possibilità di continuare a svolgere l’iniziativa economica, vada distinta dal danno alla produzione aziendale ossia il profitto.
Pertanto qualificava come illecito quello sciopero che metteva in pericolo la produttività e cioè quando comportava la distruzione o una duratura inutilizzabilità degli impianti, quindi l’impossibilità di continuare a svolgere l’iniziativa economica.
Un altro limite esterno è quello relativo agli scioperi rivolti contro lo Stato e i suoi organi fondamentali.
Questi limiti trovano un’indicazione precisa nella sentenza n. 289/74, con cui la Corte profilava la possibilità di sanzione penale contro quegli scioperi rivolti a “sovvertire l’ordinamento costituzionale ovvero ad impedire od ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare”.
L’individuazione appare indubbiamente restrittiva, ma bisogna precisare che, nella sentenza sopra citata, la Corte doveva semplicemente esaminare la legittimità costituzionale dell’art. 503 cod. pen. (che configura lo sciopero politico come reato), e vedere se tale norma potesse considerarsi in vigore.
Lo sciopero può assumere in concreto forme diverse in relazione alla durata, alla dimensione ed alla estensione della sospensione dal lavoro.
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Informazioni tesi
Autore: | Valentina Ciocca |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi dell'Aquila |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze dei servizi giuridici |
Relatore: | Silvia Ciucciovino |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 98 |
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