La valutazione dei piani sociali di zona
Il lavoro di tesi semisperimentale si colloca in un momento storico particolare per cui, oltre alla imminente scadenza del Piano di Zona 2005-2007, ci si trova in nuovo contesto di “programmazione negoziata” tra sociale e sanitario. La stesura si realizza durante un anno di volontariato all’interno di due Unità del Comune di Forlì:
1.Innovazione Sociale e Valutazione del Piano di Zona
2. Unità Politiche per la Salute.
La tesi è suddivisa in quattro capitoli: i primi due teorici, dove si analizzano le principali teorie legate ai temi della valutazione e del Piano di Zona, e i restanti due in cui si adatta il modello teorizzato alla realtà del comprensorio forlivese.
L’ asse temporale è il criterio principale utilizzato per intersecare gli strumenti chiave già adottati dalla amministrazione locale e la valutazione teorica.
Da ciò deriva la suddivisione in:
valutazione
strumento
ex ante
profilo di comunità
in itinere
programma attuativo del piano di zona
ex post
bilancio sociale.
Al momento della discussione della tesi non era ben chiaro, a livello locale, il ruolo giocato dal profilo di comunità (documento sperimentale adottato solo in pochissimi comuni italiani, con assetti molto diversi tra un territorio e l’altro). Il Profilo di Comunità può diventare, nella logica della valutazione, uno strumento rilevante nella scelta delle priorità e nella verifica dell’efficacia delle politiche in quanto e’ in grado di:
1.Rappresentare ed evidenziare i bisogni e le attese dei cittadini e delle imprese;
2.Favorire la comprensione dei bisogni latenti: cogliere i segnali deboli, anticipare i bisogni e scoprire quelli latenti;
3.Aiutare a cogliere idee, spunti, suggerimenti: l’ascolto attento è una fonte inesauribile di proposte, suggerimenti, stimoli alle definizione di interventi sempre più efficaci. Il Profilo di Comunità può coniugare il flusso di informazioni che proviene dall’esterno con quello che proviene dall’interno dell’Ente.
4.Facilitare il superamento dei vincoli interni: confrontandosi con altre amministrazioni pubbliche molto differenti tra loro (si pensi alla scuola e alla A.usl) e con il terzo settore; facilitare il passaggio dall’agire routinario e ripetitivo a quello di equipe, che va oltre questi vincoli.
5.Dare “storia” alla comunità: nel senso che è possibile affermare cosa è stato fatto, come si è agito di conseguenza e se ciò è stato efficace.
6.Offrire alla programmazione, la definizione, in modo strategico di nuovi pacchetti di servizi o interventi di miglioramento su pacchetti già esistenti o paradossalmente l’eliminazione di un servizio.
Un ‘importante innovazione è stata realizzata, come ipotizzato nel lavoro di tesi, attraverso l’introduzione dei focus group nella valutazione del piano di zona. Ciò ha migliorato notevolmente tre aspetti:
Culturali: superamento della autoreferenzialità, conoscenza degli altri, motivazione per gli addetti ai servizi;
Organizzativi: necessità di lavoro di equipe, propensione al passaggio dalla logica delle funzioni a quella dei processi;
Tecnici: di ripensamento dei servizi per renderli più adatti alla realtà.
A conclusione, si indicano i principi base adottati ai fini dell’elaborazione del modello appena descritto:
ottica sistemica
oggettività relativa
miglioramento continuo
orientamento al cittadino.
La forza del Profilo di Comunità si traduce nella consapevolezza dell’impossibilità di una lettura, vera e uguale per tutti, del territorio, e nel tentativo di creare una rete tra servizi e tra servizi e cittadini.
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Informazioni tesi
Autore: | Fausta Martino |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Scienze Sociali |
Corso: | Management delle politiche e dei servizi sociali |
Relatore: | Michelina Venditti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 204 |
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