Educare il bambino alla malattia
La malattia del bambino può essere letta come un’esperienza che può essere foriera di crescita, di conoscenza, di apprendimento, ma anche di regressione, di difficoltà nell’apprendimento e avvolte, anche di possibili "traumi". Esistono al momento, infatti, molti studi che indicano come alcuni bambini risentano di gravi danni nello sviluppo della personalità e della funzione psichica globale, causati proprio dalla malattia, dal dolore, dall’ospedalizzazione, dall’esistenza di separazione, come da pratiche chirurgiche avvolte molto cruenti.
Il bambino non conosce la malattia, il dolore, la sofferenza, ma imparerà a conoscerle poi, proprio perché queste sono inscritte nell’ambiente, nel suo ambiente. Tutto dipende da come le figure adulte che gli stanno accanto reagiscono alla situazione offrendo aiuto e sostegno o abbandonando il bambino alle sue difficoltà. L’informazione e la preparazione consentono infatti al bambino di mobilitare risorse insospettate di forza e di coraggio, e di affrontare adeguatamente sul piano mentale le proprie esperienze, anche quelle più dolorose. Tutto deve essere spiegato, senza “addolcire” o eludere la realtà: l’ansia e le domande dei bambini o dei genitori devono essere “ascoltate” e ricevere sempre una risposta.
Il bambino ha diritto di aver paura, di protestare, e una preparazione corretta ed efficace lo aiuta ad accettare la procedura e a capire che gli interventi dolorosi non sono una punizione, ma gesti utili per la sua salute. Non sapere che cosa comporta una situazione nuova o ambigua, tanto più se potenzialmente minacciosa come in ospedale, è fonte di disagio, perché non consente di elaborare una strategia per controllare quest’esperienza. Aiutare il bambino a capire ciò che sta accadendo riduce in lui il senso di impotenza e lo stress che ne deriva.
Nell’ultima parte della tesi ho trattato un approccio terapeutico centrato sul significato e sull’analisi esistenziale: la “Logoterapia” di V. E. Frankl, definita la terza scuola viennese cronologicamente dopo la psicoanalisi di Freud e, la psicologia individuale di Adler.
Il metodo logoterapeutico aiuta a scoprire i sentimenti profondi che rendono significativa la propria esistenza, insegna a distanziarsi da sé con il superamento delle visioni egocentriche, l’utilizzo appunto, dell’autodistanziamento e della proficua ironia. Avvia poi un processo di cambiamento che, movendo da uno stato di crisi, di vuoto, di solitudine, rielabora il senso dei propri fallimenti e fornisce la consapevolezza delle potenzialità latenti ed inespresse per la gestione del proprio ruolo umano, sociale ed esistenziale.
Ciò che Frankl ha elaborato è un approccio psicologico che inserisce nei suoi schemi interpretativi, gli strati alti dell’esistenza umana, rivolgendosi alla dinamica esistenziale della ricerca di senso. Decisionalità, intenzionalità, responsabilità, comprensione dei valori, sono elementi costituenti la “dimensione noetica” dell’uomo, ed è a questa in particolare che la logoterapia si interessa. E’ la parte intatta dell’essere e può operare anche nei confronti delle sofferenze e malattie della dimensione psico-fisica.
Il senso della mia tesi è quella di guardare la malattia con gli occhi di un bambino, di entrare nel suo mondo in punta di piedi, rispettando le sue paure, le sue emozioni e, anche le sue sofferenze. Ma dopo un primo sguardo restando alla finestra a guardare cosa accade, propongo alcune “proposte” per poter fare di questa esperienza qualcosa di diverso, anche di costruttivo e positivo. Queste proposte sono il gioco simbolico, l’arte-terapia, la preparazione al ricovero, il gioco spontaneo e la ricreazione di uno spazio dove tutto è a misura di bambino. Questa tesi può essere un “piccolo aiuto” a quanti hanno necessità di conoscere cos’è la malattia per un bambino, quali possibili cambiamenti provoca in lui e come possono reagire coloro che gli sono accanto.
Curare un bambino significa riannodarlo alla vita, non solo certamente nel senso di fargli recuperare la salute, ma anche nella misura in cui le cure permettono all’attenzione, alla preoccupazione, al desiderio di vita e di felicità nei confronti del bambino di esprimersi e rendersi concreto. La malattia è per tutti un’esperienza che insegna qualcosa su se stessi, perché, se è vero che ogni cambiamento del proprio stato porta a riflettere su di sé, e se è vero che ogni riflessione su di sé, o ogni presa di coscienza del nostro stato ci cambia, allora la malattia, che anche se di breve durata comporta dei cambiamenti, può, anzi è, sicuramente e comunque tutto, sempre una “esperienza educativa”.
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Informazioni tesi
Autore: | Pasqualina Cannone |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'Educazione |
Relatore: | Andrea Canevaro |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 410 |
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